L’Agenzia delle entrate ha chiarito i dubbi dell’interpellante sulla natura previdenziale dei piani Self–Invested Personal Pension e International Pension Plan (Agenzia delle entrate, risposta 11 gennaio 2024, n. 5).
L’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR dispone che costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati.
Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da ”pensione” sono equiparati a quelli di lavoro dipendente.
Nella circolare n. 21/E/2020 l’Agenzia delle entrate aveva già precisato che costituiscono redditi da ”pensione” i trattamenti pensionistici di ogni genere e di assegni ad essi equiparati erogati esclusivamente da soggetti esteri. Nel medesimo documento di prassi, si evidenziava anche come l’espressione normativa “le pensioni di ogni genere” portasse a considerare ricomprese anche tutte quelle indennità una tantum erogate in ragione del versamento di contributi e la cui erogazione può prescindere dalla cessazione di un rapporto di lavoro.
Con la nuova risposta n. 5/2024 viene chiarito che, in linea di principio, le prestazioni pensionistiche integrative, erogate da un fondo previdenziale professionale estero o erogate tramite una società di assicurazione estera, corrisposte in forma di capitale o rendita, a un soggetto che trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, una volta maturato il requisito anagrafico, richiesto per l’accesso alla prestazione, devono risultare imponibili nel nostro Paese in base alla specifica Convenzione stipulata dall’Italia con il Paese della fonte, per evitare le doppie imposizioni.
Tali emolumenti sono riconducibili, in via ordinaria, secondo l’ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, che equipara ai redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana.
Nel caso di specie, l’istante ritiene che le prestazioni ricevute in forza dell’adesione ai suddetti schemi pensionistici Self Invested Personal Pension (SIPP) ed International Pension Plan (IPP) siano da ricondurre a ”redditi da pensione”, di cui al citato articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR.
Al riguardo, assume rilievo la circostanza che il SIPP costituisca una forma di previdenza complementare ai sensi del diritto britannico che ha la finalità di incentivare le persone a maturare una pensione integrativa in aggiunta rispetto alla pensione statale obbligatoria al termine della propria vita lavorativa.
Per ricevere le prestazioni dal SIPP è necessario aver raggiunto l’età pensionabile minima normale o qualsiasi età minima stabilita di volta in volta dal governo. L’età minima normale di pensionamento è la prima età in cui è possibile percepire le prestazioni pensionistiche, tranne in caso di malattia, malattia grave o se si ha diritto a un’età protetta di pensionamento anticipato.
Dunque, afferma l’Agenzia, il collegamento con una precedente attività lavorativa e il diritto a percepire i proventi al raggiungimento di una determinata età pensionabile, riconducono tale schema previdenziale a quello pensionistico anche ai fini delle imposte sui redditi italiane.
Per quanto poi concerne la posizione detenuta nell’IPP, il Fisco sottolinea come anche in questa circostanza emerga la natura previdenziale di tale schema pensionistico, dal momento che l’istante ha il diritto a ricevere le somme maturate solo al momento del raggiungimento dell’età pensionabile e dopo avere terminato la propria attività lavorativa per il datore di lavoro.
Sulla base di tali considerazioni, quindi, l’Agenzia ritiene che le eventuali distribuzioni ricevute dall’istante, da entrambi gli schemi previdenziali, siano da ricondurre ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, mentre eventuali redditi e/o plusvalenze derivanti dalla gestione dei beni detenuti in tali schemi pensionistici non costituisce reddito imponibile.
L'Agenzia delle entrate ha chiarito i dubbi dell'interpellante sulla natura previdenziale dei piani Self–Invested Personal Pension e International Pension Plan (Agenzia delle entrate, risposta 11 gennaio 2024, n. 5).
L'articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR dispone che costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati.
Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da ''pensione'' sono equiparati a quelli di lavoro dipendente.
Nella circolare n. 21/E/2020 l'Agenzia delle entrate aveva già precisato che costituiscono redditi da ''pensione'' i trattamenti pensionistici di ogni genere e di assegni ad essi equiparati erogati esclusivamente da soggetti esteri. Nel medesimo documento di prassi, si evidenziava anche come l'espressione normativa "le pensioni di ogni genere" portasse a considerare ricomprese anche tutte quelle indennità una tantum erogate in ragione del versamento di contributi e la cui erogazione può prescindere dalla cessazione di un rapporto di lavoro.
Con la nuova risposta n. 5/2024 viene chiarito che, in linea di principio, le prestazioni pensionistiche integrative, erogate da un fondo previdenziale professionale estero o erogate tramite una società di assicurazione estera, corrisposte in forma di capitale o rendita, a un soggetto che trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, una volta maturato il requisito anagrafico, richiesto per l'accesso alla prestazione, devono risultare imponibili nel nostro Paese in base alla specifica Convenzione stipulata dall'Italia con il Paese della fonte, per evitare le doppie imposizioni.
Tali emolumenti sono riconducibili, in via ordinaria, secondo l'ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, che equipara ai redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana.
Nel caso di specie, l'istante ritiene che le prestazioni ricevute in forza dell'adesione ai suddetti schemi pensionistici Self Invested Personal Pension (SIPP) ed International Pension Plan (IPP) siano da ricondurre a ''redditi da pensione'', di cui al citato articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR.
Al riguardo, assume rilievo la circostanza che il SIPP costituisca una forma di previdenza complementare ai sensi del diritto britannico che ha la finalità di incentivare le persone a maturare una pensione integrativa in aggiunta rispetto alla pensione statale obbligatoria al termine della propria vita lavorativa.
Per ricevere le prestazioni dal SIPP è necessario aver raggiunto l'età pensionabile minima normale o qualsiasi età minima stabilita di volta in volta dal governo. L'età minima normale di pensionamento è la prima età in cui è possibile percepire le prestazioni pensionistiche, tranne in caso di malattia, malattia grave o se si ha diritto a un'età protetta di pensionamento anticipato.
Dunque, afferma l'Agenzia, il collegamento con una precedente attività lavorativa e il diritto a percepire i proventi al raggiungimento di una determinata età pensionabile, riconducono tale schema previdenziale a quello pensionistico anche ai fini delle imposte sui redditi italiane.
Per quanto poi concerne la posizione detenuta nell'IPP, il Fisco sottolinea come anche in questa circostanza emerga la natura previdenziale di tale schema pensionistico, dal momento che l'istante ha il diritto a ricevere le somme maturate solo al momento del raggiungimento dell'età pensionabile e dopo avere terminato la propria attività lavorativa per il datore di lavoro.
Sulla base di tali considerazioni, quindi, l'Agenzia ritiene che le eventuali distribuzioni ricevute dall'istante, da entrambi gli schemi previdenziali, siano da ricondurre ai redditi di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, mentre eventuali redditi e/o plusvalenze derivanti dalla gestione dei beni detenuti in tali schemi pensionistici non costituisce reddito imponibile.