Non imponibilità ai fini IVA delle operazioni effettuate a favore delle forze armate

 

 

Con la circolare n. 8 del 6 aprile 2023, l’Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti in merito alle Modificazioni in materia di imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate a favore delle forze armate.

Il D.Lgs. n. 72/2022, ha introdotto disposizioni aventi a oggetto l’attuazione della direttiva (UE) 2019/2235 che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e la direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise per quanto riguarda gli sforzi di difesa nell’ambito dell’Unione.

Il D.P.R. n. 633/1972 (c.d. decreto IVA), sul trattamento IVA delle cessioni di beni e prestazioni di servizi eseguite nei confronti delle forze armate dell’Unione europea, è stato innovato dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 72/2022, che ha aggiunto all’articolo 72 del citato decreto nuove specifiche ipotesi di non imponibilità equiparandole alle operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8bis e 9 dello stesso decreto IVA. In base all’articolo 4 del D.Lgs. n. 72/2022, tali disposizioni si applicano a decorrere dal 1° luglio 2022.

Rientrano nell’ambito applicativo dell’esenzione le attività svolte nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune dell’Unione europea (PSDC). Non sono, tuttavia, ricomprese tra queste le operazioni militari effettuate dalle forze armate degli Stati membri che, in uno spirito di solidarietà, operino in un’azione congiunta a seguito di un attacco terroristico o di una calamità, naturale o provocata dall’uomo, in uno degli Stati membri, nonché le azioni militari effettuate a seguito di attività bilaterali o multilaterali fra Stati membri non collegate alla PSDC dell’Unione. La disciplina non include le operazioni destinate a missioni civili, anche se rientranti nell’ambito della PSDC.

Sono operazioni non imponibili, per effetto delle nuove previsioni, con diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che simultaneamente:

1) sono territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia;
2) hanno come cessionario o committente una forza armata appartenente a uno Stato membro dell’Unione europea;
3) sono destinati all’uso delle anzidette forze armate o del personale civile che le accompagna o all’approvvigionamento delle relative mense;

4) i beni sono ceduti e i servizi sono prestati in uno Stato membro dell’Unione europea diverso da quello di appartenenza delle forze armate cessionarie o committenti;

5) sono finalizzati allo svolgimento delle attività rientranti nella PSDC.

 

Da ciò deriva, pertanto, che in base alla nuova normativa non sono imponibili ai fini IVA:

– le cessioni di beni presenti in Italia effettuate nei confronti di forze armate appartenenti ad altri Stati membri e impegnate in compiti rientranti nella PSDC;
– nel caso in cui siano territorialmente rilevanti in Italia, le cessioni di beni inviati nel nostro Paese a forze armate, appartenenti ad altri Stati membri e impegnate in compiti rientranti nella PSDC;
– le prestazioni di servizi, per cui sia verificato il presupposto territoriale in Italia, rese nei confronti di forze armate appartenenti ad altri Stati membri e impegnate in compiti rientranti nella PSDC.

 

Risultano escluse le cessioni di beni e le prestazioni di servizi da chiunque effettuate in Italia nei confronti di forze armate italiane.

La circolare specifica che il regime di non imponibilità IVA richiede non solo che i destinatari delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia siano forze armate stanziate in uno Stato membro diverso dall’Italia, ma anche che tali forze armate appartengano a uno Stato membro diverso da quello di introduzione dei beni o dei servizi. Ne deriva che rientrano nella previsione di legge anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi (territorialmente rilevanti in Italia) effettuate nei confronti di forze armate italiane stanziate in un altro Stato membro per ottemperare ad un compito di PSDC.

 

L’Agenzia delle entrate sottolinea che per beneficiare della non imponibilità per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi è necessario che le forze armate, nella loro veste di committenti dei servizi o cessionari dei beni, utilizzino l’apposito modello di certificato di esenzione dall’IVA o dalle accise, per comunicare ai propri fornitori la sussistenza dei requisiti indispensabili per fruire della non imponibilità stessa.

 

Tali novità introdotte dalle disposizioni all’articolo 72 del D.P.R. n. 633/1972 comportano, conseguentemente, la non assoggettabilità ad imposta delle importazioni di beni da destinare alla PSDC effettuate dalle forze armate di un altro Stato membro stanziate in Italia.

Infine la circolare chiarisce che qualora le forze armate dello Stato abbiano beneficiato in un altro Stato membro del regime di non imponibilità all’imposta dei beni destinati a finalità rientranti nella PSDC dell’Unione europea, i relativi acquisti diventano imponibili in Italia ai fini IVA se e nella misura in cui detti beni siano introdotti dalle medesime forze armate nel territorio dello Stato italiano, qualora l’importazione degli stessi beni non avrebbe potuto fruire dell’esenzione di cui all’articolo 68, comma 1, lettera c), del decreto IVA.

 

 

Con la circolare n. 8 del 6 aprile 2023, l’Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti in merito alle Modificazioni in materia di imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate a favore delle forze armate.

Il D.Lgs. n. 72/2022, ha introdotto disposizioni aventi a oggetto l'attuazione della direttiva (UE) 2019/2235 che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e la direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise per quanto riguarda gli sforzi di difesa nell’ambito dell’Unione.

Il D.P.R. n. 633/1972 (c.d. decreto IVA), sul trattamento IVA delle cessioni di beni e prestazioni di servizi eseguite nei confronti delle forze armate dell’Unione europea, è stato innovato dall'articolo 1 del D.Lgs. n. 72/2022, che ha aggiunto all’articolo 72 del citato decreto nuove specifiche ipotesi di non imponibilità equiparandole alle operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8bis e 9 dello stesso decreto IVA. In base all’articolo 4 del D.Lgs. n. 72/2022, tali disposizioni si applicano a decorrere dal 1° luglio 2022.

Rientrano nell'ambito applicativo dell’esenzione le attività svolte nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune dell’Unione europea (PSDC). Non sono, tuttavia, ricomprese tra queste le operazioni militari effettuate dalle forze armate degli Stati membri che, in uno spirito di solidarietà, operino in un’azione congiunta a seguito di un attacco terroristico o di una calamità, naturale o provocata dall’uomo, in uno degli Stati membri, nonché le azioni militari effettuate a seguito di attività bilaterali o multilaterali fra Stati membri non collegate alla PSDC dell’Unione. La disciplina non include le operazioni destinate a missioni civili, anche se rientranti nell’ambito della PSDC.

Sono operazioni non imponibili, per effetto delle nuove previsioni, con diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che simultaneamente:

1) sono territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia;
2) hanno come cessionario o committente una forza armata appartenente a uno Stato membro dell’Unione europea;
3) sono destinati all’uso delle anzidette forze armate o del personale civile che le accompagna o all’approvvigionamento delle relative mense;

4) i beni sono ceduti e i servizi sono prestati in uno Stato membro dell’Unione europea diverso da quello di appartenenza delle forze armate cessionarie o committenti;

5) sono finalizzati allo svolgimento delle attività rientranti nella PSDC.

 

Da ciò deriva, pertanto, che in base alla nuova normativa non sono imponibili ai fini IVA:

- le cessioni di beni presenti in Italia effettuate nei confronti di forze armate appartenenti ad altri Stati membri e impegnate in compiti rientranti nella PSDC;
- nel caso in cui siano territorialmente rilevanti in Italia, le cessioni di beni inviati nel nostro Paese a forze armate, appartenenti ad altri Stati membri e impegnate in compiti rientranti nella PSDC;
- le prestazioni di servizi, per cui sia verificato il presupposto territoriale in Italia, rese nei confronti di forze armate appartenenti ad altri Stati membri e impegnate in compiti rientranti nella PSDC.

 

Risultano escluse le cessioni di beni e le prestazioni di servizi da chiunque effettuate in Italia nei confronti di forze armate italiane.

La circolare specifica che il regime di non imponibilità IVA richiede non solo che i destinatari delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia siano forze armate stanziate in uno Stato membro diverso dall’Italia, ma anche che tali forze armate appartengano a uno Stato membro diverso da quello di introduzione dei beni o dei servizi. Ne deriva che rientrano nella previsione di legge anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi (territorialmente rilevanti in Italia) effettuate nei confronti di forze armate italiane stanziate in un altro Stato membro per ottemperare ad un compito di PSDC.

 

L'Agenzia delle entrate sottolinea che per beneficiare della non imponibilità per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi è necessario che le forze armate, nella loro veste di committenti dei servizi o cessionari dei beni, utilizzino l’apposito modello di certificato di esenzione dall’IVA o dalle accise, per comunicare ai propri fornitori la sussistenza dei requisiti indispensabili per fruire della non imponibilità stessa.

 

Tali novità introdotte dalle disposizioni all’articolo 72 del D.P.R. n. 633/1972 comportano, conseguentemente, la non assoggettabilità ad imposta delle importazioni di beni da destinare alla PSDC effettuate dalle forze armate di un altro Stato membro stanziate in Italia.

Infine la circolare chiarisce che qualora le forze armate dello Stato abbiano beneficiato in un altro Stato membro del regime di non imponibilità all’imposta dei beni destinati a finalità rientranti nella PSDC dell’Unione europea, i relativi acquisti diventano imponibili in Italia ai fini IVA se e nella misura in cui detti beni siano introdotti dalle medesime forze armate nel territorio dello Stato italiano, qualora l’importazione degli stessi beni non avrebbe potuto fruire dell’esenzione di cui all’articolo 68, comma 1, lettera c), del decreto IVA.

Spese di trasporto pubblico: trasmissione dati precompilata

 

Nella G.U. n. 83 del 7 aprile 2023 è stato pubblicato il Decreto 29 marzo 2023 del MEF sulla Trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati riguardanti le spese per l’acquisto degli abbonamenti TPL, regionale e interregionale, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

Con il Decreto 29 marzo 2023 il MEF rende note le disposizioni per la trasmissione telematica dei dati riguardanti le spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale.

 

Per quanto riguarda i soggetti tenuti ad effettuare la comunicazione, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi da parte dell’Agenzia delle entrate, essi sono individuati negli enti pubblici o nei soggetti privati affidatari dello stesso servizio di trasporto, entro il termine previsto per la comunicazione dei dati relativi agli oneri e alle spese, di cui all’art. 78, commi 25 e 25-bis, della Legge n. 413/1991.

La suddetta comunicazione deve contenente i dati relativi alle spese detraibili per l’acquisto degli abbonamenti TPL, regionale ed interregionale, sostenute nell’anno precedente da persone fisiche, indicandovi i dati identificativi dei titolari degli abbonamenti e dei soggetti che hanno effettivamente sostenuto le spese. I soggetti di cui sopra e quelli addetti all’erogazione dei rimborsi trasmettono in via telematica all’Agenzia delle entrate una comunicazione contenente i dati dei rimborsi delle spese disposti nell’anno precedente, indicandovi il soggetto che ha ricevuto il rimborso e l’anno della spesa rimborsata.

 

Il MEF precisa che da tali comunicazioni sono escluse le spese riferite ad abbonamenti venduti senza la registrazione dei dati identificativi dei titolari ed è necessario indicarvi esclusivamente i dati relativi alle spese effettuate tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del D.Lgs. n. 241/1997.

 

Specifica il Decreto, per quanto riguarda i periodi d’imposta 2023 e 2024, che l’invio delle comunicazioni resta facoltativa e a tali anni d’imposta non vi si applicano le sanzioni previste dall’art. 3, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 175/2014, a meno che l’errore nella comunicazione dei dati non determini un’indebita fruizione di detrazioni o deduzioni nella dichiarazione precompilata. A partire, poi, dal periodo d’imposta 2025, l’invio della comunicazione su queste spese diverrà obbligatoria.

 

Per conoscere la modalità tecnica di trasmissione telematica delle comunicazioni si provvederà attraverso un provvedimento specifico del direttore dell’Agenzia delle entrate, in accordo con l’Autorità garante per la protezione dei dati personali. 

 

 

 

 

 

Nella G.U. n. 83 del 7 aprile 2023 è stato pubblicato il Decreto 29 marzo 2023 del MEF sulla Trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati riguardanti le spese per l'acquisto degli abbonamenti TPL, regionale e interregionale, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

Con il Decreto 29 marzo 2023 il MEF rende note le disposizioni per la trasmissione telematica dei dati riguardanti le spese per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale.

 

Per quanto riguarda i soggetti tenuti ad effettuare la comunicazione, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi da parte dell'Agenzia delle entrate, essi sono individuati negli enti pubblici o nei soggetti privati affidatari dello stesso servizio di trasporto, entro il termine previsto per la comunicazione dei dati relativi agli oneri e alle spese, di cui all'art. 78, commi 25 e 25-bis, della Legge n. 413/1991.

La suddetta comunicazione deve contenente i dati relativi alle spese detraibili per l'acquisto degli abbonamenti TPL, regionale ed interregionale, sostenute nell'anno precedente da persone fisiche, indicandovi i dati identificativi dei titolari degli abbonamenti e dei soggetti che hanno effettivamente sostenuto le spese. I soggetti di cui sopra e quelli addetti all'erogazione dei rimborsi trasmettono in via telematica all'Agenzia delle entrate una comunicazione contenente i dati dei rimborsi delle spese disposti nell'anno precedente, indicandovi il soggetto che ha ricevuto il rimborso e l'anno della spesa rimborsata.

 

Il MEF precisa che da tali comunicazioni sono escluse le spese riferite ad abbonamenti venduti senza la registrazione dei dati identificativi dei titolari ed è necessario indicarvi esclusivamente i dati relativi alle spese effettuate tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'art. 23 del D.Lgs. n. 241/1997.

 

Specifica il Decreto, per quanto riguarda i periodi d'imposta 2023 e 2024, che l'invio delle comunicazioni resta facoltativa e a tali anni d’imposta non vi si applicano le sanzioni previste dall'art. 3, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 175/2014, a meno che l'errore nella comunicazione dei dati non determini un'indebita fruizione di detrazioni o deduzioni nella dichiarazione precompilata. A partire, poi, dal periodo d'imposta 2025, l’invio della comunicazione su queste spese diverrà obbligatoria.

 

Per conoscere la modalità tecnica di trasmissione telematica delle comunicazioni si provvederà attraverso un provvedimento specifico del direttore dell'Agenzia delle entrate, in accordo con l'Autorità garante per la protezione dei dati personali. 

 

 

 

 

Rimborsi chilometrici al rider che utilizza mezzi propri: non imponibilità ai fini Irpef

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardo all’imponibilita’ ai fini IRPEF del rimborso per il rider che utilizza mezzi propri per l’espletamento  dell’attività lavorativa (Agenzia delle entrate, risposta 11 aprile 2023, n. 290).

L’istante, una società che opera nel settore del food delivery, ha chiesto conferma all’Agenzia delle entrate sulla non assoggettabilità alle ordinarie ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali delle somme rimborsate per l’utilizzo del mezzo di trasporto personale (bici, e­bike, scooter ecc.) durante le consegne ai riders, in quanto tale indennità prevista a titolo di rimborso chilometrico ha natura meramente risarcitoria e non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente. 

 

L’Agenzia delle entrate, ha ricordato che i redditi di lavoro dipendente sono determinati in base al principio di onnicomprensività previsto dall’ articolo 51, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), in base al quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo d’imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Nella circolare 326/E/1997, par. 2.1, in relazione alla rilevanza reddituale dei rimborsi spese, l’Agenzia ha affermato, in generale, che possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per esigenze operative (ad esempio per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, ecc.).

Il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente è stato poi ulteriormente approfondito nella risoluzione n. 178/E2003, secondo cui non concorrono alla formazione della base imponibile del dipendente:

– le somme che non costituiscono arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale);

– le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.

 

Circa la modalità di determinazione dell’ammontare delle spese rimborsate, nella risoluzione n. 74/E/2017 l’Agenzia ha affermato che le spese sostenute dal lavoratore e rimborsategli in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui tale criterio forfetario sia stato previsto dal Legislatore e laddove manchi un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, vanno quantificati sulla base di criteri oggettivi, documentalmente accertabili.

 

Nel caso di specie, l’istante ha stipulato con le organizzazioni sindacali un accordo integrativo aziendale finalizzato all’inserimento dei rider nel contesto normativo e organizzativo del lavoro subordinato, applicando il CCNL “Logistica, trasporto, Merci e Spedizione”. Nello specifico il rimborso chilometrico spetta a quei rider, che su richiesta aziendale ­utilizzano il proprio veicolo durante il turno per l’esecuzione delle consegne, a copertura integrale e forfetaria di tutti i costi sostenuti ed è parametrato alla tipologia del mezzo utilizzato (auto, scooter,  bicicletta) e ai chilometri calcolati attraverso l’apposita App aziendale impostata sul percorso più breve per raggiungere il punto consegna.

L’Agenzia, infine, ha evidenziato la circostanza che il mezzo di trasporto messo a disposizione dal dipendente è necessario per lo svolgimento da parte del rider dell’attività lavorativa ed a motivo di ciò, infatti, costituisce anche uno degli elementi valutati ai fini dell’assunzione.

Alla luce delle considerazioni in questione, l’Agenzia delle entrate ha considerato il rimborso chilometrico, spettante ai rider che utilizzano il mezzo proprio anziché quello aziendale per l’espletamento dell’attività lavorativa, non imponibile, ai fini Irpef, quale reddito di lavoro dipendente in capo ai beneficiari, in quanto riferibile a costi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.

 

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardo all'imponibilita' ai fini IRPEF del rimborso per il rider che utilizza mezzi propri per l'espletamento  dell'attività lavorativa (Agenzia delle entrate, risposta 11 aprile 2023, n. 290).

L’istante, una società che opera nel settore del food delivery, ha chiesto conferma all'Agenzia delle entrate sulla non assoggettabilità alle ordinarie ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali delle somme rimborsate per l'utilizzo del mezzo di trasporto personale (bici, e­bike, scooter ecc.) durante le consegne ai riders, in quanto tale indennità prevista a titolo di rimborso chilometrico ha natura meramente risarcitoria e non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente. 

 

L’Agenzia delle entrate, ha ricordato che i redditi di lavoro dipendente sono determinati in base al principio di onnicomprensività previsto dall' articolo 51, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), in base al quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo d'imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Nella circolare 326/E/1997, par. 2.1, in relazione alla rilevanza reddituale dei rimborsi spese, l'Agenzia ha affermato, in generale, che possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per esigenze operative (ad esempio per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, ecc.).

Il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente è stato poi ulteriormente approfondito nella risoluzione n. 178/E2003, secondo cui non concorrono alla formazione della base imponibile del dipendente:

- le somme che non costituiscono arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale);

- le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.

 

Circa la modalità di determinazione dell'ammontare delle spese rimborsate, nella risoluzione n. 74/E/2017 l'Agenzia ha affermato che le spese sostenute dal lavoratore e rimborsategli in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell'ipotesi in cui tale criterio forfetario sia stato previsto dal Legislatore e laddove manchi un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, vanno quantificati sulla base di criteri oggettivi, documentalmente accertabili.

 

Nel caso di specie, l'istante ha stipulato con le organizzazioni sindacali un accordo integrativo aziendale finalizzato all'inserimento dei rider nel contesto normativo e organizzativo del lavoro subordinato, applicando il CCNL "Logistica, trasporto, Merci e Spedizione''. Nello specifico il rimborso chilometrico spetta a quei rider, che su richiesta aziendale ­utilizzano il proprio veicolo durante il turno per l'esecuzione delle consegne, a copertura integrale e forfetaria di tutti i costi sostenuti ed è parametrato alla tipologia del mezzo utilizzato (auto, scooter,  bicicletta) e ai chilometri calcolati attraverso l'apposita App aziendale impostata sul percorso più breve per raggiungere il punto consegna.

L'Agenzia, infine, ha evidenziato la circostanza che il mezzo di trasporto messo a disposizione dal dipendente è necessario per lo svolgimento da parte del rider dell'attività lavorativa ed a motivo di ciò, infatti, costituisce anche uno degli elementi valutati ai fini dell'assunzione.

Alla luce delle considerazioni in questione, l'Agenzia delle entrate ha considerato il rimborso chilometrico, spettante ai rider che utilizzano il mezzo proprio anziché quello aziendale per l'espletamento dell'attività lavorativa, non imponibile, ai fini Irpef, quale reddito di lavoro dipendente in capo ai beneficiari, in quanto riferibile a costi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro.

Si avvicina la scadenza dell’invio delle domande di definizione agevolata

 

L’Agenzia delle entrate-riscossione ricorda l’approssimarsi del termine, fissato al 30 aprile 2023, per la presentazione delle domande di Definizione agevolata delle cartelle e la Modalità di invio delle domande  (Agenzia delle entrate-Riscossione, comunicato 7 aprile 2023).

Il termine per la presentazione delle domande di definizione agevolata è fissato dalla Legge al 30 aprile 2023. L’Agenzia delle entrate-riscossione ha, pertanto, esortato i contribuenti ad attivarsi in anticipo rispetto a tale scadenza.

La rottamazione quater riguarda i debiti affidati in riscossione dal 1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022 e i contribuenti che decidono di aderirvi devono versare il solo importo del debito residuo senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora, quelli iscritti a ruolo e l’aggio, mentre le multe stradali possono essere definite senza il pagamento degli interessi, comunque denominati, e dell’aggio, optando per il pagamento in un’unica soluzione o in un massimo di 18 rate in 5 anni.

A coloro che hanno presentato la richiesta di definizione agevolata, l’Agenzia deve inviare, entro il 30 giugno 2023, la comunicazione con l’esito della domanda, l’ammontare delle somme dovute ai fini della definizione e i moduli di pagamento in base al piano di rate scelto in fase di adesione.

 

Per quanto riguarda la modalità di presentazione della domanda, l’Agenzia ha ricordato che la procedura è interamente telematica, attraverso sito istituzionale e l’apposito servizio disponibile sia in area pubblica (senza necessità di pin e password), sia in area riservata (per chi dispone
di SPID, CIE o CNS e, per gli intermediari fiscali, Entratel). In particolare all’interno della propria area riservata il contribuente può presentare la dichiarazione di adesione facilmente cliccando direttamente dall’elenco dei debiti definibili, le cartelle, gli avvisi o i carichi che si vogliono inserire nella domanda, senza la necessità di indicare i dati identificativi degli atti. Inoltre sul sito dell’ Agenzia Riscossione è disponibile il servizio per chiedere il prospetto informativo, contenente l’elenco dei carichi che possono essere rottamati e la simulazione dell’importo da pagare a seguito delle riduzioni previste dalla definizione agevolata.

 

La definizione agevolata è stata introdotta dalla Legge n. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023) e si applica ai carichi affidati all’agente della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022,  anche se ricompresi in precedenti rottamazioni e a prescindere se in regola con i pagamenti.

I contribuenti che decidono di aderirvi possono versare solo l’importo dovuto a titolo di capitale e quello dovuto a titolo di rimborso spese per le eventuali procedure esecutive e per i diritti di notifica e non devono corrispondere le somme dovute a titolo di sanzioni, interessi iscritti a ruolo, interessi di mora e aggio. Riguardo ai debiti da multe stradali o ad altre sanzioni amministrative (diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi contributivi), l’accesso alla misura agevolativa prevede invece che non siano da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi (comunque denominati, comprese pertanto le cosiddette  “maggiorazioni”), nonché quelle dovute a titolo di aggio. Non rientrano invece nell’ambito applicativo della definizione agevolata i carichi relativi alle risorse proprie dell’Unione Europea e all’IVA riscossa all’importazione, i recuperi degli aiuti di Stato, i crediti derivanti da condanne pronunciate dalla Corte dei conti e multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna. I carichi delle casse/enti previdenziali di diritto privato, sempre ai sensi della Legge n.197/2022, possono invece rientrare nell’ agevolazione solo dopo apposita delibera di tali enti creditori pubblicata entro il 31 gennaio 2023 sul proprio sito internet e comunicata, entro la stessa data, all’Agenzia mediante posta elettronica certificata.

 

Infine in merito ai versamenti dell’importo dovuto, in caso di rateizzazione, l’Agenzia ricorda che le prime due rate devono essere di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute, in scadenza al 31 luglio e 30 novembre 2023; le restanti rate, ripartite nei successivi 4 anni, vanno saldate il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

 

 

L'Agenzia delle entrate-riscossione ricorda l'approssimarsi del termine, fissato al 30 aprile 2023, per la presentazione delle domande di Definizione agevolata delle cartelle e la Modalità di invio delle domande  (Agenzia delle entrate-Riscossione, comunicato 7 aprile 2023).

Il termine per la presentazione delle domande di definizione agevolata è fissato dalla Legge al 30 aprile 2023. L'Agenzia delle entrate-riscossione ha, pertanto, esortato i contribuenti ad attivarsi in anticipo rispetto a tale scadenza.

La rottamazione quater riguarda i debiti affidati in riscossione dal 1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022 e i contribuenti che decidono di aderirvi devono versare il solo importo del debito residuo senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora, quelli iscritti a ruolo e l’aggio, mentre le multe stradali possono essere definite senza il pagamento degli interessi, comunque denominati, e dell’aggio, optando per il pagamento in un'unica soluzione o in un massimo di 18 rate in 5 anni.

A coloro che hanno presentato la richiesta di definizione agevolata, l'Agenzia deve inviare, entro il 30 giugno 2023, la comunicazione con l'esito della domanda, l'ammontare delle somme dovute ai fini della definizione e i moduli di pagamento in base al piano di rate scelto in fase di adesione.

 

Per quanto riguarda la modalità di presentazione della domanda, l'Agenzia ha ricordato che la procedura è interamente telematica, attraverso sito istituzionale e l’apposito servizio disponibile sia in area pubblica (senza necessità di pin e password), sia in area riservata (per chi dispone
di SPID, CIE o CNS e, per gli intermediari fiscali, Entratel). In particolare all'interno della propria area riservata il contribuente può presentare la dichiarazione di adesione facilmente cliccando direttamente dall’elenco dei debiti definibili, le cartelle, gli avvisi o i carichi che si vogliono inserire nella domanda, senza la necessità di indicare i dati identificativi degli atti. Inoltre sul sito dell' Agenzia Riscossione è disponibile il servizio per chiedere il prospetto informativo, contenente l'elenco dei carichi che possono essere rottamati e la simulazione dell'importo da pagare a seguito delle riduzioni previste dalla definizione agevolata.

 

La definizione agevolata è stata introdotta dalla Legge n. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023) e si applica ai carichi affidati all’agente della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022,  anche se ricompresi in precedenti rottamazioni e a prescindere se in regola con i pagamenti.

I contribuenti che decidono di aderirvi possono versare solo l’importo dovuto a titolo di capitale e quello dovuto a titolo di rimborso spese per le eventuali procedure esecutive e per i diritti di notifica e non devono corrispondere le somme dovute a titolo di sanzioni, interessi iscritti a ruolo, interessi di mora e aggio. Riguardo ai debiti da multe stradali o ad altre sanzioni amministrative (diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi contributivi), l’accesso alla misura agevolativa prevede invece che non siano da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi (comunque denominati, comprese pertanto le cosiddette  “maggiorazioni”), nonché quelle dovute a titolo di aggio. Non rientrano invece nell'ambito applicativo della definizione agevolata i carichi relativi alle risorse proprie dell'Unione Europea e all'IVA riscossa all'importazione, i recuperi degli aiuti di Stato, i crediti derivanti da condanne pronunciate dalla Corte dei conti e multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna. I carichi delle casse/enti previdenziali di diritto privato, sempre ai sensi della Legge n.197/2022, possono invece rientrare nell' agevolazione solo dopo apposita delibera di tali enti creditori pubblicata entro il 31 gennaio 2023 sul proprio sito internet e comunicata, entro la stessa data, all'Agenzia mediante posta elettronica certificata.

 

Infine in merito ai versamenti dell'importo dovuto, in caso di rateizzazione, l'Agenzia ricorda che le prime due rate devono essere di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute, in scadenza al 31 luglio e 30 novembre 2023; le restanti rate, ripartite nei successivi 4 anni, vanno saldate il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

 

Credito d’imposta sistemi di accumulo di energia: definita la percentuale

 

L’Agenzia delle entrate ha stabilito la percentuale del credito d’imposta per le spese sostenute per l’installazione di sistemi di accumulo integrati a impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili (provvedimento 5 aprile, n. 120748)

È stata definita dall’Agenzia delle entrate la percentuale di credito di imposta effettivamente fruibile per le spese relative all’installazione di sistemi di accumulo integrati a impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell’articolo 1, comma 812, della Legge n. 234/2021.

La percentuale del credito d’imposta spettante a ciascun beneficiario è pari al 9,1514% e l’ammontare massimo del credito fruibile è pari al credito risultante dall’ultima istanza validamente presentata, ai sensi del provvedimento dell’11 ottobre 2022, n. 382045, in assenza di rinuncia, moltiplicato per la suddetta percentuale, troncando il risultato all’unità di euro.

Per quanto riguarda la modalità di utilizzo, tale credito potrà essere impiegato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale sono state sostenute le spese agevolabili, in diminuzione delle imposte dovute, ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 6 maggio 2022. L’eventuale ammontare del credito non utilizzato potrà essere fruito nei periodi di imposta successivi.

Tale agevolazione a favore delle persone fisiche che, dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, sostengono spese documentate relative all’installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, è stata prevista dal comma 812 dell’articolo 1 della Legge n. 234/2021 e spetta anche se si è già beneficiari degli incentivi per lo scambio sul posto di cui all’articolo 25-bis del D.L. 91/2014, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 116/2014. Le modalità per l’accesso al credito sono state, invece, definite con DM 6 maggio 2022.

Secondo quanto disposto dal citato provvedimento n. 382045/2022, l’Agenzia ha definito le modalità applicative per il riconoscimento del suddetto credito
d’imposta, prevedendo in particolare che:

– l’istanza per il riconoscimento del credito d’imposta va presentata all’Agenzia delle entrate dal 1 marzo 2023 al 30 marzo 2023;
– ai fini del rispetto del limite complessivo di spesa pari a 3 milioni di euro, con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da pubblicare entro 10 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle istanze, è comunicata la percentuale del credito d’imposta spettante a ciascun beneficiario;
– la percentuale è ottenuta, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 del decreto ministeriale del 6 maggio 2022, in base al rapporto tra l’ammontare delle risorse stanziate e l’importo complessivo delle spese agevolabili indicate nelle istanze presentate dai beneficiari. Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle predette spese agevolabili risulti inferiore al limite complessivo di spesa, la percentuale è pari al 100%.

Ciò premesso, l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle istanze validamente presentate dal 1 marzo 2023 al 30 marzo 2023, con riferimento alle spese sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, è risultato pari a 32.781.559 euro, a fronte di 3 milioni di euro di risorse disponibili, che costituiscono il limite di spesa.

Pertanto, l’Agenzia ha reso noto, con il provvedimento in commento, che la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario è pari al 9,1514% (3.000.000/32.781.559) dell’importo del credito richiesto.

 

L'Agenzia delle entrate ha stabilito la percentuale del credito d’imposta per le spese sostenute per l’installazione di sistemi di accumulo integrati a impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili (provvedimento 5 aprile, n. 120748)

È stata definita dall’Agenzia delle entrate la percentuale di credito di imposta effettivamente fruibile per le spese relative all’installazione di sistemi di accumulo integrati a impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell'articolo 1, comma 812, della Legge n. 234/2021.

La percentuale del credito d’imposta spettante a ciascun beneficiario è pari al 9,1514% e l’ammontare massimo del credito fruibile è pari al credito risultante dall’ultima istanza validamente presentata, ai sensi del provvedimento dell’11 ottobre 2022, n. 382045, in assenza di rinuncia, moltiplicato per la suddetta percentuale, troncando il risultato all’unità di euro.

Per quanto riguarda la modalità di utilizzo, tale credito potrà essere impiegato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale sono state sostenute le spese agevolabili, in diminuzione delle imposte dovute, ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 6 maggio 2022. L’eventuale ammontare del credito non utilizzato potrà essere fruito nei periodi di imposta successivi.

Tale agevolazione a favore delle persone fisiche che, dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, sostengono spese documentate relative all’installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, è stata prevista dal comma 812 dell’articolo 1 della Legge n. 234/2021 e spetta anche se si è già beneficiari degli incentivi per lo scambio sul posto di cui all’articolo 25-bis del D.L. 91/2014, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 116/2014. Le modalità per l’accesso al credito sono state, invece, definite con DM 6 maggio 2022.

Secondo quanto disposto dal citato provvedimento n. 382045/2022, l'Agenzia ha definito le modalità applicative per il riconoscimento del suddetto credito
d’imposta, prevedendo in particolare che:

- l’istanza per il riconoscimento del credito d’imposta va presentata all’Agenzia delle entrate dal 1 marzo 2023 al 30 marzo 2023;
- ai fini del rispetto del limite complessivo di spesa pari a 3 milioni di euro, con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da pubblicare entro 10 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle istanze, è comunicata la percentuale del credito d’imposta spettante a ciascun beneficiario;
- la percentuale è ottenuta, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 del decreto ministeriale del 6 maggio 2022, in base al rapporto tra l’ammontare delle risorse stanziate e l’importo complessivo delle spese agevolabili indicate nelle istanze presentate dai beneficiari. Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle predette spese agevolabili risulti inferiore al limite complessivo di spesa, la percentuale è pari al 100%.

Ciò premesso, l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle istanze validamente presentate dal 1 marzo 2023 al 30 marzo 2023, con riferimento alle spese sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, è risultato pari a 32.781.559 euro, a fronte di 3 milioni di euro di risorse disponibili, che costituiscono il limite di spesa.

Pertanto, l'Agenzia ha reso noto, con il provvedimento in commento, che la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario è pari al 9,1514% (3.000.000/32.781.559) dell’importo del credito richiesto.

Chiarimenti su trattamento fiscale del premio di risultato erogato a titolo di ristorno ai soci lavoratori

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale del Premio di risultato erogato a titolo di ristorno ai soci lavoratori, ai sensi dell’articolo 1,  commi 182 – 189, Legge n. 208/2015 (risposta del 5 aprile 2023, n. 284).

La cooperativa istante, in qualità di sostituto d’imposta, intende adottare un nuovo regolamento interno che disciplina i ristorni, per questo motivo chiede all’Agenzia chiarimenti al fine di comprendere se le somme erogate a titolo di ristorni ai propri soci lavoratori debbano essere assoggettate a tassazione agevolata negli anni in cui la cooperativa consegua incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, e a tassazione ordinaria negli anni in cui tali incrementi non siano conseguiti.

 

Al riguardo l’Agenzia delle entrate ha ricordato che l’articolo 1, commi da 182 a 189, della Legge n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016) prevede dal periodo di imposta 2016, una modalità di tassazione agevolata, consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali nella misura del 10% ai premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con DM 25 marzo 2016, nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

 

Come chiarito dalla circolare n. 28/2016, l’articolo 3 del suddetto Decreto definisce come somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, gli utili distribuiti ai sensi dell’articolo 2102 del c.c., secondo il quale la partecipazione agli utili spettante al prestatore di lavoro è determinata in base agli utili netti dell’impresa e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato.

La partecipazione agli utili dell’impresa costituisce, pertanto, una fattispecie distinta dalla corresponsione dei premi di produttività ed è quindi ammessa all’agevolazione a prescindere dagli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. La circolare n. 28/2016, inoltre, precisa che possono essere ammessi al beneficio di cui all’articolo 1, comma 182 della Legge n. 208/2015 anche i ristorni ai soci lavoratori di cooperative nella misura in cui siano conformi alle previsioni introdotte dalla Legge di Stabilità per il 2016 e dal Decreto.

 

In relazione all’istituto del ristorno, l’Agenzia sottolinea che la cooperativa è tenuta a depositare, in luogo del contratto, il verbale con il quale l’assemblea dei soci ha deliberato la distribuzione dei ristorni, secondo le modalità di cui all’articolo 5 del Decreto e tale distribuzione deve risultare dal modello di dichiarazione allegato al Decreto, attraverso la compilazione della sezione relativa alla partecipazione agli utili dell’impresa che può essere utilizzata anche per i ristorni ai soci lavoratori di cooperative.

L’articolo 2545­sexies del c.c. sancisce che è l’atto costitutivo a determinare i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici, mentre l’articolo 3, comma 2, lettera b) della Legge n. 142/2001 prevede che trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall’assemblea e possono essere erogati in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime.

Infine la circolare n. 35/2008 ha chiarito che i ristorni costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa. 

In conclusione l’Agenzia delle entrate ritiene che alle somme erogate a titolo di ristorno si possa applicare la tassazione agevolata a prescindere dagli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nella misura in cui i ristorni siano conformi alle previsioni di cui all’articolo 1, commi da 182 a 190, della Legge di stabilità 2016 e a condizione che la distribuzione degli stessi risulti dal modello di dichiarazione allegato al decreto, attraverso la compilazione della sezione relativa alla partecipazione agli utili dell’impresa, ai fini trattamento fiscale agevolativo.

 

 

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale del Premio di risultato erogato a titolo di ristorno ai soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 1,  commi 182 – 189, Legge n. 208/2015 (risposta del 5 aprile 2023, n. 284).

La cooperativa istante, in qualità di sostituto d'imposta, intende adottare un nuovo regolamento interno che disciplina i ristorni, per questo motivo chiede all'Agenzia chiarimenti al fine di comprendere se le somme erogate a titolo di ristorni ai propri soci lavoratori debbano essere assoggettate a tassazione agevolata negli anni in cui la cooperativa consegua incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, e a tassazione ordinaria negli anni in cui tali incrementi non siano conseguiti.

 

Al riguardo l'Agenzia delle entrate ha ricordato che l'articolo 1, commi da 182 a 189, della Legge n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016) prevede dal periodo di imposta 2016, una modalità di tassazione agevolata, consistente nell'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali nella misura del 10% ai premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con DM 25 marzo 2016, nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.

 

Come chiarito dalla circolare n. 28/2016, l'articolo 3 del suddetto Decreto definisce come somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa, gli utili distribuiti ai sensi dell'articolo 2102 del c.c., secondo il quale la partecipazione agli utili spettante al prestatore di lavoro è determinata in base agli utili netti dell'impresa e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato.

La partecipazione agli utili dell'impresa costituisce, pertanto, una fattispecie distinta dalla corresponsione dei premi di produttività ed è quindi ammessa all'agevolazione a prescindere dagli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. La circolare n. 28/2016, inoltre, precisa che possono essere ammessi al beneficio di cui all'articolo 1, comma 182 della Legge n. 208/2015 anche i ristorni ai soci lavoratori di cooperative nella misura in cui siano conformi alle previsioni introdotte dalla Legge di Stabilità per il 2016 e dal Decreto.

 

In relazione all'istituto del ristorno, l'Agenzia sottolinea che la cooperativa è tenuta a depositare, in luogo del contratto, il verbale con il quale l'assemblea dei soci ha deliberato la distribuzione dei ristorni, secondo le modalità di cui all'articolo 5 del Decreto e tale distribuzione deve risultare dal modello di dichiarazione allegato al Decreto, attraverso la compilazione della sezione relativa alla partecipazione agli utili dell'impresa che può essere utilizzata anche per i ristorni ai soci lavoratori di cooperative.

L'articolo 2545­sexies del c.c. sancisce che è l'atto costitutivo a determinare i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici, mentre l'articolo 3, comma 2, lettera b) della Legge n. 142/2001 prevede che trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall'assemblea e possono essere erogati in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime.

Infine la circolare n. 35/2008 ha chiarito che i ristorni costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa. 

In conclusione l’Agenzia delle entrate ritiene che alle somme erogate a titolo di ristorno si possa applicare la tassazione agevolata a prescindere dagli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nella misura in cui i ristorni siano conformi alle previsioni di cui all'articolo 1, commi da 182 a 190, della Legge di stabilità 2016 e a condizione che la distribuzione degli stessi risulti dal modello di dichiarazione allegato al decreto, attraverso la compilazione della sezione relativa alla partecipazione agli utili dell'impresa, ai fini trattamento fiscale agevolativo.

 

Prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione della persona: obbligo di fattura

 

 L’Agenzia delle entrate ha fatto chiarezza in merito all’obbligo di documentazione tramite fattura delle Prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona (risposta n. 275 del 4 aprile 2023).

L’istante, struttura sanitaria autorizzata nonché laboratorio di analisi chimico cliniche e microbiologiche, che rilascia referti delle analisi su carta intestata del laboratorio, ha interpellato l’Agenzia delle entrate riguardo alla possibilità di emettere il cd. ”scontrino parlante”, in sostituzione della fattura, con indicazione della natura, qualità e quantità delle prestazioni sanitarie eseguite.

 

Al riguardo, l’Agenzia ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. 633/1972 (Decreto IVA), sono esenti dall’imposta le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza.

In particolare l’Agenzia specifica che, tra le operazioni per le quali l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non sotto esplicita richiesta del cliente al momento di effettuazione dell’operazione, rientrano:

– le cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;

– le operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 5) e ai numeri 7), 8), 9),16) e 22) dell’art. 10 del decreto IVA.

 

Tali operazioni esenti da fattura possono attualmente essere documentate attraverso la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 127/2015, e l’emissione del cd. ”documento  commerciale”. Le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona, non sono ricomprese in questa categoria esente e, pertanto, devono essere documentate mediante fattura, indipendentemente dalla richiesta del cliente, in linea con quando previsto dall’ articolo 36­bis del decreto IVA ed anche dalla circolare n. 15 del 23 luglio 1993, in cui è chiarito che per le suddette prestazioni non è consentito di fruire dell’esonero dagli obblighi di fatturazione e registrazione. 

 

Il ricorso al cd. ”scontrino parlante” è stato ammesso da parte delle farmacie, circoscrivendo puntualmente il tipo di prestazioni eseguibili nei locali delle farmacie stesse, secondo le previsioni contenute nel D. Lgs. 153/2009 e valorizzando la circostanza che i soggetti abilitati all’esercizio della professione sanitaria, i quali rendono le prestazioni per conto della farmacia nei suoi locali, emettono comunque fattura nei confronti di quest’ultima.

Nel caso prospettato, invece, le prestazioni sanitarie rese direttamente dall’istante devono essere documentate mediante fattura, ex articolo 21 del decreto IVA. 
  

 

 

 L'Agenzia delle entrate ha fatto chiarezza in merito all'obbligo di documentazione tramite fattura delle Prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona (risposta n. 275 del 4 aprile 2023).

L’istante, struttura sanitaria autorizzata nonché laboratorio di analisi chimico cliniche e microbiologiche, che rilascia referti delle analisi su carta intestata del laboratorio, ha interpellato l'Agenzia delle entrate riguardo alla possibilità di emettere il cd. ''scontrino parlante'', in sostituzione della fattura, con indicazione della natura, qualità e quantità delle prestazioni sanitarie eseguite.

 

Al riguardo, l'Agenzia ha ricordato che, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. 633/1972 (Decreto IVA), sono esenti dall'imposta le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza.

In particolare l'Agenzia specifica che, tra le operazioni per le quali l'emissione della fattura non è obbligatoria, se non sotto esplicita richiesta del cliente al momento di effettuazione dell'operazione, rientrano:

- le cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;

- le operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 5) e ai numeri 7), 8), 9),16) e 22) dell'art. 10 del decreto IVA.

 

Tali operazioni esenti da fattura possono attualmente essere documentate attraverso la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, di cui all'articolo 2 del D.Lgs. 127/2015, e l'emissione del cd. ''documento  commerciale''. Le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona, non sono ricomprese in questa categoria esente e, pertanto, devono essere documentate mediante fattura, indipendentemente dalla richiesta del cliente, in linea con quando previsto dall' articolo 36­bis del decreto IVA ed anche dalla circolare n. 15 del 23 luglio 1993, in cui è chiarito che per le suddette prestazioni non è consentito di fruire dell'esonero dagli obblighi di fatturazione e registrazione. 

 

Il ricorso al cd. ''scontrino parlante'' è stato ammesso da parte delle farmacie, circoscrivendo puntualmente il tipo di prestazioni eseguibili nei locali delle farmacie stesse, secondo le previsioni contenute nel D. Lgs. 153/2009 e valorizzando la circostanza che i soggetti abilitati all'esercizio della professione sanitaria, i quali rendono le prestazioni per conto della farmacia nei suoi locali, emettono comunque fattura nei confronti di quest'ultima.

Nel caso prospettato, invece, le prestazioni sanitarie rese direttamente dall'istante devono essere documentate mediante fattura, ex articolo 21 del decreto IVA. 
  

 

Qualificazione buoni mobilità rilasciati dal Comune per il percorso casa-lavoro

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai Buoni mobilità erogati ai lavoratori dipendenti che utilizzano la bicicletta per il percorso casa– lavoro (risposta n. 274 del 4 aprile 2023).

L’istante ha sollevato dubbi riguardo ai buoni mobilità che i lavoratori dipendenti ricevono dal Comune, a titolo di incentivi chilometrici, e se questi debbano qualificarsi come beni ceduti o servizi prestati ai dipendenti, che non concorrono a formare il reddito nei limiti previsti dall’art. 51, comma 3, del Tuir, con conseguenti riflessi sull’importo massimo del rimborso per il pagamento delle utenze domestiche per l’anno 2022.

 

In risposta al quesito, l’Agenzia delle entrate ha ricordato che, ai sensi dell’art. 1 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), costituisce presupposto di tassazione il “possesso di redditi”, in denaro o in natura, rientranti in una delle categorie tassativamente previste dall’art. 6 del Tuir: redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, d’impresa e redditi diversi. Pertanto, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali, l’arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.

 

Nel caso di specie, il Comune richiamato nell’istanza ha pubblicato un avviso pubblico per l’erogazione di buoni mobilità ai lavoratori di aziende ed enti ubicati nel comune, coerentemente con obiettivi di sostenibilità ambientale, che utilizzano la bicicletta per il tragitto casa-­lavoro e lavoro-­casa, fino ad esaurimento dei finanziamenti specificatamente stanziati, e comunque non oltre il termine del 30 giugno.

 

I buoni mobilità sono stati fissati nella misura di 20 centesimi a km e nella misura  massima di 40 euro mensili per ogni lavoratore dipendente e per accedervi sono stati previsti i seguenti requisiti:

– che il datore di lavoro abbia aderito al programma in risposta all’ avviso comunale;

– che il Comune abbia accettato l’adesione, rendendo ammissibile contestualmente la registrazione dei lavoratori sulla apposita APP di monitoraggio;

– che il singolo lavoratore abbia accettato e sottoscritto le condizioni di partecipazione  mediante registrazione sulla APP di monitoraggio.

 

Il contributo, dunque, non configurandosi quale emolumento in denaro offerto al dipendente in relazione al rapporto di lavoro, non è riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati, di cui agli art. 49 e 50 del Tuir, né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dall’art. 6 del Tuir.
Ne consegue, pertanto, che l’importo del buono mobilità non rileva ai fini del calcolo del limite previsto di cui al comma 3 dell’art 51 del Tuir, in quanto non costituisce reddito di lavoro dipendente.

 

L'Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai Buoni mobilità erogati ai lavoratori dipendenti che utilizzano la bicicletta per il percorso casa– lavoro (risposta n. 274 del 4 aprile 2023).

L'istante ha sollevato dubbi riguardo ai buoni mobilità che i lavoratori dipendenti ricevono dal Comune, a titolo di incentivi chilometrici, e se questi debbano qualificarsi come beni ceduti o servizi prestati ai dipendenti, che non concorrono a formare il reddito nei limiti previsti dall'art. 51, comma 3, del Tuir, con conseguenti riflessi sull'importo massimo del rimborso per il pagamento delle utenze domestiche per l'anno 2022.

 

In risposta al quesito, l'Agenzia delle entrate ha ricordato che, ai sensi dell'art. 1 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), costituisce presupposto di tassazione il "possesso di redditi", in denaro o in natura, rientranti in una delle categorie tassativamente previste dall'art. 6 del Tuir: redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, d'impresa e redditi diversi. Pertanto, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali, l'arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.

 

Nel caso di specie, il Comune richiamato nell'istanza ha pubblicato un avviso pubblico per l'erogazione di buoni mobilità ai lavoratori di aziende ed enti ubicati nel comune, coerentemente con obiettivi di sostenibilità ambientale, che utilizzano la bicicletta per il tragitto casa-­lavoro e lavoro-­casa, fino ad esaurimento dei finanziamenti specificatamente stanziati, e comunque non oltre il termine del 30 giugno.

 

I buoni mobilità sono stati fissati nella misura di 20 centesimi a km e nella misura  massima di 40 euro mensili per ogni lavoratore dipendente e per accedervi sono stati previsti i seguenti requisiti:

- che il datore di lavoro abbia aderito al programma in risposta all' avviso comunale;

- che il Comune abbia accettato l'adesione, rendendo ammissibile contestualmente la registrazione dei lavoratori sulla apposita APP di monitoraggio;

- che il singolo lavoratore abbia accettato e sottoscritto le condizioni di partecipazione  mediante registrazione sulla APP di monitoraggio.

 

Il contributo, dunque, non configurandosi quale emolumento in denaro offerto al dipendente in relazione al rapporto di lavoro, non è riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati, di cui agli art. 49 e 50 del Tuir, né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dall'art. 6 del Tuir.
Ne consegue, pertanto, che l'importo del buono mobilità non rileva ai fini del calcolo del limite previsto di cui al comma 3 dell'art 51 del Tuir, in quanto non costituisce reddito di lavoro dipendente.

Aggiornato il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni dovuta su premi e accessori incassati

 

L’Agenzia delle entrate ha approvato l’aggiornamento del modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi ed accessori incassati nell’esercizio annuale scaduto, previsto dall’art. 9 della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, nonché delle relative istruzioni e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati contenuti nel modello (provvedimento n. 113875 del 31 marzo 2023).

Ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 1216 del 29 ottobre 1961, le compagnie assicurative sono tenute a presentare la denuncia dell’ammontare complessivo dei premi ed accessori incassati nell’esercizio annuale scaduto, su cui è dovuta l’imposta, distinti per categorie di assicurazioni. Costituisce parte integrante della suddetta denuncia, la comunicazione degli importi annualmente versati alle province, distinti per contratto ed ente di destinazione, relativi ai contratti contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori. Pertanto, contestualmente alla presentazione annuale della denuncia dell’imposta sulle assicurazioni, vanno trasmessi, secondo le specifiche tecniche e i tracciati record approvati dall’Agenzia, taluni dati :

  • numero di polizza;
  • codice fiscale del proprietario del veicolo;
  • indicazione di casi particolari (polizza che copre il rischio di più veicoli, come ad esempio nel caso di ditte di trasporto, di leasing o di noleggio);
  • targa del veicolo;
  • sigla della provincia;
  • aliquota d’imposta;
  • ammontare del premio;
  • ammontare dell’imposta;
  • totale premio;
  • totale imposta riferito a ciascuna provincia.

 

Il modello aggiornato deve essere utilizzato a decorrere dalle denunce da presentare nel 2023  ed è disponibile gratuitamente, in formato elettronico e prelevabile dal sito dell’Agenzia. La modalità di presentazione prevista è telematica e va effettuata direttamente dal dichiarante ovvero tramite i soggetti incaricati, di cui all’art. 3, commi 2 bis e 3, del D.P.R. 27 luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni. Gli utenti del servizio telematico devono trasmettere i dati contenuti nel modello di denuncia secondo le specifiche tecniche e le istruzioni approvate dall’Agenzia (allegate al provvedimento in commento).

Nella nuova versione del modello, in particolare, sono stati previsti due nuovi campi nel quadro AC nei quali è possibile compensare l’eventuale importo residuo dell’acconto versato per il periodo di riferimento, che non è stato scomputato dai versamenti periodici, con l’ammontare dell’acconto dovuto per l’anno d’imposta successivo.

 

Per le imprese di assicurazioni aventi sede principale negli Stati della UE o negli Stati dello SEE, che assicurano un adeguato scambio di informazioni e che operano nel territorio dello Stato in libera prestazione di servizi e che trasmettono annualmente la denuncia, ai sensi dell’art. 4-bis, Legge n. 1216 del 1961, come modificato dall’art. 24 del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, i dati analitici dei singoli contratti, con riferimento agli importi versati alle province nell’anno solare precedente, sono trasmessi, unitamente al modello di denuncia dell’ammontare complessivo dei premi ed accessori, entro il medesimo termine previsto per i soggetti con sede in Italia.

L’Agenzia delle entrate assume il ruolo di titolare del trattamento dei dati in relazione all’intero processo.

 

L'Agenzia delle entrate ha approvato l'aggiornamento del modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi ed accessori incassati nell’esercizio annuale scaduto, previsto dall’art. 9 della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, nonché delle relative istruzioni e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati contenuti nel modello (provvedimento n. 113875 del 31 marzo 2023).

Ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 1216 del 29 ottobre 1961, le compagnie assicurative sono tenute a presentare la denuncia dell’ammontare complessivo dei premi ed accessori incassati nell’esercizio annuale scaduto, su cui è dovuta l’imposta, distinti per categorie di assicurazioni. Costituisce parte integrante della suddetta denuncia, la comunicazione degli importi annualmente versati alle province, distinti per contratto ed ente di destinazione, relativi ai contratti contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori. Pertanto, contestualmente alla presentazione annuale della denuncia dell’imposta sulle assicurazioni, vanno trasmessi, secondo le specifiche tecniche e i tracciati record approvati dall'Agenzia, taluni dati :

  • numero di polizza;
  • codice fiscale del proprietario del veicolo;
  • indicazione di casi particolari (polizza che copre il rischio di più veicoli, come ad esempio nel caso di ditte di trasporto, di leasing o di noleggio);
  • targa del veicolo;
  • sigla della provincia;
  • aliquota d’imposta;
  • ammontare del premio;
  • ammontare dell’imposta;
  • totale premio;
  • totale imposta riferito a ciascuna provincia.

 

Il modello aggiornato deve essere utilizzato a decorrere dalle denunce da presentare nel 2023  ed è disponibile gratuitamente, in formato elettronico e prelevabile dal sito dell’Agenzia. La modalità di presentazione prevista è telematica e va effettuata direttamente dal dichiarante ovvero tramite i soggetti incaricati, di cui all’art. 3, commi 2 bis e 3, del D.P.R. 27 luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni. Gli utenti del servizio telematico devono trasmettere i dati contenuti nel modello di denuncia secondo le specifiche tecniche e le istruzioni approvate dall'Agenzia (allegate al provvedimento in commento).

Nella nuova versione del modello, in particolare, sono stati previsti due nuovi campi nel quadro AC nei quali è possibile compensare l’eventuale importo residuo dell’acconto versato per il periodo di riferimento, che non è stato scomputato dai versamenti periodici, con l’ammontare dell’acconto dovuto per l’anno d’imposta successivo.

 

Per le imprese di assicurazioni aventi sede principale negli Stati della UE o negli Stati dello SEE, che assicurano un adeguato scambio di informazioni e che operano nel territorio dello Stato in libera prestazione di servizi e che trasmettono annualmente la denuncia, ai sensi dell’art. 4-bis, Legge n. 1216 del 1961, come modificato dall’art. 24 del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, i dati analitici dei singoli contratti, con riferimento agli importi versati alle province nell’anno solare precedente, sono trasmessi, unitamente al modello di denuncia dell’ammontare complessivo dei premi ed accessori, entro il medesimo termine previsto per i soggetti con sede in Italia.

L’Agenzia delle entrate assume il ruolo di titolare del trattamento dei dati in relazione all’intero processo.

Superbonus 110% sulle unità unifamiliari: fino al 30 settembre per completare i lavori

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha comunicato che, come previsto da un emendamento al D.L. n. 11 del 16 febbraio 2023, c’è tempo fino al 30 settembre 2023 per completare i lavori del superbonus 110% sulle unità unifamiliari (comunicato n. 51 del 30 marzo 2023).

Il Superbonus è l’agevolazione fiscale disciplinata dall’art.119 del D.L. n. 34/2020 (decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.  La Legge di bilancio ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse.

Riguardo agli interventi effettuati sugli edifici unifamiliari, il MEF, con comunicato stampa n. 51 del 30 marzo 2023, ha sottolineato come siano stati previsti sei mesi in più per completare i lavori del Superbonus 110%. A prevederlo è stato un emendamento al D.L. n. 11 del 16 febbraio 2023, recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti, di cui all’art 121 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il nuovo termine, dunque, è prorogato dal 31 marzo al 30 settembre 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo.

Il MEF inoltre ha evidenziato, riguardo alla comunicazione per la prima cessione del credito per i bonus edilizi (spese sostenute nel 2022 e rate residue delle spese 2020 e 2021), il cui termine di trasmissione all’Agenzia delle entrate è stato fissato al 31 marzo 2023, che con un ulteriore emendamento allo stesso D.L. 11/2023 è stata prevista la possibilità di avvalersi dell’istituto della remissione in bonis, anche se l’accordo di cessione a favore di banche e intermediari finanziari è stato concluso dopo il 31 marzo 2023.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha comunicato che, come previsto da un emendamento al D.L. n. 11 del 16 febbraio 2023, c’è tempo fino al 30 settembre 2023 per completare i lavori del superbonus 110% sulle unità unifamiliari (comunicato n. 51 del 30 marzo 2023).

Il Superbonus è l’agevolazione fiscale disciplinata dall’art.119 del D.L. n. 34/2020 (decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.  La Legge di bilancio ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse.

Riguardo agli interventi effettuati sugli edifici unifamiliari, il MEF, con comunicato stampa n. 51 del 30 marzo 2023, ha sottolineato come siano stati previsti sei mesi in più per completare i lavori del Superbonus 110%. A prevederlo è stato un emendamento al D.L. n. 11 del 16 febbraio 2023, recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti, di cui all'art 121 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il nuovo termine, dunque, è prorogato dal 31 marzo al 30 settembre 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo.

Il MEF inoltre ha evidenziato, riguardo alla comunicazione per la prima cessione del credito per i bonus edilizi (spese sostenute nel 2022 e rate residue delle spese 2020 e 2021), il cui termine di trasmissione all’Agenzia delle entrate è stato fissato al 31 marzo 2023, che con un ulteriore emendamento allo stesso D.L. 11/2023 è stata prevista la possibilità di avvalersi dell’istituto della remissione in bonis, anche se l’accordo di cessione a favore di banche e intermediari finanziari è stato concluso dopo il 31 marzo 2023.