Ricavi e proventi caratteristici: chiarimenti dal FISCO

L’Agenzia delle entrate con la risposta 26 ottobre 2022, n. 527 è intervenuta sull’individuazione dei “ricavi e proventi caratteristici” ai fini della verifica dei requisiti di vitalità economica per una società che redige il bilancio conformemente ai principi contabili internazionali.

L’art. 172, co. 7, del TUIR disciplina le condizioni alle quali è consentito il riporto delle posizioni soggettive in occasione di fusioni societarie, al fine di contrastare le operazioni di commercio delle c.d. “bare fiscali”.

Come noto, la norma prevede che le perdite fiscali delle società partecipanti all’operazione, compresa l’incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione, incorporante o beneficiaria:

– per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater c.c., senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali;

– allorché dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

La ratio delle limitazioni poste dall’art. 172, co. 7, del TUIR è di contrastare il c.d. commercio di “bare fiscali”, mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell’altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla disposizione normativa.

La condizione di operatività (c.d. “test di vitalità”) di cui al menzionato punto 2 ha lo scopo di verificare che le società coinvolte in operazioni di fusione siano operative, negando, in sostanza, il diritto del riporto delle posizioni soggettive se non esiste più l’attività economica cui tali posizioni soggettive si riferiscono.

In merito alle voci di conto economico che devono essere considerate per il calcolo dell’ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, la risoluzione del 10 aprile 2008 n. 143 ha chiarito che devono essere assunti tutti quei proventi che in relazione all’attività svolta dalla società in esame possano considerarsi caratteristici, prescindendo, dunque, da riferimenti puntuali alle voci di Conto Economico.

Rispetto al testo contenuto nel previgente art. 123 del “vecchio” TUIR, rimasto in vigore fino al 31 dicembre 2003, già con la riforma del sistema fiscale del 2003, al fine di raffinare la misurazione della redditività, l’art. 172 del nuovo TUIR, nel dare attuazione ai principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega per la riforma del sistema fiscale, ha eliminato i riferimenti puntuali alle voci del conto economico ed introdotto una più ampia menzione, per ciò che concerne i componenti attivi, dei “ricavi e proventi dell’attività caratteristica”. Ciò al fine di ampliare l’ambito applicativo della previgente norma per includervi espressamente quei soggetti economici allorquando classifichino i proventi dell’attività caratteristica in voci del conto economico diverse da quelle qualificabili come ricavi di cui all’art. 2425 c.c..

Pertanto, il richiamo che l’art. 172, co. 7, del TUIR fa al Conto Economico di cui all’art. 2425 del c. c. va inteso quale richiamo ad uno schema contabile, redatto secondo corretti principi contabili, che sia in grado di misurare l’operatività delle società coinvolte nell’operazione straordinaria.

In sostanza, nel costruire il test di vitalità relativo ai componenti positivi, l’art. 172 fa riferimento a tutti quei ricavi e proventi dell’attività caratteristica risultanti dallo schema contabile, che siano in grado di esprimere l’attività economica dei soggetti interessati all’operazione di fusione.

Con riferimento ai soggetti IAS adopter, che redigono i bilanci secondo i principi contabili internazionali, la redditività viene misurata anche attraverso la sezione del conto economico complessivo denominata “altre componenti di conto economico complessivo (other comprehensive income – OCI)” che è parte integrante del Conto Economico.

In merito, si ricorda, infatti, che il principio contabile IAS 1 prevede l’obbligo di redigere, tra i prospetti obbligatori che compongono il bilancio di esercizio, anche lo statement of other comprehensive income, come appendice del Conto economico.

L’Agenzia delle entrate con la risposta 26 ottobre 2022, n. 527 è intervenuta sull’individuazione dei "ricavi e proventi caratteristici" ai fini della verifica dei requisiti di vitalità economica per una società che redige il bilancio conformemente ai principi contabili internazionali.

L'art. 172, co. 7, del TUIR disciplina le condizioni alle quali è consentito il riporto delle posizioni soggettive in occasione di fusioni societarie, al fine di contrastare le operazioni di commercio delle c.d. "bare fiscali".

Come noto, la norma prevede che le perdite fiscali delle società partecipanti all'operazione, compresa l'incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione, incorporante o beneficiaria:

- per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell'art. 2501-quater c.c., senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali;

- allorché dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

La ratio delle limitazioni poste dall'art. 172, co. 7, del TUIR è di contrastare il c.d. commercio di "bare fiscali", mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell'altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla disposizione normativa.

La condizione di operatività (c.d. "test di vitalità") di cui al menzionato punto 2 ha lo scopo di verificare che le società coinvolte in operazioni di fusione siano operative, negando, in sostanza, il diritto del riporto delle posizioni soggettive se non esiste più l'attività economica cui tali posizioni soggettive si riferiscono.

In merito alle voci di conto economico che devono essere considerate per il calcolo dell'ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, la risoluzione del 10 aprile 2008 n. 143 ha chiarito che devono essere assunti tutti quei proventi che in relazione all'attività svolta dalla società in esame possano considerarsi caratteristici, prescindendo, dunque, da riferimenti puntuali alle voci di Conto Economico.

Rispetto al testo contenuto nel previgente art. 123 del "vecchio" TUIR, rimasto in vigore fino al 31 dicembre 2003, già con la riforma del sistema fiscale del 2003, al fine di raffinare la misurazione della redditività, l'art. 172 del nuovo TUIR, nel dare attuazione ai principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega per la riforma del sistema fiscale, ha eliminato i riferimenti puntuali alle voci del conto economico ed introdotto una più ampia menzione, per ciò che concerne i componenti attivi, dei "ricavi e proventi dell'attività caratteristica". Ciò al fine di ampliare l'ambito applicativo della previgente norma per includervi espressamente quei soggetti economici allorquando classifichino i proventi dell'attività caratteristica in voci del conto economico diverse da quelle qualificabili come ricavi di cui all'art. 2425 c.c..

Pertanto, il richiamo che l'art. 172, co. 7, del TUIR fa al Conto Economico di cui all'art. 2425 del c. c. va inteso quale richiamo ad uno schema contabile, redatto secondo corretti principi contabili, che sia in grado di misurare l'operatività delle società coinvolte nell'operazione straordinaria.

In sostanza, nel costruire il test di vitalità relativo ai componenti positivi, l'art. 172 fa riferimento a tutti quei ricavi e proventi dell'attività caratteristica risultanti dallo schema contabile, che siano in grado di esprimere l'attività economica dei soggetti interessati all'operazione di fusione.

Con riferimento ai soggetti IAS adopter, che redigono i bilanci secondo i principi contabili internazionali, la redditività viene misurata anche attraverso la sezione del conto economico complessivo denominata "altre componenti di conto economico complessivo (other comprehensive income - OCI)" che è parte integrante del Conto Economico.

In merito, si ricorda, infatti, che il principio contabile IAS 1 prevede l'obbligo di redigere, tra i prospetti obbligatori che compongono il bilancio di esercizio, anche lo statement of other comprehensive income, come appendice del Conto economico.

Il codice tributo per il contrassegno dei prodotti con nicotina

Istituzione del codice tributo per il versamento, tramite il modello “F24 Accise”, delle somme dovute per la fornitura dei contrassegni di legittimazione da applicare sui singoli condizionamenti per la circolazione dei prodotti diversi dai tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, contenenti nicotina (Agenzia delle entrate – Risoluzione 26 ottobre 2022, n. 63/E).

A decorrere dal 1° gennaio 2023, la circolazione dei prodotti diversi dai tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, contenenti nicotina e preparati allo scopo di consentire, senza combustione e senza inalazione, l’assorbimento di tale sostanza da parte dell’organismo, anche mediante involucri funzionali al loro consumo, è legittimata mediante applicazione di appositi contrassegni di legittimazione sui singoli condizionamenti (art. 62-quater.1, comma 10, D.Lgs 26 ottobre 1995, n. 504, inserito dall’art. 3-novies, comma 2, D.L. 30 dicembre 2021, n. 228).
Con nota prot. n. 404507 del 7 settembre 2022, l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli – Direzione Accise – Tabacchi ha chiesto l’istituzione del codice tributo per il versamento, mediante il modello “F24 Accise”, delle somme dovute per la fornitura dei suddetti contrassegni.
Tanto premesso, è istituito il seguente codice tributo:
– “5481” denominato “Proventi derivanti dalla fornitura di contrassegni di legittimazione di cui all’articolo 62-quater.1, comma 10, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504”.
In sede di compilazione del modello “F24 Accise”, il suddetto codice tributo è esposto nella “Sezione Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, indicando:
– nel campo “ente”, la lettera “M”;
– nel campo “provincia”, nessun valore;
– nel campo “codice identificativo”, nessun valore;
– nel campo “rateazione”, nessun valore;
– nel campo “mese”, il mese cui si riferisce il pagamento, nel formato “MM”;
– nel campo “anno di riferimento”, l’anno d’imposta per cui si effettua il pagamento, nel formato “AAAA”.

Istituzione del codice tributo per il versamento, tramite il modello "F24 Accise", delle somme dovute per la fornitura dei contrassegni di legittimazione da applicare sui singoli condizionamenti per la circolazione dei prodotti diversi dai tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, contenenti nicotina (Agenzia delle entrate - Risoluzione 26 ottobre 2022, n. 63/E).

A decorrere dal 1° gennaio 2023, la circolazione dei prodotti diversi dai tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, contenenti nicotina e preparati allo scopo di consentire, senza combustione e senza inalazione, l'assorbimento di tale sostanza da parte dell'organismo, anche mediante involucri funzionali al loro consumo, è legittimata mediante applicazione di appositi contrassegni di legittimazione sui singoli condizionamenti (art. 62-quater.1, comma 10, D.Lgs 26 ottobre 1995, n. 504, inserito dall'art. 3-novies, comma 2, D.L. 30 dicembre 2021, n. 228).
Con nota prot. n. 404507 del 7 settembre 2022, l'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli - Direzione Accise - Tabacchi ha chiesto l’istituzione del codice tributo per il versamento, mediante il modello "F24 Accise", delle somme dovute per la fornitura dei suddetti contrassegni.
Tanto premesso, è istituito il seguente codice tributo:
- "5481" denominato "Proventi derivanti dalla fornitura di contrassegni di legittimazione di cui all’articolo 62-quater.1, comma 10, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504".
In sede di compilazione del modello "F24 Accise", il suddetto codice tributo è esposto nella "Sezione Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione" in corrispondenza delle somme indicate nella colonna "importi a debito versati", indicando:
- nel campo "ente", la lettera "M";
- nel campo "provincia", nessun valore;
- nel campo "codice identificativo", nessun valore;
- nel campo "rateazione", nessun valore;
- nel campo "mese", il mese cui si riferisce il pagamento, nel formato "MM";
- nel campo "anno di riferimento", l’anno d’imposta per cui si effettua il pagamento, nel formato "AAAA".

La trattenuta del contributo di solidarietà decisa autonomamente dalla Cassa di previdenza è illegittima

Esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal Legislatore. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza del 25 ottobre 2022, n. 31527.

La Corte di appello condannava la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti a restituire ad un commercialista in quiescenza il contributo di solidarietà trattenuto sul trattamento pensionistico, dichiarando illegittime le trattenute operate sulla pensione e non prescritta l’azione di restituzione soggetta al termine decennale, non essendo i ratei trattenuti liquidi ed esigibili.

La Cassa ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando, tra i motivi, la non conformità a diritto della pronuncia resa dai giudici di merito in punto di prescrizione del diritto azionato dall’assicurato, ritenuta, in particolare, erronea l’applicazione del termine decennale in luogo di quello quinquennale.

Le doglianze della Cassa sono state ritenute infondate dalla Suprema Corte che ha, in primo luogo, ribadito che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal Legislatore.

In materia di previdenza obbligatoria quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati, come evidenziato dal Collegio, la prescrizione quinquennale richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato; pertanto, quando vi sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale.
Se il pensionato, come nel caso sottoposto ad esame, è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo, la differenza tra l’importo liquidato e quello superiore richiesto non può ritenersi pagabile e, quindi, non può applicarsi la prescrizione quinquennale ex art. 2948 cod.civ., ma quella decennale ordinaria ex art. 2946 cod.civ..

Esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal Legislatore. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza del 25 ottobre 2022, n. 31527.

La Corte di appello condannava la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti a restituire ad un commercialista in quiescenza il contributo di solidarietà trattenuto sul trattamento pensionistico, dichiarando illegittime le trattenute operate sulla pensione e non prescritta l'azione di restituzione soggetta al termine decennale, non essendo i ratei trattenuti liquidi ed esigibili.

La Cassa ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando, tra i motivi, la non conformità a diritto della pronuncia resa dai giudici di merito in punto di prescrizione del diritto azionato dall'assicurato, ritenuta, in particolare, erronea l’applicazione del termine decennale in luogo di quello quinquennale.

Le doglianze della Cassa sono state ritenute infondate dalla Suprema Corte che ha, in primo luogo, ribadito che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal Legislatore.

In materia di previdenza obbligatoria quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati, come evidenziato dal Collegio, la prescrizione quinquennale richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell'assicurato; pertanto, quando vi sia in contestazione l'ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale.
Se il pensionato, come nel caso sottoposto ad esame, è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l'applicazione del medesimo, la differenza tra l'importo liquidato e quello superiore richiesto non può ritenersi pagabile e, quindi, non può applicarsi la prescrizione quinquennale ex art. 2948 cod.civ., ma quella decennale ordinaria ex art. 2946 cod.civ..

Prorogata al 1° dicembre 2022 la comunicazione di lavoro agile

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto che il termine per la trasmissione dei dati relativi agli accordi individuali di lavoro agile è prorogato al 1° dicembre 2022 (Comunicato 25 ottobre 2022).

Il cd. “Decreto Semplificazioni” ha previsto che a decorrere dal 1° settembre 2022, il datore di lavoro è tenuto a comunicare in via telematica al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
In caso di mancata comunicazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.
Con il Decreto Ministeriale n. 149 del 22 agosto 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha adottato il modello concernente le informazioni relative all’accordo di lavoro agile da trasmettere con le modalità telematiche. Tale modello è accessibile attraverso il portale istituzionale https://servizi.lavoro.gov.it, nella sezione dei servizi on-line, mediante autenticazione SPID o CIE.
Tale procedura si applica agli accordi individuali di lavoro agile stipulati o modificati a decorrere dalla data del 1° settembre 2022, fermo restando la validità delle comunicazioni già effettuate secondo le modalità della disciplina previgente.
L’accordo individuale di lavoro agile deve essere comunque conservato dal datore di lavoro per un periodo di 5 anni dalla sottoscrizione.

Riguardo al termine di presentazione del modello di lavoro agile, il termine è stato differito dal 1° novembre al 1° dicembre 2022.

In alternativa alla trasmissione tramite applicativo web è possibile utilizzare la modalità massiva REST, utile per l’invio tramite API REST di una elevata numerosità di periodi di lavoro agile da comunicare. È possibile trasmettere tutte le tipologie di comunicazione sopra elencate. L’attivazione di tale modalità richiede l’invio da parte dell’Azienda o del Soggetto Abilitato di una richiesta di contatto tramite il form online disponibile nell’URP Online del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – https://urponline.lavoro.gov.it/s/crea-case?language=it.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto che il termine per la trasmissione dei dati relativi agli accordi individuali di lavoro agile è prorogato al 1° dicembre 2022 (Comunicato 25 ottobre 2022).

Il cd. "Decreto Semplificazioni" ha previsto che a decorrere dal 1° settembre 2022, il datore di lavoro è tenuto a comunicare in via telematica al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
In caso di mancata comunicazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.
Con il Decreto Ministeriale n. 149 del 22 agosto 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha adottato il modello concernente le informazioni relative all’accordo di lavoro agile da trasmettere con le modalità telematiche. Tale modello è accessibile attraverso il portale istituzionale https://servizi.lavoro.gov.it, nella sezione dei servizi on-line, mediante autenticazione SPID o CIE.
Tale procedura si applica agli accordi individuali di lavoro agile stipulati o modificati a decorrere dalla data del 1° settembre 2022, fermo restando la validità delle comunicazioni già effettuate secondo le modalità della disciplina previgente.
L’accordo individuale di lavoro agile deve essere comunque conservato dal datore di lavoro per un periodo di 5 anni dalla sottoscrizione.

Riguardo al termine di presentazione del modello di lavoro agile, il termine è stato differito dal 1° novembre al 1° dicembre 2022.

In alternativa alla trasmissione tramite applicativo web è possibile utilizzare la modalità massiva REST, utile per l’invio tramite API REST di una elevata numerosità di periodi di lavoro agile da comunicare. È possibile trasmettere tutte le tipologie di comunicazione sopra elencate. L’attivazione di tale modalità richiede l’invio da parte dell’Azienda o del Soggetto Abilitato di una richiesta di contatto tramite il form online disponibile nell’URP Online del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - https://urponline.lavoro.gov.it/s/crea-case?language=it.

Accordo Regionale Veneto – Prestazioni straordinarie EBAV

Firmato il 10/10/2022, tra CONFARTIGIANATO IMPRESE Veneto, CNA Veneto, CASARTIGIANI Veneto e CGIL regionale Veneto, CISL regionale Veneto, UIL regionale Veneto, l’accordo per l’attivazione della prestazione straordinaria EBAV “Caro Energia”

Le parti territoriali Veneto firmatarie del presente accordo regionale hanno disposto l’attivazione della campagna straordinaria “Caro Energia” per l’erogazione di un contributo a seguito dall’incremento del costo della materia prima energia, che si articola in due nuove prestazioni, una in favore delle imprese ed una rivolta ai lavoratori.

La prestazione in favore dei lavoratori prevede l’erogazione di un contributo una tantum pari ad € 200,00 per i lavoratori in possesso di ISEE anno 2022 (situazione al 31/12/2020) il cui valore sia pari o inferiore ad € 20.000,00. Le risorse necessarie al finanziamento della prestazione sono individuate all’interno del “Fondo Intercategoriale” collocato al 1° livello EBAV. E’ prevista l’erogazione di massimo un contributo per nucleo famigliare. Nel caso pervengano domande per un importo complessivo superiore a 1.500.000,00 euro, le parti sociali si impegnano ad incontrarsi per valutare le soluzioni più opportune per far fronte alle richieste.

La prestazione rivolta alle imprese, in regola con i versamenti EBAV, prevede l’erogazione di un contributo una tantum pari ad € 400,00 in favore delle aziende che abbiano subito il maggior incremento della spesa della materia prima energia elettrica. La prestazione sarà finanziata con l’importo massimo di € 1.000.000,00, prelevando dai fondi di 1° livello EBAV i seguenti importi: € 300.000,00 dal “Fondo sostegno innovazione impresa” ed € 700.000,00 dal “Fondo intercategoriale”. EBAV provvederà a redigere un elenco in ordine decrescente di tutte le domande pervenute, sulla base dell’incremento percentuale relativamente alla voce di costo in bolletta denominata “spesa per la materia energia”, derivante dal raffronto della bolletta relativa alla fornitura di energia elettrica del mese di ottobre 2019, con quella del mese di ottobre 2022 (nel caso in cui la bolletta sia emessa con cadenza bimestrale farà comunque riferimento la spesa per la materia energia elettrica riferita alla mensilità di ottobre per gli anni 2019 e 2022). Dall’elenco saranno escluse le domande il cui incremento percentuale equivalga ad una somma pari o inferiore a 300,00 euro. Nel caso un’azienda detenga più POD, ovvero punti di fornitura nell’ambito della Regione Veneto, potrà essere presentata un’unica domanda con la somma totale del costo materia prima.

Il pagamento avverrà fino ad esaurimento delle risorse destinate al finanziamento della prestazione in favore delle imprese. Le parti si incontreranno per monitorare l’andamento delle domande pervenute. Le domande delle imprese non in regola con i versamenti EBAV saranno escluse dalla graduatoria.

Le domande di contributo potranno essere inviate ad EBAV da parte di imprese e lavoratori a partire dal mese di novembre 2022 e fino al 13 gennaio 2023.

Firmato il 10/10/2022, tra CONFARTIGIANATO IMPRESE Veneto, CNA Veneto, CASARTIGIANI Veneto e CGIL regionale Veneto, CISL regionale Veneto, UIL regionale Veneto, l’accordo per l’attivazione della prestazione straordinaria EBAV "Caro Energia"

Le parti territoriali Veneto firmatarie del presente accordo regionale hanno disposto l’attivazione della campagna straordinaria "Caro Energia" per l'erogazione di un contributo a seguito dall'incremento del costo della materia prima energia, che si articola in due nuove prestazioni, una in favore delle imprese ed una rivolta ai lavoratori.

La prestazione in favore dei lavoratori prevede l'erogazione di un contributo una tantum pari ad € 200,00 per i lavoratori in possesso di ISEE anno 2022 (situazione al 31/12/2020) il cui valore sia pari o inferiore ad € 20.000,00. Le risorse necessarie al finanziamento della prestazione sono individuate all'interno del "Fondo Intercategoriale" collocato al 1° livello EBAV. E' prevista l'erogazione di massimo un contributo per nucleo famigliare. Nel caso pervengano domande per un importo complessivo superiore a 1.500.000,00 euro, le parti sociali si impegnano ad incontrarsi per valutare le soluzioni più opportune per far fronte alle richieste.

La prestazione rivolta alle imprese, in regola con i versamenti EBAV, prevede l'erogazione di un contributo una tantum pari ad € 400,00 in favore delle aziende che abbiano subito il maggior incremento della spesa della materia prima energia elettrica. La prestazione sarà finanziata con l'importo massimo di € 1.000.000,00, prelevando dai fondi di 1° livello EBAV i seguenti importi: € 300.000,00 dal "Fondo sostegno innovazione impresa" ed € 700.000,00 dal "Fondo intercategoriale". EBAV provvederà a redigere un elenco in ordine decrescente di tutte le domande pervenute, sulla base dell'incremento percentuale relativamente alla voce di costo in bolletta denominata "spesa per la materia energia", derivante dal raffronto della bolletta relativa alla fornitura di energia elettrica del mese di ottobre 2019, con quella del mese di ottobre 2022 (nel caso in cui la bolletta sia emessa con cadenza bimestrale farà comunque riferimento la spesa per la materia energia elettrica riferita alla mensilità di ottobre per gli anni 2019 e 2022). Dall'elenco saranno escluse le domande il cui incremento percentuale equivalga ad una somma pari o inferiore a 300,00 euro. Nel caso un'azienda detenga più POD, ovvero punti di fornitura nell'ambito della Regione Veneto, potrà essere presentata un'unica domanda con la somma totale del costo materia prima.

Il pagamento avverrà fino ad esaurimento delle risorse destinate al finanziamento della prestazione in favore delle imprese. Le parti si incontreranno per monitorare l'andamento delle domande pervenute. Le domande delle imprese non in regola con i versamenti EBAV saranno escluse dalla graduatoria.

Le domande di contributo potranno essere inviate ad EBAV da parte di imprese e lavoratori a partire dal mese di novembre 2022 e fino al 13 gennaio 2023.

Aiuti di Stato Covid-19: la versione semplificata del modello di dichiarazione

È online la versione semplificata del modello di dichiarazione sostitutiva che le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato durante l’emergenza Covid-19 devono inviare alle Entrate entro il 30 novembre 2022. Con il provvedimento del 25 ottobre 2022, n. 398976, l’Agenzia delle entrate ha, infatti, approvato la nuova versione del documento – condivisa con il Dipartimento delle Finanze del Mef nel rispetto delle indicazioni formulate dalla Commissione europea – con alcune modifiche che ne rendono più agevole la compilazione.

In particolare, se l’operatore economico si trova nella situazione più frequente, ossia se l’ammontare complessivo degli aiuti ricevuti durante l’emergenza Covid-19 non supera i limiti previsti dalla Sezione 3.1 del Quadro Temporaneo (800 mila euro fino al 27 gennaio 2021 e 1 milione e 800 mila euro dal 28 gennaio 2021), compilando un’apposita casella è possibile non indicare nel modello l’elenco dettagliato degli aiuti COVID fruiti. Sono esclusi dall’esonero gli aiuti IMU che vanno comunque indicati nel quadro A. La compilazione semplificata è facoltativa, quindi il dichiarante può comunque compilare l’autodichiarazione secondo le modalità ordinarie (elencando gli aiuti nel quadro A). La presentazione dell’autodichiarazione con il modello aggiornato e con la modalità di compilazione semplificata è consentita a partire dal 27 ottobre 2022. Per i contribuenti che hanno già inviato l’autodichiarazione utilizzando il modello precedente non cambia nulla. Questi contribuenti non sono tenuti a ripresentare il modello nella nuova versione.
Con la dichiarazione sostituiva è possibile attestare che l’importo complessivo dei sostegni economici fruiti non superi i massimali indicati nella Comunicazione della Commissione europea “Temporary Framework” e il rispetto delle varie condizioni previste. La dichiarazione deve essere inviata entro il 30 novembre 2022, esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal contribuente o tramite soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni, utilizzando il servizio web disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate oppure, in alternativa, tramite i canali telematici.

È online la versione semplificata del modello di dichiarazione sostitutiva che le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato durante l’emergenza Covid-19 devono inviare alle Entrate entro il 30 novembre 2022. Con il provvedimento del 25 ottobre 2022, n. 398976, l’Agenzia delle entrate ha, infatti, approvato la nuova versione del documento - condivisa con il Dipartimento delle Finanze del Mef nel rispetto delle indicazioni formulate dalla Commissione europea - con alcune modifiche che ne rendono più agevole la compilazione.

In particolare, se l’operatore economico si trova nella situazione più frequente, ossia se l’ammontare complessivo degli aiuti ricevuti durante l’emergenza Covid-19 non supera i limiti previsti dalla Sezione 3.1 del Quadro Temporaneo (800 mila euro fino al 27 gennaio 2021 e 1 milione e 800 mila euro dal 28 gennaio 2021), compilando un’apposita casella è possibile non indicare nel modello l’elenco dettagliato degli aiuti COVID fruiti. Sono esclusi dall’esonero gli aiuti IMU che vanno comunque indicati nel quadro A. La compilazione semplificata è facoltativa, quindi il dichiarante può comunque compilare l’autodichiarazione secondo le modalità ordinarie (elencando gli aiuti nel quadro A). La presentazione dell’autodichiarazione con il modello aggiornato e con la modalità di compilazione semplificata è consentita a partire dal 27 ottobre 2022. Per i contribuenti che hanno già inviato l’autodichiarazione utilizzando il modello precedente non cambia nulla. Questi contribuenti non sono tenuti a ripresentare il modello nella nuova versione.
Con la dichiarazione sostituiva è possibile attestare che l’importo complessivo dei sostegni economici fruiti non superi i massimali indicati nella Comunicazione della Commissione europea "Temporary Framework" e il rispetto delle varie condizioni previste. La dichiarazione deve essere inviata entro il 30 novembre 2022, esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal contribuente o tramite soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni, utilizzando il servizio web disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate oppure, in alternativa, tramite i canali telematici.

Bonus Vista: via libera del Garante privacy

Il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere positivo sullo schema di decreto del Ministero della salute che prevede l’erogazione di un contributo una tantum di 50 euro per l’acquisto effettuato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023 di occhiali da vista o di lenti a contatto correttive. (GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI – Parere 06 ottobre 2022, n. 319)

Il contributo in favore dei membri di nuclei familiari con Isee non superiore ai 10mila euro sarà attribuito sotto forma di voucher, per chi ne farà richiesta, o come rimborso, per chi ha già effettuato l’acquisto. Entrambe le modalità prevedono che il richiedente si registri su un’applicazione web dedicata, resa disponibile sul sito del Ministero della salute, mediante autenticazione con SPID, CIE o CNS.
Nel caso di attribuzione, il voucher sarà reso disponibile sull’applicazione web, dopo la verifica da parte di INPS del possesso dei requisiti ISEE, mentre il rimborso avverrà sulle coordinate IBAN, fornite al momento della registrazione insieme a copia della fattura o della documentazione, e prevede la comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai rimborsi erogati.
Lo schema di decreto tiene conto delle osservazioni fornite dall’Autorità nel corso delle interlocuzioni intercorse col Ministero per rendere conformi alla normativa privacy i trattamenti previsti, secondo il principio della protezione dati “fin dalla progettazione e per impostazione predefinita”.
Nel parere il Garante ha posto come unica condizione quella di specificare che le modalità e i termini della comunicazione dei rimborsi siano stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità garante per la protezione dei dati personali.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere positivo sullo schema di decreto del Ministero della salute che prevede l’erogazione di un contributo una tantum di 50 euro per l’acquisto effettuato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023 di occhiali da vista o di lenti a contatto correttive. (GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI - Parere 06 ottobre 2022, n. 319)

Il contributo in favore dei membri di nuclei familiari con Isee non superiore ai 10mila euro sarà attribuito sotto forma di voucher, per chi ne farà richiesta, o come rimborso, per chi ha già effettuato l’acquisto. Entrambe le modalità prevedono che il richiedente si registri su un’applicazione web dedicata, resa disponibile sul sito del Ministero della salute, mediante autenticazione con SPID, CIE o CNS.
Nel caso di attribuzione, il voucher sarà reso disponibile sull’applicazione web, dopo la verifica da parte di INPS del possesso dei requisiti ISEE, mentre il rimborso avverrà sulle coordinate IBAN, fornite al momento della registrazione insieme a copia della fattura o della documentazione, e prevede la comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai rimborsi erogati.
Lo schema di decreto tiene conto delle osservazioni fornite dall’Autorità nel corso delle interlocuzioni intercorse col Ministero per rendere conformi alla normativa privacy i trattamenti previsti, secondo il principio della protezione dati "fin dalla progettazione e per impostazione predefinita".
Nel parere il Garante ha posto come unica condizione quella di specificare che le modalità e i termini della comunicazione dei rimborsi siano stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità garante per la protezione dei dati personali.

Regime impatriati : via libera per il cittadino trasferito nella controllata italiana

Un cittadino italiano che lavora come Ceo presso una holding di Londra e che rientra in Italia, acquisendo qui la residenza, per svolgere nuove e ulteriori mansioni presso una delle controllate della holding, potrà fruire dei benefici per i lavoratori impatriati, in quanto la disciplina agevolativa non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato (Agenzia Entrate – risposta 25 ottobre 2022 n. 524).

L’art. 16, DLgs n. 147/2015 che ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”, prevede che il predetto regime spetta al lavoratore che:
– trasferisce la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 del TUIR;
– non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolge l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in ordine ai requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per accedere all’agevolazione.

In particolare, con riferimento al rientro in Italia di lavoratori dipendenti di datori esteri, con la citata circolare è stato precisato che il regime impatriati non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato e, pertanto, che possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti). Con la risoluzione n. 72/E del 26 settembre 2018, inoltre, è stato precisato che l’autonomia dei rapporti contrattuali nell’ambito di un gruppo societario con diverse società ubicate ed operanti in Stati differenti non esclude, al verificarsi di tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma in esame, la possibilità di accedere al regime speciale per lavoratori impatriati, a nulla rilevando la circostanza che l’attività lavorativa sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo.

Con riferimento al caso di specie, considerato che il cittadino italiano non si è trasferito all’estero in posizione di distacco non è necessario, ai fini dell’applicazione del regime impatriati, verificare se il rientro in Italia sia conseguenza della naturale scadenza del distacco e, quindi, in sostanziale continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, ovvero sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.

Ai fini dell’applicazione del regime agevolativo non è ostativa la duplice circostanza che, il cittadino mantenga la carica amministrativa assunta in costanza del suo precedente rapporto di lavoro con la Capogruppo inglese e che, in base agli accordi con tale società in costanza del suo rapporto di lavoro con la stessa, abbia altresì ricoperto l’incarico di amministratore della controllata italiana prima del trasferimento in Italia.

Un cittadino italiano che lavora come Ceo presso una holding di Londra e che rientra in Italia, acquisendo qui la residenza, per svolgere nuove e ulteriori mansioni presso una delle controllate della holding, potrà fruire dei benefici per i lavoratori impatriati, in quanto la disciplina agevolativa non richiede che l'attività sia svolta per un'impresa operante sul territorio dello Stato (Agenzia Entrate - risposta 25 ottobre 2022 n. 524).

L'art. 16, DLgs n. 147/2015 che ha introdotto il "regime speciale per lavoratori impatriati", prevede che il predetto regime spetta al lavoratore che:
- trasferisce la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 2 del TUIR;
- non è stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
- svolge l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L'agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in ordine ai requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per accedere all'agevolazione.

In particolare, con riferimento al rientro in Italia di lavoratori dipendenti di datori esteri, con la citata circolare è stato precisato che il regime impatriati non richiede che l'attività sia svolta per un'impresa operante sul territorio dello Stato e, pertanto, che possono accedere all'agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti). Con la risoluzione n. 72/E del 26 settembre 2018, inoltre, è stato precisato che l'autonomia dei rapporti contrattuali nell'ambito di un gruppo societario con diverse società ubicate ed operanti in Stati differenti non esclude, al verificarsi di tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma in esame, la possibilità di accedere al regime speciale per lavoratori impatriati, a nulla rilevando la circostanza che l'attività lavorativa sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo.

Con riferimento al caso di specie, considerato che il cittadino italiano non si è trasferito all'estero in posizione di distacco non è necessario, ai fini dell'applicazione del regime impatriati, verificare se il rientro in Italia sia conseguenza della naturale scadenza del distacco e, quindi, in sostanziale continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, ovvero sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.

Ai fini dell'applicazione del regime agevolativo non è ostativa la duplice circostanza che, il cittadino mantenga la carica amministrativa assunta in costanza del suo precedente rapporto di lavoro con la Capogruppo inglese e che, in base agli accordi con tale società in costanza del suo rapporto di lavoro con la stessa, abbia altresì ricoperto l'incarico di amministratore della controllata italiana prima del trasferimento in Italia.

Rendita vitalizia: non necessaria la previa domanda amministrativa

La domanda volta alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, I. n. 1338/1962 può essere proposta in giudizio senza la necessità della previa proposizione della domanda amministrativa. Tanto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 24 ottobre 2022, n. 31337.

È stato accolto dalla Corte di Cassazione il ricorso proposto avverso la sentenza d’appello che aveva dichiarato improponibile la domanda di un lavoratore volta alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, I. n. 1338/1962 che lo stesso assumeva spettargli al fine della ricostituzione del trattamento pensionistico.

I giudici di merito, in particolare, avevano ritenuto che la mancata preventiva presentazione di domanda amministrativa determinasse la radicale improponibilità della domanda giudiziale volta alla costituzione della rendita.

Il lavoratore ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, deducendo che la controversia non rientrasse tra quelle previdenziali e assistenziali, che richiedono, quale indefettibile presupposto per la proposizione in giudizio, la previa presentazione di domanda amministrativa.

La Cassazione, ritenuta fondata la doglianza del lavoratore, ha precisato che la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, I. n. 1338/1962 non costituisce in alcun modo una prestazione previdenziale, rappresentando piuttosto un modo per rimediare all’inadempimento datoriale dell’obbligazione contributiva e ai danni che ne siano potuti derivare al lavoratore: essa non concerne, dunque, una prestazione pensionistica, ma consiste piuttosto in un rimedio alla decurtazione pensionistica conseguente all’omesso versamento dei contributi dovuti, con natura e carattere risarcitorio del danno, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione.

Inquadrata in tali termini l’azione proposta dal lavoratore nel caso in esame, i Giudici di legittimità hanno censurato la sentenza impugnata, ribadendo che il principio della necessità della previa proposizione della domanda amministrativa è, invero, principio applicabile nei giudizi aventi ad oggetto prestazioni previdenziali e non può, invece, essere invocato quando, come nel caso in questione, nessuna prestazione previdenziale venga in rilievo.

La domanda volta alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, I. n. 1338/1962 può essere proposta in giudizio senza la necessità della previa proposizione della domanda amministrativa. Tanto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 24 ottobre 2022, n. 31337.

È stato accolto dalla Corte di Cassazione il ricorso proposto avverso la sentenza d'appello che aveva dichiarato improponibile la domanda di un lavoratore volta alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, I. n. 1338/1962 che lo stesso assumeva spettargli al fine della ricostituzione del trattamento pensionistico.

I giudici di merito, in particolare, avevano ritenuto che la mancata preventiva presentazione di domanda amministrativa determinasse la radicale improponibilità della domanda giudiziale volta alla costituzione della rendita.

Il lavoratore ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, deducendo che la controversia non rientrasse tra quelle previdenziali e assistenziali, che richiedono, quale indefettibile presupposto per la proposizione in giudizio, la previa presentazione di domanda amministrativa.

La Cassazione, ritenuta fondata la doglianza del lavoratore, ha precisato che la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, I. n. 1338/1962 non costituisce in alcun modo una prestazione previdenziale, rappresentando piuttosto un modo per rimediare all'inadempimento datoriale dell'obbligazione contributiva e ai danni che ne siano potuti derivare al lavoratore: essa non concerne, dunque, una prestazione pensionistica, ma consiste piuttosto in un rimedio alla decurtazione pensionistica conseguente all'omesso versamento dei contributi dovuti, con natura e carattere risarcitorio del danno, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione.

Inquadrata in tali termini l'azione proposta dal lavoratore nel caso in esame, i Giudici di legittimità hanno censurato la sentenza impugnata, ribadendo che il principio della necessità della previa proposizione della domanda amministrativa è, invero, principio applicabile nei giudizi aventi ad oggetto prestazioni previdenziali e non può, invece, essere invocato quando, come nel caso in questione, nessuna prestazione previdenziale venga in rilievo.

INPS: istruzioni operative su sull’anticipo TFS/TFR

L’Inps ha fornito istruzioni operative per definire gli aspetti tecnici e procedurali relativi al funzionamento e all’attivazione della garanzia in favore delle banche e degli intermediari finanziari che concedono il finanziamento per l’anticipo dei predetti trattamenti ai sensi dell’articolo 17 del D.P.C.M. n. 51/2020 (Circolare

 25 ottobre 2022, n. 119).

I finanziamenti che vengono concessi sono assistiti da una garanzia del Fondo in gestione all’INPS che copre l’80% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR. Gli interventi del Fondo sono, a loro volta, coperti dalla garanzia dello Stato, avente le medesime caratteristiche di quella del Fondo, quale garanzia di ultima istanza. La garanzia del Fondo gestito dall’INPS è a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile.
Il Fondo di garanzia ha una dotazione iniziale pari a 75 milioni di euro ed è ulteriormente alimentato con le commissioni di accesso versate dagli istituti finanziatori pari allo 0,01% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR.
La concessione della garanzia del Fondo sia subordinata all’avvenuto pagamento della menzionata commissione di accesso da parte della banca.
Relativamente a ciascuna richiesta di anticipo TFS/TFR, a seguito del rilascio dell’attestato di garanzia da parte dell’INPS, il perfezionamento e l’efficacia della garanzia sono subordinati all’accertamento dei seguenti adempimenti previsti in capo alla banca: versamento della commissione di accesso al Fondo nella misura dell’0,01% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR, entro il 20 aprile, il 20 luglio, il 20 ottobre e il 20 gennaio per l’insieme dei contratti stipulati rispettivamente nel primo, secondo, terzo e quarto trimestre di ogni anno civile; comunicazione all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it, mediante il proprio indirizzo PEC registrato nel portale lavoropubblico.gov.it, entro i medesimi termini, delle informazioni relative al versamento delle commissioni di accesso, necessarie ad attivare l’efficacia della singola garanzia.
L’Inps procede alla verifica dell’avvenuto versamento trimestrale, sul conto specifico di Tesoreria statale n. 6167 (IBAN IT88V0100003245348200006167) intestato al Fondo di garanzia, degli importi corrispondenti alle commissioni di accesso alla garanzia e dell’avvenuta comunicazione via PEC da parte della banca delle informazioni necessarie ad abbinare il versamento cumulativo alla singola garanzia rilasciata come identificata dall’apposita codifica risultante dall’attestazione di garanzia.
Ne consegue che, dopo il rilascio dell’attestazione di garanzia, qualora la banca non provveda a effettuare il pagamento della commissione richiesta relativamente a ciascun soggetto richiedente nei termini previsti, la garanzia non è efficace e, pertanto, non potrà essere attivata per lo specifico finanziamento anticipo TFS/TFR nel caso in cui si verifichi il mancato rimborso da parte dell’Ente erogatore.
Inoltre, la garanzia al Fondo non potrà operare qualora non risulti perfezionata, entro i termini sopra esposti, l’avvenuta comunicazione via PEC al gestore delle informazioni che consentano di abbinare univocamente il versamento delle commissioni all’attestazione di garanzia rilasciata per il singolo nominativo del soggetto richiedente correlata allo specifico contratto di finanziamento.
La garanzia può essere attivata dalla banca in caso di impossibilità per l’Ente erogatore di rimborsare alla stessa l’importo dell’anticipo TFS/TFR.
Presupposti per l’attivazione della garanzia sono il decorso del termine normativamente stabilito per il pagamento della singola rata di TFS/TFR, nonché l’accertamento del mancato rimborso totale o parziale del finanziamento da parte dell’Ente erogatore.
Per accertare detto mancato rimborso, successivamente alla scadenza del termine di pagamento, la banca dovrà rivolgere, rispettivamente all’Ente erogatore e, per conoscenza, all’Istituto (all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it), apposita richiesta di rimborso a valere sul trattamento TFS/TFR spettante al soggetto richiedente, con l’assegnazione di un termine non inferiore a 30 giorni. Decorso inutilmente tale termine, la banca notifica all’INPS, entro e non oltre l’ulteriore termine di 9 mesi dalla data dell’inadempimento totale o parziale, a pena di inefficacia della garanzia, la richiesta di intervento del Fondo.
L’istanza di intervento del Fondo dovrà essere compilata tramite il modello “MV77”, denominato “Richiesta attivazione della Garanzia per l’accesso ai finanziamenti – anticipo TFS/TFRr”, reperibile sul sito istituzionale al seguente percorso: “Prestazioni e servizi” > “Moduli”, firmata dal legale rappresentante della banca ovvero dal soggetto appositamente munito dei poteri e trasmessa al seguente indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it, allegando la copia del contratto firmato dalle parti, completo della relativa certificazione e della presa d’atto dell’Ente erogatore.
Ricevuta la richiesta di intervento, entro i termini per la verifica dei presupposti, l’INPS procede a comunicare via PEC all’Ente erogatore inadempiente che, qualora non intervenga diversa comunicazione da parte dell’Ente stesso entro trenta giorni dalla notifica, provvederà a erogare l’importo dovuto alla banca richiedente con gli effetti della surroga.
Entro 60 giorni dalla notifica dell’istanza di intervento, l’INPS – se accerta l’esistenza di tutti i presupposti per l’intervento, in particolare, sulla base delle informazioni risultanti dagli archivi informatici presenti nell’applicativo dedicato al Fondo di garanzia TFS/TFR e secondo i requisiti di efficacia e perfezionamento della garanzia – provvede al pagamento alla banca di quanto dovuto.
Laddove non risulti completa la documentazione richiesta, il termine di 60 giorni per il pagamento di quanto dovuto alla banca è sospeso fino alla data di ricezione della documentazione mancante. La garanzia del Fondo decade qualora la documentazione non pervenga all’INPS entro il termine di 180 giorni dalla data della richiesta di integrazione della documentazione mancante.
All’esito dell’accertato mancato rimborso da parte dell’Ente erogatore, della predetta comunicazione all’Ente erogatore e della positiva verifica dei presupposti, l’INPS provvede al pagamento di quanto dovuto alla banca nei limiti dell’80% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR. L’INPS comunica semestralmente ai Ministeri vigilanti gli importi erogati dal Fondo di garanzia in adempimento delle richieste di intervento, nonché dati, elaborati e analisi sull’operatività e sull’efficacia del Fondo, della Convenzione tra l’INPS, il Ministro dell’Economia e delle finanze, il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e il Ministero per la Pubblica amministrazione.

Il soggetto finanziato può presentare domanda di estinzione anticipata totale o parziale dell’anticipo TFS/TFR con oneri a proprio carico, facendone richiesta scritta al finanziatore.
La banca comunica al soggetto finanziato l’importo, comprensivo di capitale e interessi da restituire, che lo stesso dovrà versare alla banca entro 30 giorni di calendario dalla data della comunicazione dell’importo dovuto. In caso di mancato pagamento entro il predetto termine, l’estinzione è inefficace.
Al riguardo, ai fini del perfezionamento di tale operazione è riconosciuto alla banca un indennizzo, a carico del soggetto finanziato, parametrato all’importo rimborsato in anticipo in caso di estinzione, anche parziale, nella misura massima stabilita dall’Accordo quadro, dello 0,30% dell’importo rimborsato dal Richiedente. Tale indennizzo, tuttavia, non può eccedere né i costi sostenuti dalla banca per gestire la richiesta di estinzione anticipata né la quota di interessi che sarebbe gravata sull’importo dell’anticipo in difetto di estinzione anticipata.
L’indennizzo non è comunque dovuto qualora l’importo rimborsato anticipatamente dal richiedente sia inferiore a 10.000 euro.
Nell’ipotesi in cui il soggetto finanziato effettui versamenti a titolo di estinzione anticipata del finanziamento i cui importi complessivi risultino essere inferiori rispetto all’importo dovuto, l’estinzione anticipata si considera effettuata in via parziale.
Contestualmente al perfezionamento dell’operazione di estinzione dell’anticipo TFS/TFR con il pagamento dell’importo dovuto da parte del soggetto finanziato, la banca ne dia comunicazione all’Ente erogatore e, al fine di adeguare automaticamente la relativa garanzia, anche all’INPS in qualità di gestore del Fondo.
In particolare, a seguito di tale comunicazione, se l’operazione riguarda l’estinzione anticipata totale dell’anticipo TFS/TFR, la garanzia cessa di avere efficacia. Qualora, invece, si tratti di estinzione anticipata parziale del finanziamento, l’INPS provvederà all’adeguamento della garanzia al nuovo importo risultante dall’operazione di estinzione anticipata.
Analogamente, l’Ente erogatore provvede a comunicare periodicamente l’avvenuto rimborso a favore della banca cessionaria dell’unica rata e delle diverse rate, secondo le scadenze previste dal piano di ammortamento, a estinzione totale o parziale del finanziamento, con conseguente adeguamento della garanzia da parte dell’INPS.
In ogni caso, non si fa luogo al rimborso delle commissioni di accesso al Fondo originariamente versate da parte della banca.
Le comunicazioni relative all’estinzione anticipata totale o parziale dovranno essere trasmesse da parte delle banche all’INPS – Gestione Fondo di garanzia, all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it, e dovranno contenere tutte le informazioni riportate nel modulo “MV78”, denominato “Comunicazione di estinzione anticipata totale o parziale del finanziamento – anticipo TFS/TFR”, reperibile sul sito istituzionale al seguente percorso: “Prestazioni e servizi” > “Moduli”.
Le comunicazioni relative all’estinzione alle previste scadenze dovranno essere trasmesse da parte degli Enti erogatori all’INPS – Gestione Fondo di garanzia all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it e dovranno contenere tutte le informazioni riportate nel modulo “MV79”, denominato “Comunicazione dell’Ente erogatore del rimborso totale o parziale alle scadenze delle rate di TFS/TFR del Finanziamento”, reperibile sul sito istituzionale al seguente percorso “Prestazioni e servizi” > “Moduli”.

L’Inps ha fornito istruzioni operative per definire gli aspetti tecnici e procedurali relativi al funzionamento e all’attivazione della garanzia in favore delle banche e degli intermediari finanziari che concedono il finanziamento per l’anticipo dei predetti trattamenti ai sensi dell’articolo 17 del D.P.C.M. n. 51/2020 (Circolare

 25 ottobre 2022, n. 119).

I finanziamenti che vengono concessi sono assistiti da una garanzia del Fondo in gestione all’INPS che copre l’80% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR. Gli interventi del Fondo sono, a loro volta, coperti dalla garanzia dello Stato, avente le medesime caratteristiche di quella del Fondo, quale garanzia di ultima istanza. La garanzia del Fondo gestito dall’INPS è a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile.
Il Fondo di garanzia ha una dotazione iniziale pari a 75 milioni di euro ed è ulteriormente alimentato con le commissioni di accesso versate dagli istituti finanziatori pari allo 0,01% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR.
La concessione della garanzia del Fondo sia subordinata all’avvenuto pagamento della menzionata commissione di accesso da parte della banca.
Relativamente a ciascuna richiesta di anticipo TFS/TFR, a seguito del rilascio dell’attestato di garanzia da parte dell’INPS, il perfezionamento e l’efficacia della garanzia sono subordinati all’accertamento dei seguenti adempimenti previsti in capo alla banca: versamento della commissione di accesso al Fondo nella misura dell’0,01% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR, entro il 20 aprile, il 20 luglio, il 20 ottobre e il 20 gennaio per l’insieme dei contratti stipulati rispettivamente nel primo, secondo, terzo e quarto trimestre di ogni anno civile; comunicazione all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it, mediante il proprio indirizzo PEC registrato nel portale lavoropubblico.gov.it, entro i medesimi termini, delle informazioni relative al versamento delle commissioni di accesso, necessarie ad attivare l’efficacia della singola garanzia.
L’Inps procede alla verifica dell’avvenuto versamento trimestrale, sul conto specifico di Tesoreria statale n. 6167 (IBAN IT88V0100003245348200006167) intestato al Fondo di garanzia, degli importi corrispondenti alle commissioni di accesso alla garanzia e dell’avvenuta comunicazione via PEC da parte della banca delle informazioni necessarie ad abbinare il versamento cumulativo alla singola garanzia rilasciata come identificata dall’apposita codifica risultante dall’attestazione di garanzia.
Ne consegue che, dopo il rilascio dell’attestazione di garanzia, qualora la banca non provveda a effettuare il pagamento della commissione richiesta relativamente a ciascun soggetto richiedente nei termini previsti, la garanzia non è efficace e, pertanto, non potrà essere attivata per lo specifico finanziamento anticipo TFS/TFR nel caso in cui si verifichi il mancato rimborso da parte dell’Ente erogatore.
Inoltre, la garanzia al Fondo non potrà operare qualora non risulti perfezionata, entro i termini sopra esposti, l’avvenuta comunicazione via PEC al gestore delle informazioni che consentano di abbinare univocamente il versamento delle commissioni all’attestazione di garanzia rilasciata per il singolo nominativo del soggetto richiedente correlata allo specifico contratto di finanziamento.
La garanzia può essere attivata dalla banca in caso di impossibilità per l'Ente erogatore di rimborsare alla stessa l'importo dell'anticipo TFS/TFR.
Presupposti per l’attivazione della garanzia sono il decorso del termine normativamente stabilito per il pagamento della singola rata di TFS/TFR, nonché l’accertamento del mancato rimborso totale o parziale del finanziamento da parte dell’Ente erogatore.
Per accertare detto mancato rimborso, successivamente alla scadenza del termine di pagamento, la banca dovrà rivolgere, rispettivamente all’Ente erogatore e, per conoscenza, all’Istituto (all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it), apposita richiesta di rimborso a valere sul trattamento TFS/TFR spettante al soggetto richiedente, con l’assegnazione di un termine non inferiore a 30 giorni. Decorso inutilmente tale termine, la banca notifica all’INPS, entro e non oltre l’ulteriore termine di 9 mesi dalla data dell'inadempimento totale o parziale, a pena di inefficacia della garanzia, la richiesta di intervento del Fondo.
L’istanza di intervento del Fondo dovrà essere compilata tramite il modello "MV77", denominato "Richiesta attivazione della Garanzia per l’accesso ai finanziamenti – anticipo TFS/TFRr", reperibile sul sito istituzionale al seguente percorso: "Prestazioni e servizi" > "Moduli", firmata dal legale rappresentante della banca ovvero dal soggetto appositamente munito dei poteri e trasmessa al seguente indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it, allegando la copia del contratto firmato dalle parti, completo della relativa certificazione e della presa d’atto dell’Ente erogatore.
Ricevuta la richiesta di intervento, entro i termini per la verifica dei presupposti, l’INPS procede a comunicare via PEC all’Ente erogatore inadempiente che, qualora non intervenga diversa comunicazione da parte dell’Ente stesso entro trenta giorni dalla notifica, provvederà a erogare l’importo dovuto alla banca richiedente con gli effetti della surroga.
Entro 60 giorni dalla notifica dell’istanza di intervento, l’INPS – se accerta l’esistenza di tutti i presupposti per l’intervento, in particolare, sulla base delle informazioni risultanti dagli archivi informatici presenti nell’applicativo dedicato al Fondo di garanzia TFS/TFR e secondo i requisiti di efficacia e perfezionamento della garanzia - provvede al pagamento alla banca di quanto dovuto.
Laddove non risulti completa la documentazione richiesta, il termine di 60 giorni per il pagamento di quanto dovuto alla banca è sospeso fino alla data di ricezione della documentazione mancante. La garanzia del Fondo decade qualora la documentazione non pervenga all’INPS entro il termine di 180 giorni dalla data della richiesta di integrazione della documentazione mancante.
All’esito dell’accertato mancato rimborso da parte dell’Ente erogatore, della predetta comunicazione all’Ente erogatore e della positiva verifica dei presupposti, l’INPS provvede al pagamento di quanto dovuto alla banca nei limiti dell’80% dell’importo dell’anticipo TFS/TFR. L’INPS comunica semestralmente ai Ministeri vigilanti gli importi erogati dal Fondo di garanzia in adempimento delle richieste di intervento, nonché dati, elaborati e analisi sull’operatività e sull’efficacia del Fondo, della Convenzione tra l’INPS, il Ministro dell’Economia e delle finanze, il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e il Ministero per la Pubblica amministrazione.

Il soggetto finanziato può presentare domanda di estinzione anticipata totale o parziale dell’anticipo TFS/TFR con oneri a proprio carico, facendone richiesta scritta al finanziatore.
La banca comunica al soggetto finanziato l’importo, comprensivo di capitale e interessi da restituire, che lo stesso dovrà versare alla banca entro 30 giorni di calendario dalla data della comunicazione dell’importo dovuto. In caso di mancato pagamento entro il predetto termine, l’estinzione è inefficace.
Al riguardo, ai fini del perfezionamento di tale operazione è riconosciuto alla banca un indennizzo, a carico del soggetto finanziato, parametrato all'importo rimborsato in anticipo in caso di estinzione, anche parziale, nella misura massima stabilita dall’Accordo quadro, dello 0,30% dell’importo rimborsato dal Richiedente. Tale indennizzo, tuttavia, non può eccedere né i costi sostenuti dalla banca per gestire la richiesta di estinzione anticipata né la quota di interessi che sarebbe gravata sull’importo dell’anticipo in difetto di estinzione anticipata.
L’indennizzo non è comunque dovuto qualora l’importo rimborsato anticipatamente dal richiedente sia inferiore a 10.000 euro.
Nell’ipotesi in cui il soggetto finanziato effettui versamenti a titolo di estinzione anticipata del finanziamento i cui importi complessivi risultino essere inferiori rispetto all’importo dovuto, l’estinzione anticipata si considera effettuata in via parziale.
Contestualmente al perfezionamento dell'operazione di estinzione dell'anticipo TFS/TFR con il pagamento dell'importo dovuto da parte del soggetto finanziato, la banca ne dia comunicazione all’Ente erogatore e, al fine di adeguare automaticamente la relativa garanzia, anche all’INPS in qualità di gestore del Fondo.
In particolare, a seguito di tale comunicazione, se l’operazione riguarda l’estinzione anticipata totale dell’anticipo TFS/TFR, la garanzia cessa di avere efficacia. Qualora, invece, si tratti di estinzione anticipata parziale del finanziamento, l’INPS provvederà all’adeguamento della garanzia al nuovo importo risultante dall’operazione di estinzione anticipata.
Analogamente, l’Ente erogatore provvede a comunicare periodicamente l’avvenuto rimborso a favore della banca cessionaria dell’unica rata e delle diverse rate, secondo le scadenze previste dal piano di ammortamento, a estinzione totale o parziale del finanziamento, con conseguente adeguamento della garanzia da parte dell’INPS.
In ogni caso, non si fa luogo al rimborso delle commissioni di accesso al Fondo originariamente versate da parte della banca.
Le comunicazioni relative all’estinzione anticipata totale o parziale dovranno essere trasmesse da parte delle banche all’INPS – Gestione Fondo di garanzia, all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it, e dovranno contenere tutte le informazioni riportate nel modulo "MV78", denominato "Comunicazione di estinzione anticipata totale o parziale del finanziamento - anticipo TFS/TFR", reperibile sul sito istituzionale al seguente percorso: "Prestazioni e servizi" > "Moduli".
Le comunicazioni relative all’estinzione alle previste scadenze dovranno essere trasmesse da parte degli Enti erogatori all’INPS - Gestione Fondo di garanzia all’indirizzo PEC anticipotfstfr@postacert.inps.gov.it e dovranno contenere tutte le informazioni riportate nel modulo "MV79", denominato "Comunicazione dell’Ente erogatore del rimborso totale o parziale alle scadenze delle rate di TFS/TFR del Finanziamento", reperibile sul sito istituzionale al seguente percorso "Prestazioni e servizi" > "Moduli".