IMU: chiarimenti sugli immobili utilizzati dagli enti non commerciali

Il MEF si sofferma in materia di IMU fornendo chiarimenti sulle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2024 relativamente agli immobili utilizzati dagli enti non commerciali (ENC) per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela (Ministero dell’economia e delle finanze, circolare 16 luglio 2024, n. 2/DF).

La lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni previste, gli immobili posseduti e utilizzati dagli ENC e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali.

Al riguardo, l’articolo 1, comma 71, della Legge di bilancio 2024 stabilisce che la predetta disposizione, nonché le norme da questa richiamate o sostituite si interpretano nel senso che:

  • gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504/1992, con modalità non commerciali;

  • gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità.

    Al riguardo, il MEF ricorda che la lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili posseduti e utilizzati dagli ENC e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali.

In merito al requisito del collegamento funzionale o strutturale tra comodatario e comodante, la nuova circolare del MEF richiama quanto deciso dalla Corte di Cassazione che si è pronunciata sul tema, dando indicazioni sulla definizione del citato collegamento funzionale.

Alla luce di quanto statuito dalla Corte, il collegamento funzionale può, dunque, ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità.

Tale nesso di strumentalità sussiste qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente.

Oltre a ciò, il MEF considera, altresì, integrato il requisito del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente. 

 

Per quanto riguarda, invece, la nozione di collegamento “strutturale” tra comodatario e comodante, si deve fare riferimento anche in questo caso alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito alle condizioni che possono consentire il mantenimento dell’esenzione IMU laddove si tratti di utilizzo del bene da parte del comodatario. Secondo l’orientamento della Cassazione ciò è possibile quando il comodatario sostanzialmente utilizza il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussiste uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi “compenetrante”, ovverosia il caso in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa.

 

Infine la circolare MEF, per quanto riguarda la norma di interpretazione autentica relativa alla permanenza del vincolo di strumentalità alle destinazioni degli immobili per lo svolgimento delle attività meritevoli, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, richiama la giurisprudenza venutasi ad affermare, ad opera della Corte di Cassazione sul tema.

La Corte, in particolare, riconosce l’irrilevanza del mero temporaneo inutilizzo del bene per ragioni più o meno transitorie, contando, invece, ai fini della perdita del beneficio, il venir meno del carattere strumentale dell’immobile rispetto alle attività cui era destinato.

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’esenzione IMU, non tutti i mancati utilizzi degli immobili interessati determinano la perdita del beneficio fiscale, ma solo ed esclusivamente quelli che sono indice del mutamento della destinazione o della cessazione del rapporto di strumentalità rispetto all’utilizzazione del bene per lo svolgimento delle attività meritevoli cui gli stessi immobili sono stati destinati.

Il MEF si sofferma in materia di IMU fornendo chiarimenti sulle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2024 relativamente agli immobili utilizzati dagli enti non commerciali (ENC) per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela (Ministero dell'economia e delle finanze, circolare 16 luglio 2024, n. 2/DF).

La lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni previste, gli immobili posseduti e utilizzati dagli ENC e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali.

Al riguardo, l'articolo 1, comma 71, della Legge di bilancio 2024 stabilisce che la predetta disposizione, nonché le norme da questa richiamate o sostituite si interpretano nel senso che:

  • gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell'immobile esclusivamente le attività previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504/1992, con modalità non commerciali;

  • gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità.

    Al riguardo, il MEF ricorda che la lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili posseduti e utilizzati dagli ENC e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali.

In merito al requisito del collegamento funzionale o strutturale tra comodatario e comodante, la nuova circolare del MEF richiama quanto deciso dalla Corte di Cassazione che si è pronunciata sul tema, dando indicazioni sulla definizione del citato collegamento funzionale.

Alla luce di quanto statuito dalla Corte, il collegamento funzionale può, dunque, ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità.

Tale nesso di strumentalità sussiste qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente.

Oltre a ciò, il MEF considera, altresì, integrato il requisito del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente. 

 

Per quanto riguarda, invece, la nozione di collegamento “strutturale” tra comodatario e comodante, si deve fare riferimento anche in questo caso alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito alle condizioni che possono consentire il mantenimento dell’esenzione IMU laddove si tratti di utilizzo del bene da parte del comodatario. Secondo l’orientamento della Cassazione ciò è possibile quando il comodatario sostanzialmente utilizza il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussiste uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi "compenetrante", ovverosia il caso in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa.

 

Infine la circolare MEF, per quanto riguarda la norma di interpretazione autentica relativa alla permanenza del vincolo di strumentalità alle destinazioni degli immobili per lo svolgimento delle attività meritevoli, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, richiama la giurisprudenza venutasi ad affermare, ad opera della Corte di Cassazione sul tema.

La Corte, in particolare, riconosce l’irrilevanza del mero temporaneo inutilizzo del bene per ragioni più o meno transitorie, contando, invece, ai fini della perdita del beneficio, il venir meno del carattere strumentale dell’immobile rispetto alle attività cui era destinato.

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’esenzione IMU, non tutti i mancati utilizzi degli immobili interessati determinano la perdita del beneficio fiscale, ma solo ed esclusivamente quelli che sono indice del mutamento della destinazione o della cessazione del rapporto di strumentalità rispetto all’utilizzazione del bene per lo svolgimento delle attività meritevoli cui gli stessi immobili sono stati destinati.

Agenzia delle entrate: catasto sempre più digitale per gli utenti del canale SISTER

Due nuovi servizi per gli utenti SISTER, la piattaforma telematica dell’Agenzia delle entrate dedicata ai professionisti abilitati e agli enti pubblici e privati. È ora infatti possibile richiedere le visure degli stadi storici delle mappe ovvero gli esemplari unici delle mappe (Agenzia delle entrate, comunicato 16 luglio 2024).

Gli utenti di SISTER possono ora ottenere l’estratto di una mappa a uno specifico stadio storico, dal 2014 ad oggi. Nell’archivio catastale è infatti registrata ogni singola variazione nelle geometrie delle mappe in quest’arco temporale.

 

L’utenza professionale, può eseguire la ricostruzione storico-grafica delle geometrie delle particelle catastali di interesse indicando il numero della particella esistente alla data della richiesta.

Le nuove funzionalità prevedono anche la possibilità di richiedere la visura dei fogli originali di impianto, cioè gli esemplari unici delle mappe, disegnati a mano e costruiti con le informazioni rilevate sul terreno dai tecnici del Catasto al momento dell’impianto del sistema cartografico.

 

Tra le altre novità, l’Agenzia rende disponibili per l’acquisto oltre 200mila immagini dei fogli originali di impianto delle mappe per cui è stata completata la georeferenziazione, cioè l’attribuzione di coordinate.

Gli utenti, infine, possono acquistare anche i file vettoriali delle mappe utilizzabili direttamente nei software GIS e in un formato open, più adatto all’interscambio e all’archiviazione dei dati geometrici. 

 

Previa stipula di una convenzione con l’Agenzia, dunque, il canale telematico consentirà di consultare le banche dati per eseguire visure, ricerche catastali e ispezioni ipotecarie.

Tramite SISTER, inoltre, sarà possibile presentare documenti per l’aggiornamento delle banche dati catastale e ipotecaria. 

Due nuovi servizi per gli utenti SISTER, la piattaforma telematica dell’Agenzia delle entrate dedicata ai professionisti abilitati e agli enti pubblici e privati. È ora infatti possibile richiedere le visure degli stadi storici delle mappe ovvero gli esemplari unici delle mappe (Agenzia delle entrate, comunicato 16 luglio 2024).

Gli utenti di SISTER possono ora ottenere l’estratto di una mappa a uno specifico stadio storico, dal 2014 ad oggi. Nell’archivio catastale è infatti registrata ogni singola variazione nelle geometrie delle mappe in quest’arco temporale.

 

L’utenza professionale, può eseguire la ricostruzione storico-grafica delle geometrie delle particelle catastali di interesse indicando il numero della particella esistente alla data della richiesta.

Le nuove funzionalità prevedono anche la possibilità di richiedere la visura dei fogli originali di impianto, cioè gli esemplari unici delle mappe, disegnati a mano e costruiti con le informazioni rilevate sul terreno dai tecnici del Catasto al momento dell’impianto del sistema cartografico.

 

Tra le altre novità, l’Agenzia rende disponibili per l’acquisto oltre 200mila immagini dei fogli originali di impianto delle mappe per cui è stata completata la georeferenziazione, cioè l’attribuzione di coordinate.

Gli utenti, infine, possono acquistare anche i file vettoriali delle mappe utilizzabili direttamente nei software GIS e in un formato open, più adatto all’interscambio e all’archiviazione dei dati geometrici. 

 

Previa stipula di una convenzione con l'Agenzia, dunque, il canale telematico consentirà di consultare le banche dati per eseguire visure, ricerche catastali e ispezioni ipotecarie.

Tramite SISTER, inoltre, sarà possibile presentare documenti per l’aggiornamento delle banche dati catastale e ipotecaria. 

Regime speciale lavoratori impatriati e indennità di partecipazione a tirocinio promosso dall’Università

L’Agenzia delle entrate si sofferma in materia di regime speciale per lavoratori impatriati fornendo chiarimenti sul caso di un soggetto residente all’estero iscritto a un master presso un’Università italiana che prevede nell’ambito dell’attività formativa un tirocinio per il quale è riconosciuta un’indennità di partecipazione (Agenzia delle entrate, risposta 15 luglio 2024, n. 152).

Per fruire del Regime speciale per lavoratori impatriati (articolo 16, D.Lgs. n. 147/2015) è necessario che il lavoratore:

  • trasferisca la residenza nel territorio dello Stato;

  • non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;

  • svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

 

Il suddetto articolo 16 del Decreto Internazionalizzazione è stato abrogato dall’articolo 5 del D.Lgs. 27 n. 209/2023 che sostituisce il regime previgente le cui disposizioni, tuttavia, continuano a trovare applicazione nei confronti dei contribuenti che hanno trasferito la residenza anagrafica in un comune del territorio italiano entro il 31 dicembre 2023.

 

Con la circolare n. 33/E/2020, l’Agenzia ha già precisato che sono agevolabili i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, che derivano dall’esercizio di arti e professioni di cui all’articolo 53 del TUIR, svolte sia in forma individuale che associata, prodotti nel territorio dello Stato, nonché i redditi di impresa prodotti dall’imprenditore individuale.

Per ciascuna categoria di reddito, sono agevolabili ai fini del regime speciale per lavoratori impatriati solo quelli derivanti da attività di lavoro svolte dal soggetto prevalentemente nel territorio italiano.

 

Sono da ritenersi, pertanto, escluse dall’agevolazione, in via generale, le somme che non sono corrisposte a fronte della prestazione di una ”attività lavorativa” svolta nel territorio dello Stato da parte del percipiente quali, ad esempio, le borse di studio corrisposte ai fini di studio o di addestramento professionale che non derivano da un rapporto di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante.

Tali somme, ancorché comprese tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, sono comunque escluse dal regime speciale in quanto derivanti dallo svolgimento di attività formative e non dallo svolgimento di un’attività lavorativa.

 

Nel caso di specie, dunque, posto che l’istante non è rientrato in Italia per iniziare un’attività lavorativa ma per frequentare un master nel cui ambito sono previsti tirocini quali complemento della formazione accademica che non costituiscono rapporti di lavoro, non è possibile applicare il regime speciale per lavoratori impatriati.

L'Agenzia delle entrate si sofferma in materia di regime speciale per lavoratori impatriati fornendo chiarimenti sul caso di un soggetto residente all'estero iscritto a un master presso un'Università italiana che prevede nell'ambito dell'attività formativa un tirocinio per il quale è riconosciuta un'indennità di partecipazione (Agenzia delle entrate, risposta 15 luglio 2024, n. 152).

Per fruire del Regime speciale per lavoratori impatriati (articolo 16, D.Lgs. n. 147/2015) è necessario che il lavoratore:

  • trasferisca la residenza nel territorio dello Stato;

  • non sia stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;

  • svolga l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L'agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

 

Il suddetto articolo 16 del Decreto Internazionalizzazione è stato abrogato dall'articolo 5 del D.Lgs. 27 n. 209/2023 che sostituisce il regime previgente le cui disposizioni, tuttavia, continuano a trovare applicazione nei confronti dei contribuenti che hanno trasferito la residenza anagrafica in un comune del territorio italiano entro il 31 dicembre 2023.

 

Con la circolare n. 33/E/2020, l'Agenzia ha già precisato che sono agevolabili i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, che derivano dall'esercizio di arti e professioni di cui all'articolo 53 del TUIR, svolte sia in forma individuale che associata, prodotti nel territorio dello Stato, nonché i redditi di impresa prodotti dall'imprenditore individuale.

Per ciascuna categoria di reddito, sono agevolabili ai fini del regime speciale per lavoratori impatriati solo quelli derivanti da attività di lavoro svolte dal soggetto prevalentemente nel territorio italiano.

 

Sono da ritenersi, pertanto, escluse dall'agevolazione, in via generale, le somme che non sono corrisposte a fronte della prestazione di una ''attività lavorativa'' svolta nel territorio dello Stato da parte del percipiente quali, ad esempio, le borse di studio corrisposte ai fini di studio o di addestramento professionale che non derivano da un rapporto di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante.

Tali somme, ancorché comprese tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, sono comunque escluse dal regime speciale in quanto derivanti dallo svolgimento di attività formative e non dallo svolgimento di un'attività lavorativa.

 

Nel caso di specie, dunque, posto che l'istante non è rientrato in Italia per iniziare un'attività lavorativa ma per frequentare un master nel cui ambito sono previsti tirocini quali complemento della formazione accademica che non costituiscono rapporti di lavoro, non è possibile applicare il regime speciale per lavoratori impatriati.

Nuove Tabelle codici-atto per trascrizione, iscrizione e annotazione nei pubblici registri immobiliari

L’Agenzia delle entrate ha reso disponibili le nuove Tabelle contenenti i codici-atto per l’esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione nei pubblici registri immobiliari (Agenzia delle entrate, provvedimento 11 luglio 2024, n. 292682).

Nel contesto della meccanizzazione dei servizi di pubblicità immobiliare, con circolare del Ministero delle Finanze – Dipartimento del Territorio, n. 128/T/1995 sono state fornite le istruzioni per la compilazione dei modelli di nota approvati con Decreto interministeriale 10 marzo 1995 e sono state previste tre tabelle degli atti soggetti a pubblicità immobiliare, nella forma della trascrizione, dell’iscrizione e dell’annotazione, a ciascuno dei quali è stato attribuito il relativo codice identificativo da indicare nella corrispondente formalità.

 

A seguito dell’evoluzione normativa sopravvenuta rispetto all’ultimo aggiornamento delle suddette tabelle, l’Agenzia delle entrate ha dovuto individuare ulteriori codici atto in relazione a nuove fattispecie soggette a pubblicità, tra le quali:

  • quelle introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza;

  • quelle introdotte dalla cosiddetta “riforma Cartabia” del processo civile,.

Tali tabelle codificano fattispecie sopravvenute in forza dell’emanazione di nuovi atti normativi e, al fine di una più chiara evidenza pubblicitaria dei registri immobiliari, provvedono anche ad una più dettagliata definizione di alcune formalità già codificate, come nel caso delle annotazioni correlate ai procedimenti di volontaria giurisdizione per le quali, con i nuovi codici atto, viene specificato se si tratta di provvedimenti giurisdizionali di accoglimento o di rigetto.

 

Pertanto, l’Agenzia ha pubblicato nuove Tabelle denominate rispettivamente:

– “Tabella degli atti soggetti a trascrizione”;

– “Tabella degli atti in base ai quali sono richieste le iscrizioni”;

– “Tabella dei tipi di annotazione”.

 

Le codifiche di nuova introduzione rispetto a quelle già in uso potranno essere adottate per la redazione delle note di trascrizione e di iscrizione e delle domande di annotazione a decorrere dal 30 settembre 2024.

L’Agenzia delle entrate ha reso disponibili le nuove Tabelle contenenti i codici-atto per l’esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione nei pubblici registri immobiliari (Agenzia delle entrate, provvedimento 11 luglio 2024, n. 292682).

Nel contesto della meccanizzazione dei servizi di pubblicità immobiliare, con circolare del Ministero delle Finanze - Dipartimento del Territorio, n. 128/T/1995 sono state fornite le istruzioni per la compilazione dei modelli di nota approvati con Decreto interministeriale 10 marzo 1995 e sono state previste tre tabelle degli atti soggetti a pubblicità immobiliare, nella forma della trascrizione, dell’iscrizione e dell’annotazione, a ciascuno dei quali è stato attribuito il relativo codice identificativo da indicare nella corrispondente formalità.

 

A seguito dell’evoluzione normativa sopravvenuta rispetto all’ultimo aggiornamento delle suddette tabelle, l'Agenzia delle entrate ha dovuto individuare ulteriori codici atto in relazione a nuove fattispecie soggette a pubblicità, tra le quali:

  • quelle introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza;

  • quelle introdotte dalla cosiddetta “riforma Cartabia” del processo civile,.

Tali tabelle codificano fattispecie sopravvenute in forza dell’emanazione di nuovi atti normativi e, al fine di una più chiara evidenza pubblicitaria dei registri immobiliari, provvedono anche ad una più dettagliata definizione di alcune formalità già codificate, come nel caso delle annotazioni correlate ai procedimenti di volontaria giurisdizione per le quali, con i nuovi codici atto, viene specificato se si tratta di provvedimenti giurisdizionali di accoglimento o di rigetto.

 

Pertanto, l'Agenzia ha pubblicato nuove Tabelle denominate rispettivamente:

- “Tabella degli atti soggetti a trascrizione”;

- “Tabella degli atti in base ai quali sono richieste le iscrizioni”;

- “Tabella dei tipi di annotazione”.

 

Le codifiche di nuova introduzione rispetto a quelle già in uso potranno essere adottate per la redazione delle note di trascrizione e di iscrizione e delle domande di annotazione a decorrere dal 30 settembre 2024.

Rimborso IVA sugli acquisti a soggetto non residente: chiarimenti AdE

Le Entrate si occupano di chiarire la corretta procedura da adottare al fine di ottenere il rimborso dell’eccedenza IVA generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia da una società di diritto tedesco (Agenzia delle entrate, risposta 11 luglio 2024, n. 147).

L’articolo 38-bis2 del decreto IVA, detta le regole in tema di rimborsi chiesti con il c.d. ”portale elettronicodagli operatori comunitari che hanno corrisposto l’IVA in Italia, secondo le regole previste dalla direttiva 2008/9/CE.

 

Dal 2010 i soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri, che hanno intenzione di chiedere il rimborso dell’imposta assolta in Italia, relativamente agli acquisti eseguiti direttamente senza ricorrere all’identificazione diretta o al rappresentante fiscale devono presentare un’apposita istanza in via telematica al proprio Stato membro di stabilimento, che provvede ad inoltrarla al Centro operativo di Pescara.

La domanda di rimborso può riferirsi ad un trimestre solare o all’anno solare, e può essere presentata:

  • se trimestrale, a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento ed entro il 30 settembre dell’anno solare successivo al periodo di riferimento;

  • se annuale, a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello oggetto della richiesta di rimborso ed entro il 30 settembre del medesimo anno.

Tra le condizioni che escludono la possibilità di attivare la procedura di rimborso mediante ”portale elettronico”, rientrano:

– la presenza in Italia di una stabile organizzazione del soggetto non residente;

– l’acquisto di beni e servizi con imposta indetraibile secondo la legge italiana;

– l’effettuazione in Italia di operazioni attive, con alcune eccezioni.

 

È stato già chiarito dall’Agenzia delle entrate che l’identificazione diretta non preclude al soggetto non residente la facoltà di chiedere il rimborso IVA mediante la procedura del ”portale elettronico”, purché le fatture di acquisto la cui IVA è richiesta a rimborso:

  1. siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente;

  2. non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata utilizzando la partita IVA italiana.

Residua, infine, la procedura del cd. ”rimborso anomalo”, secondo cui la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto.

La facoltà di avvalersi di tale rimedio è stata, altresì, riconosciuta dalla prassi, nell’ipotesi di crediti IVA emergenti da dichiarazioni omesse, utilizzati in detrazione nelle dichiarazioni successive.

 

Ciò premesso, riguardo al caso di specie, l’istante avrebbe potuto esclusivamente azionare la procedura di rimborso mediante ”portale elettronico” disciplinata dall’articolo 38-bis2 del decreto IVA.

Essendo ormai decorsi i termini prescritti, l’istante risulta decaduto dalla possibilità di recuperare l’eccedenza IVA generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia.

Resta esclusa, in tale circostanza, la facoltà di avvalersi previa attribuzione ”retroattiva” della partita IVA di ottenere la restituzione dell’imposta oltre i termini ordinari.

Le Entrate si occupano di chiarire la corretta procedura da adottare al fine di ottenere il rimborso dell'eccedenza IVA generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia da una società di diritto tedesco (Agenzia delle entrate, risposta 11 luglio 2024, n. 147).

L'articolo 38-bis2 del decreto IVA, detta le regole in tema di rimborsi chiesti con il c.d. ''portale elettronico'' dagli operatori comunitari che hanno corrisposto l'IVA in Italia, secondo le regole previste dalla direttiva 2008/9/CE.

 

Dal 2010 i soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri, che hanno intenzione di chiedere il rimborso dell'imposta assolta in Italia, relativamente agli acquisti eseguiti direttamente senza ricorrere all'identificazione diretta o al rappresentante fiscale devono presentare un'apposita istanza in via telematica al proprio Stato membro di stabilimento, che provvede ad inoltrarla al Centro operativo di Pescara.

La domanda di rimborso può riferirsi ad un trimestre solare o all'anno solare, e può essere presentata:

  • se trimestrale, a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento ed entro il 30 settembre dell'anno solare successivo al periodo di riferimento;

  • se annuale, a partire dal primo gennaio dell'anno successivo a quello oggetto della richiesta di rimborso ed entro il 30 settembre del medesimo anno.

Tra le condizioni che escludono la possibilità di attivare la procedura di rimborso mediante ''portale elettronico'', rientrano:

- la presenza in Italia di una stabile organizzazione del soggetto non residente;

- l'acquisto di beni e servizi con imposta indetraibile secondo la legge italiana;

- l'effettuazione in Italia di operazioni attive, con alcune eccezioni.

 

È stato già chiarito dall'Agenzia delle entrate che l'identificazione diretta non preclude al soggetto non residente la facoltà di chiedere il rimborso IVA mediante la procedura del ''portale elettronico'', purché le fatture di acquisto la cui IVA è richiesta a rimborso:

  1. siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente;

  2. non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata utilizzando la partita IVA italiana.

Residua, infine, la procedura del cd. ''rimborso anomalo'', secondo cui la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto.

La facoltà di avvalersi di tale rimedio è stata, altresì, riconosciuta dalla prassi, nell'ipotesi di crediti IVA emergenti da dichiarazioni omesse, utilizzati in detrazione nelle dichiarazioni successive.

 

Ciò premesso, riguardo al caso di specie, l'istante avrebbe potuto esclusivamente azionare la procedura di rimborso mediante ''portale elettronico'' disciplinata dall'articolo 38-bis2 del decreto IVA.

Essendo ormai decorsi i termini prescritti, l'istante risulta decaduto dalla possibilità di recuperare l'eccedenza IVA generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia.

Resta esclusa, in tale circostanza, la facoltà di avvalersi previa attribuzione ''retroattiva'' della partita IVA di ottenere la restituzione dell'imposta oltre i termini ordinari.

Pubblicato in G.U. il Decreto attuativo della Legge sul made in Italy

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 luglio 2024, n. 158, il Decreto 11 giugno 2024 del Ministero delle imprese e del made in Italy che definisce i criteri per la concessione e l’erogazione del contributo statale destinato alle associazioni di produttori per le spese di consulenza tecnica sostenute per la predisposizione del disciplinare di produzione dei prodotti industriali e artigianali tipici.

La predisposizione del disciplinare sarà condizione necessaria, a partire dal 1 dicembre 2025, per la presentazione della domanda di registrazione di un’IGP anche per i prodotti artigianali e industriali. Questo nuovo titolo di proprietà industriale sarà valido in tutta l’UE, estendendo ai prodotti artigianali e industriali le stesse tutele previste per le indicazioni geografiche protette nel settore agroalimentare e consentirà di promuovere a livello internazionale i territori e le produzioni locali e regionali.

 

Il contributo è uno strumento volto a favorire l’accesso alla nuova tutela europea in materia di indicazioni geografiche protette, che comporterà ricadute positive sui produttori, sulle regioni in cui avvengono queste produzioni tipiche originali, e sui consumatori, che potranno beneficiare di prodotti identificati dal disciplinare di produzione, sui quali sarà apposto un logo comune per i prodotti IGP UE artigianali ed industriali.

 

I soggetti beneficiari del contributo sono, dunque, le associazioni dei produttori operanti in una determinata zona geografica, che possono essere costituite in qualsiasi forma giuridica purchè perseguano, tra gli scopi sociali, quello della valorizzazione del prodotto industriale e artigianale tipico oggetto del disciplinare, ai sensi e con i requisiti di cui all’articolo 44 della Legge n. 206/2023.

 

Costituiscono oggetto del contributo le spese sostenute per la predisposizione del disciplinare dei prodotti industriali e artigianali tipici, volte a valorizzare e favorire i processi di tutela degli stessi. 
Sono ammissibili al contributo le spese di consulenza professionale relative alla qualità e alle caratteristiche specifiche del prodotto finalizzate alla predisposizione, da parte dei soggetti beneficiari, del disciplinare di produzione dei prodotti industriali e artigianali tipici.

 

La domanda per ottenere il contributo deve avere ad oggetto la predisposizione del disciplinare.

È possibile presentare una sola domanda di contributo per ciascun disciplinare depositato, alla quale devono essere  allegati:

  • lo statuto e l’atto costitutivo o altra idonea documentazione da cui risulti il potere di rappresentanza di colui che sottoscrive la domanda ed il rispetto dei requisiti;

  • il disciplinare di produzione, unitamente alla ricevuta di deposito presso la Camera di commercio;

  • copia conforme dei titoli di spesa quietanzati.

La data di fatturazione della prima spesa sostenuta non può essere anteriore al 27 dicembre 2023, data di pubblicazione della Legge n. 206/2023.

Sono in ogni caso escluse le spese di consulenza professionale prestate da amministratori dell’associazione richiedente e qualsiasi forma di auto-fatturazione. 

 

Il contributo è concesso nella misura dell’80% delle spese sostenute e valutate ammissibili, fino a un importo massimo concedibile pari a 30.000,00 euro per ciascun soggetto beneficiario.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'8 luglio 2024, n. 158, il Decreto 11 giugno 2024 del Ministero delle imprese e del made in Italy che definisce i criteri per la concessione e l’erogazione del contributo statale destinato alle associazioni di produttori per le spese di consulenza tecnica sostenute per la predisposizione del disciplinare di produzione dei prodotti industriali e artigianali tipici.

La predisposizione del disciplinare sarà condizione necessaria, a partire dal 1 dicembre 2025, per la presentazione della domanda di registrazione di un’IGP anche per i prodotti artigianali e industriali. Questo nuovo titolo di proprietà industriale sarà valido in tutta l'UE, estendendo ai prodotti artigianali e industriali le stesse tutele previste per le indicazioni geografiche protette nel settore agroalimentare e consentirà di promuovere a livello internazionale i territori e le produzioni locali e regionali.

 

Il contributo è uno strumento volto a favorire l’accesso alla nuova tutela europea in materia di indicazioni geografiche protette, che comporterà ricadute positive sui produttori, sulle regioni in cui avvengono queste produzioni tipiche originali, e sui consumatori, che potranno beneficiare di prodotti identificati dal disciplinare di produzione, sui quali sarà apposto un logo comune per i prodotti IGP UE artigianali ed industriali.

 

I soggetti beneficiari del contributo sono, dunque, le associazioni dei produttori operanti in una determinata zona geografica, che possono essere costituite in qualsiasi forma giuridica purchè perseguano, tra gli scopi sociali, quello della valorizzazione del prodotto industriale e artigianale tipico oggetto del disciplinare, ai sensi e con i requisiti di cui all'articolo 44 della Legge n. 206/2023.

 

Costituiscono oggetto del contributo le spese sostenute per la predisposizione del disciplinare dei prodotti industriali e artigianali tipici, volte a valorizzare e favorire i processi di tutela degli stessi. 
Sono ammissibili al contributo le spese di consulenza professionale relative alla qualità e alle caratteristiche specifiche del prodotto finalizzate alla predisposizione, da parte dei soggetti beneficiari, del disciplinare di produzione dei prodotti industriali e artigianali tipici.

 

La domanda per ottenere il contributo deve avere ad oggetto la predisposizione del disciplinare.

È possibile presentare una sola domanda di contributo per ciascun disciplinare depositato, alla quale devono essere  allegati:

  • lo statuto e l'atto costitutivo o altra idonea documentazione da cui risulti il potere di rappresentanza di colui che sottoscrive la domanda ed il rispetto dei requisiti;

  • il disciplinare di produzione, unitamente alla ricevuta di deposito presso la Camera di commercio;

  • copia conforme dei titoli di spesa quietanzati.

La data di fatturazione della prima spesa sostenuta non può essere anteriore al 27 dicembre 2023, data di pubblicazione della Legge n. 206/2023.

Sono in ogni caso escluse le spese di consulenza professionale prestate da amministratori dell'associazione richiedente e qualsiasi forma di auto-fatturazione. 

 

Il contributo è concesso nella misura dell'80% delle spese sostenute e valutate ammissibili, fino a un importo massimo concedibile pari a 30.000,00 euro per ciascun soggetto beneficiario.

Errata fatturazione e accesso all’agevolazione fiscale nella misura del 110%

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti su come sanare l’errore di errata fatturazione al fine di conservare l’agevolazione fiscale nella misura del 110% (Agenzia delle entrate, risposta 9 luglio 2024, n. 146).

In tema di detrazioni, l’Agenzia delle entrate ha più volte ribadito che per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell’effettivo  pagamento.

In  caso di sconto ”integrale” in  fattura  (e,  dunque,  in  assenza  di  un  pagamento), occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore.

Laddove l’emissione della fattura per i servizi resi non sia contestuale al pagamento degli stessi (anche tramite riconoscimento dello sconto) e, pertanto, il documento indichi due diverse date, laddove la seconda sia rispettosa dei termini di legge, la fattura risulterà correttamente emessa e lo sconto applicato.

 

Ai fini, dunque, dell’individuazione del momento di sostenimento della spesa è possibile dare rilevanza alla data indicata in fattura, corrispondente all’effettuazione dell’operazione, sempreché la relativa fattura sia stata trasmessa allo SdI nei termini stabiliti e ricorrano gli ulteriori requisiti formali e sostanziali previsti dalla disciplina del ”Superbonus 110%”.

 

Nel caso di specie, la ditta fornitrice ha emesso tre fatture errate, praticando lo sconto sul solo imponibile, omettendo quindi di addebitare l’IVA in rivalsa.

Ai fini dell’applicazione dello sconto in fattura, per corrispettivo dovuto deve intendersi il valore totale della fattura, al lordo dell’IVA, e l’importo dello sconto non riduce la base imponibile e deve essere espressamente indicato nella fattura emessa a fronte degli interventi eseguiti.

Le successive note di debito prodotte per ”rettificare” le fatture errate sono state concretamente trasmesse allo SdI ed ”emesse” ben oltre il termine di 12 giorni. Tali nuove fatture hanno replicato pedissequamente le precedenti errate, ­salvo che per l’addebito dell’IVA in rivalsa, poi assorbito anch’esso dallo sconto  sicché le prime non sembrano essere state ”stornate” con una nota di credito ma solo duplicate, in violazione delle norme.

Stante quanto sopra, l’Agenzia ha chiarito che lo sconto in fattura sarà applicabile nella misura prevista per il 2024 (70%) osservando, tuttavia, che la sanatoria non consentirà di retrodatare l’efficacia delle fatture al fine di fruire dell’agevolazione in misura pari al 110%.

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti su come sanare l'errore di errata fatturazione al fine di conservare l'agevolazione fiscale nella misura del 110% (Agenzia delle entrate, risposta 9 luglio 2024, n. 146).

In tema di detrazioni, l'Agenzia delle entrate ha più volte ribadito che per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell'effettivo  pagamento.

In  caso di sconto ''integrale'' in  fattura  (e,  dunque,  in  assenza  di  un  pagamento), occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore.

Laddove l'emissione della fattura per i servizi resi non sia contestuale al pagamento degli stessi (anche tramite riconoscimento dello sconto) e, pertanto, il documento indichi due diverse date, laddove la seconda sia rispettosa dei termini di legge, la fattura risulterà correttamente emessa e lo sconto applicato.

 

Ai fini, dunque, dell'individuazione del momento di sostenimento della spesa è possibile dare rilevanza alla data indicata in fattura, corrispondente all'effettuazione dell'operazione, sempreché la relativa fattura sia stata trasmessa allo SdI nei termini stabiliti e ricorrano gli ulteriori requisiti formali e sostanziali previsti dalla disciplina del ''Superbonus 110%''.

 

Nel caso di specie, la ditta fornitrice ha emesso tre fatture errate, praticando lo sconto sul solo imponibile, omettendo quindi di addebitare l'IVA in rivalsa.

Ai fini dell'applicazione dello sconto in fattura, per corrispettivo dovuto deve intendersi il valore totale della fattura, al lordo dell'IVA, e l'importo dello sconto non riduce la base imponibile e deve essere espressamente indicato nella fattura emessa a fronte degli interventi eseguiti.

Le successive note di debito prodotte per ''rettificare'' le fatture errate sono state concretamente trasmesse allo SdI ed ''emesse'' ben oltre il termine di 12 giorni. Tali nuove fatture hanno replicato pedissequamente le precedenti errate, ­salvo che per l'addebito dell'IVA in rivalsa, poi assorbito anch'esso dallo sconto  sicché le prime non sembrano essere state ''stornate'' con una nota di credito ma solo duplicate, in violazione delle norme.

Stante quanto sopra, l'Agenzia ha chiarito che lo sconto in fattura sarà applicabile nella misura prevista per il 2024 (70%) osservando, tuttavia, che la sanatoria non consentirà di retrodatare l'efficacia delle fatture al fine di fruire dell'agevolazione in misura pari al 110%.

Credito d’imposta Transizione 5.0. dopo la conversione in legge del Decreto Coesione

Con la pubblicazione in G.U. della Legge 4 luglio 2024, n. 95, di conversione del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (Decreto Coesione), viene modificata la disciplina delle agevolazioni fiscali connesse al pacchetto Transizione 5.0.

L’articolo 38 del D.L. n. 19/2024 istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0, al fine di sostenere il processo di transizione digitale ed energetica delle imprese.

Ai sensi di tale articolo, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa, che dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, viene riconosciuto un credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta.

 

Tale credito d’imposta è riconosciuto nella misura:

  • del 35% del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;

  • nella misura del 15% del costo, per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;

  • nella misura del 5% del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Il comma 4-bis dell’articolo 15 del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (Decreto Coesione), inserito durante l’esame al Senato, modifica la suddetta disciplina delle agevolazioni fiscali connesse al pacchetto Transizione 5.0.

 

In particolare, con le modifiche introdotte viene precisato che sono ammessi al credito d’imposta Transizione 5.0 anche gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, anche a distanza

Con la pubblicazione in G.U. della Legge 4 luglio 2024, n. 95, di conversione del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (Decreto Coesione), viene modificata la disciplina delle agevolazioni fiscali connesse al pacchetto Transizione 5.0.

L’articolo 38 del D.L. n. 19/2024 istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0, al fine di sostenere il processo di transizione digitale ed energetica delle imprese.

Ai sensi di tale articolo, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, viene riconosciuto un credito d'imposta proporzionale alla spesa sostenuta.

 

Tale credito d'imposta è riconosciuto nella misura:

  • del 35% del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;

  • nella misura del 15% del costo, per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;

  • nella misura del 5% del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Il comma 4-bis dell’articolo 15 del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (Decreto Coesione), inserito durante l'esame al Senato, modifica la suddetta disciplina delle agevolazioni fiscali connesse al pacchetto Transizione 5.0.

 

In particolare, con le modifiche introdotte viene precisato che sono ammessi al credito d'imposta Transizione 5.0 anche gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all'esercizio d'impresa finalizzati all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all'autoconsumo, anche a distanza

Contratto a favore di terzo e richiesta di agevolazione “prima casa”

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all’agevolazione “prima casa” nel caso di Contratto a favore di terzo (Agenzia delle entrate, risposta 4 luglio 2024, n.145).

L’agevolazione ”prima casa” è disciplinata dalla Nota II-bis posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR.

Tale articolo prevede l’applicazione dell’aliquota del 2% per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione di categoria catastale diversa da A/1, A/8, A/9 e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza;

  • che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;

  • che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo.

Nelle ipotesi di acquisto da parte di un minore non emancipato, le dichiarazioni ai fini dell’agevolazione ”prima casa” possono essere rese dal genitore esercente la potestà sullo stesso, per conto del minore, in qualità di legale rappresentante del figlio.

 

Con riferimento alla fattispecie rappresentata nell’interpello, l’Agenzia delle entrate richiama la disposizione sul “contratto a favore di terzi” (articolo 1411 c.c.), a norma della quale è valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse.

Nelle ipotesi di acquisto immobiliare stipulato con ”contratto a favore di terzo”, dunque, il terzo consegue la titolarità dell’immobile, per effetto della stipulazione.

Tuttavia, fino a quando il terzo non dichiari di ”volerne profittare” tale acquisto non è definitivo, essendo suscettibile di revoca o modifica da parte dello stipulante o di rifiuto da parte del terzo. Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1411 del codice civile, infatti, la dichiarazione del terzo di ”volerne profittare” consolida l’acquisto in suo favore, impedendone la revoca o la modifica da parte dello stipulante.

Solo in tale circostanza, verificandosi la definitività dell’acquisto da parte del terzo, che con la dichiarazione di adesione rende irrevocabile l’acquisto, sussistono i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione.

In altri termini, qualora il terzo intenda fruire delle agevolazioni ”prima casa”, deve rendere, contestualmente alle dichiarazioni di cui alla Nota II-bis, anche la dichiarazione di ”voler profittare” della stipulazione in proprio favore, in modo da rendere definitivo il proprio acquisto.

 

Nel caso di specie, dunque, non avendo il terzo reso la dichiarazione divolere profittare“, in capo allo stesso non possono sussistere i requisiti per usufruire dell’agevolazione ”prima casa” al momento della stipula dell’atto.

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all'agevolazione "prima casa" nel caso di Contratto a favore di terzo (Agenzia delle entrate, risposta 4 luglio 2024, n.145).

L'agevolazione ''prima casa'' è disciplinata dalla Nota II-bis posta in calce all'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR.

Tale articolo prevede l'applicazione dell'aliquota del 2% per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione di categoria catastale diversa da A/1, A/8, A/9 e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall'acquisto la propria residenza;

  • che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;

  • che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo.

Nelle ipotesi di acquisto da parte di un minore non emancipato, le dichiarazioni ai fini dell'agevolazione ''prima casa'' possono essere rese dal genitore esercente la potestà sullo stesso, per conto del minore, in qualità di legale rappresentante del figlio.

 

Con riferimento alla fattispecie rappresentata nell'interpello, l'Agenzia delle entrate richiama la disposizione sul "contratto a favore di terzi" (articolo 1411 c.c.), a norma della quale è valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse.

Nelle ipotesi di acquisto immobiliare stipulato con ''contratto a favore di terzo'', dunque, il terzo consegue la titolarità dell'immobile, per effetto della stipulazione.

Tuttavia, fino a quando il terzo non dichiari di ''volerne profittare'' tale acquisto non è definitivo, essendo suscettibile di revoca o modifica da parte dello stipulante o di rifiuto da parte del terzo. Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1411 del codice civile, infatti, la dichiarazione del terzo di ''volerne profittare'' consolida l'acquisto in suo favore, impedendone la revoca o la modifica da parte dello stipulante.

Solo in tale circostanza, verificandosi la definitività dell'acquisto da parte del terzo, che con la dichiarazione di adesione rende irrevocabile l'acquisto, sussistono i presupposti per l'applicazione dell'agevolazione.

In altri termini, qualora il terzo intenda fruire delle agevolazioni ''prima casa'', deve rendere, contestualmente alle dichiarazioni di cui alla Nota II-bis, anche la dichiarazione di ''voler profittare'' della stipulazione in proprio favore, in modo da rendere definitivo il proprio acquisto.

 

Nel caso di specie, dunque, non avendo il terzo reso la dichiarazione di "volere profittare", in capo allo stesso non possono sussistere i requisiti per usufruire dell'agevolazione ''prima casa'' al momento della stipula dell'atto.

Rimborso delle spese sostenute dai dipendenti per l’attività sportiva praticata dai figli

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulla possibilità di far rientrare le spese sostenute dai dipendenti per l’attività sportiva praticata dai figli nell’ambito applicativo delle iniziative di welfare aziendale escluse da imposizione fiscale (Agenzia delle entrate, risposta 3 luglio 2024, n. 144).

L’articolo 51, comma 1, del TUIR prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Lo stesso articolo, al comma 2, lettera fbis), dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari

Successivamente il comma 190 della Legge n. 208/2015 ha esteso l’esenzione IRPEF per le somme, i servizi e le prestazioni per: la fruizione, da parte dei familiari, dei servizi di educazione e istruzione compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi anche se non inerenti alla frequenza degli asili nido; per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali.

La menzione delle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti completa la gamma dei benefit con finalità didattiche e di istruzione, per la cui definizione tornano utili i chiarimenti forniti dall’Agenzia con la circolare n. 23/2000, con la quale è stato precisato che rientrano nella lettera fbis) le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari.

In tale nozione possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.

Data l’ampia formulazione della lettera fbis), sono riconducibili alla norma il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l’offerta anche sotto forma di rimborso spese di servizi di babysitting.

 

In generale, con riferimento ai rimborsi per le spese sostenute per l’attività sportiva praticata dai familiari, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che detti rimborsi non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 51, comma 2, lettera fbis), del TUIR.

In altri termini, tale disposizione riguarda i servizi di educazione e istruzione resi nell’ambito scolastico e formativo, compresi i relativi ”servizi integrativi”.

Ne consegue che le spese per l’attività sportiva praticata dai familiari, solo se svolte nell’ambito di iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica possono rientrare nell’esclusione prevista dalla suddetta lettera fbis).

 

Pertanto, nel caso di specie, in cui una società dichiara l’intenzione di voler rimborsare le spese per attività sportive svolte dai figli dei dipendenti, non svolte nell’ambito di iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica, le somme rimborsate dal datore di lavoro dovranno essere assoggettate a tassazione ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR.

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulla possibilità di far rientrare le spese sostenute dai dipendenti per l'attività sportiva praticata dai figli nell'ambito applicativo delle iniziative di welfare aziendale escluse da imposizione fiscale (Agenzia delle entrate, risposta 3 luglio 2024, n. 144).

L'articolo 51, comma 1, del TUIR prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Lo stesso articolo, al comma 2, lettera fbis), dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari

Successivamente il comma 190 della Legge n. 208/2015 ha esteso l'esenzione IRPEF per le somme, i servizi e le prestazioni per: la fruizione, da parte dei familiari, dei servizi di educazione e istruzione compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi anche se non inerenti alla frequenza degli asili nido; per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali.

La menzione delle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti completa la gamma dei benefit con finalità didattiche e di istruzione, per la cui definizione tornano utili i chiarimenti forniti dall'Agenzia con la circolare n. 23/2000, con la quale è stato precisato che rientrano nella lettera fbis) le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari.

In tale nozione possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell'ambito scolastico.

Data l'ampia formulazione della lettera fbis), sono riconducibili alla norma il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d'istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l'offerta anche sotto forma di rimborso spese di servizi di babysitting.

 

In generale, con riferimento ai rimborsi per le spese sostenute per l'attività sportiva praticata dai familiari, l'Amministrazione finanziaria ha chiarito che detti rimborsi non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 51, comma 2, lettera fbis), del TUIR.

In altri termini, tale disposizione riguarda i servizi di educazione e istruzione resi nell'ambito scolastico e formativo, compresi i relativi ''servizi integrativi''.

Ne consegue che le spese per l'attività sportiva praticata dai familiari, solo se svolte nell'ambito di iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica possono rientrare nell'esclusione prevista dalla suddetta lettera fbis).

 

Pertanto, nel caso di specie, in cui una società dichiara l'intenzione di voler rimborsare le spese per attività sportive svolte dai figli dei dipendenti, non svolte nell'ambito di iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica, le somme rimborsate dal datore di lavoro dovranno essere assoggettate a tassazione ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del TUIR.