Operai Agricoli Salerno: retribuzioni aggiornate

Le Parti sociali per l’agricolrtura territoriale di Salerno, pubblicano le tabelle salariali aggiornate al 1° giugno 2022, come variate per effetto dell’aumento del 3% previsto dal CCNL 23/5/2022

RETRIBUZIONI DAL 1° GIUGNO 2022 – OPERAI AGRICOLI FLOROVIVAISTI PROVINCIA DI SALERNO

Operai a tempo indeterminato

LIVELLO

Paga base al 31/5/2021

Aumento 3%

Paga base dal 1/6/2022

Paga oraria

AREA 1        
1 1.603,33 18,10 1.651,43 9,77
2 1.484,84 44,55 1.529,39 9,05
AREA 2        
1 1.440,56 43,22 1.483,78 8,78
2 1.317,42 39,52 1.326,94 8,03
AREA 3        
1 1.067,31 32,02 1.099,33 6,50
2 1.012,07 30,36 1.042,43 6,17

Operai a tempo determinato

LIVELLO

Paga base al 31/5/2021

Aumento 3%

Paga base dal 1/6/2022

Terzo Elemento 30,44%

Totale Paga

Paga oraria

AREA 1            
1 62,09 1,86 63,95 19,47 83,42 12,83
2 57,43 1,72 59,15 18,01 77,16 11,87
AREA 2            
1 55,77 1,67 57,44 17,49 74,93 11,53
2 50,95 1,53 52,48 15,97 68,45 10,53
AREA 3            
1 41,37 1,24 42,61 12,97 55,58 8,55

Le Parti sociali per l’agricolrtura territoriale di Salerno, pubblicano le tabelle salariali aggiornate al 1° giugno 2022, come variate per effetto dell’aumento del 3% previsto dal CCNL 23/5/2022

RETRIBUZIONI DAL 1° GIUGNO 2022 - OPERAI AGRICOLI FLOROVIVAISTI PROVINCIA DI SALERNO

Operai a tempo indeterminato

LIVELLO

Paga base al 31/5/2021

Aumento 3%

Paga base dal 1/6/2022

Paga oraria

AREA 1        
1 1.603,33 18,10 1.651,43 9,77
2 1.484,84 44,55 1.529,39 9,05
AREA 2        
1 1.440,56 43,22 1.483,78 8,78
2 1.317,42 39,52 1.326,94 8,03
AREA 3        
1 1.067,31 32,02 1.099,33 6,50
2 1.012,07 30,36 1.042,43 6,17

Operai a tempo determinato

LIVELLO

Paga base al 31/5/2021

Aumento 3%

Paga base dal 1/6/2022

Terzo Elemento 30,44%

Totale Paga

Paga oraria

AREA 1            
1 62,09 1,86 63,95 19,47 83,42 12,83
2 57,43 1,72 59,15 18,01 77,16 11,87
AREA 2            
1 55,77 1,67 57,44 17,49 74,93 11,53
2 50,95 1,53 52,48 15,97 68,45 10,53
AREA 3            
1 41,37 1,24 42,61 12,97 55,58 8,55

DL Aiuti: buono di 10mila euro per la patecipazione a fiiere internazionali

In sede di conversione del DL Aiuti sono state introdotte disposizioni per favorire la partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali organizzate in Italia (art.25-bis, DL n. 50/2022 convertito in L. n. 91/2022)

Alle imprese aventi sede operativa nel territorio nazionale che, dal 16 luglio 2022 al 31 dicembre 2022, partecipano alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore organizzate in Italia, di cui al calendario fieristico approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, è rilasciato un buono del valore di 10.000 euro.
Il buono ha validità fino al 30 novembre 2022 e può essere richiesto una sola volta da ciascun beneficiario per il rimborso delle spese e dei relativi investimenti sostenuti per la partecipazione alle manifestazioni.
Il buono è rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, secondo l’ordine temporale di ricezione delle domande e nei limiti delle risorse disponibili, previa presentazione di una richiesta, esclusivamente per via telematica, attraverso un’apposita piattaforma resa disponibile dal Ministero dello sviluppo economico ovvero dal soggetto attuatore.
All’atto della presentazione della richiesta, ciascun richiedente deve comunicare un indirizzo di posta elettronica certificata valido e funzionante nonché le coordinate di un conto corrente bancario a sé intestato. Ciascun richiedente fornisce, altresì, le necessarie dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto notorio, secondo il modello reso disponibile nella piattaforma, in cui attesta:
a) di avere sede operativa nel territorio nazionale e di essere iscritto al Registro delle imprese della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente;
b) di avere ottenuto l’autorizzazione a partecipare a una o più delle manifestazioni fieristiche internazionali di settore;
c) di avere sostenuto o di dover sostenere spese e investimenti per la partecipazione a una o più delle manifestazioni fieristiche internazionali di settore;
d) di non essere sottoposto a procedura concorsuale e di non trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente;
e) di non essere destinatario di sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e di non trovarsi in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative;
f) di non avere ricevuto altri contributi pubblici per le medesime finalità di cui al presente articolo;
g) di essere a conoscenza delle finalità del buono nonché delle spese e degli investimenti rimborsabili mediante il relativo utilizzo.
A seguito della ricezione della richiesta, il Ministero dello sviluppo economico, ovvero il soggetto attuatore, rilascia il buono mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato dal richiedente.
Entro la data di scadenza del buono, i beneficiari devono presentare, attraverso la piattaforma, l’istanza di rimborso delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore. Il rimborso massimo erogabile è pari al 50 per cento delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti dai soggetti beneficiari ed è comunque contenuto entro il limite massimo del valore del buono assegnato. All’istanza di rimborso è allegata copia del buono e delle fatture attestanti le spese e gli investimenti sostenuti, con il dettaglio dei relativi costi. In caso di mancata presentazione, mediante la piattaforma ed entro la data di scadenza del buono, della predetta documentazione o di presentazione di documentazione incompleta, al beneficiario non è erogato alcun rimborso.
Le disposizioni in esame si applicano nei limiti e alle condizioni di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”, al regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis” nel settore agricolo, e al regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis” nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

In sede di conversione del DL Aiuti sono state introdotte disposizioni per favorire la partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali organizzate in Italia (art.25-bis, DL n. 50/2022 convertito in L. n. 91/2022)

Alle imprese aventi sede operativa nel territorio nazionale che, dal 16 luglio 2022 al 31 dicembre 2022, partecipano alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore organizzate in Italia, di cui al calendario fieristico approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, è rilasciato un buono del valore di 10.000 euro.
Il buono ha validità fino al 30 novembre 2022 e può essere richiesto una sola volta da ciascun beneficiario per il rimborso delle spese e dei relativi investimenti sostenuti per la partecipazione alle manifestazioni.
Il buono è rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, secondo l'ordine temporale di ricezione delle domande e nei limiti delle risorse disponibili, previa presentazione di una richiesta, esclusivamente per via telematica, attraverso un'apposita piattaforma resa disponibile dal Ministero dello sviluppo economico ovvero dal soggetto attuatore.
All'atto della presentazione della richiesta, ciascun richiedente deve comunicare un indirizzo di posta elettronica certificata valido e funzionante nonché le coordinate di un conto corrente bancario a sé intestato. Ciascun richiedente fornisce, altresì, le necessarie dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto notorio, secondo il modello reso disponibile nella piattaforma, in cui attesta:
a) di avere sede operativa nel territorio nazionale e di essere iscritto al Registro delle imprese della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente;
b) di avere ottenuto l'autorizzazione a partecipare a una o più delle manifestazioni fieristiche internazionali di settore;
c) di avere sostenuto o di dover sostenere spese e investimenti per la partecipazione a una o più delle manifestazioni fieristiche internazionali di settore;
d) di non essere sottoposto a procedura concorsuale e di non trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente;
e) di non essere destinatario di sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e di non trovarsi in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative;
f) di non avere ricevuto altri contributi pubblici per le medesime finalità di cui al presente articolo;
g) di essere a conoscenza delle finalità del buono nonché delle spese e degli investimenti rimborsabili mediante il relativo utilizzo.
A seguito della ricezione della richiesta, il Ministero dello sviluppo economico, ovvero il soggetto attuatore, rilascia il buono mediante invio all'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato dal richiedente.
Entro la data di scadenza del buono, i beneficiari devono presentare, attraverso la piattaforma, l'istanza di rimborso delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore. Il rimborso massimo erogabile è pari al 50 per cento delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti dai soggetti beneficiari ed è comunque contenuto entro il limite massimo del valore del buono assegnato. All'istanza di rimborso è allegata copia del buono e delle fatture attestanti le spese e gli investimenti sostenuti, con il dettaglio dei relativi costi. In caso di mancata presentazione, mediante la piattaforma ed entro la data di scadenza del buono, della predetta documentazione o di presentazione di documentazione incompleta, al beneficiario non è erogato alcun rimborso.
Le disposizioni in esame si applicano nei limiti e alle condizioni di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis", al regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore agricolo, e al regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

INPS: comunicazione finestra temporale per le domande del bonus psicologico

L’Inps comunica che le domande per la fruizione del “Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia” possono essere presentate tramite la procedura informatica dal 25 luglio al 24 ottobre 2022 (Messaggio del 21 luglio 2022, n. 2905).

Il beneficio in parola è volto a sostenere le spese di assistenza psicologica dei cittadini che, nel periodo delicato della pandemia e della correlata crisi economica, hanno visto accrescere le condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica.
Per i cittadini richiedenti, residenti in Italia, in possesso di un ISEE in corso di validità e di valore non superiore a 50.000 euro, la procedura è disponibile accedendo al servizio “Contributo sessioni psicoterapia” raggiungibile tramite home page del sito web dell’Istituto www.inps.it, seguendo il percorso “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche”.
La domanda per accedere al beneficio deve essere presentata esclusivamente in via telematica accedendo al servizio “Contributo sessioni psicoterapia” attraverso una delle seguenti modalità:
– portale web, utilizzando l’apposito servizio on line raggiungibile sul sito dell’Istituto www.inps.it direttamente dal cittadino tramite SPID di livello 2 o superiore oppure tramite Carta di identità elettronica (CIE) 3.0 o tramite Carta Nazionale dei servizi (CNS);
– Contact Center Integrato, contattando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

L’Inps comunica che le domande per la fruizione del "Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia" possono essere presentate tramite la procedura informatica dal 25 luglio al 24 ottobre 2022 (Messaggio del 21 luglio 2022, n. 2905).

Il beneficio in parola è volto a sostenere le spese di assistenza psicologica dei cittadini che, nel periodo delicato della pandemia e della correlata crisi economica, hanno visto accrescere le condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica.
Per i cittadini richiedenti, residenti in Italia, in possesso di un ISEE in corso di validità e di valore non superiore a 50.000 euro, la procedura è disponibile accedendo al servizio "Contributo sessioni psicoterapia" raggiungibile tramite home page del sito web dell’Istituto www.inps.it, seguendo il percorso "Prestazioni e servizi" > "Servizi" > "Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche".
La domanda per accedere al beneficio deve essere presentata esclusivamente in via telematica accedendo al servizio "Contributo sessioni psicoterapia" attraverso una delle seguenti modalità:
- portale web, utilizzando l’apposito servizio on line raggiungibile sul sito dell’Istituto www.inps.it direttamente dal cittadino tramite SPID di livello 2 o superiore oppure tramite Carta di identità elettronica (CIE) 3.0 o tramite Carta Nazionale dei servizi (CNS);
- Contact Center Integrato, contattando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

Accertamento induttivo e inadempienze del professionista incaricato

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 15 luglio 2022, n. 22422 ha fornito chiarimenti sulla responsabilità del contribuente in caso di accertamento induttivo per inadempienze del professionista incaricato.

L’art. 39, D.P.R. n. 600/1973 attribuisce all’amministrazione finanziaria la possibilità, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, di ricorrere alla ricostruzione induttiva del reddito avvalendosi di presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Successivamente, l’Ufficio determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio dalle scritture contabili.

Relativamente al caso di specie, ossia in caso di dichiarazioni dei redditi non presentate per inadempienza del professionista incaricato, tale circostanza non rende legittimo l’annullamento dell’atto impugnato sulla base di una ricostruzione secondo il metodo induttivo del reddito della società.

In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, che grava sul contribuente, ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 472/1997, la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non è superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza.

Più in generale, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente.

Di fatto, come già chiarito dalla Corte, il contribuente non assolve agli obblighi dichiarativi con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 15 luglio 2022, n. 22422 ha fornito chiarimenti sulla responsabilità del contribuente in caso di accertamento induttivo per inadempienze del professionista incaricato.

L'art. 39, D.P.R. n. 600/1973 attribuisce all'amministrazione finanziaria la possibilità, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, di ricorrere alla ricostruzione induttiva del reddito avvalendosi di presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Successivamente, l'Ufficio determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio dalle scritture contabili.

Relativamente al caso di specie, ossia in caso di dichiarazioni dei redditi non presentate per inadempienza del professionista incaricato, tale circostanza non rende legittimo l’annullamento dell'atto impugnato sulla base di una ricostruzione secondo il metodo induttivo del reddito della società.

In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell'esclusione di responsabilità per difetto dell'elemento soggettivo, che grava sul contribuente, ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. n. 472/1997, la prova dell'assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d'ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non è superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza.

Più in generale, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente.

Di fatto, come già chiarito dalla Corte, il contribuente non assolve agli obblighi dichiarativi con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento.

Professionisti: il requisito dell’abitualità deve essere accertato in punto di fatto

Ai fini dell’iscrizione obbligatoria alla gestione separata INPS, il requisito dell’abitualità nello svolgimento dell’attività professionale deve essere accertato in punto di fatto e non può essere dedotto sulla base di sole presunzioni, quali l’iscrizione all’albo e l’accensione di partita IVA del professionista (Corte di Cassazione, Ordinanza 15 luglio 2022, n. 22335).

Il principio è stato riaffermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza di accoglimento del ricorso proposto da un avvocato avverso la pronuncia di secondo grado che aveva rigettato la domanda dello stesso, volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla gestione separata INPS, in relazione ai redditi prodotti nell’anno 2009 inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, e l’insussistenza del relativo credito contributivo.
La Corte distrettuale, in particolare, aveva ritenuto obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata per gli esercenti la professione di avvocato che non fossero tenuti a iscriversi presso la Cassa Nazionale Forense ed aveva rilevato che il requisito dell’abitualità dell’attività professionale doveva presumersi, nel caso sottoposto ad esame, in ragione dell’ iscrizione dell’avvocato presso il relativo Albo, con apertura della partita IVA.

Nel ricorso per cassazione proposto il professionista sosteneva, di contro, che i giudici di merito avessero erroneamente ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che non ha l’obbligo di iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, nonostante non fosse stato raggiunto il limite di reddito di euro 5000.
Lo stesso censurava, altresì, la decisione nella parte in cui aveva presunto l’abitualità nello svolgimento dell’attività professionale per il solo fatto che egli era iscritto all’albo ed era titolare di partita Iva.

La Suprema Corte ha accolto ricorso sulla scorta dei principi affermati in fattispecie analoghe, secondo cui la produzione da parte del professionista di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa determinare l’iscrizione presso la Gestione Separata, restando invece irrilevante l’entità del reddito qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità.

Sul punto, i Giudici di legittimità hanno, dunque, evidenziato che il requisito dell’abitualità deve essere accertato in punto di fatto e, ai fini di detto accertamento, possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività oppure, in senso contrario, la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad euro 5.000,00.
Tuttavia, nessuno dei detti elementi può di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo, trattandosi pur sempre di presunzioni, che non impongono conclusioni indefettibili.
Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha ritenuto censurabile la sentenza di merito, avendo accertato che nel caso di specie la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente il requisito dell’abitualità per il sol fatto che il professionista era iscritto all’albo di appartenenza ed era titolare di partita Iva, trascurando di compiere l’accertamento in concreto, anche alla luce dell’entità del reddito prodotto, e deducendo da tali circostanze il fatto ignoto dell’abitualità della attività professionale.

Ai fini dell'iscrizione obbligatoria alla gestione separata INPS, il requisito dell'abitualità nello svolgimento dell'attività professionale deve essere accertato in punto di fatto e non può essere dedotto sulla base di sole presunzioni, quali l'iscrizione all'albo e l'accensione di partita IVA del professionista (Corte di Cassazione, Ordinanza 15 luglio 2022, n. 22335).

Il principio è stato riaffermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza di accoglimento del ricorso proposto da un avvocato avverso la pronuncia di secondo grado che aveva rigettato la domanda dello stesso, volta ad accertare l'illegittimità dell'iscrizione d'ufficio alla gestione separata INPS, in relazione ai redditi prodotti nell'anno 2009 inerenti allo svolgimento dell'attività professionale, e l'insussistenza del relativo credito contributivo.
La Corte distrettuale, in particolare, aveva ritenuto obbligatoria l'iscrizione alla gestione separata per gli esercenti la professione di avvocato che non fossero tenuti a iscriversi presso la Cassa Nazionale Forense ed aveva rilevato che il requisito dell'abitualità dell'attività professionale doveva presumersi, nel caso sottoposto ad esame, in ragione dell’ iscrizione dell'avvocato presso il relativo Albo, con apertura della partita IVA.

Nel ricorso per cassazione proposto il professionista sosteneva, di contro, che i giudici di merito avessero erroneamente ritenuto sussistente l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l'INPS a carico del professionista avvocato che non ha l'obbligo di iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, nonostante non fosse stato raggiunto il limite di reddito di euro 5000.
Lo stesso censurava, altresì, la decisione nella parte in cui aveva presunto l'abitualità nello svolgimento dell'attività professionale per il solo fatto che egli era iscritto all'albo ed era titolare di partita Iva.

La Suprema Corte ha accolto ricorso sulla scorta dei principi affermati in fattispecie analoghe, secondo cui la produzione da parte del professionista di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce il presupposto affinché anche un'attività di lavoro autonomo occasionale possa determinare l'iscrizione presso la Gestione Separata, restando invece irrilevante l'entità del reddito qualora ci si trovi in presenza di un'attività lavorativa svolta con i caratteri dell'abitualità.

Sul punto, i Giudici di legittimità hanno, dunque, evidenziato che il requisito dell'abitualità deve essere accertato in punto di fatto e, ai fini di detto accertamento, possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall'iscrizione all'albo, dall'accensione della partita IVA o dall'organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività oppure, in senso contrario, la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad euro 5.000,00.
Tuttavia, nessuno dei detti elementi può di per sé imporsi all'interprete come univocamente significativo, trattandosi pur sempre di presunzioni, che non impongono conclusioni indefettibili.
Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha ritenuto censurabile la sentenza di merito, avendo accertato che nel caso di specie la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente il requisito dell'abitualità per il sol fatto che il professionista era iscritto all'albo di appartenenza ed era titolare di partita Iva, trascurando di compiere l’accertamento in concreto, anche alla luce dell'entità del reddito prodotto, e deducendo da tali circostanze il fatto ignoto dell'abitualità della attività professionale.

Bonus-facciate: sconto in fattura e nota di variazione

In materia di Bonus-facciate, non è ammessa l’eventuale possibilità di modificare, con una nota di variazione, la fattura originariamente emessa, al solo fine di integrare il documento con l’espressa indicazione dello “sconto” praticato (Agenzia delle entrate – Risposta 20 luglio 2022, n. 385).

Nel caso di specie, la società istante riferisce di aver emesso il 27/12/2021, una fattura per bonus facciata senza lo sconto in fattura del 90% e il cliente ha pagato via bonifico parlante il 10% dell’importo in data 31/12/2021.
Laddove dovesse emettere una nota di credito e rifatturazione datati dicembre 2021, pagando le sanzioni per invio tardivo, il bonifico già eseguito dal suo cliente farebbe comunque riferimento ad un’altra fattura, né sarebbe possibile chiedere un nuovo pagamento, che sarebbe comunque datato 2022 .
L’istante, in sede di documentazione integrativa, presentata su richiesta della scrivente, chiarisce che la comunicazione all’Agenzia delle Entrate non è stata mandata.
Non potendo istruire la pratica per la cessione del credito – chiede, dunque, come modificare la fattura originariamente emessa, allo scopo di integrare la stessa con l’espressa indicazione dello “sconto” praticato.

Con riferimento alla eventuale possibilità di modificare, con una nota di variazione, la fattura originariamente emessa, al solo fine di integrare il documento con l’espressa indicazione dello “sconto” praticato, l’Agenzia rappresenta che non si ravvisano le condizioni ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per emettere una nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, una nuova fattura. Infatti, la mancata annotazione dello sconto di cui si discute non pregiudica la validità fiscale della fattura emessa, che riporta l’imponibile – pari al corrispettivo pattuito – e l’IVA ad esso relativo, calcolata sull’intero corrispettivo pattuito al lordo dello sconto (che nel caso di specie, costituisce solo una modalità di pagamento del corrispettivo).
Ne deriva che, non avendo l’istante indicato nella fattura emessa a fronte della prestazione resa, l’ammontare dello sconto pattuito, l’opzione per il contributo sotto forma di sconto non può considerarsi perfezionata, non essendovi stato peraltro il pagamento dei lavori per l’intero.
Il committente potrà comunque recuperare, in presenza di tutti gli altri requisiti previsti, il 10% delle spese effettivamente sostenute nel 2021 per l’esecuzione dell’intervento (il bonifico c.d “parlante” effettuato il 31 dicembre 2021 corrisponde esattamente al 10% della fattura emessa dall’istante il 27 dicembre 2021) mediante fruizione diretta della detrazione dall’imposta lorda nella misura del 90% nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2021. In altre parole, il contribuente non può più beneficiare dello sconto in fattura e quel 10 per cento versato nel 2021 potrà essere detratto direttamente dal committente in misura pari al 90% nella sua dichiarazione dei redditi.
Detta detrazione non potrà essere ceduta non avendo il committente, beneficiario della detrazione, effettuato la comunicazione all’Agenzia delle entrate entro il 29 aprile 2022. Il restante 90% del corrispettivo documentato con la citata fattura, se pagato entro il 2022, potrà essere portato in detrazione direttamente dal committente – nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2022 – dall’imposta lorda nella misura del 60% (articolo 1, comma 219, della legge 27 dicembre 2019, n. 160), ovvero ceduto ad altri soggetti, compresi gli intermediari finanziari, nella misura corrispondente alla detrazione spettante, previa opzione per la cessione del credito.

In materia di Bonus-facciate, non è ammessa l’eventuale possibilità di modificare, con una nota di variazione, la fattura originariamente emessa, al solo fine di integrare il documento con l'espressa indicazione dello "sconto" praticato (Agenzia delle entrate - Risposta 20 luglio 2022, n. 385).

Nel caso di specie, la società istante riferisce di aver emesso il 27/12/2021, una fattura per bonus facciata senza lo sconto in fattura del 90% e il cliente ha pagato via bonifico parlante il 10% dell'importo in data 31/12/2021.
Laddove dovesse emettere una nota di credito e rifatturazione datati dicembre 2021, pagando le sanzioni per invio tardivo, il bonifico già eseguito dal suo cliente farebbe comunque riferimento ad un'altra fattura, né sarebbe possibile chiedere un nuovo pagamento, che sarebbe comunque datato 2022 .
L'istante, in sede di documentazione integrativa, presentata su richiesta della scrivente, chiarisce che la comunicazione all'Agenzia delle Entrate non è stata mandata.
Non potendo istruire la pratica per la cessione del credito - chiede, dunque, come modificare la fattura originariamente emessa, allo scopo di integrare la stessa con l'espressa indicazione dello "sconto" praticato.

Con riferimento alla eventuale possibilità di modificare, con una nota di variazione, la fattura originariamente emessa, al solo fine di integrare il documento con l'espressa indicazione dello "sconto" praticato, l’Agenzia rappresenta che non si ravvisano le condizioni ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per emettere una nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, una nuova fattura. Infatti, la mancata annotazione dello sconto di cui si discute non pregiudica la validità fiscale della fattura emessa, che riporta l'imponibile - pari al corrispettivo pattuito - e l'IVA ad esso relativo, calcolata sull'intero corrispettivo pattuito al lordo dello sconto (che nel caso di specie, costituisce solo una modalità di pagamento del corrispettivo).
Ne deriva che, non avendo l'istante indicato nella fattura emessa a fronte della prestazione resa, l'ammontare dello sconto pattuito, l'opzione per il contributo sotto forma di sconto non può considerarsi perfezionata, non essendovi stato peraltro il pagamento dei lavori per l'intero.
Il committente potrà comunque recuperare, in presenza di tutti gli altri requisiti previsti, il 10% delle spese effettivamente sostenute nel 2021 per l'esecuzione dell'intervento (il bonifico c.d "parlante" effettuato il 31 dicembre 2021 corrisponde esattamente al 10% della fattura emessa dall'istante il 27 dicembre 2021) mediante fruizione diretta della detrazione dall'imposta lorda nella misura del 90% nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno d'imposta 2021. In altre parole, il contribuente non può più beneficiare dello sconto in fattura e quel 10 per cento versato nel 2021 potrà essere detratto direttamente dal committente in misura pari al 90% nella sua dichiarazione dei redditi.
Detta detrazione non potrà essere ceduta non avendo il committente, beneficiario della detrazione, effettuato la comunicazione all'Agenzia delle entrate entro il 29 aprile 2022. Il restante 90% del corrispettivo documentato con la citata fattura, se pagato entro il 2022, potrà essere portato in detrazione direttamente dal committente - nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno d'imposta 2022 - dall'imposta lorda nella misura del 60% (articolo 1, comma 219, della legge 27 dicembre 2019, n. 160), ovvero ceduto ad altri soggetti, compresi gli intermediari finanziari, nella misura corrispondente alla detrazione spettante, previa opzione per la cessione del credito.

Prodotti energetici: rideterminazione temporanea aliquote di accisa sui carburanti

Con riferimento ai prodotti energetici e alla rideterminazione temporanea delle aliquote di accisa sui carburanti dal 9 luglio 2022 al 2 agosto 2022, si fornisco chiarimenti sugli adempimenti per gli esercenti (AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI – Circolare 11 luglio 2022, n. 27)

Il Mef, con il decreto 24 giugno 2022, all’art. 1, comma 1, lett. a), opera un’ulteriore rideterminazione, temporanea, di talune aliquote di accisa di cui all’Allegato I al testo unico approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, (TUA), senza soluzione di continuità e nelle misure fissate da precedenti analoghi interventi di riduzione.
A decorrere dal 9 luglio 2022 e fino al 2 agosto 2022 restano vigenti le aliquote di accisa specificate ai punti 1), 2), 3) e 4) del suddetto comma 1 per i seguenti prodotti energetici:
– benzina: euro 478,40 per mille litri;
– oli da gas o gasolio usato come carburante: euro 367,40 per mille litri;
 gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: euro 182,61 per mille chilogrammi;
– gas naturale usato per autotrazione: euro zero per metro cubo.
Le stesse fanno seguito a quelle previste da ultimo, con disposizione di rango primario, dall’art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/22 per il periodo che va dal 3 maggio 2022 all’8 luglio 2022 (si rinvia alla circolare n. 23/2022 del 8 giugno 2022).
In esecuzione ed in conformità ai criteri sanciti dall’art. 1-bis, comma 8, del decreto-legge n. 21/22 che delimitano il campo di applicazione del decreto interministeriale, il D.M. 24 giugno 2022 con riguardo al periodo di vigenza della nuova rideterminazione delle aliquote di accisa reitera:
– all’art. 1, comma 2, per gli esercenti trasporto di merci e trasporto di persone (art. 24-ter del TUA), la disapplicazione fino al termine del 2 agosto 2022 della specifica aliquota ridotta prevista per il gasolio commerciale dal punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA;
– all’art. 1, comma 3, l’obbligo di comunicazione, entro il 9 agosto 2022, delle giacenze degli stessi prodotti rilevate, alla fine della giornata del 2 agosto 2022, nei serbatoi dei depositi commerciali di cui all’art. 25, comma 1, del TUA nonché degli impianti di distribuzione stradale di carburanti di cui al comma 2, lett. b), del medesimo art. 25. I dati dei quantitativi fisici sono trasmessi dagli esercenti al competente Ufficio delle dogane tramite PEC ovvero per via telematica. Si rinvia alle istruzioni operative emanate con la circolare n. 11/2022.

Con riferimento ai prodotti energetici e alla rideterminazione temporanea delle aliquote di accisa sui carburanti dal 9 luglio 2022 al 2 agosto 2022, si fornisco chiarimenti sugli adempimenti per gli esercenti (AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI - Circolare 11 luglio 2022, n. 27)

Il Mef, con il decreto 24 giugno 2022, all’art. 1, comma 1, lett. a), opera un’ulteriore rideterminazione, temporanea, di talune aliquote di accisa di cui all’Allegato I al testo unico approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, (TUA), senza soluzione di continuità e nelle misure fissate da precedenti analoghi interventi di riduzione.
A decorrere dal 9 luglio 2022 e fino al 2 agosto 2022 restano vigenti le aliquote di accisa specificate ai punti 1), 2), 3) e 4) del suddetto comma 1 per i seguenti prodotti energetici:
- benzina: euro 478,40 per mille litri;
- oli da gas o gasolio usato come carburante: euro 367,40 per mille litri;
 gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: euro 182,61 per mille chilogrammi;
- gas naturale usato per autotrazione: euro zero per metro cubo.
Le stesse fanno seguito a quelle previste da ultimo, con disposizione di rango primario, dall’art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/22 per il periodo che va dal 3 maggio 2022 all’8 luglio 2022 (si rinvia alla circolare n. 23/2022 del 8 giugno 2022).
In esecuzione ed in conformità ai criteri sanciti dall’art. 1-bis, comma 8, del decreto-legge n. 21/22 che delimitano il campo di applicazione del decreto interministeriale, il D.M. 24 giugno 2022 con riguardo al periodo di vigenza della nuova rideterminazione delle aliquote di accisa reitera:
- all’art. 1, comma 2, per gli esercenti trasporto di merci e trasporto di persone (art. 24-ter del TUA), la disapplicazione fino al termine del 2 agosto 2022 della specifica aliquota ridotta prevista per il gasolio commerciale dal punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA;
- all’art. 1, comma 3, l’obbligo di comunicazione, entro il 9 agosto 2022, delle giacenze degli stessi prodotti rilevate, alla fine della giornata del 2 agosto 2022, nei serbatoi dei depositi commerciali di cui all’art. 25, comma 1, del TUA nonché degli impianti di distribuzione stradale di carburanti di cui al comma 2, lett. b), del medesimo art. 25. I dati dei quantitativi fisici sono trasmessi dagli esercenti al competente Ufficio delle dogane tramite PEC ovvero per via telematica. Si rinvia alle istruzioni operative emanate con la circolare n. 11/2022.

Certificato di agibilità per il settore spettacolo: richiesta massiva tramite Pec

A decorrere dal 21 luglio 2022 l’Inps attiva una nuova modalità di richiesta massiva del certificato di agibilità per le imprese del settore spettacolo (Inps – Messaggio 19 luglio 2022, n. 2874).

Al fine di automatizzare i processi che riguardano i soggetti preposti alla richiesta del certificato di agibilità per il settore dello spettacolo, l’Inps ha disposto l’attivazione di una nuova procedura di richiesta massiva evitando l’accesso al portale.
La nuova modalità di richiesta può essere utilizzata a decorrere dal 21 luglio 2022; prevede l’utilizzo del sistema di Posta Elettronica Certificata (PEC) e si aggiunge all’attuale modalità, presente nell’applicazione on-line, che permette l’upload di un file per la richiesta massiva, tramite l’apposita funzione denominata “Importazione massiva certificati agibilità” del servizio “Richiesta certificato di agibilità”, disponibile sul portale dell’Istituto nell’area “Servizi per le aziende e consulenti”.
La procedura rende disponibile tramite Pec le informazioni di sintesi delle elaborazioni effettuate sul file di input (formato xml), che veicola le richieste di agibilità e i certificati risultanti, in un unico file compresso che l’utente può prelevare interfacciandosi con la propria casella Pec.

La nuova modalità di richiesta del certificato di agibilità è rivolta ai soggetti legittimati: datori di lavoro, committenti, professionisti mandatari del datore di lavoro.
I soggetti che intendono utilizzare la richiesta massiva tramite PEC, devono accreditarsi tramite l’apposita funzione presente all’interno dell’attuale applicazione telematica, ossia:
a) cliccare sul pulsante “Richiedi l’abilitazione del servizio Agibilità PEC”;
b) compilare opportunamente i campi presenti nella successiva maschera:
– codice fiscale e denominazione dell’impresa/intermediario abilitato che intende accreditarsi;
– indirizzo della casella PEC che verrà utilizzata per la richiesta/ricezione dei certificati di agibilità;
– completare l’invio della richiesta, cliccando sull’apposito pulsante.
Il sistema visualizza a video il messaggio di conferma della richiesta di accreditamento.
Successivamente la procedura invia un “codice di sicurezza” all’indirizzo PEC del richiedente, specificato in fase di accreditamento, che deve essere inserito nella maschera di conferma per il completamento della procedura di accreditamento.
Il codice di sicurezza ha una validità di 48 ore dalla data di invio della richiesta. Superato tale lasso di tempo è necessario ripetere la procedura dall’inizio.
Una volta ottenuto l’accreditamento è possibile inviare i flussi xml delle agibilità alla casella PEC dedicata richiestaagibilita@postacert.inps.gov.it.

A decorrere dal 21 luglio 2022 l’Inps attiva una nuova modalità di richiesta massiva del certificato di agibilità per le imprese del settore spettacolo (Inps - Messaggio 19 luglio 2022, n. 2874).

Al fine di automatizzare i processi che riguardano i soggetti preposti alla richiesta del certificato di agibilità per il settore dello spettacolo, l’Inps ha disposto l’attivazione di una nuova procedura di richiesta massiva evitando l’accesso al portale.
La nuova modalità di richiesta può essere utilizzata a decorrere dal 21 luglio 2022; prevede l’utilizzo del sistema di Posta Elettronica Certificata (PEC) e si aggiunge all’attuale modalità, presente nell’applicazione on-line, che permette l’upload di un file per la richiesta massiva, tramite l’apposita funzione denominata "Importazione massiva certificati agibilità" del servizio "Richiesta certificato di agibilità", disponibile sul portale dell’Istituto nell’area "Servizi per le aziende e consulenti".
La procedura rende disponibile tramite Pec le informazioni di sintesi delle elaborazioni effettuate sul file di input (formato xml), che veicola le richieste di agibilità e i certificati risultanti, in un unico file compresso che l’utente può prelevare interfacciandosi con la propria casella Pec.

La nuova modalità di richiesta del certificato di agibilità è rivolta ai soggetti legittimati: datori di lavoro, committenti, professionisti mandatari del datore di lavoro.
I soggetti che intendono utilizzare la richiesta massiva tramite PEC, devono accreditarsi tramite l’apposita funzione presente all’interno dell’attuale applicazione telematica, ossia:
a) cliccare sul pulsante "Richiedi l’abilitazione del servizio Agibilità PEC";
b) compilare opportunamente i campi presenti nella successiva maschera:
- codice fiscale e denominazione dell’impresa/intermediario abilitato che intende accreditarsi;
- indirizzo della casella PEC che verrà utilizzata per la richiesta/ricezione dei certificati di agibilità;
- completare l’invio della richiesta, cliccando sull’apposito pulsante.
Il sistema visualizza a video il messaggio di conferma della richiesta di accreditamento.
Successivamente la procedura invia un "codice di sicurezza" all’indirizzo PEC del richiedente, specificato in fase di accreditamento, che deve essere inserito nella maschera di conferma per il completamento della procedura di accreditamento.
Il codice di sicurezza ha una validità di 48 ore dalla data di invio della richiesta. Superato tale lasso di tempo è necessario ripetere la procedura dall’inizio.
Una volta ottenuto l’accreditamento è possibile inviare i flussi xml delle agibilità alla casella PEC dedicata richiestaagibilita@postacert.inps.gov.it.

Fisco: nuove precisazioni sul Superbonus

In tema di Superbonus, forniti chiarimenti sulla sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita, riferito al preliminare registrato del 24 maggio 2021, entro il termine del 30 novembre 2022 e versamento di un secondo acconto sul prezzo della compravendita entro il 30 giugno 2022 (Agenzia delle entrate – Risposta 20 luglio 2022, n. 384).

Nel caso di specie, il contribuente ha sottoscritto con una società un contratto preliminare di compravendita di una unità immobiliare al piano terra di un edificio in corso di costruzione e chiede se:
– in caso di sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita, riferito al preliminare registrato del 24 maggio 2021, entro il termine del 30 novembre 2022, possa comunque trovare applicazione l’agevolazione di cui all’articolo 16, comma 1-septies, del decreto legge n. 63 del 2013 ( sisma bonus acquisti), nella misura del 110 per cento, con applicazione dello sconto in fattura previsto dall’articolo 121 del decreto legge n.34 del 2020;
– nel caso in cui entro il 30 giugno 2022, in forza del predetto contratto preliminare, versi un secondo acconto sul prezzo della compravendita pari a euro 100.000 possa fruire sisma bonus acquisti, nella misura del 110 per cento e optare per lo sconto in fattura.
L’Agenzia chiarisce che qualora l’Istante sottoscriva il contratto definitivo di compravendita successivamente alla predetta data del 30 giugno 2022, non potrà applicare la detrazione con l’aliquota più elevata del 110 per cento, ai sensi del citato comma 4 dell’articolo 119 del decreto Rilancio.
Potrà, invece, applicare la detrazione di cui al citato articolo, 16, comma 1- septies, del decreto legge n. 63 del 2013 con le aliquote ivi previste (75 per cento o 85 per cento, a seconda che gli interventi di riduzione del rischio sismico eseguiti sugli immobili acquistati abbiano determinato, rispettivamente, il passaggio a una o a due classi di rischio inferiore), essendo tale disposizione vigente fino al 31 dicembre 2024, ed esercitare l’opzione per il cd. sconto in fattura ai sensi dell’articolo 121 del decreto Rilancio.

In tema di Superbonus, forniti chiarimenti sulla sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita, riferito al preliminare registrato del 24 maggio 2021, entro il termine del 30 novembre 2022 e versamento di un secondo acconto sul prezzo della compravendita entro il 30 giugno 2022 (Agenzia delle entrate - Risposta 20 luglio 2022, n. 384).

Nel caso di specie, il contribuente ha sottoscritto con una società un contratto preliminare di compravendita di una unità immobiliare al piano terra di un edificio in corso di costruzione e chiede se:
- in caso di sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita, riferito al preliminare registrato del 24 maggio 2021, entro il termine del 30 novembre 2022, possa comunque trovare applicazione l'agevolazione di cui all'articolo 16, comma 1-septies, del decreto legge n. 63 del 2013 ( sisma bonus acquisti), nella misura del 110 per cento, con applicazione dello sconto in fattura previsto dall'articolo 121 del decreto legge n.34 del 2020;
- nel caso in cui entro il 30 giugno 2022, in forza del predetto contratto preliminare, versi un secondo acconto sul prezzo della compravendita pari a euro 100.000 possa fruire sisma bonus acquisti, nella misura del 110 per cento e optare per lo sconto in fattura.
L’Agenzia chiarisce che qualora l'Istante sottoscriva il contratto definitivo di compravendita successivamente alla predetta data del 30 giugno 2022, non potrà applicare la detrazione con l'aliquota più elevata del 110 per cento, ai sensi del citato comma 4 dell'articolo 119 del decreto Rilancio.
Potrà, invece, applicare la detrazione di cui al citato articolo, 16, comma 1- septies, del decreto legge n. 63 del 2013 con le aliquote ivi previste (75 per cento o 85 per cento, a seconda che gli interventi di riduzione del rischio sismico eseguiti sugli immobili acquistati abbiano determinato, rispettivamente, il passaggio a una o a due classi di rischio inferiore), essendo tale disposizione vigente fino al 31 dicembre 2024, ed esercitare l'opzione per il cd. sconto in fattura ai sensi dell'articolo 121 del decreto Rilancio.

Illegittima la sanzione irrogata al dipendente assente alla visita fiscale perché sotto la doccia

L’obbligo di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia, pur rilevando anche sul piano contrattuale del rapporto di lavoro, non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto per il lavoratore stesso di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano, normalmente compiuto all’interno delle pareti domestiche (Corte di Cassazione, Ordinanza 18 luglio 2022, n. 22484).

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza di rigetto del ricorso proposto da una società datrice di lavoro avverso la decisione della Corte d’Appello.
Quest’ultima aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di un lavoratore e, annullata la sanzione disciplinare del richiamo scritto irrogata, aveva condannato la società a corrispondere al ricorrente l’indennità di sala operatoria, sospesa in quanto il regolamento contrattuale ne condizionava l’erogazione all’assenza di provvedimenti disciplinari.
I Giudici del gravame avevano accertato, in fatto, che il lavoratore, assente per malattia, al momento della visita di controllo non aveva sentito suonare il campanello di casa perché sotto la doccia e ciò aveva impedito l’accesso del medico fiscale nell’abitazione; il dipendente, inoltre, si era immediatamente attivato, manifestando piena disponibilità a consentire l’accertamento ed aveva anche inviato tempestiva comunicazione dell’accaduto agli organi preposti.
Sulla scorta di tanto, la Corte d’Appello aveva ritenuto che, in relazione alle circostanze del caso concreto, dovesse essere esclusa la rilevanza disciplinare della condotta, non risultando violati gli obblighi esigenza e di esecuzione del contratto secondo buona fede.
La società datrice di lavoro ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sostenendo che il mancato rispetto della reperibilità costituisce inadempimento contrattuale sanzionabile in sé, ossia a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia, perché il lavoratore ha nei confronti del datore un dovere di cooperazione e pertanto, anche nel domicilio, è tenuto ad astenersi da condotte che impediscano l’accesso al medico della struttura pubblica.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso, evidenziando che non tutte le condotte che rilevano nei rapporti con l’istituto previdenziale e che possono determinare decadenza dal beneficio comportano anche una responsabilità disciplinare.
Né l’assenza alla visita domiciliare di controllo, annoverata fra le condotte di rilievo disciplinare dal CCNL richiamato dalla società, può ritenersi concettualmente coincidente con il tenere una condotta, all’interno delle pareti domestiche, che si riveli di ostacolo all’accesso del medico competente. Quest’ultima può, difatti, essere equiparata al mancato rispetto delle fasce di reperibilità nei rapporti con l’istituto previdenziale, non già ai fini disciplinari, per i quali occorre accertare che in concreto la condotta integri una violazione degli obblighi che dal rapporto scaturiscono.

Nel caso in argomento, secondo il Collegio, il giudice del merito ha applicato i richiamati principi, atteso che, dopo aver accertato che il lavoratore era presente all’interno delle pareti domestiche, per escludere che la condotta tenuta dallo stesso fosse stata contraria agli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede, ha correttamente valutato tutte le circostanze del caso concreto, compresa l’immediata attivazione del medesimo.
Ciò posto, la Corte ha, in conclusione, affermato il principio secondo cui l’obbligo di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia, pur rilevando anche sul piano contrattuale del rapporto di lavoro, non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto per il lavoratore medesimo di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano, normalmente compiuto all’interno delle pareti domestiche.

L'obbligo di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia, pur rilevando anche sul piano contrattuale del rapporto di lavoro, non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto per il lavoratore stesso di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano, normalmente compiuto all'interno delle pareti domestiche (Corte di Cassazione, Ordinanza 18 luglio 2022, n. 22484).

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza di rigetto del ricorso proposto da una società datrice di lavoro avverso la decisione della Corte d’Appello.
Quest’ultima aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di un lavoratore e, annullata la sanzione disciplinare del richiamo scritto irrogata, aveva condannato la società a corrispondere al ricorrente l'indennità di sala operatoria, sospesa in quanto il regolamento contrattuale ne condizionava l'erogazione all'assenza di provvedimenti disciplinari.
I Giudici del gravame avevano accertato, in fatto, che il lavoratore, assente per malattia, al momento della visita di controllo non aveva sentito suonare il campanello di casa perché sotto la doccia e ciò aveva impedito l'accesso del medico fiscale nell'abitazione; il dipendente, inoltre, si era immediatamente attivato, manifestando piena disponibilità a consentire l'accertamento ed aveva anche inviato tempestiva comunicazione dell'accaduto agli organi preposti.
Sulla scorta di tanto, la Corte d'Appello aveva ritenuto che, in relazione alle circostanze del caso concreto, dovesse essere esclusa la rilevanza disciplinare della condotta, non risultando violati gli obblighi esigenza e di esecuzione del contratto secondo buona fede.
La società datrice di lavoro ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sostenendo che il mancato rispetto della reperibilità costituisce inadempimento contrattuale sanzionabile in sé, ossia a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia, perché il lavoratore ha nei confronti del datore un dovere di cooperazione e pertanto, anche nel domicilio, è tenuto ad astenersi da condotte che impediscano l'accesso al medico della struttura pubblica.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso, evidenziando che non tutte le condotte che rilevano nei rapporti con l'istituto previdenziale e che possono determinare decadenza dal beneficio comportano anche una responsabilità disciplinare.
Né l'assenza alla visita domiciliare di controllo, annoverata fra le condotte di rilievo disciplinare dal CCNL richiamato dalla società, può ritenersi concettualmente coincidente con il tenere una condotta, all'interno delle pareti domestiche, che si riveli di ostacolo all'accesso del medico competente. Quest'ultima può, difatti, essere equiparata al mancato rispetto delle fasce di reperibilità nei rapporti con l'istituto previdenziale, non già ai fini disciplinari, per i quali occorre accertare che in concreto la condotta integri una violazione degli obblighi che dal rapporto scaturiscono.

Nel caso in argomento, secondo il Collegio, il giudice del merito ha applicato i richiamati principi, atteso che, dopo aver accertato che il lavoratore era presente all'interno delle pareti domestiche, per escludere che la condotta tenuta dallo stesso fosse stata contraria agli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede, ha correttamente valutato tutte le circostanze del caso concreto, compresa l'immediata attivazione del medesimo.
Ciò posto, la Corte ha, in conclusione, affermato il principio secondo cui l'obbligo di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia, pur rilevando anche sul piano contrattuale del rapporto di lavoro, non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto per il lavoratore medesimo di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano, normalmente compiuto all'interno delle pareti domestiche.