Settori e professioni con disparità uomo-donna per incentivi 2023

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indicato i settori e le professioni caratterizzati da un elevato tasso di disparità uomo-donna tra i lavoratori, per i quali è riconosciuto l’accesso per il 2023 agli incentivi per le assunzioni di donne (Decreto 16 novembre 2022, n. 327)

Ai fini della concessione degli incentivi alle assunzioni di cui all’articolo 4, comma 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92 nel settore privato, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali individua annualmente i settori e le professioni caratterizzati da un elevato tasso di disparità uomo-donna tra i lavoratori occupati.
A tal fine, con il decreto 16 novembre 2022, n. 327, il Ministero ha individuato, per il 2023, i settori e professioni, caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera di almeno il 25 per cento la disparità media uomo-donna, sulla base delle elaborazioni effettuate dall’lstat in relazione alla media annua del 2021.
Si ricorda che secondo la previsione dell’articolo 4, comma 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per le assunzioni di donne di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, appartenenti alle aree individuate dal Ministero, è riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro:
– per la durata di 12 mesi, in caso di assunzioni a tempo determinato anche in somministrazione. La riduzione si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data della assunzione se il contratto è trasformato a tempo indeterminato;
– per un periodo di 18 mesi dalla data di assunzione, in caso di assunzione a tempo indeterminato.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indicato i settori e le professioni caratterizzati da un elevato tasso di disparità uomo-donna tra i lavoratori, per i quali è riconosciuto l’accesso per il 2023 agli incentivi per le assunzioni di donne (Decreto 16 novembre 2022, n. 327)

Ai fini della concessione degli incentivi alle assunzioni di cui all'articolo 4, comma 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92 nel settore privato, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali individua annualmente i settori e le professioni caratterizzati da un elevato tasso di disparità uomo-donna tra i lavoratori occupati.
A tal fine, con il decreto 16 novembre 2022, n. 327, il Ministero ha individuato, per il 2023, i settori e professioni, caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera di almeno il 25 per cento la disparità media uomo-donna, sulla base delle elaborazioni effettuate dall'lstat in relazione alla media annua del 2021.
Si ricorda che secondo la previsione dell’articolo 4, comma 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per le assunzioni di donne di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, appartenenti alle aree individuate dal Ministero, è riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro:
- per la durata di 12 mesi, in caso di assunzioni a tempo determinato anche in somministrazione. La riduzione si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data della assunzione se il contratto è trasformato a tempo indeterminato;
- per un periodo di 18 mesi dalla data di assunzione, in caso di assunzione a tempo indeterminato.

Il lavoratore fruisce del congedo straordinario senza l’ autorizzazione INPS: l’assenza è ingiustificata

È legittimo il licenziamento del lavoratore che fruisce di un periodo di congedo straordinario, senza avere ricevuto il necessario provvedimento di assenso dall’INPS, dovendosi ritenere ingiustificata l’assenza dello stesso dal lavoro. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con l’ ordinanza del 6 settembre 2022, n. 26196.

La Suprema Corte ha ribaltato la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore sulla base di una contestazione che ascriveva a questi di avere usufruito di un periodo di congedo straordinario, senza avere ricevuto dalla sede INPS competente il necessario provvedimento di assenso.

Il giudice del gravame, in particolare, aveva ritenuto l’addebito contestato insussistente sulla scorta del fatto che il datore di lavoro in precedenti occasioni si era dimostrato disponibile a considerare legittima l’assenza sulla base della sola produzione della istanza presentata all’INPS; pertanto, in assenza di dimostrazione della malafede del lavoratore, non poteva rilevare la circostanza del diniego a posteriori dell’autorizzazione da parte dell’Istituto.

La società datrice ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione impugnata, per non aver considerato che l’assenza dal lavoro era da ritenersi ingiustificata, essendo pacifico che l’INPS aveva rigettato la richiesta di congedo straordinario; da tanto discendeva che la fattispecie in esame dovesse essere ricondotta all’ambito delle violazioni integranti giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

Il Collegio ha ritenuto fondata la doglianza, ritenendo sussistente il denunziato vizio di sussunzione in quanto la fattispecie, sulla base dell’art. 33, co. 7 bis, L. n. 104/1992 – che stabilisce la decadenza del lavoratore dai diritti di cui all’art. 33 cit., qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti – doveva essere ricondotta, sotto il profilo sanzionatorio, alla disciplina dettata dal contratto collettivo per la ipotesi di assenza ingiustificata. Non poteva, difatti, rilevare in senso contrario il riferimento alla prassi tollerante adottata dalla società datrice di lavoro in precedenti occasioni; queste ultime, difatti, si differenziavano da quella del caso di specie in quanto, sia pure a posteriori, l’ assenza dal lavoro era risultata giustificata dall’intervenuto provvedimento autorizzatorio dell’INPS e la tolleranza della società aveva riguardato il solo ritardo con il quale il lavoratore aveva inviato la prescritta documentazione.

È legittimo il licenziamento del lavoratore che fruisce di un periodo di congedo straordinario, senza avere ricevuto il necessario provvedimento di assenso dall’INPS, dovendosi ritenere ingiustificata l’assenza dello stesso dal lavoro. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con l’ ordinanza del 6 settembre 2022, n. 26196.

La Suprema Corte ha ribaltato la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore sulla base di una contestazione che ascriveva a questi di avere usufruito di un periodo di congedo straordinario, senza avere ricevuto dalla sede INPS competente il necessario provvedimento di assenso.

Il giudice del gravame, in particolare, aveva ritenuto l’addebito contestato insussistente sulla scorta del fatto che il datore di lavoro in precedenti occasioni si era dimostrato disponibile a considerare legittima l'assenza sulla base della sola produzione della istanza presentata all'INPS; pertanto, in assenza di dimostrazione della malafede del lavoratore, non poteva rilevare la circostanza del diniego a posteriori dell'autorizzazione da parte dell'Istituto.

La società datrice ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione impugnata, per non aver considerato che l'assenza dal lavoro era da ritenersi ingiustificata, essendo pacifico che l'INPS aveva rigettato la richiesta di congedo straordinario; da tanto discendeva che la fattispecie in esame dovesse essere ricondotta all'ambito delle violazioni integranti giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

Il Collegio ha ritenuto fondata la doglianza, ritenendo sussistente il denunziato vizio di sussunzione in quanto la fattispecie, sulla base dell'art. 33, co. 7 bis, L. n. 104/1992 - che stabilisce la decadenza del lavoratore dai diritti di cui all'art. 33 cit., qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti - doveva essere ricondotta, sotto il profilo sanzionatorio, alla disciplina dettata dal contratto collettivo per la ipotesi di assenza ingiustificata. Non poteva, difatti, rilevare in senso contrario il riferimento alla prassi tollerante adottata dalla società datrice di lavoro in precedenti occasioni; queste ultime, difatti, si differenziavano da quella del caso di specie in quanto, sia pure a posteriori, l’ assenza dal lavoro era risultata giustificata dall'intervenuto provvedimento autorizzatorio dell'INPS e la tolleranza della società aveva riguardato il solo ritardo con il quale il lavoratore aveva inviato la prescritta documentazione.

Giornalisti nell’emittenza radiotelevisiva locale: firmato il nuovo CCNL

Firmato, il 16 novembre 2022, da Aeranti-Corallo, Aeranti e Associazione Corallo con la FNSI – Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il rinnovo del CCNL per la regolamentazione del lavoro giornalistico nelle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di ambito locale.

L’accordo, che avrà validità dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2026, si applica anche alle imprese fornitrici di contenuti informativi operanti in ambito locale con tecnologia digitale e/o operanti attraverso canali satellitari in chiaro che non rappresentino ritrasmissione di emittenti nazionali, nei gruppi di emittenti e nei consorzi che effettuano trasmissioni di programmi in contemporanea (Syndications) e agenzie di informazione radiofonica e televisiva.
L’aumento retributivo per tutti i teleradiogiornalisti dipendenti di 50 euro lorde mensili a decorrere dal 1° marzo 2023 e di ulteriori 50 euro lorde mensili dal 1° marzo 2024;

 

QUALIFICHE

Minimi di stipendio(da maggio 2018)

Minimi di stipendio(da marzo 2023)

Minimi di stipendio(da marzo 2024)

Tele-radiogiornalista TV con oltre 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico 2.015,55 2.065,55 2.115,55
Tele-radiogiornalista radio con oltre 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico 1.585,13 1.635,13 1.685,13
Tele-radiogiornalista con meno di 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico 1.420,58 1.470,58 1.520,58

Il CCNL, inoltre, reca in allegato anche il nuovo Regolamento per la disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) giornalistica nel settore radiotelevisivo locale, che avrà ugualmente validità dal 1° gennaio 2023 fino al 31 dicembre 2026. Il nuovo Regolamento per la disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) giornalistica nel settore radiotelevisiva locale per i teleradiogiornalisti collaboratori (non dipendenti), prevede che qualora le prestazioni concordate (a decorrere dal 1° gennaio 2023) siano almeno 6 al mese, il compenso lordo annuo non possa essere inferiore a Euro 3.600,00 (anziché ad Euro 3.000,00 come in precedenza previsto).

Firmato, il 16 novembre 2022, da Aeranti-Corallo, Aeranti e Associazione Corallo con la FNSI - Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il rinnovo del CCNL per la regolamentazione del lavoro giornalistico nelle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di ambito locale.

L’accordo, che avrà validità dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2026, si applica anche alle imprese fornitrici di contenuti informativi operanti in ambito locale con tecnologia digitale e/o operanti attraverso canali satellitari in chiaro che non rappresentino ritrasmissione di emittenti nazionali, nei gruppi di emittenti e nei consorzi che effettuano trasmissioni di programmi in contemporanea (Syndications) e agenzie di informazione radiofonica e televisiva.
L’aumento retributivo per tutti i teleradiogiornalisti dipendenti di 50 euro lorde mensili a decorrere dal 1° marzo 2023 e di ulteriori 50 euro lorde mensili dal 1° marzo 2024;

 

QUALIFICHE

Minimi di stipendio(da maggio 2018)

Minimi di stipendio(da marzo 2023)

Minimi di stipendio(da marzo 2024)

Tele-radiogiornalista TV con oltre 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico 2.015,55 2.065,55 2.115,55
Tele-radiogiornalista radio con oltre 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico 1.585,13 1.635,13 1.685,13
Tele-radiogiornalista con meno di 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico 1.420,58 1.470,58 1.520,58

Il CCNL, inoltre, reca in allegato anche il nuovo Regolamento per la disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) giornalistica nel settore radiotelevisivo locale, che avrà ugualmente validità dal 1° gennaio 2023 fino al 31 dicembre 2026. Il nuovo Regolamento per la disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) giornalistica nel settore radiotelevisiva locale per i teleradiogiornalisti collaboratori (non dipendenti), prevede che qualora le prestazioni concordate (a decorrere dal 1° gennaio 2023) siano almeno 6 al mese, il compenso lordo annuo non possa essere inferiore a Euro 3.600,00 (anziché ad Euro 3.000,00 come in precedenza previsto).

FONDO EST: per l’anno 2023 cambiano le modalità di pagamento

Il Fondo Est, l’Ente di assistenza sanitaria integrativa del Commercio, del Turismo, dei Servizi e dei settori affini, con comunicato dell’11/11/2022, informa della possibilità di modificare le modalità di pagamento per l’anno 2023

Il Fondo di assistenza sanitaria integrativa EST, informa che a partire dall’11 novembre 2022 e, fino al 29 dicembre 2022, sarà possibile effettuare il cambio della modalità di pagamento (annuale anticipato o mensile posticipato) per le adempienze contributive relative all’anno 2023.

L’utente all’interno dell’area riservata, nella barra del menù, troverà l’apposita voce “Cambio modalità di pagamento”, che consentirà di effettuare la modifica indicata.

Nel caso in cui non fosse esplicitata alcuna preferenza per l’anno 2023, sarà considerata valida la stessa modalità di pagamento adottata per l’anno in corso.

Si ricorda che, come stabilito dal Regolamento del Fondo, le aziende che scelgono la modalità di versamento annuale anticipato devono effettuare i pagamenti esclusivamente tramite bonifico bancario o carta di credito, dopo aver provveduto al caricamento della lista dei dipendenti mediante apposito file in formato Xml.

Versamenti annuali effettuati a mezzo F24 potranno non essere riconciliati in tempi utili, con conseguente assenza di copertura assicurativa per i dipendenti.

Il Fondo Est, l’Ente di assistenza sanitaria integrativa del Commercio, del Turismo, dei Servizi e dei settori affini, con comunicato dell’11/11/2022, informa della possibilità di modificare le modalità di pagamento per l’anno 2023

Il Fondo di assistenza sanitaria integrativa EST, informa che a partire dall’11 novembre 2022 e, fino al 29 dicembre 2022, sarà possibile effettuare il cambio della modalità di pagamento (annuale anticipato o mensile posticipato) per le adempienze contributive relative all’anno 2023.

L’utente all’interno dell’area riservata, nella barra del menù, troverà l’apposita voce "Cambio modalità di pagamento", che consentirà di effettuare la modifica indicata.

Nel caso in cui non fosse esplicitata alcuna preferenza per l’anno 2023, sarà considerata valida la stessa modalità di pagamento adottata per l’anno in corso.

Si ricorda che, come stabilito dal Regolamento del Fondo, le aziende che scelgono la modalità di versamento annuale anticipato devono effettuare i pagamenti esclusivamente tramite bonifico bancario o carta di credito, dopo aver provveduto al caricamento della lista dei dipendenti mediante apposito file in formato Xml.

Versamenti annuali effettuati a mezzo F24 potranno non essere riconciliati in tempi utili, con conseguente assenza di copertura assicurativa per i dipendenti.

Patto di non concorrenza: la variabilità del corrispettivo non è causa di nullità

La variabilità del corrispettivo previsto per il patto di non concorrenza, in base alla durata del rapporto di lavoro, non è di per sé causa di nullità dello stesso qualora l’importo risulti comunque determinabile in base a parametri oggettivi (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33424).

La Corte d’Appello territoriale, confermando la sentenza di primo grado, dichiarava nullo il patto di non concorrenza stipulato tra un lavoratore e la società datrice, per indeterminatezza ed indeterminabilità del corrispettivo del sacrificio richiesto al lavoratore, in quanto correlato alla durata del rapporto di lavoro, in mancanza di un importo minimo garantito e perciò non congruo.

La società ha proposto ricorso per la cassazione della predetta sentenza, lamentando, tra i motivi, la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, laddove si affermava, da un lato, che il corrispettivo del patto di non concorrenza (PNC) fosse indeterminato ed indeterminabile nel suo ammontare e, dall’altro, che lo stesso risultasse incongruo.

Tale doglianza è stata ritenuta fondata dalla Corte di legittimità che ha rilevato che, al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza, in riferimento al corrispettivo dovuto, è necessario, innanzitutto, che, in quanto elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso sia determinato o determinabile; se determinato o determinabile, va verificato, poi, che il compenso pattuito non sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore ed alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato.

Pertanto, come evidenziato dalla Suprema Corte, operano su diversi piani la nullità del patto di non concorrenza per indeterminatezza o indeterminabilità del corrispettivo che spetta al lavoratore, e la nullità che ricorre laddove il corrispettivo non sia pattuito, ovvero sia simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato.

Tanto premesso, la decisione della Corte distrettuale è stata, dunque, cassata per essere, questa, pervenuta ad affermare la nullità del patto in modo improprio, senza accertare se il corrispettivo pattuito (pacificamente esistente) fosse da considerare simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, ed operando una sovrapposizione tra la questione della determinabilità del corrispettivo, diversa da quella della sua congruità, atteso che la variabilità del corrispettivo, rispetto alla durata del rapporto di lavoro, non implica che esso non sia determinabile in base a parametri oggettivi.

La variabilità del corrispettivo previsto per il patto di non concorrenza, in base alla durata del rapporto di lavoro, non è di per sé causa di nullità dello stesso qualora l’importo risulti comunque determinabile in base a parametri oggettivi (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33424).

La Corte d'Appello territoriale, confermando la sentenza di primo grado, dichiarava nullo il patto di non concorrenza stipulato tra un lavoratore e la società datrice, per indeterminatezza ed indeterminabilità del corrispettivo del sacrificio richiesto al lavoratore, in quanto correlato alla durata del rapporto di lavoro, in mancanza di un importo minimo garantito e perciò non congruo.

La società ha proposto ricorso per la cassazione della predetta sentenza, lamentando, tra i motivi, la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, laddove si affermava, da un lato, che il corrispettivo del patto di non concorrenza (PNC) fosse indeterminato ed indeterminabile nel suo ammontare e, dall'altro, che lo stesso risultasse incongruo.

Tale doglianza è stata ritenuta fondata dalla Corte di legittimità che ha rilevato che, al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza, in riferimento al corrispettivo dovuto, è necessario, innanzitutto, che, in quanto elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso sia determinato o determinabile; se determinato o determinabile, va verificato, poi, che il compenso pattuito non sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore ed alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato.

Pertanto, come evidenziato dalla Suprema Corte, operano su diversi piani la nullità del patto di non concorrenza per indeterminatezza o indeterminabilità del corrispettivo che spetta al lavoratore, e la nullità che ricorre laddove il corrispettivo non sia pattuito, ovvero sia simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato.

Tanto premesso, la decisione della Corte distrettuale è stata, dunque, cassata per essere, questa, pervenuta ad affermare la nullità del patto in modo improprio, senza accertare se il corrispettivo pattuito (pacificamente esistente) fosse da considerare simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, ed operando una sovrapposizione tra la questione della determinabilità del corrispettivo, diversa da quella della sua congruità, atteso che la variabilità del corrispettivo, rispetto alla durata del rapporto di lavoro, non implica che esso non sia determinabile in base a parametri oggettivi.

Aumento del limite del fringe benefit con il decreto aiuti-quarter

E’ stato pubblicato, in gazzetta ufficiale, il decreto legge n. 176/2022 contenente le misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica.

Ai sensi dell’art. 51, co. 3, DPR n. 917/1986, ai fini della determinazione in denaro dei valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari, o il diritto di ottenerli da terzi si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato della stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.
Orbene, l’art. 3, comma 10, decreto legge n. 176/2022, modificando l’articolo 12, comma 1, decreto legge n. 115/2022, ha previsto che per il periodo d’imposta 2022, in deroga al menzionato articolo 51, comma 3, non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di 3000 Euro.

E’ stato pubblicato, in gazzetta ufficiale, il decreto legge n. 176/2022 contenente le misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica.

Ai sensi dell’art. 51, co. 3, DPR n. 917/1986, ai fini della determinazione in denaro dei valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari, o il diritto di ottenerli da terzi si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato della stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.
Orbene, l’art. 3, comma 10, decreto legge n. 176/2022, modificando l’articolo 12, comma 1, decreto legge n. 115/2022, ha previsto che per il periodo d'imposta 2022, in deroga al menzionato articolo 51, comma 3, non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di 3000 Euro.

Assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato: stanziate ulteriori risorse

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha stanziato ulteriori risorse per il riconoscimento in favore degli ambiti territoriali regionali del contributo per l’impiego di assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato per gli anni 2021 e 2022 (Decreto 22 settembre 2022)

DETERMINAZIONE ULTERIORI SOMME LIQUIDABILI ANNUALITÀ 2021

Ai fini del riconoscimento del contributo spettante agli ambiti territoriali per l’anno 2021 per gli assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato, preso atto che alcuni ambiti territoriali pur avendo presentato nei termini del 28 febbraio i prospetti riassuntivi contenenti a consuntivo il numero effettivo di assistenti sociali a tempo indeterminato in servizio nel 2021, non li hanno finalizzati correttamente per mero errore materiale, sono determinate, ad integrazione del decreto ministeriale n. 126 del 13 luglio 2022 e nei limiti delle somme prenotate, le ulteriori somme liquidabili agli Ambiti territoriali per un totale di euro 420.206,46.
Tale importo sarà liquidato con risorse a valere sulle somme prenotate, di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 144 del 25 giugno 2021. Le somme residue rientrano nella disponibilità del Fondo povertà e vengono ripartite in sede di riparto annuale del Fondo.

DETERMINAZIONE SOMME PRENOTATE ANNUALITÀ 2022

Ai fini della determinazione del contributo spettante agli ambiti territoriali per l’anno 2022 per gli assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato, preso atto che alcuni ambiti territoriali pur avendo presentato nei termini del 28 febbraio 2022 i prospetti riassuntivi contenenti la previsione del numero di assistenti sociali a tempo indeterminato in servizio nel 2022, non li hanno finalizzati correttamente per mero errore materiale, sono determinate, ad integrazione del decreto ministeriale n. 126 del 13 luglio 2022 le somme prenotate per un totale di euro 412.829,15. L’importo totale complessivo delle risorse per l’annualità 2022 risulta pertanto pari a euro 82.208.209,87.
In sede di riparto del Fondo povertà, le somme prenotate sono considerate indisponibili per l’anno corrente e per tutti i successivi. Le somme prenotate, laddove non considerate in tutto o in parte liquidabili l’anno successivo in seguito alla presenza in servizio di un numero inferiore di assistenti sociali rispetto a quelli preannunciati ai fini della prenotazione delle risorse, rientrano nella disponibilità del Fondo povertà e vengono ripartite in sede di riparto annuale del Fondo.
In sede di riparto del Fondo povertà, le somme prenotate saranno determinate entro il 30 giugno 2023 e laddove non considerate in tutto o in parte liquidabili nell’annualità 2023, in seguito alla presenza in servizio di un numero inferiore di assistenti sociali rispetto a quelli preannunciati nei prospetti informativi inseriti nel sistema SIOSS, rientrano nella disponibilità del Fondo povertà per essere ripartite in sede di riparto annuale del Fondo.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha stanziato ulteriori risorse per il riconoscimento in favore degli ambiti territoriali regionali del contributo per l’impiego di assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato per gli anni 2021 e 2022 (Decreto 22 settembre 2022)

DETERMINAZIONE ULTERIORI SOMME LIQUIDABILI ANNUALITÀ 2021

Ai fini del riconoscimento del contributo spettante agli ambiti territoriali per l'anno 2021 per gli assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato, preso atto che alcuni ambiti territoriali pur avendo presentato nei termini del 28 febbraio i prospetti riassuntivi contenenti a consuntivo il numero effettivo di assistenti sociali a tempo indeterminato in servizio nel 2021, non li hanno finalizzati correttamente per mero errore materiale, sono determinate, ad integrazione del decreto ministeriale n. 126 del 13 luglio 2022 e nei limiti delle somme prenotate, le ulteriori somme liquidabili agli Ambiti territoriali per un totale di euro 420.206,46.
Tale importo sarà liquidato con risorse a valere sulle somme prenotate, di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 144 del 25 giugno 2021. Le somme residue rientrano nella disponibilità del Fondo povertà e vengono ripartite in sede di riparto annuale del Fondo.

DETERMINAZIONE SOMME PRENOTATE ANNUALITÀ 2022

Ai fini della determinazione del contributo spettante agli ambiti territoriali per l'anno 2022 per gli assistenti sociali in servizio a tempo indeterminato, preso atto che alcuni ambiti territoriali pur avendo presentato nei termini del 28 febbraio 2022 i prospetti riassuntivi contenenti la previsione del numero di assistenti sociali a tempo indeterminato in servizio nel 2022, non li hanno finalizzati correttamente per mero errore materiale, sono determinate, ad integrazione del decreto ministeriale n. 126 del 13 luglio 2022 le somme prenotate per un totale di euro 412.829,15. L'importo totale complessivo delle risorse per l'annualità 2022 risulta pertanto pari a euro 82.208.209,87.
In sede di riparto del Fondo povertà, le somme prenotate sono considerate indisponibili per l'anno corrente e per tutti i successivi. Le somme prenotate, laddove non considerate in tutto o in parte liquidabili l'anno successivo in seguito alla presenza in servizio di un numero inferiore di assistenti sociali rispetto a quelli preannunciati ai fini della prenotazione delle risorse, rientrano nella disponibilità del Fondo povertà e vengono ripartite in sede di riparto annuale del Fondo.
In sede di riparto del Fondo povertà, le somme prenotate saranno determinate entro il 30 giugno 2023 e laddove non considerate in tutto o in parte liquidabili nell'annualità 2023, in seguito alla presenza in servizio di un numero inferiore di assistenti sociali rispetto a quelli preannunciati nei prospetti informativi inseriti nel sistema SIOSS, rientrano nella disponibilità del Fondo povertà per essere ripartite in sede di riparto annuale del Fondo.

Vincolo di coniugio e sussistenza del rapporto di lavoro subordinato

Il rapporto di lavoro subordinato sussiste anche in caso di attività svolta da una lavoratrice legata da vincolo di coniugio e di affinità ai titolari della società datrice di lavoro, qualora il vincolo di familiarità risulti irrilevante rispetto alle concrete modalità della prestazione nel contesto aziendale (Corte di Cassazione, Ordinanza 16 novembre 2022, n. 33759).

La Corte d’appello territoriale confermava la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra una lavoratrice, moglie del titolare della società datrice, e detentrice di quote sociali della stessa, e la medesima società.
Quest’ultima ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, censurando il giudizio espresso dalla Corte di merito, laddove aveva ritenuto che, provato il vincolo di subordinazione ex art. 2094 cod. civ., dovesse escludersi la configurabilità, nel caso di specie, dell’impresa familiare ex art. 230 bis c.c.
Secondo la tesi della società ricorrente, la sentenza impugnata aveva errato nell’omettere qualunque valutazione circa l’esistenza di elementi idonei a comprovare la sussistenza di un rapporto riconducibile all’impresa familiare nella collaborazione resa dalla lavoratrice.

Il motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dalla Suprema Corte, la quale ha ricordato che la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, quali:

– la collaborazione;

– la continuità della prestazione lavorativa;

– l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale.
Tale principio, come evidenziato dal Collegio, è applicabile anche in caso di attività svolta da una lavoratrice legata da vincolo di coniugio e di affinità ai titolari della società datrice di lavoro, laddove venga ravvisata l’irrilevanza del vincolo di familiarità rispetto alle concrete modalità della prestazione nel contesto aziendale; di contro, l’istituto dell’impresa familiare ha carattere solo residuale, mirando a disciplinare situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto che, pur connotate dalla continuità, non siano riconducibili all’archetipo della subordinazione.
Ciò posto, i Giudici di legittimità hanno concluso che la sentenza impugnata, applicando i richiamati principi, aveva correttamente ritenuto sussistente, nel caso in esame, il rapporto di lavoro subordinato in esito all’istruttoria svolta in base ad indici principali, quali la ricorrenza di poteri direttivi ed organizzativi esercitati nei confronti della lavoratrice, avvalorati anche da indici sussidiari, quali la continuità della prestazione e la misura fissa della retribuzione; restava, pertanto esclusa la configurabilità dell’impresa familiare ex art. 230 bis cod. civ. in ragione del carattere residuale dell’istituto.

Il rapporto di lavoro subordinato sussiste anche in caso di attività svolta da una lavoratrice legata da vincolo di coniugio e di affinità ai titolari della società datrice di lavoro, qualora il vincolo di familiarità risulti irrilevante rispetto alle concrete modalità della prestazione nel contesto aziendale (Corte di Cassazione, Ordinanza 16 novembre 2022, n. 33759).

La Corte d’appello territoriale confermava la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra una lavoratrice, moglie del titolare della società datrice, e detentrice di quote sociali della stessa, e la medesima società.
Quest’ultima ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, censurando il giudizio espresso dalla Corte di merito, laddove aveva ritenuto che, provato il vincolo di subordinazione ex art. 2094 cod. civ., dovesse escludersi la configurabilità, nel caso di specie, dell’impresa familiare ex art. 230 bis c.c.
Secondo la tesi della società ricorrente, la sentenza impugnata aveva errato nell’omettere qualunque valutazione circa l’esistenza di elementi idonei a comprovare la sussistenza di un rapporto riconducibile all’impresa familiare nella collaborazione resa dalla lavoratrice.

Il motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dalla Suprema Corte, la quale ha ricordato che la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, quali:

- la collaborazione;

- la continuità della prestazione lavorativa;

- l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale.
Tale principio, come evidenziato dal Collegio, è applicabile anche in caso di attività svolta da una lavoratrice legata da vincolo di coniugio e di affinità ai titolari della società datrice di lavoro, laddove venga ravvisata l’irrilevanza del vincolo di familiarità rispetto alle concrete modalità della prestazione nel contesto aziendale; di contro, l’istituto dell’impresa familiare ha carattere solo residuale, mirando a disciplinare situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto che, pur connotate dalla continuità, non siano riconducibili all’archetipo della subordinazione.
Ciò posto, i Giudici di legittimità hanno concluso che la sentenza impugnata, applicando i richiamati principi, aveva correttamente ritenuto sussistente, nel caso in esame, il rapporto di lavoro subordinato in esito all’istruttoria svolta in base ad indici principali, quali la ricorrenza di poteri direttivi ed organizzativi esercitati nei confronti della lavoratrice, avvalorati anche da indici sussidiari, quali la continuità della prestazione e la misura fissa della retribuzione; restava, pertanto esclusa la configurabilità dell’impresa familiare ex art. 230 bis cod. civ. in ragione del carattere residuale dell’istituto.

INPS: precisazioni sugli assegni familiari dei Fondi di solidarietà e del FIS

L’Inps, con messaggio n. 4167/2022, ha fornito precisazioni sulle modalità di compilazione del flusso UniEmens in relazione all’ANF a carico delle gestioni dei Fondi di solidarietà e del FIS.

I datori di lavoro nell’elemento <CodiceCausale> indicano il codice causale già in uso “L023”, avente il significato di “Conguaglio ANF art. 1, comma 212 della legge 234/2021”; detto  codice deve essere utilizzato sia per il conguaglio riferito al mese corrente che per il conguaglio degli ANF arretrati ossia corrisposti ai lavoratori dal 1° gennaio 2022.
Nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale>, i medesimi datori inseriscono il codice identificativo (ticket) ottenuto dall’apposita funzionalità “Inserimento ticket”, prevista all’interno della procedura di inoltro della domanda al Fondo.
Nell’elemento <AnnoMeseRif> indicano l’AnnoMese di riferimento e nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> indicano l’importo conguagliato, relativo al mese di riferimento della prestazione.
Nell’ipotesi di cessazione di attività, il datore può recuperare la prestazione anticipata tramite flusso regolarizzativo sull’ultimo mese di attività.
Quanto alla modalità di pagamento diretto della prestazione di Assegno di integrazione salariale erogata dal FIS e dai Fondi di solidarietà, si rinvia alla circolare n. 62/2021 e al messaggio n. 1320/2022.
Per i periodi di integrazione salariale (CIGO, CIGS, AIS) decorrenti dal 1.5.2022, le richieste di pagamento diretto possono essere inviate esclusivamente con il nuovo flusso telematico UniEmens-Cig (UNI41).

L’Inps, con messaggio n. 4167/2022, ha fornito precisazioni sulle modalità di compilazione del flusso UniEmens in relazione all’ANF a carico delle gestioni dei Fondi di solidarietà e del FIS.

I datori di lavoro nell'elemento <CodiceCausale> indicano il codice causale già in uso "L023", avente il significato di "Conguaglio ANF art. 1, comma 212 della legge 234/2021"; detto  codice deve essere utilizzato sia per il conguaglio riferito al mese corrente che per il conguaglio degli ANF arretrati ossia corrisposti ai lavoratori dal 1° gennaio 2022.
Nell'elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale>, i medesimi datori inseriscono il codice identificativo (ticket) ottenuto dall'apposita funzionalità "Inserimento ticket", prevista all'interno della procedura di inoltro della domanda al Fondo.
Nell'elemento <AnnoMeseRif> indicano l'AnnoMese di riferimento e nell'elemento <ImportoAnnoMeseRif> indicano l'importo conguagliato, relativo al mese di riferimento della prestazione.
Nell’ipotesi di cessazione di attività, il datore può recuperare la prestazione anticipata tramite flusso regolarizzativo sull'ultimo mese di attività.
Quanto alla modalità di pagamento diretto della prestazione di Assegno di integrazione salariale erogata dal FIS e dai Fondi di solidarietà, si rinvia alla circolare n. 62/2021 e al messaggio n. 1320/2022.
Per i periodi di integrazione salariale (CIGO, CIGS, AIS) decorrenti dal 1.5.2022, le richieste di pagamento diretto possono essere inviate esclusivamente con il nuovo flusso telematico UniEmens-Cig (UNI41).

Accesso al Fondo di garanzia INPS per il socio lavoratore di cooperativa

L’ art. 24, L. n. 196/1997, di estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente solo a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 10 novembre 2022, n. 33136.

 

La Suprema Corte ha definitivamente confermato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda proposta dal socio lavoratore di una cooperativa, ammesso per il credito per T.f.r. allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società datrice, volta ad ottenere il pagamento dal Fondo di garanzia INPS anche per il T.f.r. maturato prima del luglio 1997, cioè con riferimento al periodo precedente all’estensione, ex L. n. 196/1997, della disciplina in materia di fondo di garanzia per il T.f.r. ai soci lavoratori di cooperativa.

La Corte d’appello territoriale, in particolare, aveva ritenuto non meritevole di accoglimento la pretesa, alla luce dell’assenza di prova della corresponsione della contribuzione volontaria a carico del lavoratore, non operando, nel caso in esame, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali riguardante il versamento contributivo obbligatorio.

Il Collegio, condividendo le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, ha richiamato i consolidati precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l’art. 24, L. n. 196 del 1997, di estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente, ma a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione, attesa la ratio della norma transitoria, che riconosce rilevanza all’assicurazione volontariamente e irretrattabilmente istituita dalle cooperative e la finalità dell’intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del credito per T.f.r. nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci dall’autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti, quali il versamento della prescritta contribuzione.

Ebbene, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente richiamato i menzionati precedenti, disattendendo, inoltre, la tesi seguita dal Tribunale, secondo cui vi era prova dell’effettivo pagamento dei contributi volontari al Fondo di garanzia, essendo stato accertato che quelli versati prima del luglio 1997 erano contributi previdenziali di diversa natura seppure sempre riferiti al medesimo rapporto.

L’ art. 24, L. n. 196/1997, di estensione dell'intervento del Fondo di garanzia dell'INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente solo a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all'entrata in vigore della disposizione. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 10 novembre 2022, n. 33136.

 

La Suprema Corte ha definitivamente confermato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda proposta dal socio lavoratore di una cooperativa, ammesso per il credito per T.f.r. allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società datrice, volta ad ottenere il pagamento dal Fondo di garanzia INPS anche per il T.f.r. maturato prima del luglio 1997, cioè con riferimento al periodo precedente all'estensione, ex L. n. 196/1997, della disciplina in materia di fondo di garanzia per il T.f.r. ai soci lavoratori di cooperativa.

La Corte d'appello territoriale, in particolare, aveva ritenuto non meritevole di accoglimento la pretesa, alla luce dell’assenza di prova della corresponsione della contribuzione volontaria a carico del lavoratore, non operando, nel caso in esame, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali riguardante il versamento contributivo obbligatorio.

Il Collegio, condividendo le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, ha richiamato i consolidati precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l’art. 24, L. n. 196 del 1997, di estensione dell'intervento del Fondo di garanzia dell'INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente, ma a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all'entrata in vigore della disposizione, attesa la ratio della norma transitoria, che riconosce rilevanza all'assicurazione volontariamente e irretrattabilmente istituita dalle cooperative e la finalità dell'intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del credito per T.f.r. nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci dall'autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti, quali il versamento della prescritta contribuzione.

Ebbene, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente richiamato i menzionati precedenti, disattendendo, inoltre, la tesi seguita dal Tribunale, secondo cui vi era prova dell'effettivo pagamento dei contributi volontari al Fondo di garanzia, essendo stato accertato che quelli versati prima del luglio 1997 erano contributi previdenziali di diversa natura seppure sempre riferiti al medesimo rapporto.