Regime fiscale neo residenti

I chiarimenti del Fisco sul regime opzionale di imposizione sostitutiva sui redditi prodotti all’estero dalle persone fisiche al ricorrere di specifiche condizioni (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 febbraio 2022, n. 83)

L’articolo 24-bis del Tuir prevede un regime opzionale di imposizione sostitutiva sui redditi prodotti all’estero dalle persone fisiche al ricorrere di specifiche condizioni. L’opzione si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui la persona fisica ha trasferito la residenza fiscale in Italia o della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo. I contribuenti che si avvalgono di tale regime sono tenuti a pagare un’imposta sostitutiva dell’Irpef calcolata forfettariamente nella misura di centomila euro per ogni anno d’imposta in cui è valida l’opzione, a prescindere dalla tipologia e dalla quantificazione dei redditi prodotti all’estero.
Tenuto conto che il contribuente, come sopra evidenziato, esercita l’opzione in sede di dichiarazione dei redditi riferita all’anno di trasferimento o all’anno successivo a quello di trasferimento, può accadere che il soggetto trasferisca la sua residenza fiscale in Italia con l’intenzione di optare per il regime in esame e che, già nell’anno di acquisizione della residenza nel territorio dello Stato, subisca ritenute in Italia per redditi di fonte estera che percepisce.
L’imposta già ritenuta nell’annualità di trasferimento della residenza può essere utilizzata in compensazione ovvero recuperata presentando istanza di rimborso. L’opzione per il regime consente di assoggettare a imposizione sostitutiva i soli redditi prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’articolo 165, comma 2, del Tuir. Quest’ultima disposizione stabilisce che «redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato». In sostanza, i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del Tuir per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato, applicati con un metodo rovesciato. Ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera c) del Tuir, si considerano prodotti in Italia i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato italiano. Il criterio di collegamento dei compensi percepiti dal lavoratore dipendente, pertanto, è costituito dal luogo in cui è svolta la prestazione lavorativa, con la conseguenza che risultano imponibili in Italia i soli compensi corrisposti per l’attività lavorativa svolta in Italia. Il reddito di lavoro dipendente prestato al di fuori del territorio italiano, da un soggetto che ha esercitato l’opzione di cui all’articolo 24-bis del Tuir, sarà considerato reddito prodotto all’estero. Pertanto, nel caso di un lavoratore dipendente che presti, in tutto o in parte, la sua attività lavorativa all’estero, il reddito imputabile all’attività effettuata all’estero rientrerà nella tassazione sostitutiva forfettaria. Al contrario, il reddito di lavoro dipendente prestato in Italia non rientra tra quelli per i quali si rende applicabile l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del Tuir, per cui deve essere assoggettato al regime ordinario dell’Irpef.
Con riferimento alla fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria in relazione ai primi due quesiti, tenuto conto che, come sopra evidenziato, l’opzione si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della persona fisica, si ritiene che il sostituto d’imposta possa applicare la ritenuta di cui all’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973 esclusivamente sui redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia, solo dopo l’esercizio dell’opzione in dichiarazione del dipendente. Tale conclusione è avvalorata da quanto affermato nella circolare n.17/E del 2017, seppur con riferimento ad altre tipologie reddituali, che “una volta esercitata l’opzione”, il soggetto che si avvale dell’imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 24-bis del Tuir può rilasciare un’apposita dichiarazione agli intermediari che eventualmente intervengono nella riscossione di redditi esteri i quali possono scegliere di non applicare alcuna imposta. Pertanto, le ritenute effettuate dal sostituto d’imposta in relazione ai redditi di lavoro dipendente prestato all’estero nel periodo d’imposta per il quale si intende esercitata l’opzione e prima dell’esercizio della stessa, potranno essere recuperate presentando istanza di rimborso nei termini previsti dall’articolo 38 del d.P.R. n. 602 del 1973. Al fine di non applicare la ritenuta sui redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero, il sostituto deve richiedere al dipendente la copia della dichiarazione dei redditi presentata dallo stesso in cui ha esercitato l’opzione e, per ogni anno di rinnovo della stessa, la copia del modello F24 con il quale è stata versata l’imposta sostitutiva. Come stabilito dal Provvedimento, infatti, l’opzione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, a meno che non intervenga un’ipotesi di cessazione degli effetti, di revoca dell’opzione stessa o di decadenza dal regime. Con riferimento al terzo quesito, al fine di individuare la quota parte prodotta all’estero e da assoggettare al regime di imposizione sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del Tuir occorrerà fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante il quale la prestazione è stata esercitata nel Paese estero ed il numero totale dei giorni in cui essa è stata fornita, fermo restando che il numero dei giorni indicati al numeratore e al denominatore del rapporto deve essere individuato con criteri omogenei. Per quanto riguarda, invece, le giornate di ferie, le festività, i riposi settimanali, nonché gli altri giorni non lavorativi, compresi i giorni di malattia o di infortunio, si ritiene che tali giornate, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorse, rilevano ai fini della determinazione della quota parte di compenso riferibile alle prestazioni svolte in Italia. In merito alla questione su dove debba essere considerato prodotto il reddito nel giorno in cui il dipendente effettua i trasferimenti da o per l’Italia si ritiene che sia sufficiente la presenza fisica in Italia per quel giorno per considerare tale giorno come “giorno lavorativo italiano”. In relazione ai giorni trascorsi all’estero, salvo specifica documentabile comprovante l’effettivo svolgimento all’estero dell’attività lavorativa in argomento, i redditi conseguiti dai dipendenti devono essere considerati come prodotti in Italia, venendo pertanto tassati in base alle ordinarie disposizioni vigenti per i soggetti residenti e restando, quindi, esclusi dall’assoggettamento all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del Tuir. Con riferimento al quarto quesito relativo ai bonus che prevedono un’assegnazione del diritto di ricevere gli stessi in un determinato anno (Grant),mentre l’effettiva erogazione avviene solo dopo diversi anni in base alla lunghezza del piano (Vesting) e solo al raggiungimento di determinate performance sia personali che di gruppo, come chiarito nella citata circolare n. 17/E del 2017, al fine di individuare il reddito che si considera prodotto all’estero, occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante i quali la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il numero totale dei giorni necessari ad acquisire il diritto a ricevere le azioni.
Pertanto, sul punto si ritiene condivisibile la soluzione prospettata dal contribuente in relazione all’individuazione del “criterio che preveda il conteggio su tutti i giorni di calendario e non unicamente sui giorni che si ritengono convenzionalmente lavorativi utilizzando pertanto al denominatore 365 giorni annui”. Con riferimento, infine, agli obblighi del sostituto d’imposta, si osserva che ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’Istante che corrisponde i redditi di lavoro dipendente deve operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa. In capo al sostituto d’imposta sussiste, dunque, un obbligo di effettuare la ritenuta della cui determinazione è responsabile, pertanto, non si ritiene che il sostituto possa essere sollevato da tale responsabilità attraverso un’autocertificazione del lavoratore dei giorni di lavoro prestati all’estero.

I chiarimenti del Fisco sul regime opzionale di imposizione sostitutiva sui redditi prodotti all'estero dalle persone fisiche al ricorrere di specifiche condizioni (AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 14 febbraio 2022, n. 83)

L'articolo 24-bis del Tuir prevede un regime opzionale di imposizione sostitutiva sui redditi prodotti all'estero dalle persone fisiche al ricorrere di specifiche condizioni. L'opzione si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui la persona fisica ha trasferito la residenza fiscale in Italia o della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta successivo. I contribuenti che si avvalgono di tale regime sono tenuti a pagare un'imposta sostitutiva dell'Irpef calcolata forfettariamente nella misura di centomila euro per ogni anno d'imposta in cui è valida l'opzione, a prescindere dalla tipologia e dalla quantificazione dei redditi prodotti all'estero.
Tenuto conto che il contribuente, come sopra evidenziato, esercita l'opzione in sede di dichiarazione dei redditi riferita all'anno di trasferimento o all'anno successivo a quello di trasferimento, può accadere che il soggetto trasferisca la sua residenza fiscale in Italia con l'intenzione di optare per il regime in esame e che, già nell'anno di acquisizione della residenza nel territorio dello Stato, subisca ritenute in Italia per redditi di fonte estera che percepisce.
L'imposta già ritenuta nell'annualità di trasferimento della residenza può essere utilizzata in compensazione ovvero recuperata presentando istanza di rimborso. L'opzione per il regime consente di assoggettare a imposizione sostitutiva i soli redditi prodotti all'estero, individuati ai sensi dell'articolo 165, comma 2, del Tuir. Quest'ultima disposizione stabilisce che «redditi si considerano prodotti all'estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato». In sostanza, i redditi si considerano prodotti all'estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall'articolo 23 del Tuir per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato, applicati con un metodo rovesciato. Ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera c) del Tuir, si considerano prodotti in Italia i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato italiano. Il criterio di collegamento dei compensi percepiti dal lavoratore dipendente, pertanto, è costituito dal luogo in cui è svolta la prestazione lavorativa, con la conseguenza che risultano imponibili in Italia i soli compensi corrisposti per l'attività lavorativa svolta in Italia. Il reddito di lavoro dipendente prestato al di fuori del territorio italiano, da un soggetto che ha esercitato l'opzione di cui all'articolo 24-bis del Tuir, sarà considerato reddito prodotto all'estero. Pertanto, nel caso di un lavoratore dipendente che presti, in tutto o in parte, la sua attività lavorativa all'estero, il reddito imputabile all'attività effettuata all'estero rientrerà nella tassazione sostitutiva forfettaria. Al contrario, il reddito di lavoro dipendente prestato in Italia non rientra tra quelli per i quali si rende applicabile l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 24-bis del Tuir, per cui deve essere assoggettato al regime ordinario dell'Irpef.
Con riferimento alla fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria in relazione ai primi due quesiti, tenuto conto che, come sopra evidenziato, l'opzione si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della persona fisica, si ritiene che il sostituto d'imposta possa applicare la ritenuta di cui all'articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973 esclusivamente sui redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia, solo dopo l'esercizio dell'opzione in dichiarazione del dipendente. Tale conclusione è avvalorata da quanto affermato nella circolare n.17/E del 2017, seppur con riferimento ad altre tipologie reddituali, che "una volta esercitata l'opzione", il soggetto che si avvale dell'imposta sostitutiva ai sensi dell'articolo 24-bis del Tuir può rilasciare un'apposita dichiarazione agli intermediari che eventualmente intervengono nella riscossione di redditi esteri i quali possono scegliere di non applicare alcuna imposta. Pertanto, le ritenute effettuate dal sostituto d'imposta in relazione ai redditi di lavoro dipendente prestato all'estero nel periodo d'imposta per il quale si intende esercitata l'opzione e prima dell'esercizio della stessa, potranno essere recuperate presentando istanza di rimborso nei termini previsti dall'articolo 38 del d.P.R. n. 602 del 1973. Al fine di non applicare la ritenuta sui redditi di lavoro dipendente prodotti all'estero, il sostituto deve richiedere al dipendente la copia della dichiarazione dei redditi presentata dallo stesso in cui ha esercitato l'opzione e, per ogni anno di rinnovo della stessa, la copia del modello F24 con il quale è stata versata l'imposta sostitutiva. Come stabilito dal Provvedimento, infatti, l'opzione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, a meno che non intervenga un'ipotesi di cessazione degli effetti, di revoca dell'opzione stessa o di decadenza dal regime. Con riferimento al terzo quesito, al fine di individuare la quota parte prodotta all'estero e da assoggettare al regime di imposizione sostitutiva di cui all'articolo 24-bis del Tuir occorrerà fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante il quale la prestazione è stata esercitata nel Paese estero ed il numero totale dei giorni in cui essa è stata fornita, fermo restando che il numero dei giorni indicati al numeratore e al denominatore del rapporto deve essere individuato con criteri omogenei. Per quanto riguarda, invece, le giornate di ferie, le festività, i riposi settimanali, nonché gli altri giorni non lavorativi, compresi i giorni di malattia o di infortunio, si ritiene che tali giornate, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorse, rilevano ai fini della determinazione della quota parte di compenso riferibile alle prestazioni svolte in Italia. In merito alla questione su dove debba essere considerato prodotto il reddito nel giorno in cui il dipendente effettua i trasferimenti da o per l'Italia si ritiene che sia sufficiente la presenza fisica in Italia per quel giorno per considerare tale giorno come "giorno lavorativo italiano". In relazione ai giorni trascorsi all'estero, salvo specifica documentabile comprovante l'effettivo svolgimento all'estero dell'attività lavorativa in argomento, i redditi conseguiti dai dipendenti devono essere considerati come prodotti in Italia, venendo pertanto tassati in base alle ordinarie disposizioni vigenti per i soggetti residenti e restando, quindi, esclusi dall'assoggettamento all'imposta sostitutiva di cui all'articolo 24-bis del Tuir. Con riferimento al quarto quesito relativo ai bonus che prevedono un'assegnazione del diritto di ricevere gli stessi in un determinato anno (Grant),mentre l'effettiva erogazione avviene solo dopo diversi anni in base alla lunghezza del piano (Vesting) e solo al raggiungimento di determinate performance sia personali che di gruppo, come chiarito nella citata circolare n. 17/E del 2017, al fine di individuare il reddito che si considera prodotto all'estero, occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante i quali la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il numero totale dei giorni necessari ad acquisire il diritto a ricevere le azioni.
Pertanto, sul punto si ritiene condivisibile la soluzione prospettata dal contribuente in relazione all'individuazione del "criterio che preveda il conteggio su tutti i giorni di calendario e non unicamente sui giorni che si ritengono convenzionalmente lavorativi utilizzando pertanto al denominatore 365 giorni annui". Con riferimento, infine, agli obblighi del sostituto d'imposta, si osserva che ai sensi dell'articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l'Istante che corrisponde i redditi di lavoro dipendente deve operare all'atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa. In capo al sostituto d'imposta sussiste, dunque, un obbligo di effettuare la ritenuta della cui determinazione è responsabile, pertanto, non si ritiene che il sostituto possa essere sollevato da tale responsabilità attraverso un'autocertificazione del lavoratore dei giorni di lavoro prestati all'estero.

Agevolazione aziende agricole montane: formazione progressiva del compendio unico

Ai fini del riconoscimento dell’esenzione da imposta di registro ed ipo-catastale in favore delle aziende agricole montane in relazione all’acquisto di un terreno agricolo, il requisito oggettivo dell’estensione minima del compendio unico può essere integrato con formazione progressiva, stante la “ratio” della normativa volta a favorire l’accorpamento fondiario. (Corte di Cassazione – Ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4416).

La questione riguarda l’applicazione dell’esenzione da imposta di registro ed ipo-catastale agli atti di acquisto di terreni agricoli in relazione ai quali l’imprenditore agricolo professionale si impegni a costituire un compendio unico con gli altri fondi rustici posseduti, e a coltivarlo o a condurlo direttamente professionale per un periodo di almeno dieci anni.
Nel caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto l’esenzione, recuperato l’imposta proporzionale di registro ed ipo-catastale.
Su ricorso del contribuente, i giudici tributari hanno disposto l’annullamento dell’atto, rilevando:
– il possesso del requisito soggettivo, la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) già al momento dell’acquisto (risultante dalla certificazione rilasciata dall’Ispettorato Provinciale Agrario, dalle dichiarazioni dei redditi e dalla documentazione Inps);
– l’integrazione del requisito oggettivo, derivante dalla coltivazione diretta del fondo acquistato assieme agli altri fondi rustici posseduti (con reddito prevalente rinveniente dall’attività di agricoltore professionale), dovendo ritenere ammessa l’integrazione del “compendio unico” mediante acquisti progressivi di ulteriori terreni fino al raggiungimento del minimo livello reddituale.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate sostenendo che, ai fini dell’agevolazione, il compendio unico non possa essere costituito “con atti progressivi” fino al raggiungimento del minimo reddituale, e il contribuente non possa fruire dell’esenzione semplicemente “impegnandosI” alla costituzione del compendio unico a prescindere dal possesso attuale dell’estensione di terreno idonea al raggiungimento del minimo di redditività.

In base alla disciplina agevolativa, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente dall’imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere.
Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l’estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dalla normativa europea.
I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro, purché funzionali all’esercizio dell’impresa agricola.

Rispetto alla controversia esaminata, la Corte Suprema ha confermato la decisione dei giudici tributari sulla base delle seguenti osservazioni.
Constatato il possesso del requisito soggettivo di esenzione, costituito dalla qualità di coltivatore diretto o IAP, la costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento; in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l’atto di acquisto o trasferimento, ridotti ad 1/6, senza alcuna maggiorazione. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell’atto pubblico.
I giudici della Suprema Corte hanno precisato che le disposizioni normative non escludono la possibilità di formazione progressiva della estensione agraria e reddituale suscettibile di integrare il requisito minimo del “compendio unico” e, al contempo, subordinano il riconoscimento del regime fiscale di favore all’impegno in tal senso manifestato in atto dall’acquirente.
Pertanto, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni (esenzione da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere) in favore delle aziende agricole montane, il requisito oggettivo dell’estensione minima del compendio unico può essere integrato con formazione progressiva, stante il dato letterale e la “ratio” ispiratrice della normativa, volta a favorire l’accorpamento fondiario. Il beneficio è condizionato, a pena di decadenza, non solo all’impegno del richiedente di costituire un unico compendio immobiliare e di coltivarlo e condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento, ma anche alla sussistenza in capo allo stesso del requisito soggettivo di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo sin dal momento del rogito. Ciò in quanto, diversamente, le evasioni di imposta sarebbero favorite dal procrastinarsi “sine die” del termine per l’acquisizione della capacità professionale idonea ad assicurare al bene un’adeguata produttività, che costituisce “ratio” dell’agevolazione, la cui portata, considerata la natura agevolativa della norma, deve ritenersi di stretta interpretazione.

Ai fini del riconoscimento dell’esenzione da imposta di registro ed ipo-catastale in favore delle aziende agricole montane in relazione all’acquisto di un terreno agricolo, il requisito oggettivo dell'estensione minima del compendio unico può essere integrato con formazione progressiva, stante la "ratio" della normativa volta a favorire l'accorpamento fondiario. (Corte di Cassazione - Ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4416).

La questione riguarda l’applicazione dell’esenzione da imposta di registro ed ipo-catastale agli atti di acquisto di terreni agricoli in relazione ai quali l’imprenditore agricolo professionale si impegni a costituire un compendio unico con gli altri fondi rustici posseduti, e a coltivarlo o a condurlo direttamente professionale per un periodo di almeno dieci anni.
Nel caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto l’esenzione, recuperato l’imposta proporzionale di registro ed ipo-catastale.
Su ricorso del contribuente, i giudici tributari hanno disposto l’annullamento dell’atto, rilevando:
- il possesso del requisito soggettivo, la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) già al momento dell'acquisto (risultante dalla certificazione rilasciata dall'Ispettorato Provinciale Agrario, dalle dichiarazioni dei redditi e dalla documentazione Inps);
- l’integrazione del requisito oggettivo, derivante dalla coltivazione diretta del fondo acquistato assieme agli altri fondi rustici posseduti (con reddito prevalente rinveniente dall'attività di agricoltore professionale), dovendo ritenere ammessa l'integrazione del "compendio unico" mediante acquisti progressivi di ulteriori terreni fino al raggiungimento del minimo livello reddituale.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate sostenendo che, ai fini dell’agevolazione, il compendio unico non possa essere costituito "con atti progressivi" fino al raggiungimento del minimo reddituale, e il contribuente non possa fruire dell'esenzione semplicemente "impegnandosI" alla costituzione del compendio unico a prescindere dal possesso attuale dell'estensione di terreno idonea al raggiungimento del minimo di redditività.

In base alla disciplina agevolativa, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente dall’imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere.
Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dalla normativa europea.
I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro, purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola.

Rispetto alla controversia esaminata, la Corte Suprema ha confermato la decisione dei giudici tributari sulla base delle seguenti osservazioni.
Constatato il possesso del requisito soggettivo di esenzione, costituito dalla qualità di coltivatore diretto o IAP, la costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento; in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento, ridotti ad 1/6, senza alcuna maggiorazione. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell'atto pubblico.
I giudici della Suprema Corte hanno precisato che le disposizioni normative non escludono la possibilità di formazione progressiva della estensione agraria e reddituale suscettibile di integrare il requisito minimo del "compendio unico" e, al contempo, subordinano il riconoscimento del regime fiscale di favore all’impegno in tal senso manifestato in atto dall’acquirente.
Pertanto, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni (esenzione da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere) in favore delle aziende agricole montane, il requisito oggettivo dell'estensione minima del compendio unico può essere integrato con formazione progressiva, stante il dato letterale e la "ratio" ispiratrice della normativa, volta a favorire l'accorpamento fondiario. Il beneficio è condizionato, a pena di decadenza, non solo all'impegno del richiedente di costituire un unico compendio immobiliare e di coltivarlo e condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento, ma anche alla sussistenza in capo allo stesso del requisito soggettivo di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo sin dal momento del rogito. Ciò in quanto, diversamente, le evasioni di imposta sarebbero favorite dal procrastinarsi "sine die" del termine per l'acquisizione della capacità professionale idonea ad assicurare al bene un'adeguata produttività, che costituisce "ratio" dell'agevolazione, la cui portata, considerata la natura agevolativa della norma, deve ritenersi di stretta interpretazione.

Obbligo formativo datoriale in caso di infortunio sul lavoro

L’imprenditore ha l’obbligo di adottare nell’esercizio dell’impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori (Corte di cassazione – sentenza 02 febbraio 2022, n. 3167).

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del datore di lavoro in quanto nel caso di specie ha solo in parte adempiuto agli obblighi formativi del personale per ciò che concerneva l’uso degli strumenti di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, non avendo dimostrato il loro assolvimento anche in ordine alle attività di taglio dei rami da effettuare a terra senza impiego di motosega, che costituiva l’occasione di lavoro nel cui ambito era occorso l’infortunio, e che, comunque, non avesse efficacemente vigilato affinché i lavoratori rispettassero le norme di sicurezza.

L’obbligo di dotare di occhiali, visiere o schermi appropriati i lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per proiezioni di schegge o di materiali comunque dannosi era posto, al tempo dei fatti per cui è causa, dall’art. 382, D. P.R. n. 547/1955; a riguardo è sufficiente al riguardo ricordare che la responsabilità dell’imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, quando non siano rinvenibili norme specifiche, discende pur sempre dalla norma di ordine generale di cui all’art. 2087 c.c., che impone all’imprenditore l’obbligo di adottare nell’esercizio dell’impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori.

Nel caso di specie, gli obblighi formativi ai fini della prevenzione antinfortunistica erano stati assolti solo con riguardo al corretto utilizzo della motosega (e non anche per il taglio dei rami da eseguire a terra senza l’ausilio di mezzi motorizzati) ed era mancata un’efficace vigilanza sull’impiego dei dispositivi di protezione da parte dei lavoratori, nonostante essi fossero adusi a togliere il casco di protezione in presenza di elevate temperature all’esterno.

L'imprenditore ha l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori (Corte di cassazione - sentenza 02 febbraio 2022, n. 3167).

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del datore di lavoro in quanto nel caso di specie ha solo in parte adempiuto agli obblighi formativi del personale per ciò che concerneva l'uso degli strumenti di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, non avendo dimostrato il loro assolvimento anche in ordine alle attività di taglio dei rami da effettuare a terra senza impiego di motosega, che costituiva l'occasione di lavoro nel cui ambito era occorso l'infortunio, e che, comunque, non avesse efficacemente vigilato affinché i lavoratori rispettassero le norme di sicurezza.

L'obbligo di dotare di occhiali, visiere o schermi appropriati i lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per proiezioni di schegge o di materiali comunque dannosi era posto, al tempo dei fatti per cui è causa, dall'art. 382, D. P.R. n. 547/1955; a riguardo è sufficiente al riguardo ricordare che la responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore, quando non siano rinvenibili norme specifiche, discende pur sempre dalla norma di ordine generale di cui all'art. 2087 c.c., che impone all'imprenditore l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori.

Nel caso di specie, gli obblighi formativi ai fini della prevenzione antinfortunistica erano stati assolti solo con riguardo al corretto utilizzo della motosega (e non anche per il taglio dei rami da eseguire a terra senza l'ausilio di mezzi motorizzati) ed era mancata un'efficace vigilanza sull'impiego dei dispositivi di protezione da parte dei lavoratori, nonostante essi fossero adusi a togliere il casco di protezione in presenza di elevate temperature all'esterno.

Emergenza Covid-19: sciolti i dubbi su quarantena e validità Green pass

Forniti chiarimenti sull’aggiornamento delle misure di quarantena e delle validità e durata delle Certificazioni verdi Covid-19, modificati con l’emanazione del D.L. n. 5/2022 (Ministero Interno – circolare 09 febbraio 2022, n. 2814).

In base a quanto previsto dagli aggiornamenti normativi, per i soggetti che abbiano completato il ciclo vaccinale primario e che abbiano effettuato la dose di richiamo (c.d. booster), la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass rafforzato) viene rilasciata a far data dalla somministrazione della dose booster medesima e non ha termine di validità.

Nei soggetti risultati positivi alla rilevazione del virus SARS-CoV-2 dopo il completamento del ciclo vaccinale primario (seconda dose per i vaccini a doppia somministrazione, dose unica per i vaccini a singola somministrazione) ovvero successivamente all’effettuazione della dose di richiamo (c.d. booster), la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass rafforzato) viene rilasciata a decorrere dal l’avvenuta guarigione e non ha termine di validità.

Nei soggetti risultati positivi alla rilevazione del virus SARS-CoV-2 oltre il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino (per i vaccini a doppia somministrazione), la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass rafforzato) ha validità di sei mesi a decorrere dall’avvenuta guarigione.

Forniti chiarimenti sull’aggiornamento delle misure di quarantena e delle validità e durata delle Certificazioni verdi Covid-19, modificati con l’emanazione del D.L. n. 5/2022 (Ministero Interno - circolare 09 febbraio 2022, n. 2814).

In base a quanto previsto dagli aggiornamenti normativi, per i soggetti che abbiano completato il ciclo vaccinale primario e che abbiano effettuato la dose di richiamo (c.d. booster), la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass rafforzato) viene rilasciata a far data dalla somministrazione della dose booster medesima e non ha termine di validità.

Nei soggetti risultati positivi alla rilevazione del virus SARS-CoV-2 dopo il completamento del ciclo vaccinale primario (seconda dose per i vaccini a doppia somministrazione, dose unica per i vaccini a singola somministrazione) ovvero successivamente all’effettuazione della dose di richiamo (c.d. booster), la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass rafforzato) viene rilasciata a decorrere dal l’avvenuta guarigione e non ha termine di validità.

Nei soggetti risultati positivi alla rilevazione del virus SARS-CoV-2 oltre il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino (per i vaccini a doppia somministrazione), la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass rafforzato) ha validità di sei mesi a decorrere dall’avvenuta guarigione.

Accantonamento del versamento al Fondo sanitario CCNL Farmacie

 

Il contributo mensile di 13 euro a carico del datore di lavoro per l’assistenza sanitaria integrativa dei farmacisti deve essere accantonato per poi essere riversato al fondo di assistenza.

Com’è noto, l’Accordo 7 settembre 2021, ha istituito l’assistenza sanitaria integrativa per tutti i lavoratori delle farmacie private, finanziata tramite un contributo, a decorrere dall’1/11/2021, pari a 13 euro mensili, per 12 mensilità e non computabile nel TFR, a carico del datore di lavoro.
I contributi sono versati con la periodicità e le modalità stabilite dal regolamento della assistenza sanitaria integrativa.

Le Parti si danno atto che nella determinazione della parte normativa/economica del presente CCNL si è tenuto conto dell’incidenza dei contributi dovuti per l’assistenza sanitaria integrativa.
Il trattamento economico complessivo previsto dal CCNL risulta, pertanto, comprensivo di tali contributi, che sono da considerarsi parte integrante del trattamento economico. Il contributo è sostitutivo di un equivalente aumento salariale contrattuale ed assume, pertanto, valenza normativa per tutti coloro che applicano a qualsiasi titolo il presente CCNL, totalmente o parzialmente.
Conseguentemente, i lavoratori hanno diritto all’erogazione delle prestazioni sanitarie. Il diritto del lavoratore all’assistenza sanitaria integrativa è irrinunciabile.
In applicazione del predetto Accordo, lo scorso mese di dicembre Federfarma e le OO.SS. dei lavoratori, allo scopo di dare avvio all’operatività del sistema di assistenza sanitaria integrativa, hanno convenuto e attivato la procedura propedeutica alla realizzazione, nei tempi tecnici strettamente necessari,  di quanto previsto dall’Accordo predetto.
Pertanto, nel frattempo, il contributo mensile di 13 euro a carico del datore di lavoro, previsto dall’Accordo di rinnovo per l’assistenza sanitaria integrativa dei lavoratori,  non va erogato al lavoratore, ma deve essere accantonato, per poi essere riversato al fondo di assistenza, secondo le modalità e i termini che presto saranno indicati.

 

Il contributo mensile di 13 euro a carico del datore di lavoro per l’assistenza sanitaria integrativa dei farmacisti deve essere accantonato per poi essere riversato al fondo di assistenza.

Com’è noto, l’Accordo 7 settembre 2021, ha istituito l’assistenza sanitaria integrativa per tutti i lavoratori delle farmacie private, finanziata tramite un contributo, a decorrere dall’1/11/2021, pari a 13 euro mensili, per 12 mensilità e non computabile nel TFR, a carico del datore di lavoro.
I contributi sono versati con la periodicità e le modalità stabilite dal regolamento della assistenza sanitaria integrativa.

Le Parti si danno atto che nella determinazione della parte normativa/economica del presente CCNL si è tenuto conto dell’incidenza dei contributi dovuti per l’assistenza sanitaria integrativa.
Il trattamento economico complessivo previsto dal CCNL risulta, pertanto, comprensivo di tali contributi, che sono da considerarsi parte integrante del trattamento economico. Il contributo è sostitutivo di un equivalente aumento salariale contrattuale ed assume, pertanto, valenza normativa per tutti coloro che applicano a qualsiasi titolo il presente CCNL, totalmente o parzialmente.
Conseguentemente, i lavoratori hanno diritto all’erogazione delle prestazioni sanitarie. Il diritto del lavoratore all’assistenza sanitaria integrativa è irrinunciabile.
In applicazione del predetto Accordo, lo scorso mese di dicembre Federfarma e le OO.SS. dei lavoratori, allo scopo di dare avvio all'operatività del sistema di assistenza sanitaria integrativa, hanno convenuto e attivato la procedura propedeutica alla realizzazione, nei tempi tecnici strettamente necessari,  di quanto previsto dall'Accordo predetto.
Pertanto, nel frattempo, il contributo mensile di 13 euro a carico del datore di lavoro, previsto dall’Accordo di rinnovo per l’assistenza sanitaria integrativa dei lavoratori,  non va erogato al lavoratore, ma deve essere accantonato, per poi essere riversato al fondo di assistenza, secondo le modalità e i termini che presto saranno indicati.

No all’IRAP per l’attività professionale di regista/autore di programmi televisivi

L’attività artistica costituisce un elemento presuntivo idoneo a sorreggere l’apprezzamento secondo cui il contribuente risulta contare esclusivamente sulle proprie capacità professionali, nonostante la produzione di un reddito cospicuo (CORTE DI CASSAZIONE – Sez. trib. – Sentenza 28 gennaio 2022, n. 2614).

Il contribuente, autore e regista di spettacoli e programmi televisivi, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che, confermando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato il ricorso introduttivo del contribuente avverso gli avvisi di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate aveva determinato gli importi dovuti a titolo di Irap, oltre che gli interessi e le sanzioni. L’Ufficio aveva fondato gli atti impositivi sull’esistenza di una organizzazione autonoma facente capo allo stesso.
Il ricorrente, che riteneva di non essere soggetto fiscale sottoposto ad Irap, esercitando la propria attività senza disporre di autonoma organizzazione, aveva adito la Commissione tributaria provinciale di Mantova, che con sentenza n. aveva rigettato il ricorso. Anche l’appello proposto dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia era stato rigettato. Nella sentenza ora impugnata dinanzi a questa Corte il giudice regionale, dopo aver respinto l’eccezione di nullità della decisione di primo grado, ha ritenuto che il regista/autore esercitasse la propria attività avvalendosi di una organizzazione complessa per beni strumentali e collaborazione di terzi, di cui era responsabile.
Il ricorrente ha censurato la pronuncia affidandosi ad un unico motivo, cui ha resistito l’Amministrazione finanziaria.
In tema di IRAP, l’attività artistica costituisce elemento presuntivo idoneo a sorreggere l’apprezzamento secondo cui II contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, presunzione che, al fine del riconoscimento della soggettività passiva al tributo, non è superabile per il mero concorso di cospicui investimenti alla produzione del reddito, quando comunque indispensabili all’esercizio dell’attività artistica, né per il solo fatto che l’esercente si sia avvalso di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, perché in ordine all’accertamento della esistenza di una autonoma organizzazione occorre una indagine estesa alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo, indispensabile ad escludere il mero intento agevolativo alle modalità di svolgimento dell’attività professionale.
In base a tale principio, la Suprema Corte accoglie il ricorso del contribuente e per l’effetto la sentenza va cassata, con rinvio del processo alla Commissione tributaria regionale della Lombardia perché, in diversa composizione, dovrà procedere ad un nuovo esame.

 

L'attività artistica costituisce un elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente risulta contare esclusivamente sulle proprie capacità professionali, nonostante la produzione di un reddito cospicuo (CORTE DI CASSAZIONE - Sez. trib. - Sentenza 28 gennaio 2022, n. 2614).

Il contribuente, autore e regista di spettacoli e programmi televisivi, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che, confermando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato il ricorso introduttivo del contribuente avverso gli avvisi di accertamento, con cui l'Agenzia delle entrate aveva determinato gli importi dovuti a titolo di Irap, oltre che gli interessi e le sanzioni. L'Ufficio aveva fondato gli atti impositivi sull'esistenza di una organizzazione autonoma facente capo allo stesso.
Il ricorrente, che riteneva di non essere soggetto fiscale sottoposto ad Irap, esercitando la propria attività senza disporre di autonoma organizzazione, aveva adito la Commissione tributaria provinciale di Mantova, che con sentenza n. aveva rigettato il ricorso. Anche l'appello proposto dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia era stato rigettato. Nella sentenza ora impugnata dinanzi a questa Corte il giudice regionale, dopo aver respinto l'eccezione di nullità della decisione di primo grado, ha ritenuto che il regista/autore esercitasse la propria attività avvalendosi di una organizzazione complessa per beni strumentali e collaborazione di terzi, di cui era responsabile.
Il ricorrente ha censurato la pronuncia affidandosi ad un unico motivo, cui ha resistito l'Amministrazione finanziaria.
In tema di IRAP, l'attività artistica costituisce elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui II contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, presunzione che, al fine del riconoscimento della soggettività passiva al tributo, non è superabile per il mero concorso di cospicui investimenti alla produzione del reddito, quando comunque indispensabili all'esercizio dell'attività artistica, né per il solo fatto che l'esercente si sia avvalso di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, perché in ordine all'accertamento della esistenza di una autonoma organizzazione occorre una indagine estesa alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo, indispensabile ad escludere il mero intento agevolativo alle modalità di svolgimento dell'attività professionale.
In base a tale principio, la Suprema Corte accoglie il ricorso del contribuente e per l'effetto la sentenza va cassata, con rinvio del processo alla Commissione tributaria regionale della Lombardia perché, in diversa composizione, dovrà procedere ad un nuovo esame.

 

Tutela Inps per i lavoratori in quarantena e c.d. fragili

L’Inps con messaggio n. 679/2022 ha considerato le tutele previdenziali per i lavoratori in quarantena e per i lavoratori c.d. fragili.

Per l’anno 2022, il legislatore ha previsto, al comma 1 dell’art. 17 del decreto-legge n. 221/2021, la proroga unicamente delle disposizioni di cui al comma 2/bis dell’art. 26 del decreto-legge n. 18/2020, che attengono alla modalità di svolgimento dell’attività di lavoro per i soggetti c.d. fragili ed ha disposto che “con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione, sono individuate le patologie in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa è normalmente svolta, secondo la disciplina definita nei Contratti collettivi, ove presente, in modalità agile”. Si tratta, tuttavia, di aspetti giuslavoristici e contrattuali che non rientrano tra le competenze dell’Istituto.
Considerato quanto sopra esposto, per l’anno 2022 non è possibile il riconoscimento delle indennità economiche per gli eventi riferiti alla quarantena e alla tutela dei lavoratori c.d. fragili.
Per gli eventi a cavallo degli anni 2021 e 2022, il riconoscimento delle tutele in argomento, nei confronti delle medesime categorie di lavoratori di cui sopra, potrà essere assicurato nei limiti delle risorse disponibili, per le sole giornate del 2021.
Sotto il profilo gestionale, a fronte di quanto riportato nel paragrafo precedente ed al fine di consentire comunque l’individuazione dei certificati afferenti alle tutele da COVID-19 in oggetto eventualmente prodotti dai lavoratori assicurati, per i quali non è possibile riconoscere le tutele in commento per l’anno 2022, è necessario che gli Uffici medico legali delle Strutture Inps territorialmente competenti proseguano con la consueta trattazione dei suddetti certificati di malattia, apponendo le relative codifiche o valutazioni e che gli operatori amministrativi con funzioni sanitarie procedano all’acquisizione dei certificati cartacei.
Per gli eventi in parola riferiti alle categorie di lavoratori per le quali è previsto il pagamento diretto dell’indennità di malattia, le procedure di gestione sono state aggiornate secondo le disposizioni illustrate.

L’Inps con messaggio n. 679/2022 ha considerato le tutele previdenziali per i lavoratori in quarantena e per i lavoratori c.d. fragili.

Per l'anno 2022, il legislatore ha previsto, al comma 1 dell'art. 17 del decreto-legge n. 221/2021, la proroga unicamente delle disposizioni di cui al comma 2/bis dell'art. 26 del decreto-legge n. 18/2020, che attengono alla modalità di svolgimento dell'attività di lavoro per i soggetti c.d. fragili ed ha disposto che "con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione, sono individuate le patologie in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa è normalmente svolta, secondo la disciplina definita nei Contratti collettivi, ove presente, in modalità agile". Si tratta, tuttavia, di aspetti giuslavoristici e contrattuali che non rientrano tra le competenze dell'Istituto.
Considerato quanto sopra esposto, per l'anno 2022 non è possibile il riconoscimento delle indennità economiche per gli eventi riferiti alla quarantena e alla tutela dei lavoratori c.d. fragili.
Per gli eventi a cavallo degli anni 2021 e 2022, il riconoscimento delle tutele in argomento, nei confronti delle medesime categorie di lavoratori di cui sopra, potrà essere assicurato nei limiti delle risorse disponibili, per le sole giornate del 2021.
Sotto il profilo gestionale, a fronte di quanto riportato nel paragrafo precedente ed al fine di consentire comunque l'individuazione dei certificati afferenti alle tutele da COVID-19 in oggetto eventualmente prodotti dai lavoratori assicurati, per i quali non è possibile riconoscere le tutele in commento per l'anno 2022, è necessario che gli Uffici medico legali delle Strutture Inps territorialmente competenti proseguano con la consueta trattazione dei suddetti certificati di malattia, apponendo le relative codifiche o valutazioni e che gli operatori amministrativi con funzioni sanitarie procedano all'acquisizione dei certificati cartacei.
Per gli eventi in parola riferiti alle categorie di lavoratori per le quali è previsto il pagamento diretto dell'indennità di malattia, le procedure di gestione sono state aggiornate secondo le disposizioni illustrate.

Imprese interessate da procedure di amministrazione straordinaria: regolarità contributiva

11 febb 2022 Si forniscono indicazioni in merito alla verifica di regolarità contributiva delle imprese interessate da procedure di amministrazione straordinaria.

 

In seguito alle modifiche apportate dal DM 23 febbraio 2016 all’articolo 5 del DM 30 gennaio 2015 (recante “Semplificazione in materia di documento unico di regolarità contributiva”, l’attestazione di regolarità non è più sottoposta alla condizione dell’avvenuta insinuazione al passivo da parte degli Enti previdenziali.
Il Ministero del lavoro ha ritenuto che, ai fini della verifica della regolarità contributiva, nel periodo che intercorre tra la medesima sentenza del Tribunale e l’adozione del decreto del Tribunale che, ai sensi dell’articolo 30 del cit. D.Lgs. n. 270/1999, dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, trova applicazione la previsione di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b), del DM 30 gennaio 2015, secondo la quale “la regolarità sussiste comunque in caso di “sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative”.
Resta confermato che, in caso di procedura di amministrazione straordinaria prevista per il risanamento delle grandi imprese in crisi di cui al DL n. 347/2003, le eventuali situazioni di irregolarità non avranno rilevanza a decorrere dalla data del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico che provvede all’ammissione immediata dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria.
La verifica della regolarità contributiva avrà quindi ad oggetto gli adempimenti contributivi riferiti ai periodi successivi, rispettivamente, alla data del decreto del Tribunale che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria e alla data del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico di ammissione alla procedura nell’amministrazione straordinaria.

11 febb 2022 Si forniscono indicazioni in merito alla verifica di regolarità contributiva delle imprese interessate da procedure di amministrazione straordinaria.

 

In seguito alle modifiche apportate dal DM 23 febbraio 2016 all’articolo 5 del DM 30 gennaio 2015 (recante "Semplificazione in materia di documento unico di regolarità contributiva", l’attestazione di regolarità non è più sottoposta alla condizione dell’avvenuta insinuazione al passivo da parte degli Enti previdenziali.
Il Ministero del lavoro ha ritenuto che, ai fini della verifica della regolarità contributiva, nel periodo che intercorre tra la medesima sentenza del Tribunale e l’adozione del decreto del Tribunale che, ai sensi dell’articolo 30 del cit. D.Lgs. n. 270/1999, dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, trova applicazione la previsione di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b), del DM 30 gennaio 2015, secondo la quale "la regolarità sussiste comunque in caso di "sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative".
Resta confermato che, in caso di procedura di amministrazione straordinaria prevista per il risanamento delle grandi imprese in crisi di cui al DL n. 347/2003, le eventuali situazioni di irregolarità non avranno rilevanza a decorrere dalla data del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico che provvede all’ammissione immediata dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria.
La verifica della regolarità contributiva avrà quindi ad oggetto gli adempimenti contributivi riferiti ai periodi successivi, rispettivamente, alla data del decreto del Tribunale che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria e alla data del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico di ammissione alla procedura nell’amministrazione straordinaria.

CASSA EDILE BRESCIA: nuovi contributi da gennaio 2022

La Cassa Edile della Provincia di Brescia pubblica le nuove aliquote contributive in vigore dal 1° gennaio 2022

Tabella delle contribuzioni in Cassa Edile Brescia a partire dall’1/1/2022

 

A CARICO DITTA

A CARICO OPERAI

TOTALE

Cassa edile 1,875% 0,375 2,25%
Fondo Mutualizzazione Prevedi 0,05% 0,05%
A.P.E. 4,43% 4,43%
Fondo Sanitario Nazionale 0,60% 0,60%
Fondo Prepensionamento 0,20% 0,20%
Fondo Incentivo all’Occupazione 0,10% 0,10%
Quote Adesione Territoriali 0,876% 0,876% 1,752%
Quote Adesione Nazionali 0,222% 0,222% 0,444%
Contributo fornitura Vestiario 0,20% 0,20%
ESEB – Formazione professionale 0,750%
ESEB – Sicurezza sui cantieri 0,270%
Fondo per la Sicurezza 0,070%

La Cassa Edile della Provincia di Brescia pubblica le nuove aliquote contributive in vigore dal 1° gennaio 2022

Tabella delle contribuzioni in Cassa Edile Brescia a partire dall’1/1/2022

 

A CARICO DITTA

A CARICO OPERAI

TOTALE

Cassa edile 1,875% 0,375 2,25%
Fondo Mutualizzazione Prevedi 0,05% - 0,05%
A.P.E. 4,43% - 4,43%
Fondo Sanitario Nazionale 0,60% - 0,60%
Fondo Prepensionamento 0,20% - 0,20%
Fondo Incentivo all'Occupazione 0,10% - 0,10%
Quote Adesione Territoriali 0,876% 0,876% 1,752%
Quote Adesione Nazionali 0,222% 0,222% 0,444%
Contributo fornitura Vestiario 0,20% - 0,20%
ESEB - Formazione professionale 0,750% - -
ESEB - Sicurezza sui cantieri 0,270% - -
Fondo per la Sicurezza 0,070% - -

Credito d’imposta per chi promuove inserimento di neolaureati nel sistema produttivo

Pronte le disposizioni applicative del contributo, sotto forma di credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione, per sostenere l’investimento in capitale umano in settori strategici per lo sviluppo economico e sociale del Paese e promuovere l’inserimento di giovani neolaureati nel sistema produttivo (MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA – Decreto 19 novembre 2021, n. 1253)

Possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, ovvero tutte le stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che sostengono finanziariamente, tramite donazioni, effettuate nell’anno 2021 o nell’anno 2022, nella forma di borse di studio, iniziative formative finalizzate allo sviluppo e all’acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche e private.
Il credito d’imposta non si applica alle imprese in difficoltà ovvero alle imprese in stato di scioglimento o liquidazione volontaria e sottoposte a procedure concorsuali, quali fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, amministrazione controllata o straordinaria.
Sono ammissibili al credito d’imposta le donazioni effettuate ai soggetti promotori nella forma di borse di studio, relative ad iniziative formative finalizzate, quali corsi di perfezionamento, corsi di aggiornamento, master di I livello, master di II livello e altri corsi formativi, deliberati dai competenti organi accademici di Ateneo, nell’ambito del Regolamento didattico di Ateneo e dei regolamenti di Ateneo dei singoli corsi di studio, ai quali sono riconosciuti n. 60 crediti formativi universitari.
Le iniziative formative focalizzate sullo sviluppo e sull’acquisizione di competenze manageriali devono essere promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche; tali iniziative, laddove erogate da Università pubbliche o private, devono garantire almeno 60 crediti formativi universitari o 60 European credit transfer system o un volume di lavoro di apprendimento pari a 1.500 ore.
Nei casi in cui i percorsi formativi siano erogati da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche o private diversi da quelli di cui al comma precedente, devono essere in possesso degli accreditamenti ASFOR, EQUIS o AACSB e devono avere una durata complessiva non inferiore a 1.000 ore, di cui almeno 700 di formazione in aula, e comunque almeno il 30 per cento di stage con riferimento alla durata complessiva prevista per i percorsi formativi.
Al fine di identificare i soggetti titolati ad erogare attività formative ammissibili, all’interno della sezione di attività economica 85 «Istruzione» del codice ATECO, l’Istituto nazionale di statistica istituisce la sottocategoria 85.43 «Istruzione post universitaria; formazione manageriale, master post lauream, master executive».
L’agevolazione è riconosciuta previa verifica, da parte del Ministero dell’università e della ricerca, dell’ammissibilità in ordine al rispetto dei requisiti soggettivi, oggettivi e formali, nel rispetto del limite di spesa.
A tal fine, le università pubbliche e private, gli istituti di formazione avanzata, le scuole di formazione manageriale pubbliche o private comunicano al Ministero dell’università e della ricerca ogni iniziativa formativa, deliberata e sostenuta da donazioni effettuate nel 2021 o da donazioni effettuate nel 2022, sotto forma di borse di studio, finalizzate all’acquisizione di competenze manageriali promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata, da scuole di formazione manageriale pubbliche o private.
Tali comunicazioni dovranno pervenire al Ministero dell’università e della ricerca, per le donazioni ricevute nel 2021, entro il 28 febbraio 2022, e per le donazioni ricevute nel 2022, entro il 28 febbraio 2023. A tal fine, il Ministero dell’università e della ricerca controllerà la conformità dei percorsi formativi erogati e sostenuti dalle suddette donazioni rispetto ai requisiti previsti. Verificata la corrispondenza tra la donazione di ogni singola impresa e la destinazione ai fini del sostegno delle iniziative formative focalizzate sullo sviluppo e sull’acquisizione di competenze manageriali, il Ministero dell’università e della ricerca emanerà un decreto di individuazione delle imprese che potranno richiedere il credito d’imposta per le donazioni effettuate, per ciascun anno di riferimento.
Il contributo può essere concesso, nel limite delle risorse stanziate, fino al 100 per cento per le piccole e micro imprese, fino al 90 per cento per le medie imprese e fino all’80 per cento per le grandi imprese dell’importo delle donazioni effettuate fino all’importo massimo di 100.000 euro annui, nell’anno 2021 o nell’anno 2022, nella forma di borse di studio a copertura di iniziative formative finalizzate allo sviluppo e all’acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche e private.
Il limite di spesa annua è pari a 500 mila euro per ciascuno degli anni 2022, per le donazioni effettuate nell’anno 2021, e 2023, per le donazioni effettuate nell’anno 2022. Qualora l’ammontare dei crediti d’imposta complessivamente richiesti alle imprese per uno specifico anno solare risultasse superiore alle somme stanziate l’agevolazione verrà riconosciuta integralmente fino all’esaurimento delle risorse disponibili, seguendo l’ordine cronologico di presentazione delle istanze.
In base alle istanze ricevute e alle risorse finanziarie complessivamente disponibili, il Ministero dell’università e della ricerca predispone l’elenco dei soggetti ammessi a fruire dell’agevolazione.
L’istanza di accesso deve contenere i seguenti dati: a) elementi identificativi del soggetto beneficiario e del soggetto promotore; b) ammontare della donazione; c) ammontare del credito d’imposta richiesto.
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. L’utilizzo in compensazione del credito d’imposta è ammesso a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello in cui è stata data comunicazione al beneficiario del riconoscimento del credito da parte del Ministero dell’università e della ricerca. L’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere l’importo riconosciuto dal Ministero dell’università e della ricerca, pena lo scarto del modello F24.

Pronte le disposizioni applicative del contributo, sotto forma di credito d'imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione, per sostenere l'investimento in capitale umano in settori strategici per lo sviluppo economico e sociale del Paese e promuovere l'inserimento di giovani neolaureati nel sistema produttivo (MINISTERO DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA - Decreto 19 novembre 2021, n. 1253)

Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, ovvero tutte le stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che sostengono finanziariamente, tramite donazioni, effettuate nell'anno 2021 o nell'anno 2022, nella forma di borse di studio, iniziative formative finalizzate allo sviluppo e all'acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche e private.
Il credito d'imposta non si applica alle imprese in difficoltà ovvero alle imprese in stato di scioglimento o liquidazione volontaria e sottoposte a procedure concorsuali, quali fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, amministrazione controllata o straordinaria.
Sono ammissibili al credito d'imposta le donazioni effettuate ai soggetti promotori nella forma di borse di studio, relative ad iniziative formative finalizzate, quali corsi di perfezionamento, corsi di aggiornamento, master di I livello, master di II livello e altri corsi formativi, deliberati dai competenti organi accademici di Ateneo, nell'ambito del Regolamento didattico di Ateneo e dei regolamenti di Ateneo dei singoli corsi di studio, ai quali sono riconosciuti n. 60 crediti formativi universitari.
Le iniziative formative focalizzate sullo sviluppo e sull'acquisizione di competenze manageriali devono essere promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche; tali iniziative, laddove erogate da Università pubbliche o private, devono garantire almeno 60 crediti formativi universitari o 60 European credit transfer system o un volume di lavoro di apprendimento pari a 1.500 ore.
Nei casi in cui i percorsi formativi siano erogati da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche o private diversi da quelli di cui al comma precedente, devono essere in possesso degli accreditamenti ASFOR, EQUIS o AACSB e devono avere una durata complessiva non inferiore a 1.000 ore, di cui almeno 700 di formazione in aula, e comunque almeno il 30 per cento di stage con riferimento alla durata complessiva prevista per i percorsi formativi.
Al fine di identificare i soggetti titolati ad erogare attività formative ammissibili, all'interno della sezione di attività economica 85 «Istruzione» del codice ATECO, l'Istituto nazionale di statistica istituisce la sottocategoria 85.43 «Istruzione post universitaria; formazione manageriale, master post lauream, master executive».
L'agevolazione è riconosciuta previa verifica, da parte del Ministero dell'università e della ricerca, dell'ammissibilità in ordine al rispetto dei requisiti soggettivi, oggettivi e formali, nel rispetto del limite di spesa.
A tal fine, le università pubbliche e private, gli istituti di formazione avanzata, le scuole di formazione manageriale pubbliche o private comunicano al Ministero dell'università e della ricerca ogni iniziativa formativa, deliberata e sostenuta da donazioni effettuate nel 2021 o da donazioni effettuate nel 2022, sotto forma di borse di studio, finalizzate all'acquisizione di competenze manageriali promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata, da scuole di formazione manageriale pubbliche o private.
Tali comunicazioni dovranno pervenire al Ministero dell'università e della ricerca, per le donazioni ricevute nel 2021, entro il 28 febbraio 2022, e per le donazioni ricevute nel 2022, entro il 28 febbraio 2023. A tal fine, il Ministero dell'università e della ricerca controllerà la conformità dei percorsi formativi erogati e sostenuti dalle suddette donazioni rispetto ai requisiti previsti. Verificata la corrispondenza tra la donazione di ogni singola impresa e la destinazione ai fini del sostegno delle iniziative formative focalizzate sullo sviluppo e sull'acquisizione di competenze manageriali, il Ministero dell'università e della ricerca emanerà un decreto di individuazione delle imprese che potranno richiedere il credito d'imposta per le donazioni effettuate, per ciascun anno di riferimento.
Il contributo può essere concesso, nel limite delle risorse stanziate, fino al 100 per cento per le piccole e micro imprese, fino al 90 per cento per le medie imprese e fino all'80 per cento per le grandi imprese dell'importo delle donazioni effettuate fino all'importo massimo di 100.000 euro annui, nell'anno 2021 o nell'anno 2022, nella forma di borse di studio a copertura di iniziative formative finalizzate allo sviluppo e all'acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche e private.
Il limite di spesa annua è pari a 500 mila euro per ciascuno degli anni 2022, per le donazioni effettuate nell'anno 2021, e 2023, per le donazioni effettuate nell'anno 2022. Qualora l'ammontare dei crediti d'imposta complessivamente richiesti alle imprese per uno specifico anno solare risultasse superiore alle somme stanziate l'agevolazione verrà riconosciuta integralmente fino all'esaurimento delle risorse disponibili, seguendo l'ordine cronologico di presentazione delle istanze.
In base alle istanze ricevute e alle risorse finanziarie complessivamente disponibili, il Ministero dell'università e della ricerca predispone l'elenco dei soggetti ammessi a fruire dell'agevolazione.
L'istanza di accesso deve contenere i seguenti dati: a) elementi identificativi del soggetto beneficiario e del soggetto promotore; b) ammontare della donazione; c) ammontare del credito d'imposta richiesto.
Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento. L'utilizzo in compensazione del credito d'imposta è ammesso a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello in cui è stata data comunicazione al beneficiario del riconoscimento del credito da parte del Ministero dell'università e della ricerca. L'ammontare del credito d'imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere l'importo riconosciuto dal Ministero dell'università e della ricerca, pena lo scarto del modello F24.