Decreto Proroghe: pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge di conversione

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2023, n. 278, la Legge 27 novembre 2023, n. 170, di conversione, con modificazioni, del D.L. 29 settembre 2023, n. 132, che introduce misure urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali.

La Legge n. 170/2023, in sede di conversione del Decreto Proroghe, ha introdotto alcune novità al testo originario e ha portato alla conferma di molte misure già previste.

 

Tra le misure confermate e che diventano definitive si sottolineano:

  • all’articolo 1, la proroga al 31 dicembre 2023 della possibilità di richiedere l’accesso alle garanzie statali per l’acquisto della prima casa, estese fino all’80% del capitale, a favore di giovani di età inferiore a 36 anni e giovani coppie con ISEE non superiore a 40000 euro annui;

  • all’articolo 4, la proroga al 30 novembre 2023 del termine per il perfezionamento delle operazioni di assegnazione e cessione agevolata di beni (immobili e mobili registrati) non strumentali ai soci e di trasformazione agevolata in società semplice delle società commerciali, con inoltre la rimodulazione del versamento della relativa imposta sostitutiva da effettuare in unica soluzione entro la stessa data del 30 novembre 2023;

  • all’articolo 6, comma 1, il differimento al 30 novembre 2024 del termine di presentazione della dichiarazione per la comunicazione dei dati nel quadro RS del Modello Redditi PF 2022 dei forfettari;

  • all’articolo 7, l’anticipo al 16 novembre 2023, dei termini per l’utilizzo del contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, in favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, in relazione al primo trimestre 2023 e al secondo trimestre 2023.

 La Legge di conversione, inoltre, reca con sé novità, tra le quali:

  • l’inserimento dell’articolo 1-bis, intitolato “ulteriori misure di proroga in materia di politiche abitative“, il quale stabilisce che i contratti di locazione o di assegnazione in godimento aventi ad oggetto unità immobiliari a uso abitativo in regime di edilizia agevolata rientranti nel programma straordinario di cui all’articolo 18 del D.L. n. 152/1991, in corso alla data di entrata in vigore della Legge di conversione del decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2024, sono prorogati fino a tale data ai medesimi termini e condizioni;

  • la sostituzione dell’articolo 2, denominato “proroga di termini per il versamento dell’imposta sostitutiva per la rideterminazione del valore delle cripto-attività“. Pertanto, all’articolo 1, commi 134 e 135, della Legge n. 197/2022, le parole “30 giugno 2023” sono state sostituite dal “15 novembre 2023” e il comma 3-quinquies dell’articolo 4 del D.L. n. 51/2023, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 87/2023, è stato abrogato.

  • l’inserimento dell’articolo 3-bis, in merito al differimento dei termini per l’adesione al ravvedimento “speciale”, il quale stabilisce che i soggetti che, entro il termine del 30 settembre 2023, non hanno perfezionato la procedura di regolarizzazione di cui all’articolo 1, commi da 174 a 178, della Legge n. 197/2022 possono comunque procedere alla predetta regolarizzazione versando le somme dovute in un’unica soluzione entro il 20 dicembre 2023 e rimuovendo le irregolarità od omissioni entro la stessa data;

  • all’articolo 6-quater, l’estensione ai contratti di finanziamento stipulati dal 1 luglio al 31 dicembre 2023 della possibilità di completare il programma di investimento entro 18 mesi (art. 1, co. 415, Legge n. 197/2022).

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2023, n. 278, la Legge 27 novembre 2023, n. 170, di conversione, con modificazioni, del D.L. 29 settembre 2023, n. 132, che introduce misure urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali.

La Legge n. 170/2023, in sede di conversione del Decreto Proroghe, ha introdotto alcune novità al testo originario e ha portato alla conferma di molte misure già previste.

 

Tra le misure confermate e che diventano definitive si sottolineano:

  • all'articolo 1, la proroga al 31 dicembre 2023 della possibilità di richiedere l’accesso alle garanzie statali per l’acquisto della prima casa, estese fino all’80% del capitale, a favore di giovani di età inferiore a 36 anni e giovani coppie con ISEE non superiore a 40000 euro annui;

  • all'articolo 4, la proroga al 30 novembre 2023 del termine per il perfezionamento delle operazioni di assegnazione e cessione agevolata di beni (immobili e mobili registrati) non strumentali ai soci e di trasformazione agevolata in società semplice delle società commerciali, con inoltre la rimodulazione del versamento della relativa imposta sostitutiva da effettuare in unica soluzione entro la stessa data del 30 novembre 2023;

  • all'articolo 6, comma 1, il differimento al 30 novembre 2024 del termine di presentazione della dichiarazione per la comunicazione dei dati nel quadro RS del Modello Redditi PF 2022 dei forfettari;

  • all'articolo 7, l'anticipo al 16 novembre 2023, dei termini per l'utilizzo del contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, in favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, in relazione al primo trimestre 2023 e al secondo trimestre 2023.

 La Legge di conversione, inoltre, reca con sé novità, tra le quali:

  • l'inserimento dell’articolo 1-bis, intitolato "ulteriori misure di proroga in materia di politiche abitative", il quale stabilisce che i contratti di locazione o di assegnazione in godimento aventi ad oggetto unità immobiliari a uso abitativo in regime di edilizia agevolata rientranti nel programma straordinario di cui all'articolo 18 del D.L. n. 152/1991, in corso alla data di entrata in vigore della Legge di conversione del decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2024, sono prorogati fino a tale data ai medesimi termini e condizioni;

  • la sostituzione dell'articolo 2, denominato "proroga di termini per il versamento dell'imposta sostitutiva per la rideterminazione del valore delle cripto-attività". Pertanto, all'articolo 1, commi 134 e 135, della Legge n. 197/2022, le parole "30 giugno 2023" sono state sostituite dal "15 novembre 2023" e il comma 3-quinquies dell'articolo 4 del D.L. n. 51/2023, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 87/2023, è stato abrogato.

  • l'inserimento dell'articolo 3-bis, in merito al differimento dei termini per l'adesione al ravvedimento "speciale", il quale stabilisce che i soggetti che, entro il termine del 30 settembre 2023, non hanno perfezionato la procedura di regolarizzazione di cui all'articolo 1, commi da 174 a 178, della Legge n. 197/2022 possono comunque procedere alla predetta regolarizzazione versando le somme dovute in un'unica soluzione entro il 20 dicembre 2023 e rimuovendo le irregolarità od omissioni entro la stessa data;

  • all'articolo 6-quater, l'estensione ai contratti di finanziamento stipulati dal 1 luglio al 31 dicembre 2023 della possibilità di completare il programma di investimento entro 18 mesi (art. 1, co. 415, Legge n. 197/2022).

Elenchi delegati alle vendite e mediatori familiari: imposta di bollo e tassa concessioni governative

L’Agenzia delle entrate ha fornito un parere circa la possibilità di applicare l’imposta di bollo di all’istanza di inserimento negli elenchi dei delegati alle operazioni di vendita e nell’elenco dei mediatori familiari, da parte degli interessati, nonché l’eventuale versamento delle tasse sulle concessioni governative (Agenzia delle entrate, risposta 28 novembre 2023, n. 468).

L’articolo 4 del D.Lgs. n. 149/2022, al comma 1, ha previsto l’inserimento nel Titolo II delle disposizioni di attuazione del c.p.c. di un Capo I­bis dei mediatori familiari, istituendone presso ogni tribunale un elenco.

Sulle domande di iscrizione al suddetto elenco decide il comitato previsto dall’articolo 12­ter e coloro che aspirano a tale iscrizione devono presentare domanda al
presidente del tribunale, corredata di determinati documenti a dimostrazione della propria formazione e specifica competenza.

Il comma 11, lettera c) del medesimo articolo 4 del D.Lgs. n. 149/202 ha, invece, previsto la modifica dell’articolo 179­ter delle disposizioni per l’attuazione del 
c.p.c., prevedendo l’istituzione presso ogni tribunale di un elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita ai sensi degli articoli 534­bis e 591­bis del codice al quale possono accedere avvocati, commercialisti e notai che hanno una specifica competenza tecnica nella materia dell’esecuzione forzata.
Sulle domande di iscrizione a tale elenco decide il comitato che ogni 3 anni deve provvederne alla revisione e all’aggiornamento.

 

L’imposta di bollo è disciplinata dal D.P.R. n. 642/1972, il quale, all’articolo 1, dispone che ne sono soggetti gli atti, documenti e registri indicati nell’annessa tariffa.

Relativamente agli atti indicati nella tariffa si applica l’imposta di bollo fin dall’origine alle istanze dirette agli uffici e agli organi anche collegiali dell’Amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni tendenti ad ottenere un provvedimento amministrativo, nella misura di euro 16 per ogni foglio.

Stante tale quadro normativo di riferimento, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che le istanze di inserimento negli elenchi dei delegati alle operazioni di vendita e nell’elenco dei mediatori familiari, in quanto inviate a un organo collegiale dello Stato e tendenti a ottenere il provvedimento di iscrizione nel relativo elenco, scontano l’imposta di bollo nella misura di 16,00 euro per ogni foglio.

 

Con riferimento alle tasse sulle concessioni governative, l’articolo 1 del D.P.R. n. 641/1972 individua l’oggetto della tassa in tutti i provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell’annessa tariffa.
Ai sensi dell’articolo 2 del predetto Decreto, concernente la riscossione, la tassa è dovuta in occasione della emanazione dell’atto (tassa di rilascio), del rinnovo, per le formalità del visto o della vidimazione.
L’Agenzia delle entrate ha ricordato che il presupposto di applicazione della tassa sulle concessioni governative scaturisce dalla richiesta di iscrizione di un soggetto ad un albo, elenco o registro previsto dalla legge e abilitante all’esercizio di una professione, arte o mestiere.
In altri termini, la tassa in questione deve essere versata nei casi di iscrizione in albi di categoria, quando la stessa iscrizione sia requisito necessario per l’esercizio dell’attività, arte o professione.

 

Con riferimento al caso di specie, l’Agenzia ha osservato che l’iscrizione negli elenchi dei mediatori familiari e dei delegati alle operazioni di vendita risulta  abilitante ai fini dell’esercizio delle relative  attività professionali, che non possono essere esercitate altrimenti e, pertanto, trova applicazione la tassa sulle concessioni governative.

L'Agenzia delle entrate ha fornito un parere circa la possibilità di applicare l'imposta di bollo di all'istanza di inserimento negli elenchi dei delegati alle operazioni di vendita e nell'elenco dei mediatori familiari, da parte degli interessati, nonché l'eventuale versamento delle tasse sulle concessioni governative (Agenzia delle entrate, risposta 28 novembre 2023, n. 468).

L'articolo 4 del D.Lgs. n. 149/2022, al comma 1, ha previsto l'inserimento nel Titolo II delle disposizioni di attuazione del c.p.c. di un Capo I­bis dei mediatori familiari, istituendone presso ogni tribunale un elenco.

Sulle domande di iscrizione al suddetto elenco decide il comitato previsto dall'articolo 12­ter e coloro che aspirano a tale iscrizione devono presentare domanda al
presidente del tribunale, corredata di determinati documenti a dimostrazione della propria formazione e specifica competenza.

Il comma 11, lettera c) del medesimo articolo 4 del D.Lgs. n. 149/202 ha, invece, previsto la modifica dell'articolo 179­ter delle disposizioni per l'attuazione del 
c.p.c., prevedendo l'istituzione presso ogni tribunale di un elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita ai sensi degli articoli 534­bis e 591­bis del codice al quale possono accedere avvocati, commercialisti e notai che hanno una specifica competenza tecnica nella materia dell'esecuzione forzata.
Sulle domande di iscrizione a tale elenco decide il comitato che ogni 3 anni deve provvederne alla revisione e all'aggiornamento.

 

L'imposta di bollo è disciplinata dal D.P.R. n. 642/1972, il quale, all'articolo 1, dispone che ne sono soggetti gli atti, documenti e registri indicati nell'annessa tariffa.

Relativamente agli atti indicati nella tariffa si applica l'imposta di bollo fin dall'origine alle istanze dirette agli uffici e agli organi anche collegiali dell'Amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni tendenti ad ottenere un provvedimento amministrativo, nella misura di euro 16 per ogni foglio.

Stante tale quadro normativo di riferimento, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che le istanze di inserimento negli elenchi dei delegati alle operazioni di vendita e nell'elenco dei mediatori familiari, in quanto inviate a un organo collegiale dello Stato e tendenti a ottenere il provvedimento di iscrizione nel relativo elenco, scontano l'imposta di bollo nella misura di 16,00 euro per ogni foglio.

 

Con riferimento alle tasse sulle concessioni governative, l'articolo 1 del D.P.R. n. 641/1972 individua l'oggetto della tassa in tutti i provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell'annessa tariffa.
Ai sensi dell'articolo 2 del predetto Decreto, concernente la riscossione, la tassa è dovuta in occasione della emanazione dell'atto (tassa di rilascio), del rinnovo, per le formalità del visto o della vidimazione.
L'Agenzia delle entrate ha ricordato che il presupposto di applicazione della tassa sulle concessioni governative scaturisce dalla richiesta di iscrizione di un soggetto ad un albo, elenco o registro previsto dalla legge e abilitante all'esercizio di una professione, arte o mestiere.
In altri termini, la tassa in questione deve essere versata nei casi di iscrizione in albi di categoria, quando la stessa iscrizione sia requisito necessario per l'esercizio dell'attività, arte o professione.

 

Con riferimento al caso di specie, l'Agenzia ha osservato che l'iscrizione negli elenchi dei mediatori familiari e dei delegati alle operazioni di vendita risulta  abilitante ai fini dell'esercizio delle relative  attività professionali, che non possono essere esercitate altrimenti e, pertanto, trova applicazione la tassa sulle concessioni governative.

Superbonus 90%: contributo a fondo perduto erogato nella misura del 100%

L’Agenzia delle entrate ha determinato la percentuale per il calcolo del contributo a fondo perduto relativo alle spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici (Agenzia delle Entrate, provvedimento 24 novembre 2023, n. 411179).

L’articolo 9, comma 3, del D.L. 18 novembre 2022, n.176, convertito, con modificazioni dalla Legge 13 gennaio 2023, n. 6, ha previsto l’erogazione di un contributo a fondo perduto a favore di persone fisiche che, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, hanno sostenuto nell’anno 2023 spese relative a interventi edilizi detraibili dall’IRPEF con percentuale del 90% e in possesso dei seguenti requisiti:

  • richiedente con un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro;

  • richiedente titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto dell’intervento, ovvero, per gli interventi effettuati dai condomini, sull’unità immobiliare facente parte del condominio;

  • unità immobiliare adibita ad abitazione principale del richiedente.

L’Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 22 settembre 2023, ha poi definito le modalità di attuazione di tale contributo e i termini per la presentazione delle domande di accesso, dal 2 al 31 ottobre 2023.

 

Tenuto conto che l’ammontare complessivo dei contributi richiesti risultante dalle istanze validamente presentate, in assenza di rinuncia, è inferiore alle risorse finanziarie stanziate, con il nuovo provvedimento del 24 novembre, n. 411179, l’Agenzia ha annunciato che la percentuale per il calcolo del contributo da erogare è pari al 100%.

L’importo del contributo erogabile a ciascun beneficiario, dunque, è pari al contributo richiesto risultante dall’ultima istanza validamente presentata, in assenza di rinuncia.

L'Agenzia delle entrate ha determinato la percentuale per il calcolo del contributo a fondo perduto relativo alle spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici (Agenzia delle Entrate, provvedimento 24 novembre 2023, n. 411179).

L’articolo 9, comma 3, del D.L. 18 novembre 2022, n.176, convertito, con modificazioni dalla Legge 13 gennaio 2023, n. 6, ha previsto l’erogazione di un contributo a fondo perduto a favore di persone fisiche che, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, hanno sostenuto nell’anno 2023 spese relative a interventi edilizi detraibili dall’IRPEF con percentuale del 90% e in possesso dei seguenti requisiti:

  • richiedente con un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro;

  • richiedente titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull'unità immobiliare oggetto dell'intervento, ovvero, per gli interventi effettuati dai condomini, sull'unità immobiliare facente parte del condominio;

  • unità immobiliare adibita ad abitazione principale del richiedente.

L’Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 22 settembre 2023, ha poi definito le modalità di attuazione di tale contributo e i termini per la presentazione delle domande di accesso, dal 2 al 31 ottobre 2023.

 

Tenuto conto che l’ammontare complessivo dei contributi richiesti risultante dalle istanze validamente presentate, in assenza di rinuncia, è inferiore alle risorse finanziarie stanziate, con il nuovo provvedimento del 24 novembre, n. 411179, l'Agenzia ha annunciato che la percentuale per il calcolo del contributo da erogare è pari al 100%.

L’importo del contributo erogabile a ciascun beneficiario, dunque, è pari al contributo richiesto risultante dall’ultima istanza validamente presentata, in assenza di rinuncia.

Modalità di comunicazione all’Agenzia delle entrate dei crediti d’imposta edilizi non utilizzabili

A decorrere dal 1 dicembre 2023 sarà possibile comunicare all’Agenzia delle entrate i crediti d’imposta non utilizzabili, derivanti dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura o cessione del credito (Agenzia delle entrate, provvedimento 23 novembre 2023, n. 410221).

Ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del D.L. n. 104/2023 (Decreto Asset), se i crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura o cessione del credito, risultino inutilizzabili per cause diverse dal decorso dei termini, l’ultimo cessionario è tenuto a comunicare tale circostanza all’Agenzia delle entrate.

 

Riguardo alle modalità per l’effettuazione della suddetta comunicazione, il nuovo provvedimento delle Entrate stabilisce che l’invio avvenga, a decorrere dal 1 dicembre 2023, tramite un apposito servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia, all’interno della “Piattaforma cessione crediti“, direttamente da parte dell’ultimo cessionario titolare dei crediti stessi.

Inoltre, tramite il medesimo servizio potranno essere consultati i dati delle comunicazioni accolte.

Per i crediti tracciabili il provvedimento prevede l’indicazione:

  • del protocollo telematico attribuito alla comunicazione di prima cessione del credito o sconto in fattura da cui sono derivati i crediti non utilizzabili;

  • di una o più rate annuali dei suddetti crediti.

La comunicazione è accolta se le rate dei crediti risultano ancora nella disponibilità del cessionario che ha effettuato la comunicazione stessa.

Per i crediti non tracciabili il cessionario deve comunicare:

  • gli estremi identificativi della rata annuale del credito derivante dalla comunicazione di prima cessione del credito o sconto in fattura.

La comunicazione è accolta se il cessionario dispone di credito residuo sufficiente per la tipologia di credito indicata e la relativa rata annuale.

 

In entrambi i casi, va indicata la data in cui l’ultimo cessionario è venuto a conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito.

In caso di accoglimento, le comunicazioni sono immediatamente efficaci e i crediti a cui si riferiscono non risulteranno più a disposizione del cessionario che ha effettuato le comunicazioni stesse.

A decorrere dal 1 dicembre 2023 sarà possibile comunicare all'Agenzia delle entrate i crediti d'imposta non utilizzabili, derivanti dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura o cessione del credito (Agenzia delle entrate, provvedimento 23 novembre 2023, n. 410221).

Ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del D.L. n. 104/2023 (Decreto Asset), se i crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura o cessione del credito, risultino inutilizzabili per cause diverse dal decorso dei termini, l’ultimo cessionario è tenuto a comunicare tale circostanza all’Agenzia delle entrate.

 

Riguardo alle modalità per l’effettuazione della suddetta comunicazione, il nuovo provvedimento delle Entrate stabilisce che l'invio avvenga, a decorrere dal 1 dicembre 2023, tramite un apposito servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia, all’interno della "Piattaforma cessione crediti", direttamente da parte dell’ultimo cessionario titolare dei crediti stessi.

Inoltre, tramite il medesimo servizio potranno essere consultati i dati delle comunicazioni accolte.

Per i crediti tracciabili il provvedimento prevede l’indicazione:

  • del protocollo telematico attribuito alla comunicazione di prima cessione del credito o sconto in fattura da cui sono derivati i crediti non utilizzabili;

  • di una o più rate annuali dei suddetti crediti.

La comunicazione è accolta se le rate dei crediti risultano ancora nella disponibilità del cessionario che ha effettuato la comunicazione stessa.

Per i crediti non tracciabili il cessionario deve comunicare:

  • gli estremi identificativi della rata annuale del credito derivante dalla comunicazione di prima cessione del credito o sconto in fattura.

La comunicazione è accolta se il cessionario dispone di credito residuo sufficiente per la tipologia di credito indicata e la relativa rata annuale.

 

In entrambi i casi, va indicata la data in cui l’ultimo cessionario è venuto a conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito.

In caso di accoglimento, le comunicazioni sono immediatamente efficaci e i crediti a cui si riferiscono non risulteranno più a disposizione del cessionario che ha effettuato le comunicazioni stesse.

Regime IVA applicabile alle cessioni di carburante in deposito fiscale

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che la cessione dei prodotti all’interno di un deposito o da un deposito fiscale ad un altro, o verso un destinatario registrato esercente deposito commerciale, non deve essere assoggettata ad IVA (Agenzia delle entrate, risposta 21 novembre 2023, n. 465).

L’istante è una società stabilita in uno stato estero che opera nel settore della distribuzione all’ingrosso di carburanti solidi, liquidi e gassosi e prodotti derivati, senza una stabile organizzazione in Italia, ma che ha nominato un rappresentante fiscale.

Tale società intende acquistare e vendere benzina e gasolio destinati a essere utilizzati come carburanti per motori per uso autotrazione, realizzando cessioni a catena a quattro parti con vari soggetti.

Ciò premesso, la società chiede all’Agenzia delle entrate se gli acquisti e le cessioni che la stessa intende effettuar siano non soggetti ad IVA ai sensi dell’articolo 1, commi da 937 a 941, Legge n. 205/2017.

 

In risposta l’Agenzia ricorda che la Legge n. 205/2017 ha introdotto misure di contrasto all’evasione IVA in relazione all’immissione in consumo da un deposito fiscale o all’estrazione da deposito di destinatario registrato, di benzina o gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori e per gli altri prodotti carburanti o combustibili individuati nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 13 febbraio 2018.

 

Secondo l’articolo 1 della suddetta Legge, infatti:

  • l’immissione in consumo dal deposito fiscale o l’estrazione dal deposito di un destinatario registrato è subordinata al versamento dell’IVA tramite modello F24, senza possibilità di compensazione;

  • il versamento deve essere effettuato dal soggetto per conto del quale il gestore dei predetti depositi procede ad immettere in consumo o ad estrarre i prodotti;

  • la base imponibile, che include l’ammontare dell’accisa, è costituita dal corrispettivo o valore relativo all’operazione di introduzione ovvero dal corrispettivo o valore relativo all’ultima cessione effettuata durante la loro custodia nel deposito ed è in ogni caso aumentata, se non già compreso, dell’importo relativo alle eventuali prestazioni di servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la giacenza fino al momento dell’estrazione. 

Tanto premesso, l’Agenzia fornisce chiarimenti sulla disciplina del comma 939 dell’articolo 1, della Legge n. 205/2017, evidenziando che la sospensione dell’IVA per le cessioni di beni effettuate nel deposito fiscale rappresenta una misura eccezionale del regime IVA, funzionale a tutelare la ratio antifrode cui si ispira l’intera disciplina.

 

Per quanto concerne i beni custoditi nel deposito fiscale, la ratio legis è quella di allineare sostanzialmente l’esigibilità dell’IVA a quella dell’accisa.

Per quanto concerne, invece, i beni introdotti nel deposito del destinatario registrato, la norma intende allineare l’esigibilità IVA a quella dell’effettiva estrazione del prodotto da detto deposito.

 

Pertanto, con riferimento ai dubbi sollevati dall’istante, l’Agenzia afferma che, il trasferimento di carburanti per motori autotrazione da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale, in regime di accisa sospesa, rientra sempre nel regime di sospensione dall’IVA (di cui all’art. 1, comma 939, Legge n. 205/2017), a prescindere dalla circostanza che le cessioni in esame possano coinvolgere più di due parti, nonché dal fatto che, nell’ambito dell’operazione di cessione di carburanti, uno dei depositi fiscali coinvolto sia localizzato in uno Stato Membro differente.

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che la cessione dei prodotti all'interno di un deposito o da un deposito fiscale ad un altro, o verso un destinatario registrato esercente deposito commerciale, non deve essere assoggettata ad IVA (Agenzia delle entrate, risposta 21 novembre 2023, n. 465).

L’istante è una società stabilita in uno stato estero che opera nel settore della distribuzione all'ingrosso di carburanti solidi, liquidi e gassosi e prodotti derivati, senza una stabile organizzazione in Italia, ma che ha nominato un rappresentante fiscale.

Tale società intende acquistare e vendere benzina e gasolio destinati a essere utilizzati come carburanti per motori per uso autotrazione, realizzando cessioni a catena a quattro parti con vari soggetti.

Ciò premesso, la società chiede all'Agenzia delle entrate se gli acquisti e le cessioni che la stessa intende effettuar siano non soggetti ad IVA ai sensi dell'articolo 1, commi da 937 a 941, Legge n. 205/2017.

 

In risposta l'Agenzia ricorda che la Legge n. 205/2017 ha introdotto misure di contrasto all'evasione IVA in relazione all'immissione in consumo da un deposito fiscale o all'estrazione da deposito di destinatario registrato, di benzina o gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori e per gli altri prodotti carburanti o combustibili individuati nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 13 febbraio 2018.

 

Secondo l'articolo 1 della suddetta Legge, infatti:

  • l'immissione in consumo dal deposito fiscale o l'estrazione dal deposito di un destinatario registrato è subordinata al versamento dell'IVA tramite modello F24, senza possibilità di compensazione;

  • il versamento deve essere effettuato dal soggetto per conto del quale il gestore dei predetti depositi procede ad immettere in consumo o ad estrarre i prodotti;

  • la base imponibile, che include l'ammontare dell'accisa, è costituita dal corrispettivo o valore relativo all'operazione di introduzione ovvero dal corrispettivo o valore relativo all'ultima cessione effettuata durante la loro custodia nel deposito ed è in ogni caso aumentata, se non già compreso, dell'importo relativo alle eventuali prestazioni di servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la giacenza fino al momento dell'estrazione. 

Tanto premesso, l'Agenzia fornisce chiarimenti sulla disciplina del comma 939 dell'articolo 1, della Legge n. 205/2017, evidenziando che la sospensione dell'IVA per le cessioni di beni effettuate nel deposito fiscale rappresenta una misura eccezionale del regime IVA, funzionale a tutelare la ratio antifrode cui si ispira l'intera disciplina.

 

Per quanto concerne i beni custoditi nel deposito fiscale, la ratio legis è quella di allineare sostanzialmente l'esigibilità dell'IVA a quella dell'accisa.

Per quanto concerne, invece, i beni introdotti nel deposito del destinatario registrato, la norma intende allineare l'esigibilità IVA a quella dell'effettiva estrazione del prodotto da detto deposito.

 

Pertanto, con riferimento ai dubbi sollevati dall'istante, l'Agenzia afferma che, il trasferimento di carburanti per motori autotrazione da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale, in regime di accisa sospesa, rientra sempre nel regime di sospensione dall'IVA (di cui all'art. 1, comma 939, Legge n. 205/2017), a prescindere dalla circostanza che le cessioni in esame possano coinvolgere più di due parti, nonché dal fatto che, nell'ambito dell'operazione di cessione di carburanti, uno dei depositi fiscali coinvolto sia localizzato in uno Stato Membro differente.

Comunicazione alle Entrate delle informazioni su beneficiari e servizi di pagamento transfrontaliero

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti e istruzioni relativamente alla comunicazione delle informazioni sui beneficiari e sui servizi di pagamento transfrontaliero, al fine di rafforzare la cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 20 novembre 2023, n. 406675).

Con il D.Lgs. n. 153/2023 sono state recepite le indicazioni della direttiva (UE) 2020/284 del Consiglio, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di alcuni obblighi per i prestatori di servizi di pagamento, i quali detengono informazioni specifiche che permettono di identificare il destinatario o il beneficiario di pagamenti online, oltre alle informazioni generiche relative alla data, all’importo e allo Stato di origine del pagamento.

Poiché gli Stati hanno bisogno di tali informazioni per controllare l’esistenza dei debiti in materia di IVA per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che si considerano avvenute nel rispettivo territorio, è stato previsto che, per rafforzare la lotta alle frodi IVA, i prestatori dei servizi di pagamento conservino la documentazione relativa ai pagamenti e mettano determinate informazioni a disposizione delle rispettive amministrazioni fiscali.

 

Pertanto, con il provvedimento n. 406675/2023 l’Agenzia ha chiarito quali sono le informazioni oggetto di comunicazione:

˗ il BIC o altro codice identificativo d’azienda che individui, senza ambiguità, il prestatore di servizi di pagamento;

˗ il nome o la denominazione commerciale del beneficiario del pagamento che figura nella documentazione del prestatore di servizi di pagamento;

˗ il numero di identificazione IVA, o altro numero di codice fiscale nazionale del beneficiario, se disponibili;

˗ l’IBAN o, se l’IBAN non è disponibile, altro identificativo che individui, senza ambiguità, il beneficiario e ne fornisce la localizzazione;

˗ se il beneficiario riceve fondi senza disporre di un conto di pagamento, il BIC o altro codice identificativo d’azienda che individui, senza ambiguità, il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario e ne fornisca la localizzazione;

˗ se disponibile, l’indirizzo del beneficiario che figura nella documentazione del prestatore di servizi di pagamento;

˗ i dettagli dei pagamenti transfrontalieri;

˗ i dettagli dei rimborsi di pagamenti relativi ai predetti pagamenti transfrontalieri.

 

Tale obbligo di comunicazione si applica se, nel corso di un trimestre civile, un prestatore di servizi di pagamento fornisce servizi di pagamento corrispondenti a più di 25 pagamenti transfrontalieri allo stesso beneficiario.

I soggetti obbligati alla comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento per i quali l’Italia è Paese di origine e i prestatori di servizi di pagamento, operanti in Stati membri diversi dallo Stato membro di origine, limitatamente ai servizi di pagamento per cui l’Italia è Paese ospitante.

 

La comunicazione è dovuta su base trimestrale, con decorrenza dal 1 gennaio 2024 ed il termine entro cui deve essere effettuata la trasmissione dei dati è l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento delle informazioni.

La modalità prevista per l’invio dei dati all’Agenzia delle entrate è il Sistema di Interscambio Dati (SID) e il risultato positivo dell’elaborazione è comunicato mediante l’emissione e l’invio di una ricevuta di accoglimento del file.

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti e istruzioni relativamente alla comunicazione delle informazioni sui beneficiari e sui servizi di pagamento transfrontaliero, al fine di rafforzare la cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 20 novembre 2023, n. 406675).

Con il D.Lgs. n. 153/2023 sono state recepite le indicazioni della direttiva (UE) 2020/284 del Consiglio, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di alcuni obblighi per i prestatori di servizi di pagamento, i quali detengono informazioni specifiche che permettono di identificare il destinatario o il beneficiario di pagamenti online, oltre alle informazioni generiche relative alla data, all’importo e allo Stato di origine del pagamento.

Poiché gli Stati hanno bisogno di tali informazioni per controllare l’esistenza dei debiti in materia di IVA per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che si considerano avvenute nel rispettivo territorio, è stato previsto che, per rafforzare la lotta alle frodi IVA, i prestatori dei servizi di pagamento conservino la documentazione relativa ai pagamenti e mettano determinate informazioni a disposizione delle rispettive amministrazioni fiscali.

 

Pertanto, con il provvedimento n. 406675/2023 l'Agenzia ha chiarito quali sono le informazioni oggetto di comunicazione:

˗ il BIC o altro codice identificativo d’azienda che individui, senza ambiguità, il prestatore di servizi di pagamento;

˗ il nome o la denominazione commerciale del beneficiario del pagamento che figura nella documentazione del prestatore di servizi di pagamento;

˗ il numero di identificazione IVA, o altro numero di codice fiscale nazionale del beneficiario, se disponibili;

˗ l’IBAN o, se l’IBAN non è disponibile, altro identificativo che individui, senza ambiguità, il beneficiario e ne fornisce la localizzazione;

˗ se il beneficiario riceve fondi senza disporre di un conto di pagamento, il BIC o altro codice identificativo d’azienda che individui, senza ambiguità, il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario e ne fornisca la localizzazione;

˗ se disponibile, l’indirizzo del beneficiario che figura nella documentazione del prestatore di servizi di pagamento;

˗ i dettagli dei pagamenti transfrontalieri;

˗ i dettagli dei rimborsi di pagamenti relativi ai predetti pagamenti transfrontalieri.

 

Tale obbligo di comunicazione si applica se, nel corso di un trimestre civile, un prestatore di servizi di pagamento fornisce servizi di pagamento corrispondenti a più di 25 pagamenti transfrontalieri allo stesso beneficiario.

I soggetti obbligati alla comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento per i quali l’Italia è Paese di origine e i prestatori di servizi di pagamento, operanti in Stati membri diversi dallo Stato membro di origine, limitatamente ai servizi di pagamento per cui l’Italia è Paese ospitante.

 

La comunicazione è dovuta su base trimestrale, con decorrenza dal 1 gennaio 2024 ed il termine entro cui deve essere effettuata la trasmissione dei dati è l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento delle informazioni.

La modalità prevista per l'invio dei dati all'Agenzia delle entrate è il Sistema di Interscambio Dati (SID) e il risultato positivo dell’elaborazione è comunicato mediante l’emissione e l’invio di una ricevuta di accoglimento del file.

Gestori di piattaforme digitali: regole e termini per l’invio dei dati all’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate ha definito le regole e i termini della comunicazione che i gestori di piattaforme digitali, residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia, dovranno inviare all’Agenzia delle entrate contenente i dati sulle vendite di beni e prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso i loro siti e app (Agenzia delle entrate, provvedimento 21 novembre 2023, n. 406671).

Il D.Lgs. n. 32/2023 ha dato attuazione alla direttiva europea Dac7 (2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021) che ha modificato la direttiva 2011/16/UE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

In particolare, la Dac7 ha introdotto lo scambio automatico obbligatorio di informazioni tra Stati e tra gestori di piattaforme digitali e amministrazioni.

 

Pertanto, l’Agenzia delle entrate con il nuovo provvedimento ha chiarito chi sono i soggetti tenuti all’invio, cioè i gestori di piattaforme residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia o dotati di una stabile organizzazione nel nostro Paese.

Per i gestori esonerati, invece, è previsto l’invio di una comunicazione di assenza di dati da comunicare. 

Sono, inoltre, tenuti a comunicare i dati alle Entrate i Foreign Platform Operator (Fpo), ovvero i gestori stranieri non qualificati non-Ue: è il caso degli operatori che facilitano la locazione di immobili situati in Italia.

 

Riguardo alle attività “monitorate”, la Dac7 ha stabilito che rientrano nell’obbligo di comunicazione: l’e-commerce, l’affitto di beni immobili, l’offerta di servizi personali e le attività di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto.

Restano tuttavia fuori da tale obbligo sia i dati relativi ai grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero, sia quelli relativi ai “piccoli inserzionisti” (venditori per i quali il gestore di piattaforma ha facilitato meno di 30 attività “pertinenti” e l’importo totale del relativo corrispettivo versato o accreditato non è superiore a 2mila euro nell’anno).

 

I gestori di piattaforma devono comunicare le informazioni, utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferisce la comunicazione. Le prime informazioni, con riguardo al 2023, dovranno quindi essere comunicate entro il 31 gennaio 2024.

Dopodiché, l’Agenzia e le altre Autorità degli Stati membri condivideranno i dati relativi ai venditori entro due mesi dalla fine del periodo di comunicazione.

 

Il primo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali, quindi, sarà effettuato entro il 29 febbraio 2024.

 

L'Agenzia delle entrate ha definito le regole e i termini della comunicazione che i gestori di piattaforme digitali, residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia, dovranno inviare all’Agenzia delle entrate contenente i dati sulle vendite di beni e prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso i loro siti e app (Agenzia delle entrate, provvedimento 21 novembre 2023, n. 406671).

Il D.Lgs. n. 32/2023 ha dato attuazione alla direttiva europea Dac7 (2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021) che ha modificato la direttiva 2011/16/UE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

In particolare, la Dac7 ha introdotto lo scambio automatico obbligatorio di informazioni tra Stati e tra gestori di piattaforme digitali e amministrazioni.

 

Pertanto, l'Agenzia delle entrate con il nuovo provvedimento ha chiarito chi sono i soggetti tenuti all'invio, cioè i gestori di piattaforme residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia o dotati di una stabile organizzazione nel nostro Paese.

Per i gestori esonerati, invece, è previsto l'invio di una comunicazione di assenza di dati da comunicare. 

Sono, inoltre, tenuti a comunicare i dati alle Entrate i Foreign Platform Operator (Fpo), ovvero i gestori stranieri non qualificati non-Ue: è il caso degli operatori che facilitano la locazione di immobili situati in Italia.

 

Riguardo alle attività "monitorate", la Dac7 ha stabilito che rientrano nell’obbligo di comunicazione: l’e-commerce, l’affitto di beni immobili, l’offerta di servizi personali e le attività di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto.

Restano tuttavia fuori da tale obbligo sia i dati relativi ai grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero, sia quelli relativi ai "piccoli inserzionisti" (venditori per i quali il gestore di piattaforma ha facilitato meno di 30 attività “pertinenti” e l’importo totale del relativo corrispettivo versato o accreditato non è superiore a 2mila euro nell’anno).

 

I gestori di piattaforma devono comunicare le informazioni, utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferisce la comunicazione. Le prime informazioni, con riguardo al 2023, dovranno quindi essere comunicate entro il 31 gennaio 2024.

Dopodiché, l’Agenzia e le altre Autorità degli Stati membri condivideranno i dati relativi ai venditori entro due mesi dalla fine del periodo di comunicazione.

 

Il primo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali, quindi, sarà effettuato entro il 29 febbraio 2024.

 

Fabbricati collabenti, rurali strumentali e conduzione associata di terreni: applicabilità dell’IMU

Il Dipartimento delle finanze ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicabilità dell’IMU ai fabbricati collabenti, ai fabbricati rurali strumentali e alla conduzione associata di terreni (Ministero dell’economia e delle finanze, risoluzione 16 novembre 2023, n. 4/DF).

fabbricati collabenti sono beni immobili presenti nell’archivio del Catasto Edilizio Urbano (o Catasto dei fabbricati), seppur privi di rendita. In particolare, sono classificati nella categoria catastale F/2, trattandosi di immobili diroccati, ruderi, ovvero beni immobili caratterizzati da notevole livello di degrado, che ne determina l’assenza di autonomia funzionale e l’incapacità reddituale temporalmente rilevante.

La principale ragione dell’iscrizione negli archivi catastali di questa specifica categoria è connessa alle ragioni civilistiche dell’esatta individuazione dei cespiti (e dell’intestatario) al momento di un trasferimento di diritti reali anche per oggetti immobiliari che non producono reddito.

 

Al riguardo, il Dipartimento delle Finanze precisa che:

  • i fabbricati collabenti sono a tutti gli effetti “fabbricati” e la circostanza che siano “privi di rendita” li porta ad essere esclusi dal novero dei fabbricati imponibili ai fini IMU, che sono esclusivamente quelli “con attribuzione di rendita”, indice, quest’ultimo, sintomatico di capacità contributiva del bene soggetto a tassazione, in ossequio all’art. 53 della Costituzione;

  • i fabbricati collabenti sono e restano “fabbricati“, motivo per il quale non possono essere qualificati diversamente, come vorrebbero invece i comuni che li definirebbero “terreni edificabili”.

Tale orientamento è ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità che, nella sentenza del 18 luglio 2019, n. 19338, riconferma che “è pacifico che il fabbricato collabente, oltre a non essere tassabile ai fini dell’IMU come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito”.

 

In materia di fabbricati rurali strumentali e ai fini dell’applicazione dell’aliquota IMU ridotta pari allo 0,1%, il Dipartimento ritiene priva di fondamento la pretesa dei comuni circa la sussistenza della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, in capo al soggetto passivo IMU o all’utilizzatore dell’immobile ai fini dell’applicazione della suddetta agevolazione, riservata ai fabbricati rurali strumentali.

 

Richiamando di nuovo la giurisprudenza di legittimità, dunque, il MEF cita la Cassazione 24 agosto 2021, n. 23386, che afferma che l’identificazione della ruralità dei fabbricati oggetto del beneficio fiscale si correla esclusivamente al dato catastale, anche dopo la nuova procedura di annotazione negli atti catastali, prevista dall’articolo 13, comma 14-bis, del D.L. n. 201/2011 per il riconoscimento del requisito di ruralità per gli immobili strumentali. 

Oltre ciò, viene riportato anche quanto deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 24 marzo 2010, n. 7102, laddove viene affermato che “qualora un fabbricato sia stato catastalmente classificato come “rurale“, resta precluso ogni accertamento, in funzione della pretesa assoggettabilità ad ICI del fabbricato medesimo, che non sia connesso ad una specifica impugnazione della classificazione catastale riconosciuta nei riguardi dell’amministrazione competente”.

 

Infine, il MEF chiarisce che il contratto di rete e il contratto di compartecipazione agraria concretizzano, proprio in ragione della struttura e della finalità che il legislatore ha voluto riconoscere agli stessi, forme di conduzione associata dei terreni agricoli, che, per la loro stessa natura, comportano una gestione condivisa dei terreni, pena lo snaturamento del contratto stesso. Per cui, se vengono rispettati tutti i requisiti che caratterizzano tali contratti di tipo associativo, non può ritenersi che venga meno il requisito oggettivo della conduzione che legittima l’applicazione del regime di favore che prevede l’esenzione dall’IMU, di cui al comma 758 dell’articolo 1 della Legge n. 160/2019.

 

 

Il Dipartimento delle finanze ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicabilità dell’IMU ai fabbricati collabenti, ai fabbricati rurali strumentali e alla conduzione associata di terreni (Ministero dell'economia e delle finanze, risoluzione 16 novembre 2023, n. 4/DF).

fabbricati collabenti sono beni immobili presenti nell’archivio del Catasto Edilizio Urbano (o Catasto dei fabbricati), seppur privi di rendita. In particolare, sono classificati nella categoria catastale F/2, trattandosi di immobili diroccati, ruderi, ovvero beni immobili caratterizzati da notevole livello di degrado, che ne determina l’assenza di autonomia funzionale e l’incapacità reddituale temporalmente rilevante.

La principale ragione dell’iscrizione negli archivi catastali di questa specifica categoria è connessa alle ragioni civilistiche dell’esatta individuazione dei cespiti (e dell’intestatario) al momento di un trasferimento di diritti reali anche per oggetti immobiliari che non producono reddito.

 

Al riguardo, il Dipartimento delle Finanze precisa che:

  • i fabbricati collabenti sono a tutti gli effetti "fabbricati" e la circostanza che siano "privi di rendita" li porta ad essere esclusi dal novero dei fabbricati imponibili ai fini IMU, che sono esclusivamente quelli "con attribuzione di rendita", indice, quest’ultimo, sintomatico di capacità contributiva del bene soggetto a tassazione, in ossequio all’art. 53 della Costituzione;

  • i fabbricati collabenti sono e restano "fabbricati", motivo per il quale non possono essere qualificati diversamente, come vorrebbero invece i comuni che li definirebbero "terreni edificabili".

Tale orientamento è ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità che, nella sentenza del 18 luglio 2019, n. 19338, riconferma che "è pacifico che il fabbricato collabente, oltre a non essere tassabile ai fini dell'IMU come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l'eventuale demolizione restituisca autonomia all'area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito".

 

In materia di fabbricati rurali strumentali e ai fini dell'applicazione dell'aliquota IMU ridotta pari allo 0,1%, il Dipartimento ritiene priva di fondamento la pretesa dei comuni circa la sussistenza della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, in capo al soggetto passivo IMU o all’utilizzatore dell’immobile ai fini dell’applicazione della suddetta agevolazione, riservata ai fabbricati rurali strumentali.

 

Richiamando di nuovo la giurisprudenza di legittimità, dunque, il MEF cita la Cassazione 24 agosto 2021, n. 23386, che afferma che l'identificazione della ruralità dei fabbricati oggetto del beneficio fiscale si correla esclusivamente al dato catastale, anche dopo la nuova procedura di annotazione negli atti catastali, prevista dall'articolo 13, comma 14-bis, del D.L. n. 201/2011 per il riconoscimento del requisito di ruralità per gli immobili strumentali. 

Oltre ciò, viene riportato anche quanto deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 24 marzo 2010, n. 7102, laddove viene affermato che "qualora un fabbricato sia stato catastalmente classificato come "rurale", resta precluso ogni accertamento, in funzione della pretesa assoggettabilità ad ICI del fabbricato medesimo, che non sia connesso ad una specifica impugnazione della classificazione catastale riconosciuta nei riguardi dell’amministrazione competente".

 

Infine, il MEF chiarisce che il contratto di rete e il contratto di compartecipazione agraria concretizzano, proprio in ragione della struttura e della finalità che il legislatore ha voluto riconoscere agli stessi, forme di conduzione associata dei terreni agricoli, che, per la loro stessa natura, comportano una gestione condivisa dei terreni, pena lo snaturamento del contratto stesso. Per cui, se vengono rispettati tutti i requisiti che caratterizzano tali contratti di tipo associativo, non può ritenersi che venga meno il requisito oggettivo della conduzione che legittima l’applicazione del regime di favore che prevede l'esenzione dall'IMU, di cui al comma 758 dell’articolo 1 della Legge n. 160/2019.

 

 

Contenzioso tributario e adempimento collaborativo: decreti legislativi d’attuazione della riforma fiscale

Il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare, nella seduta del 16 novembre 2023, due Decreti legislativi di attuazione della riforma fiscale, concernenti il contenzioso tributario e l’adempimento collaborativo (Consiglio dei ministri, comunicato 16 novembre 2023, n. 59).

Il primo dei due nuovi decreti legislativi, approvati in esame preliminare, ai sensi dell’articolo 19 della Legge n. 111/2023, dà attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario e, in particolare, attua:

  • il coordinamento tra gli istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio;

  • l’ampliamento e il potenziamento dell’informatizzazione della giustizia tributaria tramite la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo tributario, l’obbligo dell’utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali, la disciplina delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche, la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza;

  • il rafforzamento del divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo;

  • la previsione della pubblicazione e della successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali entro termini ristretti;

  • l’accelerazione dello svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo;

  • le previsioni sull’impugnabilità dell’ordinanza che accoglie o respinge l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

Il secondo decreto legislativo, invece, introduce misure volte a potenziare il regime dell’adempimento collaborativo attraverso:

 

– l’accelerazione del processo di progressiva riduzione della soglia di accesso all’applicazione dell’istituto;

– l’apertura del regime anche a società, di per sé prive dei requisiti di ammissibilità, ma appartenenti ad un gruppo di imprese, nel caso in cui almeno un soggetto del gruppo possegga i requisiti di ammissibilità e il gruppo abbia adottato un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo;

– la certificazione, da parte di professionisti qualificati, dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale in ordine alla loro conformità ai principi contabili;

– la gestione, nell’ambito del regime dell’adempimento collaborativo, anche di questioni riferibili a periodi d’imposta antecedenti all’ammissione al regime;

nuove forme di contraddittorio in favore dei contribuenti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo;

– procedure semplificate di regolarizzazione della posizione del contribuente che aderisca a indicazioni dell’Agenzia delle entrate che richiedano di effettuare ravvedimenti operosi;

– l’emanazione di un codice di condotta che disciplini i diritti e gli obblighi dell’amministrazione finanziaria e dei contribuenti;

– la previsione di un periodo transitorio di osservazione che preceda l’esclusione del contribuente dal regime dell’adempimento collaborativo, in caso di violazioni fiscali non gravi;

– il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione al regime dell’adempimento collaborativo prevedendo, al ricorrere di specifici presupposti: esclusione o riduzione delle sanzioni amministrative tributarie; esclusione della punibilità del delitto di dichiarazione infedele; riduzione dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.

 

Il testo interviene, infine, in materia sanzionatoria prevedendo che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale da parte di imprese che non posseggano i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo comporti, al ricorrere di specifiche condizioni, la riduzione delle sanzioni amministrative in materia tributaria e, eventualmente, la non punibilità del reato di dichiarazione infedele.

Il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare, nella seduta del 16 novembre 2023, due Decreti legislativi di attuazione della riforma fiscale, concernenti il contenzioso tributario e l’adempimento collaborativo (Consiglio dei ministri, comunicato 16 novembre 2023, n. 59).

Il primo dei due nuovi decreti legislativi, approvati in esame preliminare, ai sensi dell’articolo 19 della Legge n. 111/2023, dà attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario e, in particolare, attua:

  • il coordinamento tra gli istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio;

  • l’ampliamento e il potenziamento dell’informatizzazione della giustizia tributaria tramite la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo tributario, l’obbligo dell’utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali, la disciplina delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche, la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza;

  • il rafforzamento del divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo;

  • la previsione della pubblicazione e della successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali entro termini ristretti;

  • l’accelerazione dello svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo;

  • le previsioni sull’impugnabilità dell’ordinanza che accoglie o respinge l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

Il secondo decreto legislativo, invece, introduce misure volte a potenziare il regime dell’adempimento collaborativo attraverso:

 

- l’accelerazione del processo di progressiva riduzione della soglia di accesso all’applicazione dell’istituto;

- l’apertura del regime anche a società, di per sé prive dei requisiti di ammissibilità, ma appartenenti ad un gruppo di imprese, nel caso in cui almeno un soggetto del gruppo possegga i requisiti di ammissibilità e il gruppo abbia adottato un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo;

- la certificazione, da parte di professionisti qualificati, dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale in ordine alla loro conformità ai principi contabili;

- la gestione, nell’ambito del regime dell’adempimento collaborativo, anche di questioni riferibili a periodi d’imposta antecedenti all’ammissione al regime;

- nuove forme di contraddittorio in favore dei contribuenti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo;

- procedure semplificate di regolarizzazione della posizione del contribuente che aderisca a indicazioni dell’Agenzia delle entrate che richiedano di effettuare ravvedimenti operosi;

- l’emanazione di un codice di condotta che disciplini i diritti e gli obblighi dell’amministrazione finanziaria e dei contribuenti;

- la previsione di un periodo transitorio di osservazione che preceda l’esclusione del contribuente dal regime dell’adempimento collaborativo, in caso di violazioni fiscali non gravi;

- il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione al regime dell’adempimento collaborativo prevedendo, al ricorrere di specifici presupposti: esclusione o riduzione delle sanzioni amministrative tributarie; esclusione della punibilità del delitto di dichiarazione infedele; riduzione dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.

 

Il testo interviene, infine, in materia sanzionatoria prevedendo che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale da parte di imprese che non posseggano i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo comporti, al ricorrere di specifiche condizioni, la riduzione delle sanzioni amministrative in materia tributaria e, eventualmente, la non punibilità del reato di dichiarazione infedele.

Legge delega in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese

Sulla Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2023, n. 267, è stata pubblicata la Legge 27 ottobre 2023, n. 160, con la quale il Governo viene delegato in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche.

La Legge n. 160/2023 definisce le disposizioni per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese al fine di rimuovere gli ostacoli al pieno dispiegamento di efficacia dell’intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo mediante le politiche d’incentivazione, garantendone una migliore pianificazione, organizzazione e attuazione nonché rafforzandone le capacità di sostegno alla crescita negli ambiti strategici delle politiche industriali nazionali ed europee e di perseguimento degli obiettivi di piena coesione sociale, economica e territoriale.

Pertanto, il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della suddetta delega, uno o più decreti legislativi per la definizione di un sistema organico per l’attivazione del sostegno pubblico mediante incentivi alle imprese. Poi, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.

 

Nell’esercizio della delega il Governo provvede a:

  • razionalizzare l’offerta di incentivi, individuando un insieme definito, limitato e ordinato di modelli di agevolazioni, ad esclusione delle misure di incentivazione in favore dei settori agricolo e forestale nonché della pesca e dell’acquacoltura e ferma restando l’autonomia delle regioni nell’individuazione di ulteriori modelli per l’attuazione di specifici interventi mirati nel rispetto delle diverse realtà territoriali;

  • armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese, coordinandola in un testo normativo principale, denominato “Codice degli incentivi”.

Nell’esercizio della delega il Governo deve attenersi, oltre che ai principi e criteri direttivi generali, anche ai seguenti principi e criteri direttivi specifici, nel rispetto dell’autonomia programmatica delle regioni:

  1. ricognizione e sistematizzazione delle misure di incentivazione esistenti, sulla base di criteri che tengano conto degli ambiti o delle finalità delle stesse, quali il sostegno agli investimenti, alla ricerca, allo sviluppo, al lavoro, all’occupazione, alla riqualificazione professionale dei lavoratori, alla formazione e all’innovazione e alla sostenibilità ambientale, nonché la facilitazione nell’accesso al credito da parte delle imprese, il rafforzamento patrimoniale delle stesse e la crescita dimensionale, anche favorendo l’aggregazione, o altri ambiti e finalità del sostegno;

  2. concentrazione dell’offerta di incentivi, diretta ad evitare la sovrapposizione tra gli interventi e la frammentazione del sostegno pubblico;

  3. programmazione degli interventi di incentivazione da parte di ciascuna amministrazione competente per un congruo periodo temporale, adeguato alle finalità di sostegno secondo le valutazioni effettuate ex ante, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo e pluriennale, fatte salve le specifiche esigenze degli interventi di carattere emergenziale.

I Decreti legislativi, nel disciplinare la programmazione, devono favorire la compartecipazione finanziaria delle regioni, nonché il coordinamento e l’integrazione con gli interventi regionali, individuandone le condizioni e le soluzioni di raccordo.

 

ln particolare, il Codice degli incentivi dovrà ricomprendere:

– i contenuti minimi dei bandi, delle direttive o dei provvedimenti comunque denominati per l’attivazione delle misure di incentivazione alle imprese, inclusi i motivi generali di esclusione delle imprese, l’individuazione della base giuridica di riferimento, i profili procedurali per l’accesso e il mantenimento delle agevolazioni e l’individuazione degli oneri a carico delle imprese beneficiarie nonché la disciplina del cumulo delle agevolazioni nel rispetto dei massimali fissati dalla normativa europea;

– la revisione e l’aggiornamento dei procedimenti amministrativi concernenti la concessione e l’erogazione di incentivi alle imprese;

– il rafforzamento delle attività di valutazione ex ante, in itinere ed ex post sull’efficacia degli interventi di incentivazione definendo le pertinenti disposizioni applicabili agli interventi di maggiore rilevanza;

– l’implementazione di soluzioni tecnologiche, anche basate sull’intelligenza artificiale, dirette a facilitare la piena conoscenza dell’offerta di incentivi, nonché a fornire supporto alla pianificazione degli interventi, alle attività di valutazione e al controllo e al monitoraggio sullo stato di attuazione delle misure e sugli aiuti concessi;

– la previsione di premialità, nell’ambito delle valutazioni di ammissione agli interventi di incentivazione, per le imprese che persone con disabilità;

– la previsione di premialità, nell’ambito delle valutazioni di ammissione agli incentivi, per le imprese che valorizzino la quantità e la qualità del lavoro giovanile e del lavoro femminile, nonché il sostegno alla natalità.

Sulla Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2023, n. 267, è stata pubblicata la Legge 27 ottobre 2023, n. 160, con la quale il Governo viene delegato in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche.

La Legge n. 160/2023 definisce le disposizioni per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese al fine di rimuovere gli ostacoli al pieno dispiegamento di efficacia dell'intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo mediante le politiche d'incentivazione, garantendone una migliore pianificazione, organizzazione e attuazione nonché rafforzandone le capacità di sostegno alla crescita negli ambiti strategici delle politiche industriali nazionali ed europee e di perseguimento degli obiettivi di piena coesione sociale, economica e territoriale.

Pertanto, il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dall'entrata in vigore della suddetta delega, uno o più decreti legislativi per la definizione di un sistema organico per l'attivazione del sostegno pubblico mediante incentivi alle imprese. Poi, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.

 

Nell'esercizio della delega il Governo provvede a:

  • razionalizzare l'offerta di incentivi, individuando un insieme definito, limitato e ordinato di modelli di agevolazioni, ad esclusione delle misure di incentivazione in favore dei settori agricolo e forestale nonché della pesca e dell'acquacoltura e ferma restando l'autonomia delle regioni nell'individuazione di ulteriori modelli per l'attuazione di specifici interventi mirati nel rispetto delle diverse realtà territoriali;

  • armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese, coordinandola in un testo normativo principale, denominato "Codice degli incentivi".

Nell'esercizio della delega il Governo deve attenersi, oltre che ai principi e criteri direttivi generali, anche ai seguenti principi e criteri direttivi specifici, nel rispetto dell'autonomia programmatica delle regioni:

  1. ricognizione e sistematizzazione delle misure di incentivazione esistenti, sulla base di criteri che tengano conto degli ambiti o delle finalità delle stesse, quali il sostegno agli investimenti, alla ricerca, allo sviluppo, al lavoro, all'occupazione, alla riqualificazione professionale dei lavoratori, alla formazione e all'innovazione e alla sostenibilità ambientale, nonché la facilitazione nell'accesso al credito da parte delle imprese, il rafforzamento patrimoniale delle stesse e la crescita dimensionale, anche favorendo l'aggregazione, o altri ambiti e finalità del sostegno;

  2. concentrazione dell'offerta di incentivi, diretta ad evitare la sovrapposizione tra gli interventi e la frammentazione del sostegno pubblico;

  3. programmazione degli interventi di incentivazione da parte di ciascuna amministrazione competente per un congruo periodo temporale, adeguato alle finalità di sostegno secondo le valutazioni effettuate ex ante, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo e pluriennale, fatte salve le specifiche esigenze degli interventi di carattere emergenziale.

I Decreti legislativi, nel disciplinare la programmazione, devono favorire la compartecipazione finanziaria delle regioni, nonché il coordinamento e l'integrazione con gli interventi regionali, individuandone le condizioni e le soluzioni di raccordo.

 

ln particolare, il Codice degli incentivi dovrà ricomprendere:

- i contenuti minimi dei bandi, delle direttive o dei provvedimenti comunque denominati per l'attivazione delle misure di incentivazione alle imprese, inclusi i motivi generali di esclusione delle imprese, l'individuazione della base giuridica di riferimento, i profili procedurali per l'accesso e il mantenimento delle agevolazioni e l'individuazione degli oneri a carico delle imprese beneficiarie nonché la disciplina del cumulo delle agevolazioni nel rispetto dei massimali fissati dalla normativa europea;

- la revisione e l'aggiornamento dei procedimenti amministrativi concernenti la concessione e l'erogazione di incentivi alle imprese;

- il rafforzamento delle attività di valutazione ex ante, in itinere ed ex post sull'efficacia degli interventi di incentivazione definendo le pertinenti disposizioni applicabili agli interventi di maggiore rilevanza;

- l'implementazione di soluzioni tecnologiche, anche basate sull'intelligenza artificiale, dirette a facilitare la piena conoscenza dell'offerta di incentivi, nonché a fornire supporto alla pianificazione degli interventi, alle attività di valutazione e al controllo e al monitoraggio sullo stato di attuazione delle misure e sugli aiuti concessi;

- la previsione di premialità, nell'ambito delle valutazioni di ammissione agli interventi di incentivazione, per le imprese che persone con disabilità;

- la previsione di premialità, nell'ambito delle valutazioni di ammissione agli incentivi, per le imprese che valorizzino la quantità e la qualità del lavoro giovanile e del lavoro femminile, nonché il sostegno alla natalità.