L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sul rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero che percepiscano assegni di ricerca esenti da Irpef (Agenzia delle entrate, Principio di diritto 21 aprile 2023, n. 8).
L’articolo 44, D.L. n. 78/2010 ha stabilito che ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
L’Agenzia delle entrate ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, tale agevolazione è fruibile dai contribuenti per sei anni a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i cinque periodi di imposta successivi.
L’ agevolazione in questione, ha spiegato l’Agenzia, ha avuto origine dall’esigenza di porre rimedio al fenomeno della “fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese. A tal fine, la disposizione non è rivolta soltanto ai cittadini italiani emigrati che intendono far ritorno nel paese di origine, ma a tutti i ricercatori e docenti residenti all’estero, sia italiani, sia stranieri, i quali, per le loro particolari competenze e conoscenze scientifiche, possono favorire lo sviluppo della ricerca e della docenza in Italia.
Per quanto riguarda i requisiti per ottenere l’agevolazione, l’Agenzia facendo riferimento alla circolare del 23 maggio 2017 n. 17/E, ha precisato che sono ammessi tutti i titoli accademici universitari o equiparati. Inoltre, poiché i titoli di studio conseguiti all’estero non sono automaticamente riconosciuti in Italia, compete al soggetto interessato la richiesta della dichiarazione di valore alla competente autorità consolare.
In merito ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 44 del D.L. n. 78/2010 il rientro o l’ingresso in Italia con assunzione della residenza fiscale, può avvenire in relazione all’avvio dell’attività presso università e/o enti di ricerca anche nell’ambito di un assegno di ricerca, di cui all’articolo 2 della Legge n. 240/2010.
Per gli assegni di ricerca, di durata compresa tra uno e tre anni, l’articolo 22 della Legge n. 240/2010, nel testo vigente fino al 29 giugno 2022, prevedeva che fossero esenti dall’IRPEF. Il successivo articolo 24, comma 3, lett. b) della Legge n. 240 del 2010 stabiliva, poi, che le università potevano stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, riservati, tra l’altro, a candidati con abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia, ovvero in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, avessero usufruito di assegni di ricerca o di borse post dottorato, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.
Con questo richiamo normativo l’Agenzia ha spiegato che l’efficacia delle predette disposizioni è stata prorogata dall’articolo 6 del D.L. n. 198/2022, consentendo, in particolare, alle università e agli enti pubblici di ricerca, di indire procedure per il conferimento degli assegni di ricerca fino al 31 dicembre 2023, entro i limiti delle risorse già programmate e deliberate dagli organi preposti.
Pertanto lo svolgimento dell’attività di ricerca per effetto della corresponsione dell’assegno di cui al citato articolo 22 della Legge n. 240/2010 può anche risultare propedeutico alla successiva stipula di contratti di lavoro (retribuiti con redditi tassabili e pertanto agevolabili) con ricercatori e docenti provenienti dall’estero che, altrimenti, avrebbero dovuto essere già in possesso di un titolo di dottorato estero dichiarato equivalente o equipollente al titolo italiano o avrebbero dovuto aver acquisito più anni di rilevante esperienza lavorativa successivamente al conseguimento del titolo.
Il contesto premesso definisce, pertanto, particolari situazioni e modalità di assunzione da parte degli enti di ricerca e delle università, di docenti e ricercatori provenienti dall’estero che entrano o rientrano in Italia per svolgere attività di ricerca o di docenza, nell’ambito delle quali, in particolare, la percezione degli assegni di ricerca in questione (esenti da IRPEF), in occasione dell’ingresso o del rientro in Italia prima della successiva assunzione può rappresentare uno dei requisiti per la stipula di contratti di ricerca e docenza rientranti nell’ambito del citato articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010.
In conclusione, l’Agenzia ha ritenuto che, in linea con la ratio agevolativa del regime di cui all’articolo 44 del D.L. n. 78/2010, non è ostativa ai fini dell’accesso allo stesso, la circostanza che i suddetti assegni siano esenti da IRPEF. In tal caso, la durata del periodo di godimento delle agevolazioni verrà computata a partire dal periodo d’imposta di ingresso o rientro in cui il contribuente interessato acquisirà la residenza fiscale in Italia che, nel caso specifico, deve essere in connessione con l’avvio dell’assegno di ricerca di cui all’articolo 22 della Legge n. 240/2010.
L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sul rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all'estero che percepiscano assegni di ricerca esenti da Irpef (Agenzia delle entrate, Principio di diritto 21 aprile 2023, n. 8).
L'articolo 44, D.L. n. 78/2010 ha stabilito che ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
L'Agenzia delle entrate ha chiarito che, ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, tale agevolazione è fruibile dai contribuenti per sei anni a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i cinque periodi di imposta successivi.
L' agevolazione in questione, ha spiegato l'Agenzia, ha avuto origine dall'esigenza di porre rimedio al fenomeno della "fuga dei cervelli" e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese. A tal fine, la disposizione non è rivolta soltanto ai cittadini italiani emigrati che intendono far ritorno nel paese di origine, ma a tutti i ricercatori e docenti residenti all'estero, sia italiani, sia stranieri, i quali, per le loro particolari competenze e conoscenze scientifiche, possono favorire lo sviluppo della ricerca e della docenza in Italia.
Per quanto riguarda i requisiti per ottenere l'agevolazione, l'Agenzia facendo riferimento alla circolare del 23 maggio 2017 n. 17/E, ha precisato che sono ammessi tutti i titoli accademici universitari o equiparati. Inoltre, poiché i titoli di studio conseguiti all'estero non sono automaticamente riconosciuti in Italia, compete al soggetto interessato la richiesta della dichiarazione di valore alla competente autorità consolare.
In merito ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall'articolo 44 del D.L. n. 78/2010 il rientro o l'ingresso in Italia con assunzione della residenza fiscale, può avvenire in relazione all'avvio dell'attività presso università e/o enti di ricerca anche nell'ambito di un assegno di ricerca, di cui all'articolo 2 della Legge n. 240/2010.
Per gli assegni di ricerca, di durata compresa tra uno e tre anni, l'articolo 22 della Legge n. 240/2010, nel testo vigente fino al 29 giugno 2022, prevedeva che fossero esenti dall'IRPEF. Il successivo articolo 24, comma 3, lett. b) della Legge n. 240 del 2010 stabiliva, poi, che le università potevano stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, riservati, tra l'altro, a candidati con abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia, ovvero in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, avessero usufruito di assegni di ricerca o di borse post dottorato, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.
Con questo richiamo normativo l'Agenzia ha spiegato che l'efficacia delle predette disposizioni è stata prorogata dall'articolo 6 del D.L. n. 198/2022, consentendo, in particolare, alle università e agli enti pubblici di ricerca, di indire procedure per il conferimento degli assegni di ricerca fino al 31 dicembre 2023, entro i limiti delle risorse già programmate e deliberate dagli organi preposti.
Pertanto lo svolgimento dell'attività di ricerca per effetto della corresponsione dell'assegno di cui al citato articolo 22 della Legge n. 240/2010 può anche risultare propedeutico alla successiva stipula di contratti di lavoro (retribuiti con redditi tassabili e pertanto agevolabili) con ricercatori e docenti provenienti dall'estero che, altrimenti, avrebbero dovuto essere già in possesso di un titolo di dottorato estero dichiarato equivalente o equipollente al titolo italiano o avrebbero dovuto aver acquisito più anni di rilevante esperienza lavorativa successivamente al conseguimento del titolo.
Il contesto premesso definisce, pertanto, particolari situazioni e modalità di assunzione da parte degli enti di ricerca e delle università, di docenti e ricercatori provenienti dall'estero che entrano o rientrano in Italia per svolgere attività di ricerca o di docenza, nell'ambito delle quali, in particolare, la percezione degli assegni di ricerca in questione (esenti da IRPEF), in occasione dell'ingresso o del rientro in Italia prima della successiva assunzione può rappresentare uno dei requisiti per la stipula di contratti di ricerca e docenza rientranti nell'ambito del citato articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010.
In conclusione, l'Agenzia ha ritenuto che, in linea con la ratio agevolativa del regime di cui all'articolo 44 del D.L. n. 78/2010, non è ostativa ai fini dell'accesso allo stesso, la circostanza che i suddetti assegni siano esenti da IRPEF. In tal caso, la durata del periodo di godimento delle agevolazioni verrà computata a partire dal periodo d'imposta di ingresso o rientro in cui il contribuente interessato acquisirà la residenza fiscale in Italia che, nel caso specifico, deve essere in connessione con l'avvio dell'assegno di ricerca di cui all'articolo 22 della Legge n. 240/2010.