Nella cartella di pagamento modificate le “Avvertenze”

Il testo delle Avvertenze della cartella di pagamento di cui all’art. 25, DPR n. 602/1973 è stato modificato con la nuova denominazione delle commissioni tributarie (Agenzia delle entrate – provvedimento 17 ottobre 2022 n. 387971)

La legge 31 agosto 2022, n.130, ha riformato l’ordinamento della giustizia tributaria introducendo la nuova denominazione delle commissioni tributarie.

In particolare, l’art. 4, co. 1, lett. a), della legge, ha previsto che ove ricorrano all’interno del D.Lgs. n. 546/1992, le parole “commissione tributaria provinciale” e “commissione tributaria regionale” debbano essere sostituite rispettivamente dalle seguenti “corte di giustizia tributaria di primo grado” e “corte di giustizia tributaria di secondo grado”.

La nuova denominazione ha effetto a decorrere dal 16 settembre 2022.

Pertanto, in base a quanto previsto dalla citata legge, il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle entrate di cui agli allegati da 2 a 5 viene aggiornato nei riferimenti ivi contenuti alle commissioni tributarie.

Inoltre, il foglio Avvertenze ALLEGATO 2 viene integrato con riguardo alla richiesta di riesame per l’annullamento del ruolo che può essere presentata anche mediante il “Servizio di consegna documenti/istanze”, disponibile nell’area riservata del sito internet istituzionale www.agenziaentrate.gov.it.

Il testo delle Avvertenze della cartella di pagamento di cui all’art. 25, DPR n. 602/1973 è stato modificato con la nuova denominazione delle commissioni tributarie (Agenzia delle entrate - provvedimento 17 ottobre 2022 n. 387971)

La legge 31 agosto 2022, n.130, ha riformato l’ordinamento della giustizia tributaria introducendo la nuova denominazione delle commissioni tributarie.

In particolare, l’art. 4, co. 1, lett. a), della legge, ha previsto che ove ricorrano all’interno del D.Lgs. n. 546/1992, le parole "commissione tributaria provinciale" e "commissione tributaria regionale" debbano essere sostituite rispettivamente dalle seguenti "corte di giustizia tributaria di primo grado" e "corte di giustizia tributaria di secondo grado".

La nuova denominazione ha effetto a decorrere dal 16 settembre 2022.

Pertanto, in base a quanto previsto dalla citata legge, il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle entrate di cui agli allegati da 2 a 5 viene aggiornato nei riferimenti ivi contenuti alle commissioni tributarie.

Inoltre, il foglio Avvertenze ALLEGATO 2 viene integrato con riguardo alla richiesta di riesame per l’annullamento del ruolo che può essere presentata anche mediante il "Servizio di consegna documenti/istanze", disponibile nell’area riservata del sito internet istituzionale www.agenziaentrate.gov.it.

Bonus imprese energivore: parametro iniziale di riferimento per le imprese inattive

Per la società già costituita alla data del 1° gennaio 2019 ma inattiva dal punto di vista produttivo fino al 30 giugno 2019 e quindi priva del parametro di riferimento del primo trimestre 2019 da raffrontare con i costi medi della materia energia sostenuti nel primo trimestre 2022, trova applicazione il criterio previsto per le imprese non ancora costituite alla data del 1° gennaio 2019, per le quali il parametro di riferimento è fissato in un importo complessivo pari a 69,26 euro/MWh (Agenzia delle entrate – risposta 14 ottobre 2022 n. 512).

L’art. 4, co. 1, D.L. n. 17/2022 ha disposto che alle imprese a forte consumo di energia elettrica i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, hanno subito un incremento del costo per kWh superiore al 30% relativo al medesimo periodo dell’anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa, è riconosciuto un contributo straordinario a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti, sotto forma di credito di imposta, pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
Il citato contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, inizialmente stabilito nella misura del 20% della spesa sostenuta per l’acquisito della componente energia utilizzata, è stato rideterminato in misura pari al 25% della stessa, in virtù dell’intervento normativo di cui all’art. 5, co. 1, D.L. n. 21/2022.
Detto questo, per la società già costituita alla data del 1° gennaio 2019 ma inattiva dal punto di vista produttivo fino al 30 giugno 2019 e quindi priva del parametro di riferimento del primo trimestre 2019 da raffrontare con i costi medi della materia energia sostenuti nel primo trimestre 2022, trova applicazione il criterio previsto per le imprese non ancora costituite alla data del 1° gennaio 2019, per le quali il parametro di riferimento è fissato in un importo complessivo pari a 69,26 euro/MWh.

Per la società già costituita alla data del 1° gennaio 2019 ma inattiva dal punto di vista produttivo fino al 30 giugno 2019 e quindi priva del parametro di riferimento del primo trimestre 2019 da raffrontare con i costi medi della materia energia sostenuti nel primo trimestre 2022, trova applicazione il criterio previsto per le imprese non ancora costituite alla data del 1° gennaio 2019, per le quali il parametro di riferimento è fissato in un importo complessivo pari a 69,26 euro/MWh (Agenzia delle entrate - risposta 14 ottobre 2022 n. 512).

L’art. 4, co. 1, D.L. n. 17/2022 ha disposto che alle imprese a forte consumo di energia elettrica i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, hanno subito un incremento del costo per kWh superiore al 30% relativo al medesimo periodo dell'anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall'impresa, è riconosciuto un contributo straordinario a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti, sotto forma di credito di imposta, pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
Il citato contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, inizialmente stabilito nella misura del 20% della spesa sostenuta per l'acquisito della componente energia utilizzata, è stato rideterminato in misura pari al 25% della stessa, in virtù dell'intervento normativo di cui all'art. 5, co. 1, D.L. n. 21/2022.
Detto questo, per la società già costituita alla data del 1° gennaio 2019 ma inattiva dal punto di vista produttivo fino al 30 giugno 2019 e quindi priva del parametro di riferimento del primo trimestre 2019 da raffrontare con i costi medi della materia energia sostenuti nel primo trimestre 2022, trova applicazione il criterio previsto per le imprese non ancora costituite alla data del 1° gennaio 2019, per le quali il parametro di riferimento è fissato in un importo complessivo pari a 69,26 euro/MWh.

Fondo PMI: operative le modifiche alle Disposizioni operative

Dal 14 ottobre sono operative le modifiche e le integrazioni alle Disposizioni operative del Fondo di garanzia approvate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 3 ottobre 2022 (MISE – comunicato 14 ottobre 2022 e Mediocredito/Invitalia – Circolare 14 ottobre 2022, n. 8).

Tra le principali novità di segnalano:
– la modifica, per la riassicurazione, della disciplina relativa alla fase del recupero del credito del Fondo a seguito dell’escussione della garanzia e della successiva liquidazione della perdita al soggetto richiedente;
– la modifica della disciplina relativa alla revoca dell’agevolazione nei confronti del soggetto beneficiario finale in caso di mancata realizzazione, totale o parziale, del programma di investimento previsto per le operazioni finanziarie a fronte di investimenti;
– il ripristino delle condizioni di ammissibilità nei confronti delle imprese già ammesse in precedenza al Fondo, in caso di rimborso totale della perdita, rinuncia totale o parziale della garanzia nel caso di accordi transattivi, da parte del soggetto richiedente, dichiarazione di inefficacia della garanzia, ritiro della comunicazione di evento di rischio da parte del soggetto richiedente;
– la riformulazione del paragrafo relativo alla comunicazione degli eventi di rischio;
– la riformulazione della disciplina relativa agli accordi transattivi e ai prolungamenti della durata della garanzia,

Dal 14 ottobre sono operative le modifiche e le integrazioni alle Disposizioni operative del Fondo di garanzia approvate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 3 ottobre 2022 (MISE - comunicato 14 ottobre 2022 e Mediocredito/Invitalia - Circolare 14 ottobre 2022, n. 8).

Tra le principali novità di segnalano:
- la modifica, per la riassicurazione, della disciplina relativa alla fase del recupero del credito del Fondo a seguito dell’escussione della garanzia e della successiva liquidazione della perdita al soggetto richiedente;
- la modifica della disciplina relativa alla revoca dell’agevolazione nei confronti del soggetto beneficiario finale in caso di mancata realizzazione, totale o parziale, del programma di investimento previsto per le operazioni finanziarie a fronte di investimenti;
- il ripristino delle condizioni di ammissibilità nei confronti delle imprese già ammesse in precedenza al Fondo, in caso di rimborso totale della perdita, rinuncia totale o parziale della garanzia nel caso di accordi transattivi, da parte del soggetto richiedente, dichiarazione di inefficacia della garanzia, ritiro della comunicazione di evento di rischio da parte del soggetto richiedente;
- la riformulazione del paragrafo relativo alla comunicazione degli eventi di rischio;
- la riformulazione della disciplina relativa agli accordi transattivi e ai prolungamenti della durata della garanzia,

IPCEI Idrogeno: 700 milioni per le imprese italiane

Dal 28 novembre le domande per gli investimenti al fine di favorire la diversificazione energetica in Europa (MISE – DM 14 ottobre 2022)

 

A partire dal 28 novembre 2022 e fino al 30 gennaio 2023 le imprese italiane partecipanti al primo IPCEI sull’idrogeno (H2 Technology) potranno presentare domanda per richiedere le agevolazioni a sostegno dei progetti in ricerca, sviluppo e innovazione nelle componenti “abilitanti” per la realizzazione della filiera dell’idrogeno, tra cui Gigafactory per la produzione di elettrolizzatori.
Per incentivare gli investimenti il Ministero dello Sviluppo economico mette a disposizione 700 milioni di euro del Fondo IPCEI (attivando anche risorse PNRR), che sono parte dei complessivi 5,4 miliardi di euro di aiuti autorizzati dalla Commissione Ue lo scorso mese di luglio.
L’IPCEI H2 Technology – a cui partecipano Austria, Belgio, Rep. Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna – rientra tra le principali iniziative di politica industriale. Con questi investimenti si compie un ulteriore passo in avanti nel percorso della diversificazione energetica che punta a favorire il raggiungimento dell’autonomia strategica dell’Europa anche attraverso la creazione di una filiera basata sullo sviluppo dell’idrogeno, nella quale l’Italia potrà giocare un ruolo da protagonista con le tecnologie all’avanguardia delle sue aziende.
In particolare, sono sei le aziende italiane che partecipano a questo importante progetto europeo: Ansaldo, Fincantieri, Iveco Italia, Alstom Ferroviaria, Enel e De Nora (in partnership con Snam). A queste si aggiungono anche due enti di ricerca, Enea e Fondazione Bruno Kessler (FBK).

Dal 28 novembre le domande per gli investimenti al fine di favorire la diversificazione energetica in Europa (MISE - DM 14 ottobre 2022)

 

A partire dal 28 novembre 2022 e fino al 30 gennaio 2023 le imprese italiane partecipanti al primo IPCEI sull’idrogeno (H2 Technology) potranno presentare domanda per richiedere le agevolazioni a sostegno dei progetti in ricerca, sviluppo e innovazione nelle componenti "abilitanti" per la realizzazione della filiera dell’idrogeno, tra cui Gigafactory per la produzione di elettrolizzatori.
Per incentivare gli investimenti il Ministero dello Sviluppo economico mette a disposizione 700 milioni di euro del Fondo IPCEI (attivando anche risorse PNRR), che sono parte dei complessivi 5,4 miliardi di euro di aiuti autorizzati dalla Commissione Ue lo scorso mese di luglio.
L’IPCEI H2 Technology - a cui partecipano Austria, Belgio, Rep. Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna - rientra tra le principali iniziative di politica industriale. Con questi investimenti si compie un ulteriore passo in avanti nel percorso della diversificazione energetica che punta a favorire il raggiungimento dell'autonomia strategica dell'Europa anche attraverso la creazione di una filiera basata sullo sviluppo dell'idrogeno, nella quale l'Italia potrà giocare un ruolo da protagonista con le tecnologie all'avanguardia delle sue aziende.
In particolare, sono sei le aziende italiane che partecipano a questo importante progetto europeo: Ansaldo, Fincantieri, Iveco Italia, Alstom Ferroviaria, Enel e De Nora (in partnership con Snam). A queste si aggiungono anche due enti di ricerca, Enea e Fondazione Bruno Kessler (FBK).

Bonus digitalizzazione di agenzie di viaggio e tour operator: online la piattaforma

A partire dalle ore 12:00 del 12 ottobre 2022 sul sito di Invitalia, al link di seguito riportato, è possibile accedere alla piattaforma per compilare il format online, caricare gli allegati ed effettuare l’invio della domanda.

https://www.invitalia.it/come-funzionano-gli-incentivi/area-riservata/elenco-incentivi (Ministero Turismo – avviso 12 ottobre 2022).

Sono ammessi alla presentazione della domanda anche i soggetti che hanno partecipato alla procedura espletata a seguito della pubblicazione dell’Avviso 18 febbraio 2022, prot. n. 2613.

Le domande di concessione del credito d’imposta devono essere compilate e presentate esclusivamente tramite la procedura on line. Sono nulle le domande non compilate e presentate tramite la procedura on line.

La compilazione e l’invio delle domande sono riservati al rappresentante legale del soggetto richiedente, come risultante dal Registro delle imprese, ovvero avvalendosi di intermediari abilitati.

La domanda e i relativi allegati devono essere firmati digitalmente, a pena di nullità, dal legale rappresentante del soggetto richiedente. Il richiedente deve essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata (PEC) attiva e risultante dal Registro delle imprese.

I dati inseriti dal richiedente in fase di compilazione della domanda devono corrispondere alle informazioni riscontrabili dal Registro delle imprese.

La domanda di accesso al credito d’imposta può essere compilata e presentata con le seguenti modalità:
– accesso tramite sistema pubblico di identità digitale (SPID), carta d’identità elettronica (CIE) o carta nazionale dei servizi (CNS) all’apposita procedura on line;
– inserimento delle informazioni richieste per la compilazione della domanda;
– generazione del modulo di domanda sotto forma di “pdf” immodificabile contenente le informazioni e i dati forniti dal soggetto richiedente e successiva apposizione della firma digitale;
– caricamento del modulo di domanda di agevolazione debitamente compilato e sottoscritto digitalmente dal legale rappresentante del richiedente;
– invio della domanda;
– rilascio da parte della piattaforma on line dell’attestazione di avvenuta presentazione della domanda, recante il giorno e l’orario di acquisizione della medesima e il suo codice identificativo.

La domanda deve pervenire completa delle informazioni previste in ogni sua parte e nei relativi allegati.

A partire dalle ore 12:00 del 12 ottobre 2022 sul sito di Invitalia, al link di seguito riportato, è possibile accedere alla piattaforma per compilare il format online, caricare gli allegati ed effettuare l’invio della domanda.

https://www.invitalia.it/come-funzionano-gli-incentivi/area-riservata/elenco-incentivi (Ministero Turismo - avviso 12 ottobre 2022).

Sono ammessi alla presentazione della domanda anche i soggetti che hanno partecipato alla procedura espletata a seguito della pubblicazione dell’Avviso 18 febbraio 2022, prot. n. 2613.

Le domande di concessione del credito d’imposta devono essere compilate e presentate esclusivamente tramite la procedura on line. Sono nulle le domande non compilate e presentate tramite la procedura on line.

La compilazione e l’invio delle domande sono riservati al rappresentante legale del soggetto richiedente, come risultante dal Registro delle imprese, ovvero avvalendosi di intermediari abilitati.

La domanda e i relativi allegati devono essere firmati digitalmente, a pena di nullità, dal legale rappresentante del soggetto richiedente. Il richiedente deve essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata (PEC) attiva e risultante dal Registro delle imprese.

I dati inseriti dal richiedente in fase di compilazione della domanda devono corrispondere alle informazioni riscontrabili dal Registro delle imprese.

La domanda di accesso al credito d’imposta può essere compilata e presentata con le seguenti modalità:
- accesso tramite sistema pubblico di identità digitale (SPID), carta d’identità elettronica (CIE) o carta nazionale dei servizi (CNS) all’apposita procedura on line;
- inserimento delle informazioni richieste per la compilazione della domanda;
- generazione del modulo di domanda sotto forma di "pdf" immodificabile contenente le informazioni e i dati forniti dal soggetto richiedente e successiva apposizione della firma digitale;
- caricamento del modulo di domanda di agevolazione debitamente compilato e sottoscritto digitalmente dal legale rappresentante del richiedente;
- invio della domanda;
- rilascio da parte della piattaforma on line dell’attestazione di avvenuta presentazione della domanda, recante il giorno e l’orario di acquisizione della medesima e il suo codice identificativo.

La domanda deve pervenire completa delle informazioni previste in ogni sua parte e nei relativi allegati.

IMU sulla prima casa: esente sempre il possessore con dimora abituale

In materia di IMU sulla prima casa, indipendentemente dal nucleo familiare, l’esenzione spetta sempre al possessore che vi risieda e vi dimori abitualmente (Corte Costituzionale – Sentenza13 ottobre 2022, n. 209).

Nella citata sentenza n. 209/2022, la Corte costituzionale, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove parlando di «nucleo familiare» finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione., precisando che nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile.
L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021).
Quest’ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile.
La Consulta ha chiarito che questo orientamento è dipeso dal riferimento al nucleo familiare così come emerge dalla norma su cui la Corte si è autorimessa la questione di legittimità; ha poi precisato che in un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale.
Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla prima casa, non ritenere sufficiente – per ciascun coniuge o persona legata da unione civile – la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto. I quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio.
La Corte ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e però ha ritenuto opportuno chiarire che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli, controlli che la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci.

In materia di IMU sulla prima casa, indipendentemente dal nucleo familiare, l’esenzione spetta sempre al possessore che vi risieda e vi dimori abitualmente (Corte Costituzionale - Sentenza13 ottobre 2022, n. 209).

Nella citata sentenza n. 209/2022, la Corte costituzionale, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove parlando di «nucleo familiare» finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione., precisando che nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile.
L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021).
Quest’ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile.
La Consulta ha chiarito che questo orientamento è dipeso dal riferimento al nucleo familiare così come emerge dalla norma su cui la Corte si è autorimessa la questione di legittimità; ha poi precisato che in un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale.
Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla prima casa, non ritenere sufficiente - per ciascun coniuge o persona legata da unione civile - la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto. I quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio.
La Corte ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e però ha ritenuto opportuno chiarire che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette "seconde case" ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli, controlli che la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci.

Rilevanza Irap per le somme corrisposte dalla PA al dipendente con sentenza TAR

I chiarimenti del Fisco sulla rilevanza IRAP di somme corrisposte da un’Amministrazione pubblica a un dipendente a seguito di sentenza di TAR (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 13 ottobre 2022, n. 509)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco, l’Amministrazione pubblica Istante è un soggetto passivo dell’IRAP che determina la base imponibile ai sensi dell’articolo 10-bis), comma 1, del decreto IRAP (decreto legislativo n. 446/1997).
A seguito di una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), passata in giudicato, l’Amministrazione Istante è stata condannata a corrispondere al ricorrente, attualmente in servizio alle proprie dipendenze, una somma a titolo di risarcimento del danno da ritardata assunzione in servizio pari, secondo quanto determinato in sentenza, al 40% delle retribuzioni che sarebbero state corrisposte al ricorrente nel periodo decorrente dalla prima possibile immissione nei ruoli al riconoscimento delle spettanze retributive si ricollega l’obbligo dell’Amministrazione medesima di regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale nei limiti appena precisati.
In esecuzione del giudicato, l’Amministrazione Istante ha proceduto, come chiarito con documentazione integrativa, a corrispondere al proprio dipendente la somma dovuta assoggettando la somma corrisposta al dipendente a ritenute, ai sensi degli articoli 6, 17 e 21 del dpr n. 917/1986 (TUIR).
Ciò posto, in relazione alla predetta somma, l’Amministrazione Istante chiede se essa debba rientrare nella base imponibile IRAP e se, in tal caso, tale imposta debba essere versata entro gli stessi limiti decisi in sentenza per gli oneri contributivi (40%). Chiede altresì quale sia, nel caso di specie, la Regione da individuare come competente alla riscossione dell’IRAP.
Per il Fisco ciò che rileva ai fini della determinazione della base imponibile IRAP è la natura giuridica delle somme erogate al personale dipendente. In relazione alla quantificazione dell’ammontare delle retribuzioni rilevante ai fini IRAP, detto ammontare è quello rilevante ai fini previdenziali.
Con riguardo ancora all’individuazione delle retribuzioni “erogate ” di cui all’articolo 10-bis) del decreto legislativo istitutivo dell’IRAP, è stato chiarito che le retribuzioni e i compensi che concorrono a formare la base imponibile vanno determinati con il criterio di cassa, atteso che la disposizione in parola fa riferimento alla erogazione delle retribuzioni e dei compensi.
In sostanza, sono rilevanti ai fini contributivi e, quindi, concorrono alla determinazione della base imponibile IRAP, tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo d’imposta e che siano in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, a eccezione delle somme e dei valori che la norma esclude espressamente dal prelievo contributivo.

Nel merito delle questioni prospettate nell’istanza, assume rilievo la circostanza che le somme erogate al dipendente sono state assoggettate dall’istante a tassazione ai fini Irpef ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUIR in base al quale i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Le somme in questione, pertanto, in quanto sostitutive del reddito di cui all’articolo 49, comma 1, del TUIR, sono state considerate reddito di lavoro dipendente, che in base a quanto in precedenza rappresentato, costituisce la base imponibile ai fini Irap.
Per le suesposte considerazioni, quindi, le somme corrisposte dall’Istante al dipendente rilevano ai fini della base imponibile IRAP nell’anno della relativa erogazione (cd. criterio di cassa) per un ammontare pari a quello rilevante ai fini previdenziali e determinato ai sensi dell’articolo 12 della citata legge n. 153 del 1969 (sostituito dall’articolo 6 del predetto decreto legislativo n. 314 del 1997).
In relazione al quesito relativo all’individuazione della Regione interessata dalla riscossione dell’IRAP correlata alla somma erogata a titolo di risarcimento, si rinvia al contenuto delle istruzioni al Modello per la dichiarazione Irap 2022. Si ritiene, in ogni caso, che essa debba essere individuata nella medesima Regione interessata dall’IRAP correlata alle retribuzioni ordinariamente erogate al dipendente beneficiario del risarcimento.

I chiarimenti del Fisco sulla rilevanza IRAP di somme corrisposte da un'Amministrazione pubblica a un dipendente a seguito di sentenza di TAR (AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 13 ottobre 2022, n. 509)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco, l'Amministrazione pubblica Istante è un soggetto passivo dell'IRAP che determina la base imponibile ai sensi dell'articolo 10-bis), comma 1, del decreto IRAP (decreto legislativo n. 446/1997).
A seguito di una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), passata in giudicato, l'Amministrazione Istante è stata condannata a corrispondere al ricorrente, attualmente in servizio alle proprie dipendenze, una somma a titolo di risarcimento del danno da ritardata assunzione in servizio pari, secondo quanto determinato in sentenza, al 40% delle retribuzioni che sarebbero state corrisposte al ricorrente nel periodo decorrente dalla prima possibile immissione nei ruoli al riconoscimento delle spettanze retributive si ricollega l'obbligo dell'Amministrazione medesima di regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale nei limiti appena precisati.
In esecuzione del giudicato, l'Amministrazione Istante ha proceduto, come chiarito con documentazione integrativa, a corrispondere al proprio dipendente la somma dovuta assoggettando la somma corrisposta al dipendente a ritenute, ai sensi degli articoli 6, 17 e 21 del dpr n. 917/1986 (TUIR).
Ciò posto, in relazione alla predetta somma, l'Amministrazione Istante chiede se essa debba rientrare nella base imponibile IRAP e se, in tal caso, tale imposta debba essere versata entro gli stessi limiti decisi in sentenza per gli oneri contributivi (40%). Chiede altresì quale sia, nel caso di specie, la Regione da individuare come competente alla riscossione dell'IRAP.
Per il Fisco ciò che rileva ai fini della determinazione della base imponibile IRAP è la natura giuridica delle somme erogate al personale dipendente. In relazione alla quantificazione dell'ammontare delle retribuzioni rilevante ai fini IRAP, detto ammontare è quello rilevante ai fini previdenziali.
Con riguardo ancora all'individuazione delle retribuzioni "erogate " di cui all'articolo 10-bis) del decreto legislativo istitutivo dell'IRAP, è stato chiarito che le retribuzioni e i compensi che concorrono a formare la base imponibile vanno determinati con il criterio di cassa, atteso che la disposizione in parola fa riferimento alla erogazione delle retribuzioni e dei compensi.
In sostanza, sono rilevanti ai fini contributivi e, quindi, concorrono alla determinazione della base imponibile IRAP, tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo d'imposta e che siano in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, a eccezione delle somme e dei valori che la norma esclude espressamente dal prelievo contributivo.

Nel merito delle questioni prospettate nell'istanza, assume rilievo la circostanza che le somme erogate al dipendente sono state assoggettate dall'istante a tassazione ai fini Irpef ai sensi dell'art. 6, comma 2, del TUIR in base al quale i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Le somme in questione, pertanto, in quanto sostitutive del reddito di cui all'articolo 49, comma 1, del TUIR, sono state considerate reddito di lavoro dipendente, che in base a quanto in precedenza rappresentato, costituisce la base imponibile ai fini Irap.
Per le suesposte considerazioni, quindi, le somme corrisposte dall'Istante al dipendente rilevano ai fini della base imponibile IRAP nell'anno della relativa erogazione (cd. criterio di cassa) per un ammontare pari a quello rilevante ai fini previdenziali e determinato ai sensi dell'articolo 12 della citata legge n. 153 del 1969 (sostituito dall'articolo 6 del predetto decreto legislativo n. 314 del 1997).
In relazione al quesito relativo all'individuazione della Regione interessata dalla riscossione dell'IRAP correlata alla somma erogata a titolo di risarcimento, si rinvia al contenuto delle istruzioni al Modello per la dichiarazione Irap 2022. Si ritiene, in ogni caso, che essa debba essere individuata nella medesima Regione interessata dall'IRAP correlata alle retribuzioni ordinariamente erogate al dipendente beneficiario del risarcimento.

Cessioni beni a viaggiatori extracomunitari tramite mandato con rappresentanza

Fornite precisazioni sull’acquisto e rivendita di beni a viaggiatori extracomunitari ex articolo 38- quater del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 tramite mandato con rappresentanza (Agenzia delle entrate – Risoluzione 12 ottobre 2022, n. 60/E).

Per le cessioni di beni, di importo superiore a 154,94 euro (IVA inclusa), da trasportare nei bagagli personali dei viaggiatori domiciliati o residenti fuori dall’Unione Europea, trova applicazione l’articolo 38- quater del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA).
Secondo tale articolo, le cessioni richiamate possono essere effettuate senza pagamento dell’imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. L’esemplare della fattura consegnato al cessionario deve essere restituito al cedente, recante anche l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale, vistato dall’ufficio doganale di uscita dalla Comunità, entro il quarto mese successivo all’effettuazione della operazione; in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione della operazione a norma dell’articolo 26, primo comma, entro un mese dalla scadenza del suddetto termine.
Inoltre, qualora il cedente non si sia avvalso della facoltà appena descritta, il cessionario ha diritto al rimborso dell’imposta pagata per rivalsa a condizione che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello della cessione e che restituisca al cedente l’esemplare della fattura vistato dall’ufficio doganale entro il quarto mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il rimborso è effettuato dal cedente il quale ha diritto di recuperare l’imposta mediante annotazione della corrispondente variazione nel registro di cui all’articolo 25.
Va aggiunto che secondo gli articoli:
– 1, comma 368, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le operazioni di rimborso di cui al comma 2 dell’articolo 38-quater del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono essere effettuate da intermediari, purché regolarmente iscritti all’albo degli istituti di pagamento di cui all’articolo 114-septies del testo unico di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
– 4- bis del decreto-legge 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, a partire dal 1° settembre 2018, l’emissione delle fatture relative alle cessioni di beni di cui all’articolo 38-quater deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica.
Il quadro di sintesi che se ne ricava è quello per cui, tra l’altro:
1) cessionari possono essere solo coloro che risultino domiciliati o residenti fuori alla UE e che non siano soggetti passivi d’imposta nel loro Paese;
2) non sussistono specifiche limitazioni in ordine alla qualificazione dei soggetti passivi cedenti (ad es. commercianti al minuto in locali aperti al pubblico), che tuttavia restano figure distinte da quella dell’intermediario che può eseguire il rimborso in luogo del cedente;
3) i beni devono essere destinati all’uso personale o familiare del viaggiatore, mentre sono escluse le prestazioni di servizi;
4) il valore di 154,94 euro, per quanto anche derivante da molteplici beni compravenduti tra gli stessi soggetti, non può riferirsi a più cessioni (ossia compravendite avvenute in momenti diversi), seppure documentate con un’unica fattura;
5) la cessione dei beni ai viaggiatori extracomunitari deve essere documentata tramite il sistema OTELLO – ” Online tax refund at exit: light lane optimization”, nell’attuale versione 2.0 che ha dato attuazione a quanto previsto nell’articolo 4- bis del d.l. n. 193 del 2016 (cfr. la determinazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, di concerto con l’Agenzia delle Entrate, n. 54088 del 22 maggio 2018) – con emissione di una fattura in formato elettronico.
Tale emissione si declina, in primo luogo, nella sua messa a disposizione in modalità digitale (si pensi ad un invio per email), ma in base alla determinazione prot. n.54088/RU del 23 maggio 2018, comprende anche la consegna in modalità analogica (tipicamente previa stampa al momento dell’acquisto).
Passaggi che risultano peraltro ineludibili anche alla luce delle “procedure di soccorso” da porre in essere in caso di impossibilità temporanea di trasmissione dei messaggi (cfr. l’articolo 5 della determinazione prot. n.54088/RU), per le quali si è precisato che “Se il cessionario raggiunge il punto di uscita prima che il cedente abbia trasmesso la FTF in fallback, i dati non sono disponibili in OTELLO 2.0, pertanto non è possibile apporre il visto digitale. In questa evenienza il personale doganale accede alla funzione “Dogane -> OTELLO -> Gestione -> Fallback -> Acquisizione Singola” per acquisire a sistema il set minimo di dati – rilevati dalla copia del documento che il cedente ha messo a disposizione del cessionario, in forma analogica o elettronica – necessari ai fini del successivo ricongiungimento automatico con i dati della FTF trasmessi dal cedente non appena il sistema ritorna ad essere disponibile”;
6) non sono ammesse modalità che non consentano di rispettare puntualmente i requisiti richiamati.
Deve aggiungersi che è incompatibile con le norme vigenti l’esclusione del rimborso dell’IVA versata dal consumatore extra UE quando non siano rispettati vincoli contrattualmente imposti (cfr., ad esempio, l’invio di determinati documenti entro un certo lasso temporale) che non trovano diretto riscontro nell’articolo 38-quater del decreto IVA.
Al verificarsi delle condizioni ivi previste, infatti, il rimborso dell’IVA è sempre dovuto da parte del venditore nei confronti del viaggiatore, dovendosi negare la legittimità di qualsiasi comportamento che, direttamente o indirettamente, sia volto ad escluderlo e/o a limitarlo, ovvero a garantire allo stesso venditore un vantaggio indebito, anche a fini della detraibilità dell’imposta, per la quale valgono le regole generali fissate dall’ordinamento.
Va quindi, esclusa, ad esempio, la possibilità che il venditore porti in detrazione l’imposta relativa agli acquisti e successive cessioni nei confronti di consumatori extra UE qualora le operazioni non siano effettive, correttamente documentate e registrate, nonché neghi il rimborso, pur in presenza dei requisiti posti dall’articolo 38- quater del decreto IVA, considerando di fatto soggetta ad imposta un’operazione che non lo è.
Non può dimenticarsi, inoltre, in richiamo anche ai principi espressi in ambito comunitario dalla Corte di Giustizia, che la detrazione dell’imposta compete in ragione di spese effettivamente sostenute che abbiano comportato la piena disponibilità materiale/giuridica dei beni.
Ciò che, tuttavia, in base a quanto rappresentato dall’istante, non avverrebbe per l’attività ipotizzata, dove [BETA] non solo non sceglie i beni che il mandatario acquista in suo nome e per conto, ma non ne entra mai neppure in possesso, né sostiene le spese per il loro acquisto, demandandolo interamente ai viaggiatori.
Alla luce di quanto sopra, deve comunque negarsi che il modello descritto dall’istante risulti conforme alla normativa nazionale e comunitaria; ossia, non può applicarsi l’agevolazione IVA prevista dall’art. 38-quater del DPR IVA alle cessioni di beni effettuate nei confronti di consumatori extracomunitari, secondo lo schema basato sul “mandato con rappresentanza”

Fornite precisazioni sull’acquisto e rivendita di beni a viaggiatori extracomunitari ex articolo 38- quater del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 tramite mandato con rappresentanza (Agenzia delle entrate - Risoluzione 12 ottobre 2022, n. 60/E).

Per le cessioni di beni, di importo superiore a 154,94 euro (IVA inclusa), da trasportare nei bagagli personali dei viaggiatori domiciliati o residenti fuori dall'Unione Europea, trova applicazione l'articolo 38- quater del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA).
Secondo tale articolo, le cessioni richiamate possono essere effettuate senza pagamento dell'imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. L'esemplare della fattura consegnato al cessionario deve essere restituito al cedente, recante anche l'indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale, vistato dall'ufficio doganale di uscita dalla Comunità, entro il quarto mese successivo all'effettuazione della operazione; in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione della operazione a norma dell'articolo 26, primo comma, entro un mese dalla scadenza del suddetto termine.
Inoltre, qualora il cedente non si sia avvalso della facoltà appena descritta, il cessionario ha diritto al rimborso dell'imposta pagata per rivalsa a condizione che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello della cessione e che restituisca al cedente l'esemplare della fattura vistato dall'ufficio doganale entro il quarto mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. Il rimborso è effettuato dal cedente il quale ha diritto di recuperare l'imposta mediante annotazione della corrispondente variazione nel registro di cui all'articolo 25.
Va aggiunto che secondo gli articoli:
- 1, comma 368, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le operazioni di rimborso di cui al comma 2 dell'articolo 38-quater del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono essere effettuate da intermediari, purché regolarmente iscritti all'albo degli istituti di pagamento di cui all'articolo 114-septies del testo unico di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
- 4- bis del decreto-legge 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, a partire dal 1° settembre 2018, l'emissione delle fatture relative alle cessioni di beni di cui all'articolo 38-quater deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica.
Il quadro di sintesi che se ne ricava è quello per cui, tra l'altro:
1) cessionari possono essere solo coloro che risultino domiciliati o residenti fuori alla UE e che non siano soggetti passivi d'imposta nel loro Paese;
2) non sussistono specifiche limitazioni in ordine alla qualificazione dei soggetti passivi cedenti (ad es. commercianti al minuto in locali aperti al pubblico), che tuttavia restano figure distinte da quella dell'intermediario che può eseguire il rimborso in luogo del cedente;
3) i beni devono essere destinati all'uso personale o familiare del viaggiatore, mentre sono escluse le prestazioni di servizi;
4) il valore di 154,94 euro, per quanto anche derivante da molteplici beni compravenduti tra gli stessi soggetti, non può riferirsi a più cessioni (ossia compravendite avvenute in momenti diversi), seppure documentate con un'unica fattura;
5) la cessione dei beni ai viaggiatori extracomunitari deve essere documentata tramite il sistema OTELLO - " Online tax refund at exit: light lane optimization", nell'attuale versione 2.0 che ha dato attuazione a quanto previsto nell'articolo 4- bis del d.l. n. 193 del 2016 (cfr. la determinazione dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, di concerto con l'Agenzia delle Entrate, n. 54088 del 22 maggio 2018) - con emissione di una fattura in formato elettronico.
Tale emissione si declina, in primo luogo, nella sua messa a disposizione in modalità digitale (si pensi ad un invio per email), ma in base alla determinazione prot. n.54088/RU del 23 maggio 2018, comprende anche la consegna in modalità analogica (tipicamente previa stampa al momento dell'acquisto).
Passaggi che risultano peraltro ineludibili anche alla luce delle "procedure di soccorso" da porre in essere in caso di impossibilità temporanea di trasmissione dei messaggi (cfr. l'articolo 5 della determinazione prot. n.54088/RU), per le quali si è precisato che "Se il cessionario raggiunge il punto di uscita prima che il cedente abbia trasmesso la FTF in fallback, i dati non sono disponibili in OTELLO 2.0, pertanto non è possibile apporre il visto digitale. In questa evenienza il personale doganale accede alla funzione "Dogane -> OTELLO -> Gestione -> Fallback -> Acquisizione Singola" per acquisire a sistema il set minimo di dati - rilevati dalla copia del documento che il cedente ha messo a disposizione del cessionario, in forma analogica o elettronica - necessari ai fini del successivo ricongiungimento automatico con i dati della FTF trasmessi dal cedente non appena il sistema ritorna ad essere disponibile";
6) non sono ammesse modalità che non consentano di rispettare puntualmente i requisiti richiamati.
Deve aggiungersi che è incompatibile con le norme vigenti l'esclusione del rimborso dell'IVA versata dal consumatore extra UE quando non siano rispettati vincoli contrattualmente imposti (cfr., ad esempio, l'invio di determinati documenti entro un certo lasso temporale) che non trovano diretto riscontro nell'articolo 38-quater del decreto IVA.
Al verificarsi delle condizioni ivi previste, infatti, il rimborso dell'IVA è sempre dovuto da parte del venditore nei confronti del viaggiatore, dovendosi negare la legittimità di qualsiasi comportamento che, direttamente o indirettamente, sia volto ad escluderlo e/o a limitarlo, ovvero a garantire allo stesso venditore un vantaggio indebito, anche a fini della detraibilità dell'imposta, per la quale valgono le regole generali fissate dall'ordinamento.
Va quindi, esclusa, ad esempio, la possibilità che il venditore porti in detrazione l'imposta relativa agli acquisti e successive cessioni nei confronti di consumatori extra UE qualora le operazioni non siano effettive, correttamente documentate e registrate, nonché neghi il rimborso, pur in presenza dei requisiti posti dall'articolo 38- quater del decreto IVA, considerando di fatto soggetta ad imposta un'operazione che non lo è.
Non può dimenticarsi, inoltre, in richiamo anche ai principi espressi in ambito comunitario dalla Corte di Giustizia, che la detrazione dell'imposta compete in ragione di spese effettivamente sostenute che abbiano comportato la piena disponibilità materiale/giuridica dei beni.
Ciò che, tuttavia, in base a quanto rappresentato dall'istante, non avverrebbe per l'attività ipotizzata, dove [BETA] non solo non sceglie i beni che il mandatario acquista in suo nome e per conto, ma non ne entra mai neppure in possesso, né sostiene le spese per il loro acquisto, demandandolo interamente ai viaggiatori.
Alla luce di quanto sopra, deve comunque negarsi che il modello descritto dall'istante risulti conforme alla normativa nazionale e comunitaria; ossia, non può applicarsi l'agevolazione IVA prevista dall'art. 38-quater del DPR IVA alle cessioni di beni effettuate nei confronti di consumatori extracomunitari, secondo lo schema basato sul "mandato con rappresentanza"

Italia Economia Sociale: dal 13 ottobre si può richiedere l’incentivo

L’incentivo del Ministero dello sviluppo economico rivolto alle imprese che svolgono attività di utilità sociale e di interesse generale riparte il 13 ottobre e si estende anche alle imprese creativo culturali.

(Invitalia – comunicato 12 ottobre 2022)

Le domande andranno presentate dalle ore 12.00 del 13 ottobre 2022 esclusivamente via PEC al Mise all’indirizzo es.imprese@pec.mise.gov.it sulla base della modulistica disponibile online.
Invitalia curerà sia il servizio di accompagnamento alla presentazione delle domande sia la valutazione dei progetti che avverrà in 60 giorni.
Per presentare la domanda e accedere ai fondi pubblici è necessaria la delibera di finanziamento da parte di una delle banche convenzionate con ABI – MISE – CDP, che attesti la capacità economico-finanziaria dell’impresa.
L’incentivo è attivo in tutta Italia e sostiene gli investimenti che hanno uno dei seguenti obiettivi:
– incremento occupazionale di lavoratori svantaggiati
– inclusione sociale di persone vulnerabili
– valorizzazione e salvaguardia dell’ambiente, rigenerazione urbana e turismo sostenibile, nonché sostenibilità ambientale dell’attività di impresa
– salvaguardia e valorizzazione dei beni storico-culturali o perseguimento di finalità culturali e creative o di utilità sociale di rilevante interesse pubblico, all’interno di una comunità o di un territorio
In questa nuova fase la misura amplierà il proprio ambito di applicazione e tra le principali novità si segnalano:
– l’inclusione tra i soggetti beneficiari delle imprese sociali in qualsiasi forma costituite e delle imprese culturali e creative costituite in forma societaria
– la riduzione da 200.000 a 100.000 euro dell’importo minimo dei progetti finanziabili
– la concessione delle agevolazioni ai sensi del regolamento GBER, invece del regolamento de minimis
– il riconoscimento per tutti i progetti agevolati di un contributo a fondo perduto di importo compreso tra il 5% e il 20% delle spese ammissibili.

L’incentivo del Ministero dello sviluppo economico rivolto alle imprese che svolgono attività di utilità sociale e di interesse generale riparte il 13 ottobre e si estende anche alle imprese creativo culturali.

(Invitalia - comunicato 12 ottobre 2022)

Le domande andranno presentate dalle ore 12.00 del 13 ottobre 2022 esclusivamente via PEC al Mise all'indirizzo es.imprese@pec.mise.gov.it sulla base della modulistica disponibile online.
Invitalia curerà sia il servizio di accompagnamento alla presentazione delle domande sia la valutazione dei progetti che avverrà in 60 giorni.
Per presentare la domanda e accedere ai fondi pubblici è necessaria la delibera di finanziamento da parte di una delle banche convenzionate con ABI – MISE – CDP, che attesti la capacità economico-finanziaria dell’impresa.
L’incentivo è attivo in tutta Italia e sostiene gli investimenti che hanno uno dei seguenti obiettivi:
- incremento occupazionale di lavoratori svantaggiati
- inclusione sociale di persone vulnerabili
- valorizzazione e salvaguardia dell’ambiente, rigenerazione urbana e turismo sostenibile, nonché sostenibilità ambientale dell’attività di impresa
- salvaguardia e valorizzazione dei beni storico-culturali o perseguimento di finalità culturali e creative o di utilità sociale di rilevante interesse pubblico, all’interno di una comunità o di un territorio
In questa nuova fase la misura amplierà il proprio ambito di applicazione e tra le principali novità si segnalano:
- l’inclusione tra i soggetti beneficiari delle imprese sociali in qualsiasi forma costituite e delle imprese culturali e creative costituite in forma societaria
- la riduzione da 200.000 a 100.000 euro dell’importo minimo dei progetti finanziabili
- la concessione delle agevolazioni ai sensi del regolamento GBER, invece del regolamento de minimis
- il riconoscimento per tutti i progetti agevolati di un contributo a fondo perduto di importo compreso tra il 5% e il 20% delle spese ammissibili.

ASD: revoca agevolazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 12 ottobre 2022 n. 29800 si è espressa sulla revoca delle agevolazioni fiscali per le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro in presenza del carattere commerciale dell’attività esercitata (Corte di cassazione – Ordinanza 12 ottobre 2022, n. 29800).

L’esenzione d’imposta, prevista dall’art. 148, D.P.R. n. 917/1986 in favore delle associazioni non lucrative, dipende non dalla veste giuridica assunta dall’associazione, che costituisce un elemento formale, ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro.
E d’altronde le agevolazioni tributarie per gli enti associativi non commerciali, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, si applicano solo a condizione che esse si conformino concretamente alle clausole riguardanti la vita associativa, che siano inserite nell’atto costitutivo o nello statuto.

Non è determinante dunque il contenuto formale dello statuto o dell’atto costitutivo, che pur è d’obbligo quanto ai principi cui deve conformarsi l’attività, né la mera evidenza delle prescrizioni e regole organizzative (regolarità della tenuta dei libri contabili, regolarità delle iscrizioni dei soci, osservanza del principio di democraticità dell’ente), né la veste giuridica assunta.

Quello che invece rileva, ai fini del controllo e delle valutazioni, è l’esplicazione concreta di attività senza fini di lucro, nel perseguimento delle finalità associative.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 12 ottobre 2022 n. 29800 si è espressa sulla revoca delle agevolazioni fiscali per le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro in presenza del carattere commerciale dell’attività esercitata (Corte di cassazione - Ordinanza 12 ottobre 2022, n. 29800).

L'esenzione d'imposta, prevista dall'art. 148, D.P.R. n. 917/1986 in favore delle associazioni non lucrative, dipende non dalla veste giuridica assunta dall'associazione, che costituisce un elemento formale, ma dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro.
E d'altronde le agevolazioni tributarie per gli enti associativi non commerciali, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, si applicano solo a condizione che esse si conformino concretamente alle clausole riguardanti la vita associativa, che siano inserite nell'atto costitutivo o nello statuto.

Non è determinante dunque il contenuto formale dello statuto o dell'atto costitutivo, che pur è d'obbligo quanto ai principi cui deve conformarsi l'attività, né la mera evidenza delle prescrizioni e regole organizzative (regolarità della tenuta dei libri contabili, regolarità delle iscrizioni dei soci, osservanza del principio di democraticità dell'ente), né la veste giuridica assunta.

Quello che invece rileva, ai fini del controllo e delle valutazioni, è l'esplicazione concreta di attività senza fini di lucro, nel perseguimento delle finalità associative.