INPS: istruzioni sull’indennità una tantum 150 euro per altre categorie di soggetti

L’Inps, con circolare n. 127/2022, ha fornito precisazioni in merito all’indennità una tantum pari a 150 euro per alcuni soggetti.

L’indennità una tantum è riconosciuta agli assicurati che percepiscono a novembre 2022 sia la NASpI che la DIS-COLL, a coloro che nel corso dell’anno 2022 percepiscono l’indennità di disoccupazione agricola di competenza del 2021, e a favore dei lavoratori che sono stati destinatari delle indennità COVID-19.
La medesima indennità è riconosciuta, a domanda, ai collaboratori coordinati e continuativi e dottorandi e assegnisti di ricerca, ai lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti, ai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo.
L’indennità in parola è riconosciuta, poi, a favore dei lavoratori autonomi occasionali e degli incaricati alle vendite a domicilio beneficiari dell’indennità una tantum ex art. 32, co. 15 e 16, DL n. 50/2022.
Altresì, è riconosciuta in favore dei titolari di trattamenti di mobilità in deroga e di indennità di importo pari alla mobilità, considerata l’identità di ratio delle prestazioni e le esigenze di sostegno al reddito.
La misura non è riconosciuta ai percettori della NASpI che hanno fruito della stessa in forma anticipata e il cui periodo teorico ricomprende novembre 2022.
Per la fruizione del beneficio non deve essere presentata alcuna domanda, ma lo stesso è erogato d’ufficio dall’Inps con le modalità di pagamento della prestazione di disoccupazione.
L’indennità una tantum è riconosciuta ai lavoratori che hanno beneficiato di una delle indennità previste dall’art. 10, co. da 1 a 9, del DL n. 41/2021, e dall’art. 42, DL n. 73/2021. Nel dettaglio, l’indennità è:
ai lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione dei settori del turismo e degli stabilimenti termali;
lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali;
lavoratori intermittenti;
lavoratori autonomi occasionali;
lavoratori incaricati alle vendite a domicilio;
lavoratori dipendenti a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali; lavoratori dello spettacolo.
Ai fini di fuire della suddetta misura non deve essere presentata alcuna domanda, ma lo stesso è erogato d’ufficio dall’INPS con le stesse modalità di pagamento delle suddette indennità COVID-19 già riconosciute.
Ai lavoratori autonomi occasionali e ai lavoratori incaricati alle vendite a domicilio che hanno presentato domanda per l’indennità una tantum 200 euro, e che sono stati ammessi alla fruizione della stessa, è riconosciuta, in aggiunta, un’ulteriore indennità 150 euro, senza presentazione di un’ulteriore domanda.
L’indennità in argomento è erogata d’ufficio dall’Istituto di previdenza ai soggetti titolari, a novembre 2022, delle prestazioni di disoccupazione NASpI, DIS-COLL, di trattamenti di mobilità in deroga o di indennità pari alla mobilità, nonché a favore dei lavoratori che hanno percepito l’indennità di disoccupazione agricola in competenza 2021, a favore dei lavoratori che hanno beneficiato delle indennità COVID-19, nonché a favore dei lavoratori autonomi occasionali e incaricati alle vendite a domicilio beneficiari dell’indennità una tantum di importo pari a 200 Euro.

L’Inps, con circolare n. 127/2022, ha fornito precisazioni in merito all’indennità una tantum pari a 150 euro per alcuni soggetti.

L’indennità una tantum è riconosciuta agli assicurati che percepiscono a novembre 2022 sia la NASpI che la DIS-COLL, a coloro che nel corso dell’anno 2022 percepiscono l’indennità di disoccupazione agricola di competenza del 2021, e a favore dei lavoratori che sono stati destinatari delle indennità COVID-19.
La medesima indennità è riconosciuta, a domanda, ai collaboratori coordinati e continuativi e dottorandi e assegnisti di ricerca, ai lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti, ai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo.
L’indennità in parola è riconosciuta, poi, a favore dei lavoratori autonomi occasionali e degli incaricati alle vendite a domicilio beneficiari dell’indennità una tantum ex art. 32, co. 15 e 16, DL n. 50/2022.
Altresì, è riconosciuta in favore dei titolari di trattamenti di mobilità in deroga e di indennità di importo pari alla mobilità, considerata l’identità di ratio delle prestazioni e le esigenze di sostegno al reddito.
La misura non è riconosciuta ai percettori della NASpI che hanno fruito della stessa in forma anticipata e il cui periodo teorico ricomprende novembre 2022.
Per la fruizione del beneficio non deve essere presentata alcuna domanda, ma lo stesso è erogato d’ufficio dall’Inps con le modalità di pagamento della prestazione di disoccupazione.
L’indennità una tantum è riconosciuta ai lavoratori che hanno beneficiato di una delle indennità previste dall’art. 10, co. da 1 a 9, del DL n. 41/2021, e dall’art. 42, DL n. 73/2021. Nel dettaglio, l’indennità è:
ai lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione dei settori del turismo e degli stabilimenti termali;
lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali;
lavoratori intermittenti;
lavoratori autonomi occasionali;
lavoratori incaricati alle vendite a domicilio;
lavoratori dipendenti a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali; lavoratori dello spettacolo.
Ai fini di fuire della suddetta misura non deve essere presentata alcuna domanda, ma lo stesso è erogato d’ufficio dall’INPS con le stesse modalità di pagamento delle suddette indennità COVID-19 già riconosciute.
Ai lavoratori autonomi occasionali e ai lavoratori incaricati alle vendite a domicilio che hanno presentato domanda per l’indennità una tantum 200 euro, e che sono stati ammessi alla fruizione della stessa, è riconosciuta, in aggiunta, un’ulteriore indennità 150 euro, senza presentazione di un’ulteriore domanda.
L’indennità in argomento è erogata d’ufficio dall’Istituto di previdenza ai soggetti titolari, a novembre 2022, delle prestazioni di disoccupazione NASpI, DIS-COLL, di trattamenti di mobilità in deroga o di indennità pari alla mobilità, nonché a favore dei lavoratori che hanno percepito l’indennità di disoccupazione agricola in competenza 2021, a favore dei lavoratori che hanno beneficiato delle indennità COVID-19, nonché a favore dei lavoratori autonomi occasionali e incaricati alle vendite a domicilio beneficiari dell’indennità una tantum di importo pari a 200 Euro.

Ratificato il CCNL Comparto Funzioni locali

Sttoscritto il CCNL definitivo per il triennio 2019-2021, relativo ai circa 430.000 dipendenti del Comparto delle Funzioni locali

L’incremento retributivo medio del comparto è pari a 100,27 euro mensili per tredici mensilità, considerando anche le risorse aggiuntive dello 0,55% e 0,22%, l’incremento mensile arriva a 118 euro/mese.
Gli stipendi tabellari, sono incrementati degli importi mensili lordi, per tredici mensilità. A decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di sottoscrizione del presente CCNL, l’elemento perequativo una tantum cessa di essere corrisposto come specifica voce retributiva ed è conglobato nello stipendio
Gli incrementi devono intendersi comprensivi dell’anticipazione di cui all’art. 47-bis, comma 2, del D. lgs. n. 165/2001 corrisposta ai sensi dell’art. 1, comma 440, lett. a) della L. n. 145/2018.

Vecchie

categorie

Stipendio mensile al 31/12/2018

Incremento dal 01/01/2019

Incremento rideterminato dal 01/01/2020

Incremento rideterminato dal 01/01/2021

D7 2.594,90 15,70 37,00 104,28
D6 2.469,90  14,90 35,20 97,50
D5 2.310,31 13,90 32,90 91,20
D4  2.211,57  13,30 31,50  87,30
D3 2.120,99 12,80  30,20  83,80
D2 1.935,00 11,70 27,60 76,40
D1 1.344,62 11,10  26,30 72,80
C6 1.961,93 11,80 28,00 92,65
C5 1.903,60 11,50 27,20 75,40
C4  1.340,51 11,10  26,20 72,70
C3  1.734,15 10,80 25,40  70,50
C2 1.735,77  10,50 24,80  68,50
C1 1.605,34  10,20  24,20  66,90
B8 1.770,69 10,70 25,20  89,51
B7 1.732,35  10,50 24,70 68,40
B6 1.663,26 10,10 23,80  65,90
B5 1.639,16 9,90 23,40  64,70
B4 1.611,94 9,70 23,00 63,70
B3 1.588,65 9,60 22,70  62,70
B2 1.527,83 9,20 21,80  60,30
B1  1.502,34 9,10 21,40 59,30
A6 1.555,16 9,40 22,20  84,58
A5 1.523,50 9,20 21,80 60,40
A4 1.497,55 9,00 21,40 59,10
A3  1.471,38  8,90 21,00 58,10
A2 1.440,86  8,70  20,50  56,90
A1 1.421,75 8,60  20,30  56,10

Vecchie

categorie

Elemento

Perequativo

Arretrati dal 01/01/2019

Al 31/07/2022

Stipendio mensile

Al 01/01/2021

Stipendio mensile con EP conglobato

Aumento a regime incrementi

rideterminati al 1/1/2021 e conglobamento EP

D7  0,00 2.770,70 2.699,18  2.699,18 104,26
D6 2,00 2.601,30  2.567,40 2.569,16 99,26
D5 2,00  2.432,40  2.401,51 2.403,29  92,96
D4 2,00 2.326,40 2.298,37  2.304,22  92,65
D3  6,00 2.235,00 2.204,79 2.212,61 91,62
D2 9,00  2.036,90 2.011,40 2.025,66  90,66
D1 16,00 1.942,20 1.917,42  1.934,36  65,74
C6  0,00  2.370,40 2.054,58  2.054,56  92,65
C5 17,00  2.011,10 1.934,00  1.999,15 90,55
C4 18,00 1.936,90  1.913,21  1.929,26  66,75
C3 20,00 1.660,60 1.354,65 1.672,46  66,33
C2 22,00  1.626,90 1.804,27 1.623,66  66,11
C1 23,00 1.765,20 1.762,24  1.762,74  67,40
B8  0,00 2.256,90 1.860,20 1.860,20  69,51
B7 22,00 1.625,60  1.800,75 1.820,36  66,01
B6 23,00 1.756,70 1.734,16 1.754,66  66,40
B5 23,00 1.726,90 1.703,86  1.724,36  65,20
B4  24,00 1.699,10 1.675,64  1.697,03  65,09
B3  24,00 1.673,90 1.651,35  1.672,74  64,09
B2 26,00 1.609,00 1.588,13  1.611,31  63,46
B1 27,00 1.562,50  1.562,14  1.566,21  63,37
A6  0,00  2.102,40 1.639,74  1.639,74  64,56
A5 27,00 1.611,00 1.588,90  1.612,06  63,56
A4 27,00  1.577,20 1.556,65  1.560,72  63,17
A3 28,00 1.550,70 1.529,48  1.554,44  63,06
A2 29,00 1.517,60 1.497,76 1.523,61  62,75
A1 29,00 1.497,70 1.477,35  1.503,70  61,95

Sttoscritto il CCNL definitivo per il triennio 2019-2021, relativo ai circa 430.000 dipendenti del Comparto delle Funzioni locali

L’incremento retributivo medio del comparto è pari a 100,27 euro mensili per tredici mensilità, considerando anche le risorse aggiuntive dello 0,55% e 0,22%, l’incremento mensile arriva a 118 euro/mese.
Gli stipendi tabellari, sono incrementati degli importi mensili lordi, per tredici mensilità. A decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di sottoscrizione del presente CCNL, l’elemento perequativo una tantum cessa di essere corrisposto come specifica voce retributiva ed è conglobato nello stipendio
Gli incrementi devono intendersi comprensivi dell’anticipazione di cui all’art. 47-bis, comma 2, del D. lgs. n. 165/2001 corrisposta ai sensi dell’art. 1, comma 440, lett. a) della L. n. 145/2018.

Vecchie

categorie

Stipendio mensile al 31/12/2018

Incremento dal 01/01/2019

Incremento rideterminato dal 01/01/2020

Incremento rideterminato dal 01/01/2021

D7 2.594,90 15,70 37,00 104,28
D6 2.469,90  14,90 35,20 97,50
D5 2.310,31 13,90 32,90 91,20
D4  2.211,57  13,30 31,50  87,30
D3 2.120,99 12,80  30,20  83,80
D2 1.935,00 11,70 27,60 76,40
D1 1.344,62 11,10  26,30 72,80
C6 1.961,93 11,80 28,00 92,65
C5 1.903,60 11,50 27,20 75,40
C4  1.340,51 11,10  26,20 72,70
C3  1.734,15 10,80 25,40  70,50
C2 1.735,77  10,50 24,80  68,50
C1 1.605,34  10,20  24,20  66,90
B8 1.770,69 10,70 25,20  89,51
B7 1.732,35  10,50 24,70 68,40
B6 1.663,26 10,10 23,80  65,90
B5 1.639,16 9,90 23,40  64,70
B4 1.611,94 9,70 23,00 63,70
B3 1.588,65 9,60 22,70  62,70
B2 1.527,83 9,20 21,80  60,30
B1  1.502,34 9,10 21,40 59,30
A6 1.555,16 9,40 22,20  84,58
A5 1.523,50 9,20 21,80 60,40
A4 1.497,55 9,00 21,40 59,10
A3  1.471,38  8,90 21,00 58,10
A2 1.440,86  8,70  20,50  56,90
A1 1.421,75 8,60  20,30  56,10

Vecchie

categorie

Elemento

Perequativo

Arretrati dal 01/01/2019

Al 31/07/2022

Stipendio mensile

Al 01/01/2021

Stipendio mensile con EP conglobato

Aumento a regime incrementi

rideterminati al 1/1/2021 e conglobamento EP

D7  0,00 2.770,70 2.699,18  2.699,18 104,26
D6 2,00 2.601,30  2.567,40 2.569,16 99,26
D5 2,00  2.432,40  2.401,51 2.403,29  92,96
D4 2,00 2.326,40 2.298,37  2.304,22  92,65
D3  6,00 2.235,00 2.204,79 2.212,61 91,62
D2 9,00  2.036,90 2.011,40 2.025,66  90,66
D1 16,00 1.942,20 1.917,42  1.934,36  65,74
C6  0,00  2.370,40 2.054,58  2.054,56  92,65
C5 17,00  2.011,10 1.934,00  1.999,15 90,55
C4 18,00 1.936,90  1.913,21  1.929,26  66,75
C3 20,00 1.660,60 1.354,65 1.672,46  66,33
C2 22,00  1.626,90 1.804,27 1.623,66  66,11
C1 23,00 1.765,20 1.762,24  1.762,74  67,40
B8  0,00 2.256,90 1.860,20 1.860,20  69,51
B7 22,00 1.625,60  1.800,75 1.820,36  66,01
B6 23,00 1.756,70 1.734,16 1.754,66  66,40
B5 23,00 1.726,90 1.703,86  1.724,36  65,20
B4  24,00 1.699,10 1.675,64  1.697,03  65,09
B3  24,00 1.673,90 1.651,35  1.672,74  64,09
B2 26,00 1.609,00 1.588,13  1.611,31  63,46
B1 27,00 1.562,50  1.562,14  1.566,21  63,37
A6  0,00  2.102,40 1.639,74  1.639,74  64,56
A5 27,00 1.611,00 1.588,90  1.612,06  63,56
A4 27,00  1.577,20 1.556,65  1.560,72  63,17
A3 28,00 1.550,70 1.529,48  1.554,44  63,06
A2 29,00 1.517,60 1.497,76 1.523,61  62,75
A1 29,00 1.497,70 1.477,35  1.503,70  61,95

Imponibili i compensi del professionista con residenza effettiva in Italia

Sono imponibili i compensi fatturati dalla società schermo londinese del professionista con residenza effettiva in Italia (Corte di cassazione – ordinanza 16 novembre 2022, n. 33832).

Il caso si riferisce ad un contribuente che aveva fittiziamente trasferito la residenza nel Regno Unito, ma in realtà aveva mantenuto la residenza sostanziale in Italia. Ed infatti, mentre nel Regno Unito egli non svolgeva alcuna attività di lavoro, non era proprietario o locatario di immobili e non pagava le imposte, viceversa, in Italia, aveva rapporti lavorativi costanti con due strutture ospedaliere, era proprietario di alcuni beni immobili (ubicati uno a Lampedusa e quattro a Milano), ed aveva il proprio nucleo famigliare.

Inoltre, il contribuente per sottrarsi all’obbligo di pagare le imposte in Italia, si era avvalso di uno schermo fiscale (il cui oggetto sociale era estraneo al campo medico-sanitario visto che svolgeva servizi di segreteria e amministrativi relativi alla professione medica), la quale non aveva mai avuto contatti con le strutture ospedaliere presso le quali l’ortopedico prestava la propria attività e che, in sintesi, era una sorta di contenitore dei proventi prodotti in Italia per sottoporli ad una legislazione fiscale più favorevole.

Secondo i giudici, in base all’accertamento fiscale il contribuente era soggetto passivo Irpef in ragione del fatto che, pur essendo iscritto all’A.I.R.E., manteneva la residenza sostanziale in Italia, dove svolgeva prestazioni sanitarie per due strutture ospedaliere, e si avvaleva, per la fatturazione, di una società del Regno Unito, quale soggetto fittiziamente interposto (cd. esterovestizione);

Il giudice, in linea con la giurisprudenza di legittimità, non ha circoscritto la propria indagine ad una valutazione atomistica degli elementi presuntivi e, anzi, all’esito di un giudizio di sintesi, ha ravvisato la convergenza globale dei dati fattuali acquisiti verso un risultato conoscitivo coerente con l’accertamento tributario.

Sono imponibili i compensi fatturati dalla società schermo londinese del professionista con residenza effettiva in Italia (Corte di cassazione - ordinanza 16 novembre 2022, n. 33832).

Il caso si riferisce ad un contribuente che aveva fittiziamente trasferito la residenza nel Regno Unito, ma in realtà aveva mantenuto la residenza sostanziale in Italia. Ed infatti, mentre nel Regno Unito egli non svolgeva alcuna attività di lavoro, non era proprietario o locatario di immobili e non pagava le imposte, viceversa, in Italia, aveva rapporti lavorativi costanti con due strutture ospedaliere, era proprietario di alcuni beni immobili (ubicati uno a Lampedusa e quattro a Milano), ed aveva il proprio nucleo famigliare.

Inoltre, il contribuente per sottrarsi all'obbligo di pagare le imposte in Italia, si era avvalso di uno schermo fiscale (il cui oggetto sociale era estraneo al campo medico-sanitario visto che svolgeva servizi di segreteria e amministrativi relativi alla professione medica), la quale non aveva mai avuto contatti con le strutture ospedaliere presso le quali l'ortopedico prestava la propria attività e che, in sintesi, era una sorta di contenitore dei proventi prodotti in Italia per sottoporli ad una legislazione fiscale più favorevole.

Secondo i giudici, in base all'accertamento fiscale il contribuente era soggetto passivo Irpef in ragione del fatto che, pur essendo iscritto all'A.I.R.E., manteneva la residenza sostanziale in Italia, dove svolgeva prestazioni sanitarie per due strutture ospedaliere, e si avvaleva, per la fatturazione, di una società del Regno Unito, quale soggetto fittiziamente interposto (cd. esterovestizione);

Il giudice, in linea con la giurisprudenza di legittimità, non ha circoscritto la propria indagine ad una valutazione atomistica degli elementi presuntivi e, anzi, all'esito di un giudizio di sintesi, ha ravvisato la convergenza globale dei dati fattuali acquisiti verso un risultato conoscitivo coerente con l'accertamento tributario.

Accesso al Fondo di garanzia INPS per il socio lavoratore di cooperativa

L’ art. 24, L. n. 196/1997, di estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente solo a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 10 novembre 2022, n. 33136.

 

La Suprema Corte ha definitivamente confermato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda proposta dal socio lavoratore di una cooperativa, ammesso per il credito per T.f.r. allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società datrice, volta ad ottenere il pagamento dal Fondo di garanzia INPS anche per il T.f.r. maturato prima del luglio 1997, cioè con riferimento al periodo precedente all’estensione, ex L. n. 196/1997, della disciplina in materia di fondo di garanzia per il T.f.r. ai soci lavoratori di cooperativa.

La Corte d’appello territoriale, in particolare, aveva ritenuto non meritevole di accoglimento la pretesa, alla luce dell’assenza di prova della corresponsione della contribuzione volontaria a carico del lavoratore, non operando, nel caso in esame, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali riguardante il versamento contributivo obbligatorio.

Il Collegio, condividendo le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, ha richiamato i consolidati precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l’art. 24, L. n. 196 del 1997, di estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente, ma a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione, attesa la ratio della norma transitoria, che riconosce rilevanza all’assicurazione volontariamente e irretrattabilmente istituita dalle cooperative e la finalità dell’intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del credito per T.f.r. nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci dall’autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti, quali il versamento della prescritta contribuzione.

Ebbene, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente richiamato i menzionati precedenti, disattendendo, inoltre, la tesi seguita dal Tribunale, secondo cui vi era prova dell’effettivo pagamento dei contributi volontari al Fondo di garanzia, essendo stato accertato che quelli versati prima del luglio 1997 erano contributi previdenziali di diversa natura seppure sempre riferiti al medesimo rapporto.

L’ art. 24, L. n. 196/1997, di estensione dell'intervento del Fondo di garanzia dell'INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente solo a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all'entrata in vigore della disposizione. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 10 novembre 2022, n. 33136.

 

La Suprema Corte ha definitivamente confermato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda proposta dal socio lavoratore di una cooperativa, ammesso per il credito per T.f.r. allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società datrice, volta ad ottenere il pagamento dal Fondo di garanzia INPS anche per il T.f.r. maturato prima del luglio 1997, cioè con riferimento al periodo precedente all'estensione, ex L. n. 196/1997, della disciplina in materia di fondo di garanzia per il T.f.r. ai soci lavoratori di cooperativa.

La Corte d'appello territoriale, in particolare, aveva ritenuto non meritevole di accoglimento la pretesa, alla luce dell’assenza di prova della corresponsione della contribuzione volontaria a carico del lavoratore, non operando, nel caso in esame, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali riguardante il versamento contributivo obbligatorio.

Il Collegio, condividendo le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, ha richiamato i consolidati precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l’art. 24, L. n. 196 del 1997, di estensione dell'intervento del Fondo di garanzia dell'INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente, ma a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all'entrata in vigore della disposizione, attesa la ratio della norma transitoria, che riconosce rilevanza all'assicurazione volontariamente e irretrattabilmente istituita dalle cooperative e la finalità dell'intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del credito per T.f.r. nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci dall'autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti, quali il versamento della prescritta contribuzione.

Ebbene, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente richiamato i menzionati precedenti, disattendendo, inoltre, la tesi seguita dal Tribunale, secondo cui vi era prova dell'effettivo pagamento dei contributi volontari al Fondo di garanzia, essendo stato accertato che quelli versati prima del luglio 1997 erano contributi previdenziali di diversa natura seppure sempre riferiti al medesimo rapporto.

Approvazione Decreto aiuti-ter: supporto alle imprese colpite dall’aumento dei prezzi dell’energia

Approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 144/2022, in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si riportano di seguito le misure a supporto delle imprese colpite dall’aumento dei prezzi dell’energia, a seguito delle modifiche apportate dalla Camera (SENATO – Comunicato 16 Novembre 2022).

L’articolo 3, ai commi 1, 2 e 5 interviene sulle garanzie che SACE è autorizzata a concedere – ai sensi dell’articolo 15 del D.L. n. 50/2022 – su finanziamenti bancari sotto qualsiasi forma alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti economici negativi conseguenti all’aggressione russa all’Ucraina.
Nello specifico, il comma 1 prevede che le Garanzie SACE sui finanziamenti bancari concessi alle imprese per esigenze di pagamento delle fatture per consumi energetici, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, siano prestate a titolo gratuito qualora il tasso di interesse applicato alla quota garantita del finanziamento non superi, al momento della richiesta di garanzia, il rendimento dei buoni del Tesoro poliennali (BTP).
Ai sensi del comma 2, l’ammontare garantito del finanziamento può essere elevato fino a coprire il fabbisogno di liquidità per i successivi 12 mesi per le piccole e medie imprese e per i successivi 6 mesi per le grandi imprese, in ogni caso entro un importo non superiore a 25 milioni di euro, a condizione che il beneficiario sia classificabile come impresa a forte consumo di energia.
Il comma 5 interviene sulle condizioni di accesso alla garanzia e sopprime il requisito per cui le imprese beneficiarie devono aver subìto una contrazione della produzione o della domanda. Contestualmente, nelle esigenze di liquidità delle imprese, esplicita che sono comprese quelle relative agli obblighi di fornire collaterali per le attività di commercio sul mercato dell’energia.
L’articolo 3, al comma 4, modifica le condizioni per il rilascio della riassicurazione SACE dei crediti da fattura energetica – consentita dall’articolo 8 del D.L. 21/2022 – sopprimendo l’inciso che limitava l’operatività della misura alle sole imprese con fatturato non superiore a 50 milioni di euro (lett. a)). Contestualmente, consente che la garanzia SACE possa essere rilasciata a titolo gratuito nei casi in cui il premio applicato dalle imprese di assicurazione non superi la componente di rendimento applicabile dei Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) di durata media pari a 12 mesi (lett. b)).
Ai sensi del comma 3, la garanzia del Fondo di garanzia PMI, su finanziamenti individuali, successivi al 24 settembre 2022 e destinati alla copertura del pagamento delle fatture energetiche, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, può essere concessa a titolo gratuito, laddove siano rispettate le medesime condizioni previste dal comma 1 per la gratuità delle garanzie SACE. La garanzia del Fondo copre l’80 per cento dell’importo del finanziamento a favore di tutte le imprese, a prescindere dalla classe di merito di credito di appartenenza di esse.
Il comma 6 interviene sull’articolo 64, comma 3 del D.L. n. 76/2020 che disciplina la procedura di rilascio delle garanzie SACE nell’ambito di finanziamenti volti a favorire progetti riconducibili al green new deal. Il comma, in particolare, innalza da 200 a 600 milioni di euro il limite di ammontare garantito previsto, oltre il quale il rilascio della garanzia SACE è subordinato alla decisione ministeriale.
Le misure contenute nell’articolo sono subordinate, ai sensi del comma 7, alla approvazione della Commissione europea.
Il comma 8 – modificato dalla Camera dei deputati – reca norme per l’attuazione degli interventi, a valere su risorse già disponibili a legislazione vigente.

Approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 144/2022, in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si riportano di seguito le misure a supporto delle imprese colpite dall’aumento dei prezzi dell’energia, a seguito delle modifiche apportate dalla Camera (SENATO - Comunicato 16 Novembre 2022).

L’articolo 3, ai commi 1, 2 e 5 interviene sulle garanzie che SACE è autorizzata a concedere – ai sensi dell’articolo 15 del D.L. n. 50/2022 – su finanziamenti bancari sotto qualsiasi forma alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti economici negativi conseguenti all'aggressione russa all’Ucraina.
Nello specifico, il comma 1 prevede che le Garanzie SACE sui finanziamenti bancari concessi alle imprese per esigenze di pagamento delle fatture per consumi energetici, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, siano prestate a titolo gratuito qualora il tasso di interesse applicato alla quota garantita del finanziamento non superi, al momento della richiesta di garanzia, il rendimento dei buoni del Tesoro poliennali (BTP).
Ai sensi del comma 2, l'ammontare garantito del finanziamento può essere elevato fino a coprire il fabbisogno di liquidità per i successivi 12 mesi per le piccole e medie imprese e per i successivi 6 mesi per le grandi imprese, in ogni caso entro un importo non superiore a 25 milioni di euro, a condizione che il beneficiario sia classificabile come impresa a forte consumo di energia.
Il comma 5 interviene sulle condizioni di accesso alla garanzia e sopprime il requisito per cui le imprese beneficiarie devono aver subìto una contrazione della produzione o della domanda. Contestualmente, nelle esigenze di liquidità delle imprese, esplicita che sono comprese quelle relative agli obblighi di fornire collaterali per le attività di commercio sul mercato dell'energia.
L’articolo 3, al comma 4, modifica le condizioni per il rilascio della riassicurazione SACE dei crediti da fattura energetica - consentita dall’articolo 8 del D.L. 21/2022 - sopprimendo l’inciso che limitava l’operatività della misura alle sole imprese con fatturato non superiore a 50 milioni di euro (lett. a)). Contestualmente, consente che la garanzia SACE possa essere rilasciata a titolo gratuito nei casi in cui il premio applicato dalle imprese di assicurazione non superi la componente di rendimento applicabile dei Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) di durata media pari a 12 mesi (lett. b)).
Ai sensi del comma 3, la garanzia del Fondo di garanzia PMI, su finanziamenti individuali, successivi al 24 settembre 2022 e destinati alla copertura del pagamento delle fatture energetiche, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, può essere concessa a titolo gratuito, laddove siano rispettate le medesime condizioni previste dal comma 1 per la gratuità delle garanzie SACE. La garanzia del Fondo copre l'80 per cento dell'importo del finanziamento a favore di tutte le imprese, a prescindere dalla classe di merito di credito di appartenenza di esse.
Il comma 6 interviene sull’articolo 64, comma 3 del D.L. n. 76/2020 che disciplina la procedura di rilascio delle garanzie SACE nell'ambito di finanziamenti volti a favorire progetti riconducibili al green new deal. Il comma, in particolare, innalza da 200 a 600 milioni di euro il limite di ammontare garantito previsto, oltre il quale il rilascio della garanzia SACE è subordinato alla decisione ministeriale.
Le misure contenute nell’articolo sono subordinate, ai sensi del comma 7, alla approvazione della Commissione europea.
Il comma 8 – modificato dalla Camera dei deputati - reca norme per l’attuazione degli interventi, a valere su risorse già disponibili a legislazione vigente.

Risarcimento del danno non patrimoniale per demansionamento

In caso di condotta del datore di lavoro (demansionamento e inoperosità del lavoratore), anche se colposa e non dolosa, da cui siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale la mancata liquidazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL non costituisce condicio iuris per la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro (Corte di Cassazione – Sentenza 15 novembre 2022, n. 33639).

IL CASO

I lavoratore ha convenuto in giudizio il datore di lavoro per comportamento asseritamente mobbizzante, concretizzato attraverso il demansionamento e l’emarginazione nel proprio ambiente di lavoro, richiedendo oltre al danno patrimoniale, il risarcimento del danno biologico e del danno esistenziale e morale connesso allo sviluppo di una malattia psico-somatica.
Il Tribunale adito ha confermato il danno patrimoniale, escludendo la responsabilità del datore di lavoro per il danno danno biologico e per quello esistenziale e morale avuto riguardo, per il primo, alla pregiudiziale copertura pubblica apprestata dall’Inail, non evocato in giudizio, e, per il secondo, al connotato proprio di danno differenziale, non adeguatamente dedotto dalla parte che non aveva specificato in quale misura l’indennizzo assicurativo garantito dall’Istituto non era in grado di ristorare il pregiudizio alla sfera relazionale e soggettiva dell’assicurato.
La Corte d’appello, nel confermare la pronuncia, ha dedotto l’inesistenza di una macchinazione dolosa del datore di lavoro finalizzata all’emarginazione del lavoratore nel proprio ambiente di lavoro. In ordine alle voci di danno non patrimoniale, i giudici hanno inoltre aggiunto che la liquidazione dell’indennizzo a carico dell’Inail si configura come una vera e propria condicio iuris della domanda risarcitoria in difetto della quale il danneggiato non può agire nei confronti del responsabile civile. Nella fattispecie il lavoratore non aveva avanzato alcuna richiesta all’Istituto.
La decisione è stata impugnata dal lavoratore rivendicando la possibilità di un’azione diretta nei confronti del datore di lavoro per il ristoro del danno biologico, e comunque dei danni non patrimoniali, conseguenti una malattia psico-somatica determinata dal demansionamento, e comunque la legittimazione passiva del datore di lavoro per il risarcimento del danno cd. differenziale.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE

In tema di reciproca interferenza delle regole che presiedono il sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali con le azioni di risarcimento del danno promosse dal lavoratore colpito da eventi cagionati dall’espletamento dell’attività lavorativa la Corte di Cassazione ha affermato i seguenti principi.
L’assicurazione obbligatoria esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell’ambito dei rischi coperti dall’assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l’esonero non opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmente definiti “complementari”, vigono le regole generali del diritto comune previste in caso di inadempimento contrattuale.
L’esonero del datore di lavoro non opera anche allorquando venga accertato che i fatti da cui deriva l’infortunio o la malattia “costituiscano reato sotto il profilo dell’elemento soggettivo e oggettivo”, per cui la responsabilità permane “per la parte che eccede le indennità liquidate” dall’INAIL ed il risarcimento “è dovuto” dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. “differenziale”, inteso come quella parte di risarcimento che eccede l’importo dell’indennizzo coperto dall’assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d’ufficio; parallelamente la disciplina assicurativa, nella ricorrenza del medesimo presupposto, consente all’INAIL di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro “per le somme pagate a titolo di indennità”.
E’ escluso “che le prestazioni eventualmente erogate dall’INAIL esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato”. Con la conseguenza che il lavoratore potrà richiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno cd. “differenziale”, allegando in fatto circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, ed il giudice, accertata in via incidentale autonoma l’illecito di rilievo penale, potrà liquidare la somma dovuta dal datore, detraendo dal complessivo valore monetario del danno civilistico, calcolato secondo i criteri comuni, quanto indennizzabile dall’INAIL, con una operazione di scomputo che deve essere effettuata ex officio ed anche se l’Istituto non abbia in concreto provveduto all’indennizzo.
Il giudice di merito, dopo aver calcolato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l’indennizzo erogato dall’Inail secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo, oltre al danno patrimoniale, ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale. Pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest’ultimo alla quota INAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita INAIL destinata a ristorare il danno biologico permanente.
Inoltre, afferma la Corte di Cassazione, la disciplina assicurativa deve essere interpretata nel senso che l’accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso dell’azione di regresso proposta dall’Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale fra fatto ed evento dannoso.
In conclusione, la Suprema Corte dispone la cassazione della pronuncia laddove ritiene la liquidazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL come condicio iuris per la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro e, pur ritenendo l’illecito datoriale rappresentato dal demansionamento inflitto al lavoratore, non procede all’accertamento e alla liquidazione dei danni non patrimoniali sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati.
Anche sotto il profilo dell’accertamento del danno differenziale la Corte di Cassazione ha statuito la cassazione della pronuncia affermando che è sufficiente che siano dedotte in fatto dal lavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, sottolineando che anche la violazione delle regole di cui all’art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea a concretare la responsabilità penale. Spetta poi al giudice il compito di qualificare giuridicamente i fatti e sussumerli nell’alveo della fattispecie penalistica, accertando autonomamente ed in via incidentale la sussistenza del reato. Inoltre la richiesta del lavoratore di risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dall’inadempimento datoriale, è idonea a fondare un petitum rispetto al quale il giudice dovrà applicare il meccanismo legale previsto dall’art. 10 d.P.R. n. 1124/65, pur dove non sia specificata la superiorità del danno civilistico in confronto all’indennizzo, atteso che, rappresentando il differenziale normalmente un minus rispetto al danno integrale preteso, non può essere considerata incompleta al punto da essere rigettata una domanda in cui si richieda l’intero danno. Ciò in quanto in materia di azioni di risarcimento del danno, viene in rilievo non la qualificazione formale ma la natura e le caratteristiche del pregiudizio stesso. La domanda di risarcimento del danno non patrimoniale è una domanda di carattere onnicomprensivo e l’unitarietà del diritto al risarcimento e la normale non frazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta.
In relazione alla condotta della datore di lavoro, la Corte Suprema ha evidenziato, altresì, che anche qualora sia esclusa una “macchinazione dolosa” nei confronti del lavoratore, ma sia acclarato che lo stesso versasse “in condizioni di sostanziale inoperosità”, con progressivo “svuotamento” delle mansioni affidate, il giudice deve accertare se da tale condotta del datore di lavoro, anche se colposa, siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore a contenuto non patrimoniale e provvedere alla liquidazione degli stessi.

In caso di condotta del datore di lavoro (demansionamento e inoperosità del lavoratore), anche se colposa e non dolosa, da cui siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale la mancata liquidazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL non costituisce condicio iuris per la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro (Corte di Cassazione - Sentenza 15 novembre 2022, n. 33639).

IL CASO

I lavoratore ha convenuto in giudizio il datore di lavoro per comportamento asseritamente mobbizzante, concretizzato attraverso il demansionamento e l’emarginazione nel proprio ambiente di lavoro, richiedendo oltre al danno patrimoniale, il risarcimento del danno biologico e del danno esistenziale e morale connesso allo sviluppo di una malattia psico-somatica.
Il Tribunale adito ha confermato il danno patrimoniale, escludendo la responsabilità del datore di lavoro per il danno danno biologico e per quello esistenziale e morale avuto riguardo, per il primo, alla pregiudiziale copertura pubblica apprestata dall’Inail, non evocato in giudizio, e, per il secondo, al connotato proprio di danno differenziale, non adeguatamente dedotto dalla parte che non aveva specificato in quale misura l’indennizzo assicurativo garantito dall’Istituto non era in grado di ristorare il pregiudizio alla sfera relazionale e soggettiva dell’assicurato.
La Corte d’appello, nel confermare la pronuncia, ha dedotto l’inesistenza di una macchinazione dolosa del datore di lavoro finalizzata all’emarginazione del lavoratore nel proprio ambiente di lavoro. In ordine alle voci di danno non patrimoniale, i giudici hanno inoltre aggiunto che la liquidazione dell’indennizzo a carico dell’Inail si configura come una vera e propria condicio iuris della domanda risarcitoria in difetto della quale il danneggiato non può agire nei confronti del responsabile civile. Nella fattispecie il lavoratore non aveva avanzato alcuna richiesta all’Istituto.
La decisione è stata impugnata dal lavoratore rivendicando la possibilità di un’azione diretta nei confronti del datore di lavoro per il ristoro del danno biologico, e comunque dei danni non patrimoniali, conseguenti una malattia psico-somatica determinata dal demansionamento, e comunque la legittimazione passiva del datore di lavoro per il risarcimento del danno cd. differenziale.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE

In tema di reciproca interferenza delle regole che presiedono il sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali con le azioni di risarcimento del danno promosse dal lavoratore colpito da eventi cagionati dall'espletamento dell'attività lavorativa la Corte di Cassazione ha affermato i seguenti principi.
L'assicurazione obbligatoria esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell'ambito dei rischi coperti dall'assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l'esonero non opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmente definiti "complementari", vigono le regole generali del diritto comune previste in caso di inadempimento contrattuale.
L'esonero del datore di lavoro non opera anche allorquando venga accertato che i fatti da cui deriva l'infortunio o la malattia "costituiscano reato sotto il profilo dell'elemento soggettivo e oggettivo", per cui la responsabilità permane "per la parte che eccede le indennità liquidate" dall'INAIL ed il risarcimento "è dovuto" dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. "differenziale", inteso come quella parte di risarcimento che eccede l'importo dell'indennizzo coperto dall'assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d'ufficio; parallelamente la disciplina assicurativa, nella ricorrenza del medesimo presupposto, consente all'INAIL di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro "per le somme pagate a titolo di indennità".
E' escluso "che le prestazioni eventualmente erogate dall'INAIL esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato". Con la conseguenza che il lavoratore potrà richiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno cd. "differenziale", allegando in fatto circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, ed il giudice, accertata in via incidentale autonoma l'illecito di rilievo penale, potrà liquidare la somma dovuta dal datore, detraendo dal complessivo valore monetario del danno civilistico, calcolato secondo i criteri comuni, quanto indennizzabile dall'INAIL, con una operazione di scomputo che deve essere effettuata ex officio ed anche se l'Istituto non abbia in concreto provveduto all'indennizzo.
Il giudice di merito, dopo aver calcolato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l'indennizzo erogato dall'Inail secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo, oltre al danno patrimoniale, ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale. Pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quota INAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita INAIL destinata a ristorare il danno biologico permanente.
Inoltre, afferma la Corte di Cassazione, la disciplina assicurativa deve essere interpretata nel senso che l'accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso dell'azione di regresso proposta dall'Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all'elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale fra fatto ed evento dannoso.
In conclusione, la Suprema Corte dispone la cassazione della pronuncia laddove ritiene la liquidazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL come condicio iuris per la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro e, pur ritenendo l’illecito datoriale rappresentato dal demansionamento inflitto al lavoratore, non procede all’accertamento e alla liquidazione dei danni non patrimoniali sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati.
Anche sotto il profilo dell’accertamento del danno differenziale la Corte di Cassazione ha statuito la cassazione della pronuncia affermando che è sufficiente che siano dedotte in fatto dal lavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, sottolineando che anche la violazione delle regole di cui all'art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea a concretare la responsabilità penale. Spetta poi al giudice il compito di qualificare giuridicamente i fatti e sussumerli nell'alveo della fattispecie penalistica, accertando autonomamente ed in via incidentale la sussistenza del reato. Inoltre la richiesta del lavoratore di risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dall'inadempimento datoriale, è idonea a fondare un petitum rispetto al quale il giudice dovrà applicare il meccanismo legale previsto dall'art. 10 d.P.R. n. 1124/65, pur dove non sia specificata la superiorità del danno civilistico in confronto all'indennizzo, atteso che, rappresentando il differenziale normalmente un minus rispetto al danno integrale preteso, non può essere considerata incompleta al punto da essere rigettata una domanda in cui si richieda l'intero danno. Ciò in quanto in materia di azioni di risarcimento del danno, viene in rilievo non la qualificazione formale ma la natura e le caratteristiche del pregiudizio stesso. La domanda di risarcimento del danno non patrimoniale è una domanda di carattere onnicomprensivo e l'unitarietà del diritto al risarcimento e la normale non frazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta.
In relazione alla condotta della datore di lavoro, la Corte Suprema ha evidenziato, altresì, che anche qualora sia esclusa una "macchinazione dolosa" nei confronti del lavoratore, ma sia acclarato che lo stesso versasse "in condizioni di sostanziale inoperosità", con progressivo "svuotamento" delle mansioni affidate, il giudice deve accertare se da tale condotta del datore di lavoro, anche se colposa, siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore a contenuto non patrimoniale e provvedere alla liquidazione degli stessi.

Rimborso forfettario dei Navigator soggetto ad Irpef

I chiarimenti del Fisco sul trattamento fiscale ai fini IRPEF delle somme a titolo di rimborso forfettario delle spese necessarie per l’espletamento dell’incarico di Navigator (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 15 novembre 2022, n. 67/E)

I navigator hanno stipulato, con la Società Anpal Servizi S.p.A., un contratto di collaborazione, senza vincolo di subordinazione, che ha ad oggetto determinate attività, previste dal contratto, per l’assistenza tecnica alle Regioni, finalizzate alla valorizzazione delle politiche attive regionali ed al rafforzamento del ruolo di regia dei Centri per l’impiego nella gestione dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, che possono essere svolte anche in forma diretta, a seconda delle esigenze operative del territorio di riferimento coincidente con la Provincia indicata nel contratto.
Per l’incarico di collaborazione è prevista, oltre al compenso, la corresponsione di una somma, pari ad euro 300 lordi mensili onnicomprensivi, a titolo di “rimborso forfettario” delle spese necessarie per l’espletamento dell’incarico, quali le spese di viaggio, vitto, alloggio e per il ritiro e la riconsegna dei dispositivi presso i punti designati in ambito regionale.
Rispetto alle modalità di espletamento dell’incarico di collaborazione, nel contratto è previsto che, nell’ambito dell’autonomia operativa dell’incaricato, quest’ultimo concorderà tempi e modalità di esecuzione della prestazione con il referente della Società, senza vincoli di orario di lavoro, e che per il raggiungimento degli obiettivi pattuiti e per il coordinamento delle proprie attività con quelle del Committente, le Parti convengono che potrà essere richiesta una disponibilità giornaliera e/o settimanale determinata anche presso il luogo di lavoro convenuto. Per l’espletamento della prestazione, il collaboratore potrà utilizzare i luoghi e gli strumenti tecnici che saranno messi a disposizione.
In relazione a detto “rimborso forfettario” viene chiesto se lo stesso rientri tra le indennità percepite per le trasferte di cui all’art. 51, co. 5, del Tuir.
Al riguardo il Fisco chiarisce che le indennità di “trasferta” di cui al citato articolo sono corrisposte allorquando “il lavoratore, più o meno occasionalmente, venga destinato a svolgere un’attività fuori della propria sede di lavoro”, intendendosi per tale il “luogo stabilito dal datore di lavoro”, generalmente, indicato nella lettera o contratto d’assunzione.
Nel caso di specie, in base alle predette clausole contrattuali, il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa dei navigator è costituito dall’intero territorio della Provincia. Pertanto, gli spostamenti di questi ultimi all’interno della Provincia di riferimento non presentano i requisiti per poter essere qualificati come trasferte, non configurandosi in dette ipotesi l’esecuzione di una prestazione al di fuori della sede naturale di lavoro. Non ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione del trattamento fiscale delle indennità di trasferta, di cui al comma 5 dell’articolo 51 del Tuir, sulla somma forfettariamente corrisposta.

I chiarimenti del Fisco sul trattamento fiscale ai fini IRPEF delle somme a titolo di rimborso forfettario delle spese necessarie per l’espletamento dell’incarico di Navigator (AGENZIA DELLE ENTRATE - Risoluzione 15 novembre 2022, n. 67/E)

I navigator hanno stipulato, con la Società Anpal Servizi S.p.A., un contratto di collaborazione, senza vincolo di subordinazione, che ha ad oggetto determinate attività, previste dal contratto, per l’assistenza tecnica alle Regioni, finalizzate alla valorizzazione delle politiche attive regionali ed al rafforzamento del ruolo di regia dei Centri per l’impiego nella gestione dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, che possono essere svolte anche in forma diretta, a seconda delle esigenze operative del territorio di riferimento coincidente con la Provincia indicata nel contratto.
Per l’incarico di collaborazione è prevista, oltre al compenso, la corresponsione di una somma, pari ad euro 300 lordi mensili onnicomprensivi, a titolo di "rimborso forfettario" delle spese necessarie per l’espletamento dell’incarico, quali le spese di viaggio, vitto, alloggio e per il ritiro e la riconsegna dei dispositivi presso i punti designati in ambito regionale.
Rispetto alle modalità di espletamento dell’incarico di collaborazione, nel contratto è previsto che, nell’ambito dell’autonomia operativa dell’incaricato, quest’ultimo concorderà tempi e modalità di esecuzione della prestazione con il referente della Società, senza vincoli di orario di lavoro, e che per il raggiungimento degli obiettivi pattuiti e per il coordinamento delle proprie attività con quelle del Committente, le Parti convengono che potrà essere richiesta una disponibilità giornaliera e/o settimanale determinata anche presso il luogo di lavoro convenuto. Per l’espletamento della prestazione, il collaboratore potrà utilizzare i luoghi e gli strumenti tecnici che saranno messi a disposizione.
In relazione a detto "rimborso forfettario" viene chiesto se lo stesso rientri tra le indennità percepite per le trasferte di cui all’art. 51, co. 5, del Tuir.
Al riguardo il Fisco chiarisce che le indennità di "trasferta" di cui al citato articolo sono corrisposte allorquando "il lavoratore, più o meno occasionalmente, venga destinato a svolgere un’attività fuori della propria sede di lavoro", intendendosi per tale il "luogo stabilito dal datore di lavoro", generalmente, indicato nella lettera o contratto d’assunzione.
Nel caso di specie, in base alle predette clausole contrattuali, il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa dei navigator è costituito dall’intero territorio della Provincia. Pertanto, gli spostamenti di questi ultimi all’interno della Provincia di riferimento non presentano i requisiti per poter essere qualificati come trasferte, non configurandosi in dette ipotesi l’esecuzione di una prestazione al di fuori della sede naturale di lavoro. Non ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione del trattamento fiscale delle indennità di trasferta, di cui al comma 5 dell’articolo 51 del Tuir, sulla somma forfettariamente corrisposta.

Accordo Edili Industria per la provincia di Piacenza

Firmato il giorno 24/10/2022, tra la Sezione dei Costruttori Edili di Confindustria Piacenza e la FILLEA-CGIL di Piacenza, la FILCA-CISL di Piacenza, la FENEAL-UIL di Piacenza, l’accordo per la determinazione degli importi da erogare a titolo di Elemento variabile della Retribuzione ai lavoratori edili di Piacenza

Stante l’andamento positivo di tutti gli indicatori, in base a quanto stabilito nel contratto provinciale del 20 ottobre 2016, le Parti dichiarano che esistono i presupposti per l’erogazione dell’EVR, che viene stabilito nella misura del 4% dei minimi tabellari del luglio 2014.
Ciò posto, le aziende verificheranno, triennio su triennio, l’andamento dei seguenti indicatori aziendali:

– numero ore denunciate in cassa edile (o numero ore lavorate registrate sul LUL, per le aziende con solo impiegati)

– volume d’affari IVA (così come rilevabile esclusivamente dalle dichiarazioni annuali IVA dell’impresa)

In tale calcolo dovrà tenersi conto dei suddetti indicatori con riferimento all’azienda nel suo complesso, al di là delle singole unità produttive eventualmente dislocate sul territorio.
Qualora gli indicatori risultino pari o positivi, l’azienda provvederà ad erogare l’EVR nella misura stabilita a livello provinciale.
Laddove entrambi i parametri aziendali dovessero risultare negativi, l’EVR non sarà erogato.
Qualora un solo indicatore aziendale risulti pari o positivo, l’azienda dovrà erogare l’EVR nella percentuale del 65%.

 

Livelli

Minimi 7/2014

4%

100% EVR

65% EVR

7 1.630,71 65,23 782,74 508,78
6 1.467,63 58,71 704,46 457,90
5 1.223,02 48,92 587,05 381,58
4 1.141,51 45,66 547,92 356,15
3 1.059,96 42,4 508,78 330,71
2 953,97 38,16 457,91 297,64
1 815,36 32,61 391,37 254,39

Per il solo 2022 l’EVR verrà erogato, con la retribuzione del mese di dicembre, in un’unica soluzione ai lavoratori in forza nel mese di ottobre 2022 proporzionandolo ai mesi di servizio prestati nell’anno 2021. La frazione di mese superiore a 15 giorni verrà considerata come mese intero.
L’EVR sarà inoltre riproporzionato sulla base dell’orario contrattuale individuale per i lavoratori a tempo parziale.

Firmato il giorno 24/10/2022, tra la Sezione dei Costruttori Edili di Confindustria Piacenza e la FILLEA-CGIL di Piacenza, la FILCA-CISL di Piacenza, la FENEAL-UIL di Piacenza, l’accordo per la determinazione degli importi da erogare a titolo di Elemento variabile della Retribuzione ai lavoratori edili di Piacenza

Stante l'andamento positivo di tutti gli indicatori, in base a quanto stabilito nel contratto provinciale del 20 ottobre 2016, le Parti dichiarano che esistono i presupposti per l'erogazione dell'EVR, che viene stabilito nella misura del 4% dei minimi tabellari del luglio 2014.
Ciò posto, le aziende verificheranno, triennio su triennio, l'andamento dei seguenti indicatori aziendali:

- numero ore denunciate in cassa edile (o numero ore lavorate registrate sul LUL, per le aziende con solo impiegati)

- volume d'affari IVA (così come rilevabile esclusivamente dalle dichiarazioni annuali IVA dell'impresa)

In tale calcolo dovrà tenersi conto dei suddetti indicatori con riferimento all'azienda nel suo complesso, al di là delle singole unità produttive eventualmente dislocate sul territorio.
Qualora gli indicatori risultino pari o positivi, l'azienda provvederà ad erogare l'EVR nella misura stabilita a livello provinciale.
Laddove entrambi i parametri aziendali dovessero risultare negativi, l'EVR non sarà erogato.
Qualora un solo indicatore aziendale risulti pari o positivo, l'azienda dovrà erogare l'EVR nella percentuale del 65%.

 

Livelli

Minimi 7/2014

4%

100% EVR

65% EVR

7 1.630,71 65,23 782,74 508,78
6 1.467,63 58,71 704,46 457,90
5 1.223,02 48,92 587,05 381,58
4 1.141,51 45,66 547,92 356,15
3 1.059,96 42,4 508,78 330,71
2 953,97 38,16 457,91 297,64
1 815,36 32,61 391,37 254,39

Per il solo 2022 l'EVR verrà erogato, con la retribuzione del mese di dicembre, in un'unica soluzione ai lavoratori in forza nel mese di ottobre 2022 proporzionandolo ai mesi di servizio prestati nell'anno 2021. La frazione di mese superiore a 15 giorni verrà considerata come mese intero.
L'EVR sarà inoltre riproporzionato sulla base dell'orario contrattuale individuale per i lavoratori a tempo parziale.

ETS: chiarimenti su redazione e deposito bilanci

Forniti chiarimenti in materia di redazione e deposito bilanci da parte degli Enti del Terzo settore (Ministero del lavoro e delle politiche – Nota 15 novembre 2022, n. 17146).

Enti che hanno conseguito la qualifica di ETS nel corso del 2022 e deposito bilanci 2021
La prima questione riguarda la sussistenza dell’obbligo, per gli enti costituiti prima del 2022 e iscritti al RUNTS in corso d’anno, di depositare al RUNTS medesimo, dopo l’iscrizione, ai sensi dell’articolo 48 comma 3, il bilancio dell’anno precedente (2021) se approvato successivamente alla presentazione dell’istanza, se in tale sede siano stati allegati (art. 8 d.m. 106/2020) quali ultimi due bilanci approvati, quelli delle annualità 2019 e 2020.
In proposito, il Ministero del lavoro e delle politiche con nota n. 5941 del 5 aprile 2022 ha già risposto al quesito con riferimento agli enti considerati ETS in via transitoria (ODV, APS, Onlus) e come tali già tenuti al rispetto del D.M. n. 39/2020 sin dal bilancio 2021, da depositare al Runts nei 90 giorni successivi all’iscrizione, secondo quanto previsto dalla circolare ministeriale 9/2022, utilizzando le funzionalità telematiche del Registro, ove lo stesso documento non sia stato prodotto al competente ufficio del RUNTS nel corso del procedimento di verifica post-trasmigrazione, o, con riferimento alle Onlus, in sede di iscrizione ex art. 34 del D.M. n. 106/2020.
Con riferimento invece agli enti che solo successivamente e per effetto della qualifica di ETS ottenuta con l’iscrizione al RUNTS risultano assoggettati agli obblighi di trasparenza del Codice del Terzo settore, ipotizzare un obbligo di deposito con conseguente pubblicazione dell’atto, conferirebbe alla disposizione valore retroattivo senza adeguata copertura normativa: gli oneri di trasparenza sussistono con riferimento alle organizzazioni in possesso della qualifica di ETS e per le attività svolte nel relativo regime (di cui il bilancio costituisce una rappresentazione economicofinanziaria); resta evidentemente ammissibile un eventuale deposito volontario disposto liberamente dall’ente.
L’insussistenza dell’obbligo di deposito invero non esclude che l’ufficio del RUNTS possa richiedere copia del bilancio 2021, ove necessario e non in maniera generalizzata, al fine di verificare il maturarsi dei presupposti generativi di taluni obblighi e il relativo adempimento da parte dell’ente nel 2022, periodo assoggettato alla disciplina del CTS. La necessità potrebbe ad esempio derivare dall’ipotesi in cui il bilancio 2020, a differenza di quello 2019, entrambi acquisiti in sede di iscrizione, evidenzi parametri dimensionali che se riscontrabili anche nel bilancio 2021 comportino nel corso del 2022 la nomina di un revisore legale. In questo caso l’acquisizione del bilancio 2021 da parte dell’ufficio sarebbe giustificata; la stessa peraltro non comporterebbe un’ostensione ai terzi di dati (che deriverebbe dal deposito ex art. 48 CTS) in assenza di obbligo di legge.

Deposito delle relazioni dell’organo di controllo e del revisore legale dei conti
E’ stato richiesto se l’obbligo di deposito del bilancio al RUNTS si debba considerare comprensivo della relazione dell’organo di controllo e del revisore contabile: il proponente ipotizza che non essendo distintamente menzionate tra i documenti da depositare al RUNTS, il deposito possa essere ritenuto meramente facoltativo ancorché auspicabile, evidenziando che nel caso di imprese lucrative il codice civile (articolo 2435) ne prevede il deposito tra gli allegati al bilancio, per ragioni di trasparenza.
La tesi della facoltatività non appare pienamente in linea con il regime di trasparenza degli enti del Terzo settore, ben superiore a quello cui sono tenuti gli enti privati con finalità lucrative.
D’altra parte, la ratio delle relazioni dell’organo di controllo e del revisore prevista dal codice civile è la medesima di quella prevista per gli Enti del Terzo settore, integrata in questo caso con i richiami, recati dall’art. 30 del CTS alle specifiche attività ulteriori di cui è incaricato l’organo di controllo.
Anche nel caso degli ETS, le relazioni dell’organo di controllo e del revisore legale dei conti, ove nominati, sono messe, unitamente ai bilanci, a disposizione dell’organo cui è demandata l’approvazione di questi ultimi e contengono elementi necessari a consentire a quest’ultimo di formulare il proprio giudizio sull’operato dell’organo amministrativo (art. 2429 c.c.). Costituiscono quindi, sotto il profilo sostanziale, documenti che, concorrendo alla formazione della volontà dell’organo competente ad approvare il bilancio, sono allegati al bilancio medesimo, venendo sovente richiamati nelle relative delibere di approvazione finale. Non possono quindi, pur non essendo parte integrante del bilancio, essere considerati documenti logicamente disgiunti dal bilancio di esercizio approvato, che l’ente abbia facoltà di sottrarre alla pubblicazione, limitando in tal modo la conoscibilità da parte dei terzi della situazione dell’ente, fine ultimo che il deposito al RUNTS intende perseguire. Sotto il profilo sistemico, la ricomprensione all’interno dell’obbligo di deposito di cui all’articolo 48 comma 3 del CTS, anche delle suindicate relazioni è avvalorata dalla previsione dell’articolo 3, comma 2 del Codice, che permette, anche in via analogica, di integrare il citato articolo 48, comma 3 con l’articolo 2435 del codice civile.

Enti dotati di personalità giuridica con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000 euro
A mente dell’articolo 13 del Codice del Terzo settore, il bilancio degli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000 euro può essere redatto nella forma del rendiconto per cassa. Nel caso di enti che hanno acquisito la personalità giuridica tramite l’iscrizione al RUNTS o ne disponevano già, in apposito quesito viene rappresentato che tale modalità potrebbe comportare in capo agli organi responsabili (organo di amministrazione, organo di controllo ove presente) difficoltà peculiari in assenza di un bilancio redatto in forma economico-patrimoniale, nell’effettuazione del monitoraggio del patrimonio minimo. Come noto, ove dal monitoraggio del patrimonio emergesse una riduzione dello stesso sotto la soglia di cui all’art. 22 comma 5 del CTS, gli amministratori e l’organo di controllo sarebbero tenuti a promuovere l’adozione delle delibere di ricostituzione, scioglimento, perdita di personalità giuridica, fusione ivi richiamate.
In proposito si osserva che quella di redigere il bilancio in forma di rendiconto di cassa, come chiarito anche dal già citato D.M. n.39/2020, è una facoltà di cui gli amministratori possono ricorrere o alla quale possono rinunciare; nel primo caso, tuttavia ciò non può tradursi in un’attenuazione delle responsabilità connesse al loro ruolo. Lo stesso dicasi per l’organo di controllo, che ben potrebbe essere presente anche in enti con entrate inferiori ai 220.000 euro (si pensi ad esempio alle fondazioni, per le quali l’organo di controllo è sempre obbligatorio – art. 30, comma 1 CTS).
Spetta quindi agli amministratori dell’ente con personalità giuridica ed eventualmente all’organo di controllo ove istituito, la responsabilità di valutare se, in presenza di un patrimonio composto di beni diversi dal denaro (la cui consistenza ed eventuale composizione al momento dell’iscrizione, risulterà dall’atto notarile) l’adozione del rendiconto di cassa soddisfi o  meno i criteri di necessaria adeguatezza delle scritture contabili ai fini del monitoraggio del patrimonio: all’esito della valutazione gli stessi potranno in ogni caso optare eventualmente per un bilancio in termini economico-patrimoniali, dato il carattere facoltativo della previsione di legge, espressa in termini generali.
La scelta effettuata potrebbe evidentemente rilevare anche ai fini delle eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e dell’organo di controllo, ai sensi dell’art. 28 del CTS, incluse quelle esperite dai creditori dell’ente (ai sensi dell’art. 2394 del c.c., richiamato dal citato art. 28 del CTS) qualora dall’inosservanza degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio dell’ente consegua che lo stesso è insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti, senza che tale situazione fosse oggettivamente conoscibile o prevedibile sulla base dei dati di bilancio resi disponibili tramite il Runts.

Informazioni sulle raccolte fondi e loro pubblicità attraverso il RUNTS
I chiarimenti richiesti riguardano le modalità di deposito delle informazioni relative alle raccolte fondi (RF) al RUNTS e in particolare se l’inclusione dei relativi rendiconti nel bilancio supplisca al deposito separato delle rendicontazioni.
In proposito, premesso che ai sensi dell’articolo 7 del CTS, l’attività in questione può avere oltre che carattere occasionale anche carattere abituale, si ritiene utile rinviare alle apposite linee guida, approvate con il D.M. n. 107 del 9 giugno 2022 ( pubblicato sulla G.U. n. 170 del 22 luglio 2022), che contengono un riepilogo, per ciascuna delle due tipologie di RF, dei relativi obblighi di rendicontazione, fornendo indicazioni a seconda che l’ente utilizzi, ai sensi del D.M. n. 39/2020 il bilancio economico patrimoniale (e in particolare, oltre allo stato patrimoniale – mod.A – anche il rendiconto economico-gestionale e la relazione di missione – di cui rispettivamente ai mod. B e C) oppure il rendiconto per cassa (mod. D).
Sia nel modello B che nel modello D i dati finanziari saranno inseriti in corrispondenza della macrovoce C) dedicata rispettivamente agli oneri e alle entrate derivanti dalla raccolta fondi; nel bilancio di esercizio, predisposto ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del CTS, al punto 24 della relazione di missione dovrà essere riportata una descrizione delle attività, riguardante anche la raccolta di fondi abituale.
Le informazioni riguardanti ciascuna raccolta fondi occasionale dovranno essere allegate alla relazione di missione (mod. C) o al rendiconto per cassa (mod. D) compilando, secondo il facsimile fornito con le linee guida citate, il rendiconto finanziario di dettaglio e la relazione illustrativa.
Sulla base di quanto sopra, sovviene il criterio della prevalenza dell’elemento sostanziale del raggiungimento degli obiettivi di trasparenza rispetto ad eventuali profili di natura meramente formale, sicché deve ritenersi conforme al dettato normativo dell’articolo 48, comma 3 del CTS, il deposito del bilancio comprensivo al suo interno anche dei rendiconti delle singole raccolte fondi occasionali, senza pertanto che l’ente debba effettuare un deposito distinto di questi ultimi, purché, beninteso, tutti gli elementi informativi richiesti dal D.M. n.107/2022 siano presenti per ciascuna RF occasionale tra la documentazione depositata al RUNTS. Tali indicazioni valgono nell’attuale fase di primo utilizzo dell’applicativo in informatico del RUNTS; in futuro, le esigenze di indicizzazione dei documenti a sistema e di raggiungimento di livelli crescenti di accessibilità dei documenti potrebbero richiedere una più attenta “compliance” da parte degli enti, a seguito dell’aggiornamento delle regole tecniche di deposito.

Indicazioni per gli Uffici del RUNTS a seguito del perfezionamento delle trasmigrazioni
Si forniscono infine le prime brevi indicazioni agli uffici del RUNTS con riferimento a specifiche richieste riguardanti gli enti che hanno ottenuto l’iscrizione a seguito di trasmigrazione, con riserva di ulteriori seguiti connotati da una maggior sistematicità anche tenendo conto delle sollecitazioni che pervengono.
A seguito del perfezionamento delle trasmigrazioni, gli enti che hanno ottenuto l’iscrizione a conclusione del procedimento di verifica, stanno procedendo a inserire a sistema atti e informazioni entro novanta giorni dall’iscrizione (cfr. circolare n.9/2022, punto 11) attraverso le funzionalità loro riservate rendendoli disponibili sul “back office”, ovvero sulla parte dell’applicativo riservato agli Uffici Runts. Il fenomeno è destinato a intensificarsi nei prossimi mesi.
Gli Uffici a loro volta assicureranno la pubblicità delle informazioni e dei dati.
Ferma restando la necessità di dare impulso ad un corretto popolamento iniziale del RUNTS con le informazioni previste, si precisa che il termine di novanta giorni non deve essere considerato perentorio: gli uffici del RUNTS, decorso inutilmente tale lasso temporale, potranno diffidare gli enti risultati inadempienti, secondo quanto già indicato nella ministeriale n. 5941 del 5 aprile 2022, assegnando un termine, ai sensi dell’art. 48 comma 4 del Codice, trascorso il quale, in mancanza di valide giustificazioni, l’ente sarà cancellato dal RUNTS secondo quanto previsto dagli articoli 23 comma 1 lett. e) e 24 comma 6 del D.M. n. 106/2020, ma non contesteranno o sanzioneranno il ritardo ove le informazioni e i documenti, al momento in cui la posizione dell’ente sarà presa in esame, risulteranno comunque presenti a sistema anche se presentati oltre il termine.
Con riferimento ai bilanci depositati dagli enti trasmigrati nella fase di popolamento iniziale del RUNTS, gli Uffici avranno cura di verificare primariamente l’avvenuto utilizzo della modulistica di cui al D.M. n. 39/2020, obbligatoria per gli enti qualificati come APS, ODV, Onlus a partire dall’esercizio 2021, anche avuto riguardo al mancato superamento dei limiti dimensionali di cui all’articolo 13, comma 2 per gli enti che hanno redatto il bilancio in forma di rendiconto per cassa; ulteriori controlli potranno riguardare, a fronte della presenza di entrate derivanti dallo svolgimento di attività diverse, la presenza di apposite disposizioni statutarie che lo consentano e ove siano presenti nel bilancio/rendiconto di cassa dati da cui risultino raccolte fondi di natura occasionale, che siano stati resi disponibili i relativi rendiconti. Considerato che gli schemi di rendicontazione, presenti in allegato alle linee guida emanate ai sensi dell’art. 7 del CTS sono stati approvati con il D.M. 9 giugno 2022, pubblicato in G.U. lo scorso 22 luglio, i rendiconti dovranno conformarsi a tale schema solo a partire da quelli depositati unitamente al bilancio di esercizio 2022.

Forniti chiarimenti in materia di redazione e deposito bilanci da parte degli Enti del Terzo settore (Ministero del lavoro e delle politiche - Nota 15 novembre 2022, n. 17146).

Enti che hanno conseguito la qualifica di ETS nel corso del 2022 e deposito bilanci 2021
La prima questione riguarda la sussistenza dell'obbligo, per gli enti costituiti prima del 2022 e iscritti al RUNTS in corso d'anno, di depositare al RUNTS medesimo, dopo l'iscrizione, ai sensi dell'articolo 48 comma 3, il bilancio dell'anno precedente (2021) se approvato successivamente alla presentazione dell'istanza, se in tale sede siano stati allegati (art. 8 d.m. 106/2020) quali ultimi due bilanci approvati, quelli delle annualità 2019 e 2020.
In proposito, il Ministero del lavoro e delle politiche con nota n. 5941 del 5 aprile 2022 ha già risposto al quesito con riferimento agli enti considerati ETS in via transitoria (ODV, APS, Onlus) e come tali già tenuti al rispetto del D.M. n. 39/2020 sin dal bilancio 2021, da depositare al Runts nei 90 giorni successivi all'iscrizione, secondo quanto previsto dalla circolare ministeriale 9/2022, utilizzando le funzionalità telematiche del Registro, ove lo stesso documento non sia stato prodotto al competente ufficio del RUNTS nel corso del procedimento di verifica post-trasmigrazione, o, con riferimento alle Onlus, in sede di iscrizione ex art. 34 del D.M. n. 106/2020.
Con riferimento invece agli enti che solo successivamente e per effetto della qualifica di ETS ottenuta con l'iscrizione al RUNTS risultano assoggettati agli obblighi di trasparenza del Codice del Terzo settore, ipotizzare un obbligo di deposito con conseguente pubblicazione dell'atto, conferirebbe alla disposizione valore retroattivo senza adeguata copertura normativa: gli oneri di trasparenza sussistono con riferimento alle organizzazioni in possesso della qualifica di ETS e per le attività svolte nel relativo regime (di cui il bilancio costituisce una rappresentazione economicofinanziaria); resta evidentemente ammissibile un eventuale deposito volontario disposto liberamente dall'ente.
L'insussistenza dell'obbligo di deposito invero non esclude che l'ufficio del RUNTS possa richiedere copia del bilancio 2021, ove necessario e non in maniera generalizzata, al fine di verificare il maturarsi dei presupposti generativi di taluni obblighi e il relativo adempimento da parte dell'ente nel 2022, periodo assoggettato alla disciplina del CTS. La necessità potrebbe ad esempio derivare dall'ipotesi in cui il bilancio 2020, a differenza di quello 2019, entrambi acquisiti in sede di iscrizione, evidenzi parametri dimensionali che se riscontrabili anche nel bilancio 2021 comportino nel corso del 2022 la nomina di un revisore legale. In questo caso l'acquisizione del bilancio 2021 da parte dell'ufficio sarebbe giustificata; la stessa peraltro non comporterebbe un’ostensione ai terzi di dati (che deriverebbe dal deposito ex art. 48 CTS) in assenza di obbligo di legge.

Deposito delle relazioni dell'organo di controllo e del revisore legale dei conti
E’ stato richiesto se l’obbligo di deposito del bilancio al RUNTS si debba considerare comprensivo della relazione dell'organo di controllo e del revisore contabile: il proponente ipotizza che non essendo distintamente menzionate tra i documenti da depositare al RUNTS, il deposito possa essere ritenuto meramente facoltativo ancorché auspicabile, evidenziando che nel caso di imprese lucrative il codice civile (articolo 2435) ne prevede il deposito tra gli allegati al bilancio, per ragioni di trasparenza.
La tesi della facoltatività non appare pienamente in linea con il regime di trasparenza degli enti del Terzo settore, ben superiore a quello cui sono tenuti gli enti privati con finalità lucrative.
D'altra parte, la ratio delle relazioni dell'organo di controllo e del revisore prevista dal codice civile è la medesima di quella prevista per gli Enti del Terzo settore, integrata in questo caso con i richiami, recati dall'art. 30 del CTS alle specifiche attività ulteriori di cui è incaricato l'organo di controllo.
Anche nel caso degli ETS, le relazioni dell'organo di controllo e del revisore legale dei conti, ove nominati, sono messe, unitamente ai bilanci, a disposizione dell'organo cui è demandata l'approvazione di questi ultimi e contengono elementi necessari a consentire a quest'ultimo di formulare il proprio giudizio sull'operato dell'organo amministrativo (art. 2429 c.c.). Costituiscono quindi, sotto il profilo sostanziale, documenti che, concorrendo alla formazione della volontà dell’organo competente ad approvare il bilancio, sono allegati al bilancio medesimo, venendo sovente richiamati nelle relative delibere di approvazione finale. Non possono quindi, pur non essendo parte integrante del bilancio, essere considerati documenti logicamente disgiunti dal bilancio di esercizio approvato, che l'ente abbia facoltà di sottrarre alla pubblicazione, limitando in tal modo la conoscibilità da parte dei terzi della situazione dell'ente, fine ultimo che il deposito al RUNTS intende perseguire. Sotto il profilo sistemico, la ricomprensione all’interno dell’obbligo di deposito di cui all’articolo 48 comma 3 del CTS, anche delle suindicate relazioni è avvalorata dalla previsione dell’articolo 3, comma 2 del Codice, che permette, anche in via analogica, di integrare il citato articolo 48, comma 3 con l’articolo 2435 del codice civile.

Enti dotati di personalità giuridica con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000 euro
A mente dell'articolo 13 del Codice del Terzo settore, il bilancio degli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000 euro può essere redatto nella forma del rendiconto per cassa. Nel caso di enti che hanno acquisito la personalità giuridica tramite l'iscrizione al RUNTS o ne disponevano già, in apposito quesito viene rappresentato che tale modalità potrebbe comportare in capo agli organi responsabili (organo di amministrazione, organo di controllo ove presente) difficoltà peculiari in assenza di un bilancio redatto in forma economico-patrimoniale, nell'effettuazione del monitoraggio del patrimonio minimo. Come noto, ove dal monitoraggio del patrimonio emergesse una riduzione dello stesso sotto la soglia di cui all'art. 22 comma 5 del CTS, gli amministratori e l'organo di controllo sarebbero tenuti a promuovere l'adozione delle delibere di ricostituzione, scioglimento, perdita di personalità giuridica, fusione ivi richiamate.
In proposito si osserva che quella di redigere il bilancio in forma di rendiconto di cassa, come chiarito anche dal già citato D.M. n.39/2020, è una facoltà di cui gli amministratori possono ricorrere o alla quale possono rinunciare; nel primo caso, tuttavia ciò non può tradursi in un'attenuazione delle responsabilità connesse al loro ruolo. Lo stesso dicasi per l'organo di controllo, che ben potrebbe essere presente anche in enti con entrate inferiori ai 220.000 euro (si pensi ad esempio alle fondazioni, per le quali l'organo di controllo è sempre obbligatorio - art. 30, comma 1 CTS).
Spetta quindi agli amministratori dell'ente con personalità giuridica ed eventualmente all'organo di controllo ove istituito, la responsabilità di valutare se, in presenza di un patrimonio composto di beni diversi dal denaro (la cui consistenza ed eventuale composizione al momento dell'iscrizione, risulterà dall'atto notarile) l'adozione del rendiconto di cassa soddisfi o  meno i criteri di necessaria adeguatezza delle scritture contabili ai fini del monitoraggio del patrimonio: all'esito della valutazione gli stessi potranno in ogni caso optare eventualmente per un bilancio in termini economico-patrimoniali, dato il carattere facoltativo della previsione di legge, espressa in termini generali.
La scelta effettuata potrebbe evidentemente rilevare anche ai fini delle eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e dell'organo di controllo, ai sensi dell'art. 28 del CTS, incluse quelle esperite dai creditori dell'ente (ai sensi dell'art. 2394 del c.c., richiamato dal citato art. 28 del CTS) qualora dall'inosservanza degli obblighi inerenti la conservazione dell'integrità del patrimonio dell'ente consegua che lo stesso è insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti, senza che tale situazione fosse oggettivamente conoscibile o prevedibile sulla base dei dati di bilancio resi disponibili tramite il Runts.

Informazioni sulle raccolte fondi e loro pubblicità attraverso il RUNTS
I chiarimenti richiesti riguardano le modalità di deposito delle informazioni relative alle raccolte fondi (RF) al RUNTS e in particolare se l'inclusione dei relativi rendiconti nel bilancio supplisca al deposito separato delle rendicontazioni.
In proposito, premesso che ai sensi dell'articolo 7 del CTS, l'attività in questione può avere oltre che carattere occasionale anche carattere abituale, si ritiene utile rinviare alle apposite linee guida, approvate con il D.M. n. 107 del 9 giugno 2022 ( pubblicato sulla G.U. n. 170 del 22 luglio 2022), che contengono un riepilogo, per ciascuna delle due tipologie di RF, dei relativi obblighi di rendicontazione, fornendo indicazioni a seconda che l'ente utilizzi, ai sensi del D.M. n. 39/2020 il bilancio economico patrimoniale (e in particolare, oltre allo stato patrimoniale - mod.A - anche il rendiconto economico-gestionale e la relazione di missione - di cui rispettivamente ai mod. B e C) oppure il rendiconto per cassa (mod. D).
Sia nel modello B che nel modello D i dati finanziari saranno inseriti in corrispondenza della macrovoce C) dedicata rispettivamente agli oneri e alle entrate derivanti dalla raccolta fondi; nel bilancio di esercizio, predisposto ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del CTS, al punto 24 della relazione di missione dovrà essere riportata una descrizione delle attività, riguardante anche la raccolta di fondi abituale.
Le informazioni riguardanti ciascuna raccolta fondi occasionale dovranno essere allegate alla relazione di missione (mod. C) o al rendiconto per cassa (mod. D) compilando, secondo il facsimile fornito con le linee guida citate, il rendiconto finanziario di dettaglio e la relazione illustrativa.
Sulla base di quanto sopra, sovviene il criterio della prevalenza dell'elemento sostanziale del raggiungimento degli obiettivi di trasparenza rispetto ad eventuali profili di natura meramente formale, sicché deve ritenersi conforme al dettato normativo dell’articolo 48, comma 3 del CTS, il deposito del bilancio comprensivo al suo interno anche dei rendiconti delle singole raccolte fondi occasionali, senza pertanto che l’ente debba effettuare un deposito distinto di questi ultimi, purché, beninteso, tutti gli elementi informativi richiesti dal D.M. n.107/2022 siano presenti per ciascuna RF occasionale tra la documentazione depositata al RUNTS. Tali indicazioni valgono nell’attuale fase di primo utilizzo dell’applicativo in informatico del RUNTS; in futuro, le esigenze di indicizzazione dei documenti a sistema e di raggiungimento di livelli crescenti di accessibilità dei documenti potrebbero richiedere una più attenta "compliance" da parte degli enti, a seguito dell’aggiornamento delle regole tecniche di deposito.

Indicazioni per gli Uffici del RUNTS a seguito del perfezionamento delle trasmigrazioni
Si forniscono infine le prime brevi indicazioni agli uffici del RUNTS con riferimento a specifiche richieste riguardanti gli enti che hanno ottenuto l'iscrizione a seguito di trasmigrazione, con riserva di ulteriori seguiti connotati da una maggior sistematicità anche tenendo conto delle sollecitazioni che pervengono.
A seguito del perfezionamento delle trasmigrazioni, gli enti che hanno ottenuto l'iscrizione a conclusione del procedimento di verifica, stanno procedendo a inserire a sistema atti e informazioni entro novanta giorni dall'iscrizione (cfr. circolare n.9/2022, punto 11) attraverso le funzionalità loro riservate rendendoli disponibili sul "back office", ovvero sulla parte dell'applicativo riservato agli Uffici Runts. Il fenomeno è destinato a intensificarsi nei prossimi mesi.
Gli Uffici a loro volta assicureranno la pubblicità delle informazioni e dei dati.
Ferma restando la necessità di dare impulso ad un corretto popolamento iniziale del RUNTS con le informazioni previste, si precisa che il termine di novanta giorni non deve essere considerato perentorio: gli uffici del RUNTS, decorso inutilmente tale lasso temporale, potranno diffidare gli enti risultati inadempienti, secondo quanto già indicato nella ministeriale n. 5941 del 5 aprile 2022, assegnando un termine, ai sensi dell'art. 48 comma 4 del Codice, trascorso il quale, in mancanza di valide giustificazioni, l'ente sarà cancellato dal RUNTS secondo quanto previsto dagli articoli 23 comma 1 lett. e) e 24 comma 6 del D.M. n. 106/2020, ma non contesteranno o sanzioneranno il ritardo ove le informazioni e i documenti, al momento in cui la posizione dell'ente sarà presa in esame, risulteranno comunque presenti a sistema anche se presentati oltre il termine.
Con riferimento ai bilanci depositati dagli enti trasmigrati nella fase di popolamento iniziale del RUNTS, gli Uffici avranno cura di verificare primariamente l'avvenuto utilizzo della modulistica di cui al D.M. n. 39/2020, obbligatoria per gli enti qualificati come APS, ODV, Onlus a partire dall'esercizio 2021, anche avuto riguardo al mancato superamento dei limiti dimensionali di cui all’articolo 13, comma 2 per gli enti che hanno redatto il bilancio in forma di rendiconto per cassa; ulteriori controlli potranno riguardare, a fronte della presenza di entrate derivanti dallo svolgimento di attività diverse, la presenza di apposite disposizioni statutarie che lo consentano e ove siano presenti nel bilancio/rendiconto di cassa dati da cui risultino raccolte fondi di natura occasionale, che siano stati resi disponibili i relativi rendiconti. Considerato che gli schemi di rendicontazione, presenti in allegato alle linee guida emanate ai sensi dell'art. 7 del CTS sono stati approvati con il D.M. 9 giugno 2022, pubblicato in G.U. lo scorso 22 luglio, i rendiconti dovranno conformarsi a tale schema solo a partire da quelli depositati unitamente al bilancio di esercizio 2022.

Automotive: la data di apertura dello sportello slitta al 29 novembre

Slitta in avanti la data di presentazione a Invitalia delle domande per i Contratti di sviluppo nel settore Automotive (Invitalia – comunicato 15 novembre 2022).

Lo sportello aprirà i battenti a partire dalle ore 12.00 del giorno 29 novembre 2022, anziché dalle ore 12 del 15 novembre 2022, come precedentemente disposto dal decreto del 10 ottobre 2022.

Il rinvio si è reso necessario a seguito della comunicazione della Commissione europea (2022/C 423/04) del 7 novembre 2022, che proroga al 31 dicembre 2023 il termine di validità della sezione 3.13 del Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato in risposta all’emergenza Covid.

Le domande potranno essere presentate sulla piattaforma dedicata sul sito di Invitalia.

Le risorse disponibili sono pari a 323,6 milioni di euro, come residuo dell’iniziale dotazione di 525 milioni dopo la chiusura del primo sportello.

Slitta in avanti la data di presentazione a Invitalia delle domande per i Contratti di sviluppo nel settore Automotive (Invitalia - comunicato 15 novembre 2022).

Lo sportello aprirà i battenti a partire dalle ore 12.00 del giorno 29 novembre 2022, anziché dalle ore 12 del 15 novembre 2022, come precedentemente disposto dal decreto del 10 ottobre 2022.

Il rinvio si è reso necessario a seguito della comunicazione della Commissione europea (2022/C 423/04) del 7 novembre 2022, che proroga al 31 dicembre 2023 il termine di validità della sezione 3.13 del Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato in risposta all’emergenza Covid.

Le domande potranno essere presentate sulla piattaforma dedicata sul sito di Invitalia.

Le risorse disponibili sono pari a 323,6 milioni di euro, come residuo dell’iniziale dotazione di 525 milioni dopo la chiusura del primo sportello.