Il CDM approva il Decreto legge Aiuti quater

Il decreto approvato dal Governo contiene misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica (Consiglio dei Ministri – comunicato 11 novembre 2022, n. 4)

Benefit aziendali esentasse
Si tratta di una misura di welfare aziendale che punta a incrementare gli stipendi dei lavoratori, attraverso il rimborso anche delle utenze (acqua, luce e gas).

Contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, per il mese di dicembre 2022
Con uno stanziamento di 3,4 miliardi di euro, si proroga fino al 31 dicembre 2022 il contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese e delle attività come bar, ristoranti ed esercizi commerciali per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale.
ConferSi innalza per il 2022 il tetto dell’esenzione fiscale dei cosiddetti “fringe benefit” aziendali, fino a 3mila euro.
Le aliquote potenziate del credito di imposta sono 40 per cento per le imprese energivore e gasivore e 30 per cento per imprese piccole che usano energia con potenza a partire dai 4,5 kW.

Disposizioni in materia di accise e d’imposta sul valore aggiunto su alcuni carburanti
Si stanziano 1,3 miliardi di euro per la proroga dal 19 novembre al 31 dicembre 2022 dello sconto fiscale sulle accise della benzina e del diesel, che conferma il taglio di 30,5 centesimi al litro (considerato anche l’effetto sull’Iva). Per il GPL lo sconto vale 8 centesimi di euro ogni kg, che sale a circa 10 centesimi considerando l’impatto sull’Iva.

Misure di sostegno per fronteggiare il caro bollette
Per fronteggiare l’incremento dei costi dell’energia, le imprese potranno richiedere ai fornitori la rateizzazione, per un massimo di 36 rate mensili, degli importi dovuti relativi alla componente energetica di elettricità e gas naturale per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 30 settembre 2023.
Al fine di assicurare la più ampia applicazione della misura, SACE S.p.a. è autorizzata a concedere una garanzia pari al 90 per cento degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia. La garanzia è rilasciata a condizione che l’impresa non abbia approvato la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni negli anni per i quali si richiede la rateizzazione, sia per sé stessa che per quelle del medesimo gruppo.

Misure urgenti in materia di mezzi di pagamento
Si stanziano 80 milioni di euro per la concessione di un credito d’imposta agli esercenti per la trasmissione della fattura telematica all’Agenzia delle entrate. Il contributo è pari al 100 per cento della spesa sostenuta, fino a 50 euro per ogni registratore telematico acquistato.

Tetto al contante
Dal 1° gennaio 2023 la soglia massima per il pagamento in contanti passa da 1.000 a 5.000 euro.

Superbonus
Si anticipa la rimodulazione al 90 per cento per le spese sostenute nel 2023 per i condomini e si introduce la possibilità, anche per il 2023, di accedere al beneficio per i proprietari di singole abitazioni, a condizione che si tratti di prima casa e che i proprietari stessi non raggiungano una determinata soglia di reddito (15mila euro l’anno, innalzati in base al quoziente familiare). Il superbonus si applica invece al 110 per cento fino al 31 marzo 2023 per le villette unifamiliari che abbiano completato il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022.

Esenzioni in materia di imposte
Per il settore dello spettacolo (cinema, teatri, sale per concerti) non è dovuta la seconda rata IMU per gli immobili, a condizione che i proprietari siano anche i gestori delle attività.

Esenzione imposta di bollo emergenze
Si introduce una disposizione che prevede, a regime, l’esenzione dall’imposta di bollo per le domande presentate per la richiesta di contributi, aiuti o sovvenzioni, comunque denominati, a favore delle popolazioni colpite da eventi calamitosi.

Il decreto approvato dal Governo contiene misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica (Consiglio dei Ministri - comunicato 11 novembre 2022, n. 4)

Benefit aziendali esentasse
Si tratta di una misura di welfare aziendale che punta a incrementare gli stipendi dei lavoratori, attraverso il rimborso anche delle utenze (acqua, luce e gas).

Contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, per il mese di dicembre 2022
Con uno stanziamento di 3,4 miliardi di euro, si proroga fino al 31 dicembre 2022 il contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese e delle attività come bar, ristoranti ed esercizi commerciali per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale.
ConferSi innalza per il 2022 il tetto dell’esenzione fiscale dei cosiddetti "fringe benefit" aziendali, fino a 3mila euro.
Le aliquote potenziate del credito di imposta sono 40 per cento per le imprese energivore e gasivore e 30 per cento per imprese piccole che usano energia con potenza a partire dai 4,5 kW.

Disposizioni in materia di accise e d’imposta sul valore aggiunto su alcuni carburanti
Si stanziano 1,3 miliardi di euro per la proroga dal 19 novembre al 31 dicembre 2022 dello sconto fiscale sulle accise della benzina e del diesel, che conferma il taglio di 30,5 centesimi al litro (considerato anche l’effetto sull’Iva). Per il GPL lo sconto vale 8 centesimi di euro ogni kg, che sale a circa 10 centesimi considerando l’impatto sull’Iva.

Misure di sostegno per fronteggiare il caro bollette
Per fronteggiare l’incremento dei costi dell’energia, le imprese potranno richiedere ai fornitori la rateizzazione, per un massimo di 36 rate mensili, degli importi dovuti relativi alla componente energetica di elettricità e gas naturale per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 30 settembre 2023.
Al fine di assicurare la più ampia applicazione della misura, SACE S.p.a. è autorizzata a concedere una garanzia pari al 90 per cento degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia. La garanzia è rilasciata a condizione che l’impresa non abbia approvato la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni negli anni per i quali si richiede la rateizzazione, sia per sé stessa che per quelle del medesimo gruppo.

Misure urgenti in materia di mezzi di pagamento
Si stanziano 80 milioni di euro per la concessione di un credito d’imposta agli esercenti per la trasmissione della fattura telematica all’Agenzia delle entrate. Il contributo è pari al 100 per cento della spesa sostenuta, fino a 50 euro per ogni registratore telematico acquistato.

Tetto al contante
Dal 1° gennaio 2023 la soglia massima per il pagamento in contanti passa da 1.000 a 5.000 euro.

Superbonus
Si anticipa la rimodulazione al 90 per cento per le spese sostenute nel 2023 per i condomini e si introduce la possibilità, anche per il 2023, di accedere al beneficio per i proprietari di singole abitazioni, a condizione che si tratti di prima casa e che i proprietari stessi non raggiungano una determinata soglia di reddito (15mila euro l’anno, innalzati in base al quoziente familiare). Il superbonus si applica invece al 110 per cento fino al 31 marzo 2023 per le villette unifamiliari che abbiano completato il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022.

Esenzioni in materia di imposte
Per il settore dello spettacolo (cinema, teatri, sale per concerti) non è dovuta la seconda rata IMU per gli immobili, a condizione che i proprietari siano anche i gestori delle attività.

Esenzione imposta di bollo emergenze
Si introduce una disposizione che prevede, a regime, l’esenzione dall’imposta di bollo per le domande presentate per la richiesta di contributi, aiuti o sovvenzioni, comunque denominati, a favore delle popolazioni colpite da eventi calamitosi.

Sospensione riscossione: non idoneità del decreto di omologa/esecutività del concordato fallimentare

Forniti chiarimenti in merito ai corretti strumenti amministrativi a disposizione del contribuente tornato in bonis a seguito dell’omologazione e dell’esecuzione di una procedura di concordato fallimentare, al fine di stimolare l’Agenzia delle entrate, quale ente creditore, e l’Agenzia delle entrate – Riscossione, quale Agente della riscossione, ad adeguarsi alle pronunce giudiziali emesse in sede fallimentare, con specifico riferimento agli effetti di cui all’art. 135 L.F (Agenzia delle entrate – Risposta 10 novembre 2022, n. 6).

Il decreto di omologa/esecutività del concordato fallimentare non annulla, né sospende, il titolo che fonda il credito erariale (o la relativa cartella), ma eventualmente ne riduce solo l’esigibilità; pertanto, deve negarsi che lo stesso possa rientrare tra le cause di sospensione della riscossione ex articolo 1, commi 537 e ss. della legge n. 228 del 2012 e sia quindi idoneo ad attivare la relativa procedura.
Ciò non significa, tuttavia, che tale decreto sia ininfluente per gli Uffici dell’Agenzia delle entrate o per l’ente della riscossione, i quali sono ovviamente tenuti al rispetto delle norme e dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. Agli Uffici e all’ente della riscossione si impone dunque di agire in conformità all’articolo 135 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (“legge fallimentare” o “L.F.”), secondo cui il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi. I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso. Ove ciò non avvenga per un qualsiasi motivo, i contribuenti, ferma la tutela giurisdizionale dei propri diritti, potranno comunque rivolgersi all’Amministrazione finanziaria ex articolo 2- quater (“Autotutela”) del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564 – convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656 – per l’annullamento o la revoca degli atti posti in essere in contrasto con la richiamata disposizione della legge fallimentare.

Forniti chiarimenti in merito ai corretti strumenti amministrativi a disposizione del contribuente tornato in bonis a seguito dell'omologazione e dell'esecuzione di una procedura di concordato fallimentare, al fine di stimolare l'Agenzia delle entrate, quale ente creditore, e l'Agenzia delle entrate - Riscossione, quale Agente della riscossione, ad adeguarsi alle pronunce giudiziali emesse in sede fallimentare, con specifico riferimento agli effetti di cui all'art. 135 L.F (Agenzia delle entrate - Risposta 10 novembre 2022, n. 6).

Il decreto di omologa/esecutività del concordato fallimentare non annulla, né sospende, il titolo che fonda il credito erariale (o la relativa cartella), ma eventualmente ne riduce solo l'esigibilità; pertanto, deve negarsi che lo stesso possa rientrare tra le cause di sospensione della riscossione ex articolo 1, commi 537 e ss. della legge n. 228 del 2012 e sia quindi idoneo ad attivare la relativa procedura.
Ciò non significa, tuttavia, che tale decreto sia ininfluente per gli Uffici dell'Agenzia delle entrate o per l'ente della riscossione, i quali sono ovviamente tenuti al rispetto delle norme e dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria. Agli Uffici e all'ente della riscossione si impone dunque di agire in conformità all'articolo 135 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("legge fallimentare" o "L.F."), secondo cui il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi. I creditori conservano la loro azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso. Ove ciò non avvenga per un qualsiasi motivo, i contribuenti, ferma la tutela giurisdizionale dei propri diritti, potranno comunque rivolgersi all'Amministrazione finanziaria ex articolo 2- quater ("Autotutela") del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564 - convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656 - per l'annullamento o la revoca degli atti posti in essere in contrasto con la richiamata disposizione della legge fallimentare.

Esonero contributivo post maternità per lavoratrici madri: chiarimenti

L’Inps fornisce chiarimenti sulle modalità di riconoscimento dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo di maternità (Messaggio 09 novembre 2022, n. 4042).

In via sperimentale per l’anno 2022, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, nella misura del 50 per cento, a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del predetto rientro.
In proposito l’Inps ha chiarito, tra l’altro, che l’agevolazione spetta anche qualora il rientro effettivo sul posto di lavoro della lavoratrice avvenga dopo la fruizione del periodo di astensione facoltativa e dopo il periodo di interdizione post partum, purché tali periodi siano fruiti senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio (Circolare n. 102/2022).
Con il Messaggio n. 4042/2022, l’Istituto fornisce ulteriori chiarimenti riguardo alla decorrenza del beneficio, all’imponibile oggetto di sgravio, alla compatibilità con altre agevolazioni e alla portabilità dell’esonero.

Decorrenza dell’esonero

L’esonero è applicabile a partire dalla data del rientro effettivo al lavoro della lavoratrice, purché lo stesso avvenga tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022.
Le eventuali cause che posticipino il rientro effettivo al lavoro (quali, a titolo esemplificativo, ferie, malattia, permessi retribuiti), purché collocate senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio, determinano lo slittamento in avanti della decorrenza dell’esonero, a condizione che il rientro si verifichi entro il 31 dicembre 2022.
Viceversa, laddove vi sia stato il rientro effettivo della lavoratrice al termine del periodo di astensione per maternità (anche eventualmente seguito, senza soluzione di continuità, da un periodo di congedo parentale), le eventuali successive ipotesi di fruizione (totale o parziale) dei congedi parentali sono irrilevanti ai fini del decorso dell’anno in cui si ha diritto all’applicazione dell’esonero. Pertanto, qualora una lavoratrice sia effettivamente rientrata in servizio al termine del periodo di astensione obbligatoria e – successivamente al rientro – si sia avvalsa del congedo facoltativo, la stessa ha diritto all’applicazione dell’esonero in oggetto a partire dalla data del primo rientro effettivo nel posto di lavoro.

Imponibile oggetto di sgravio

L’esonero contributivo si calcola a decorrere dalla data di rientro effettivo.
L’imponibile riferito ai giorni antecedenti il rientro non dovrà essere considerato, viceversa, dal giorno del rientro l’imponibile dovrà essere integralmente considerato.
Ai fini della determinazione dell’imponibile oggetto di sgravio, in relazione all’ultimo mese di fruizione dello stesso, nelle ipotesi di rientro in servizio inframensile, si dovrà considerare il solo periodo fino alla data in cui termina la fruizione dell’esonero.
Pertanto i giorni di ferie o di permessi retribuiti ad altro titolo o di malattia eventualmente fruiti, senza soluzione di continuità rispetto all’astensione per maternità, prima dell’effettivo rientro, non sono oggetto di esonero e il relativo imponibile, pertanto, non determina il diritto all’agevolazione.
Ulteriormente, nelle ipotesi di rientri inframensili, l’esonero, nell’ultimo mese di spettanza, deve essere calcolato fino alla data di scadenza dell’anno di agevolazione previsto dalla legge.
La determinazione della quota di imponibile oggetto di sgravio, nelle ipotesi di rientro nel posto di lavoro inframensile, dovrà essere effettuata in relazione agli eventi intercorsi nel mese di rientro.
Ad ogni modo, l’imponibile da considerare ai fini dell’applicazione dello sgravio in trattazione, con riferimento al primo mese di fruizione dello stesso e nelle ipotesi di rientro in servizio inframensile, è quello dalla data del rientro.

Compatibilità con altre agevolazioni

L’esonero è cumulabile:
– con gli esoneri contributivi previsti a legislazione vigente relativi alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro;
– con l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per IVS a carico del lavoratore, previsto per l’anno 2022 (0,8 + 1,2 per cento). La cumulabilità opera sull’intero ammontare della contribuzione a carico del dipendente. Ciò significa che laddove sia già stata applicata la riduzione del 50 per cento della quota a carico della lavoratrice madre, l’esonero IVS può trovare applicazione sull’intera contribuzione dalla stessa dovuta. Analogamente, laddove sia già stato applicato l’esonero IVS, la riduzione del 50 per cento della quota a carico della lavoratrice madre può trovare applicazione sull’intera contribuzione dalla stessa dovuta.

Portabilità dell’esonero

Laddove la lavoratrice sia rientrata nel posto di lavoro a seguito dell’astensione per maternità, in caso di successivo cambio di datore di lavoro, occorre distinguere tra le seguenti due ipotesi:
(1) nel caso in cui ci sia soluzione di continuità tra il precedente rapporto incentivato e il nuovo (ad esempio, dimissioni e nuova assunzione; scadenza di un contratto a termine e nuova assunzione), l’esonero non può essere riconosciuto;
(2) nel caso in cui non ci sia soluzione di continuità (ad esempio, trasferimento di azienda; cessione di contratto), l’esonero continua a trovare applicazione, trattandosi della prosecuzione del medesimo rapporto di lavoro.

Nell’ipotesi in cui la lavoratrice, invece, non sia rientrata nel posto di lavoro relativo al rapporto contrattuale in costanza del quale si è verificata l’astensione per maternità, l’esonero può essere riconosciuto presso il datore di lavoro che successivamente assume la lavoratrice – poiché, rispetto a esso, si verifica il primo rientro effettivo dall’astensione.

L’Inps fornisce chiarimenti sulle modalità di riconoscimento dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo di maternità (Messaggio 09 novembre 2022, n. 4042).

In via sperimentale per l’anno 2022, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, nella misura del 50 per cento, a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del predetto rientro.
In proposito l’Inps ha chiarito, tra l’altro, che l’agevolazione spetta anche qualora il rientro effettivo sul posto di lavoro della lavoratrice avvenga dopo la fruizione del periodo di astensione facoltativa e dopo il periodo di interdizione post partum, purché tali periodi siano fruiti senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio (Circolare n. 102/2022).
Con il Messaggio n. 4042/2022, l’Istituto fornisce ulteriori chiarimenti riguardo alla decorrenza del beneficio, all’imponibile oggetto di sgravio, alla compatibilità con altre agevolazioni e alla portabilità dell’esonero.

Decorrenza dell’esonero

L’esonero è applicabile a partire dalla data del rientro effettivo al lavoro della lavoratrice, purché lo stesso avvenga tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022.
Le eventuali cause che posticipino il rientro effettivo al lavoro (quali, a titolo esemplificativo, ferie, malattia, permessi retribuiti), purché collocate senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio, determinano lo slittamento in avanti della decorrenza dell’esonero, a condizione che il rientro si verifichi entro il 31 dicembre 2022.
Viceversa, laddove vi sia stato il rientro effettivo della lavoratrice al termine del periodo di astensione per maternità (anche eventualmente seguito, senza soluzione di continuità, da un periodo di congedo parentale), le eventuali successive ipotesi di fruizione (totale o parziale) dei congedi parentali sono irrilevanti ai fini del decorso dell’anno in cui si ha diritto all’applicazione dell’esonero. Pertanto, qualora una lavoratrice sia effettivamente rientrata in servizio al termine del periodo di astensione obbligatoria e - successivamente al rientro - si sia avvalsa del congedo facoltativo, la stessa ha diritto all’applicazione dell’esonero in oggetto a partire dalla data del primo rientro effettivo nel posto di lavoro.

Imponibile oggetto di sgravio

L’esonero contributivo si calcola a decorrere dalla data di rientro effettivo.
L’imponibile riferito ai giorni antecedenti il rientro non dovrà essere considerato, viceversa, dal giorno del rientro l’imponibile dovrà essere integralmente considerato.
Ai fini della determinazione dell’imponibile oggetto di sgravio, in relazione all’ultimo mese di fruizione dello stesso, nelle ipotesi di rientro in servizio inframensile, si dovrà considerare il solo periodo fino alla data in cui termina la fruizione dell’esonero.
Pertanto i giorni di ferie o di permessi retribuiti ad altro titolo o di malattia eventualmente fruiti, senza soluzione di continuità rispetto all’astensione per maternità, prima dell’effettivo rientro, non sono oggetto di esonero e il relativo imponibile, pertanto, non determina il diritto all’agevolazione.
Ulteriormente, nelle ipotesi di rientri inframensili, l’esonero, nell’ultimo mese di spettanza, deve essere calcolato fino alla data di scadenza dell’anno di agevolazione previsto dalla legge.
La determinazione della quota di imponibile oggetto di sgravio, nelle ipotesi di rientro nel posto di lavoro inframensile, dovrà essere effettuata in relazione agli eventi intercorsi nel mese di rientro.
Ad ogni modo, l’imponibile da considerare ai fini dell’applicazione dello sgravio in trattazione, con riferimento al primo mese di fruizione dello stesso e nelle ipotesi di rientro in servizio inframensile, è quello dalla data del rientro.

Compatibilità con altre agevolazioni

L’esonero è cumulabile:
- con gli esoneri contributivi previsti a legislazione vigente relativi alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro;
- con l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per IVS a carico del lavoratore, previsto per l’anno 2022 (0,8 + 1,2 per cento). La cumulabilità opera sull'intero ammontare della contribuzione a carico del dipendente. Ciò significa che laddove sia già stata applicata la riduzione del 50 per cento della quota a carico della lavoratrice madre, l'esonero IVS può trovare applicazione sull'intera contribuzione dalla stessa dovuta. Analogamente, laddove sia già stato applicato l’esonero IVS, la riduzione del 50 per cento della quota a carico della lavoratrice madre può trovare applicazione sull’intera contribuzione dalla stessa dovuta.

Portabilità dell’esonero

Laddove la lavoratrice sia rientrata nel posto di lavoro a seguito dell’astensione per maternità, in caso di successivo cambio di datore di lavoro, occorre distinguere tra le seguenti due ipotesi:
(1) nel caso in cui ci sia soluzione di continuità tra il precedente rapporto incentivato e il nuovo (ad esempio, dimissioni e nuova assunzione; scadenza di un contratto a termine e nuova assunzione), l’esonero non può essere riconosciuto;
(2) nel caso in cui non ci sia soluzione di continuità (ad esempio, trasferimento di azienda; cessione di contratto), l’esonero continua a trovare applicazione, trattandosi della prosecuzione del medesimo rapporto di lavoro.

Nell’ipotesi in cui la lavoratrice, invece, non sia rientrata nel posto di lavoro relativo al rapporto contrattuale in costanza del quale si è verificata l’astensione per maternità, l’esonero può essere riconosciuto presso il datore di lavoro che successivamente assume la lavoratrice - poiché, rispetto a esso, si verifica il primo rientro effettivo dall’astensione.

Enti religiosi: fusione riorganizzativa per incorporazione

L’Agenzia delle Entrate con la risposta 08 novembre 2022 n. 555 è intervenuta sul trattamento fiscale riservato nell’ipotesi della “fusione per incorporazione” di due enti ecclesiastici ai fini delle imposte sul reddito, dell’IVA e dell’imposta di registro.

Con particolare riguardo all’operazione di fusione che coinvolge enti ecclesiastici, nella risoluzione 15 aprile 2008, n. 152/E è stato chiarito che ai fini una valutazione degli effetti fiscali occorre distinguere se i beni che “passano” da un ente all’altro siano o meno relativi ad un’attività d’impresa.

In altre parole, una tale operazione di fusione non è da considerare “realizzativa” e può, quindi, beneficiare della neutralità fiscale di cui all’art. 172, co. 1, del TUIR, limitatamente ai beni gestiti dall’ente incorporato in regime di impresa che, dopo la fusione, confluiscono nell’attività d’impresa dell’ente incorporante.

Qualora, invece, detti beni non confluiscano in un’attività d’impresa dell’ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale, in analogia a quanto disposto dall’art. 171, co. 1 del TUIR in materia di trasformazione eterogenea, generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

La risoluzione n. 152/E del 2008 ha chiarito, altresì, che anche per i beni relativi all’attività istituzionale dell’ente incorporato occorre distinguere a seconda dell’attività in cui gli stessi confluiscono in conseguenza dell’operazione di fusione.

In relazione ai beni non relativi ad impresa che confluiscono nell’impresa, trova applicazione in via analogica l’articolo 171, co. 2 del TUIR che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alla disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell’azienda o nel complesso aziendale dell’ente stesso.

La medesima risoluzione precisa, infine, nella diversa ipotesi di beni non relativi all’impresa che confluiscono nell’attività istituzionale dell’incorporante, l’operazione sarà fuori dal regime d’impresa.

Nel caso di specie, l’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, rappresenta che procederà ad incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti appartenenti alla medesima struttura religiosa (“Congregazione”) e che detta fusione verrà realizzata mantenendo in capo all’ente incorporante la destinazione originaria dei beni all’attività istituzionale o commerciale, come già rinvenibile in capo agli enti incorporati, in sostanza “aggregando” rispettivamente, le attività istituzionali con i relativi patrimoni e le attività commerciali con i relativi patrimoni.

Alla luce di quanto esposto, relativamente ai beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell’ente incorporante in regime d’impresa, la fusione potrà avvenire in neutralità fiscale, ai sensi degli artt. 172 e 174 del TUIR.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta 08 novembre 2022 n. 555 è intervenuta sul trattamento fiscale riservato nell'ipotesi della "fusione per incorporazione" di due enti ecclesiastici ai fini delle imposte sul reddito, dell'IVA e dell'imposta di registro.

Con particolare riguardo all'operazione di fusione che coinvolge enti ecclesiastici, nella risoluzione 15 aprile 2008, n. 152/E è stato chiarito che ai fini una valutazione degli effetti fiscali occorre distinguere se i beni che "passano" da un ente all'altro siano o meno relativi ad un'attività d'impresa.

In altre parole, una tale operazione di fusione non è da considerare "realizzativa" e può, quindi, beneficiare della neutralità fiscale di cui all'art. 172, co. 1, del TUIR, limitatamente ai beni gestiti dall'ente incorporato in regime di impresa che, dopo la fusione, confluiscono nell'attività d'impresa dell'ente incorporante.

Qualora, invece, detti beni non confluiscano in un'attività d'impresa dell'ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale, in analogia a quanto disposto dall'art. 171, co. 1 del TUIR in materia di trasformazione eterogenea, generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.

La risoluzione n. 152/E del 2008 ha chiarito, altresì, che anche per i beni relativi all'attività istituzionale dell'ente incorporato occorre distinguere a seconda dell'attività in cui gli stessi confluiscono in conseguenza dell'operazione di fusione.

In relazione ai beni non relativi ad impresa che confluiscono nell'impresa, trova applicazione in via analogica l'articolo 171, co. 2 del TUIR che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alla disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell'azienda o nel complesso aziendale dell'ente stesso.

La medesima risoluzione precisa, infine, nella diversa ipotesi di beni non relativi all'impresa che confluiscono nell'attività istituzionale dell'incorporante, l'operazione sarà fuori dal regime d'impresa.

Nel caso di specie, l’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, rappresenta che procederà ad incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti appartenenti alla medesima struttura religiosa ("Congregazione") e che detta fusione verrà realizzata mantenendo in capo all'ente incorporante la destinazione originaria dei beni all'attività istituzionale o commerciale, come già rinvenibile in capo agli enti incorporati, in sostanza "aggregando" rispettivamente, le attività istituzionali con i relativi patrimoni e le attività commerciali con i relativi patrimoni.

Alla luce di quanto esposto, relativamente ai beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell'ente incorporante in regime d'impresa, la fusione potrà avvenire in neutralità fiscale, ai sensi degli artt. 172 e 174 del TUIR.

Permessi 104: nuova funzionalità “Rinuncia ai benefici”

Con messaggio 4040/2022, l’Inps rende noto che è stata realizzata una nuova funzionalità denominata “Rinuncia ai benefici” per consentire agli utenti di comunicare all’Istituto, attraverso il suddetto sportello telematico, la volontà di rinunciare, in tutto o in parte, al periodo richiesto nella domanda originaria dei permessi 104.

Nel dettaglio, la nuova funzionalità denominata “Rinuncia ai benefici” è raggiungibile sul portale Inps, accedendo al servizio “Prestazioni a sostegno del reddito – Domande”, selezionando tra i servizi “Disabilità” > “Permessi Legge 104/1992”, la voce di menu “Comunicazione di variazione”.
Tale funzione consente al lavoratore di rinunciare, in tutto o in parte, al periodo richiesto nella domanda originaria.
La rinuncia può riguardare le seguenti categorie di domande:
– giorni di permesso mensile (art. 33, co. 3, L. n. 104/1992) per assistere un familiare disabile;
– giorni di permesso mensile e ore di permessi giornalieri ad essi alternativi (art. 33, co. 6, L. n. 104/1992) richiesti dal lavoratore per sé  stesso;
– prolungamento del congedo parentale (art. 33, D.Lgs. n. 151/2001) e riposi orari a essi alternativi (art. 33, co. 2, L. n. 104/1992 e art. 42, co. 1, D.Lgs n. 151/2001).
La comunicazione di variazione può essere effettuata solo con riferimento alle domande in corso di fruizione nel mese di presentazione della rinuncia. Ciò vuol dire che il periodo richiesto nella domanda originaria deve ricoprire, in tutto o in parte, il mese in cui si presenta la comunicazione di variazione. La data di rinuncia ai benefici, pertanto, deve ricadere nel mese di presentazione della comunicazione della variazione stessa.
Se all’atto della comunicazione il periodo richiesto nella domanda da variare è interamente trascorso oppure non è ancora iniziato, non è possibile comunicare la rinuncia ai benefici tramite la nuova funzionalità.

Dopo aver selezionato la tipologia di comunicazione di variazione “Rinuncia ai benefici”, viene proposto l’elenco delle sole domande per le quali è possibile effettuare la comunicazione di rinuncia.
Individuata la domanda per la quale si vuole effettuare la rinuncia, è necessario indicare le seguenti informazioni:
– la data di rinuncia ai benefici;
– la dichiarazione di avere fruito o meno, per il mese in corso, dei benefici richiesti nella domanda originaria.
Al termine dell’inserimento delle informazioni richieste, la procedura mostra la pagina “Riepilogo dati” contenente i dati significativi della comunicazione di variazione.
All’atto della conferma, la comunicazione viene protocollata e sarà possibile consultarne il riepilogo e la ricevuta.
Le comunicazioni di variazione possono essere consultate accedendo alla voce di menu “Consultazione domande” e annullate accedendo alla voce di menu “Annullamento domande”.
Le comunicazioni di variazione possono essere annullate entro due giorni dalla data di presentazione.

Con messaggio 4040/2022, l’Inps rende noto che è stata realizzata una nuova funzionalità denominata "Rinuncia ai benefici" per consentire agli utenti di comunicare all’Istituto, attraverso il suddetto sportello telematico, la volontà di rinunciare, in tutto o in parte, al periodo richiesto nella domanda originaria dei permessi 104.

Nel dettaglio, la nuova funzionalità denominata "Rinuncia ai benefici" è raggiungibile sul portale Inps, accedendo al servizio "Prestazioni a sostegno del reddito - Domande", selezionando tra i servizi "Disabilità" > "Permessi Legge 104/1992", la voce di menu "Comunicazione di variazione".
Tale funzione consente al lavoratore di rinunciare, in tutto o in parte, al periodo richiesto nella domanda originaria.
La rinuncia può riguardare le seguenti categorie di domande:
- giorni di permesso mensile (art. 33, co. 3, L. n. 104/1992) per assistere un familiare disabile;
- giorni di permesso mensile e ore di permessi giornalieri ad essi alternativi (art. 33, co. 6, L. n. 104/1992) richiesti dal lavoratore per sé  stesso;
- prolungamento del congedo parentale (art. 33, D.Lgs. n. 151/2001) e riposi orari a essi alternativi (art. 33, co. 2, L. n. 104/1992 e art. 42, co. 1, D.Lgs n. 151/2001).
La comunicazione di variazione può essere effettuata solo con riferimento alle domande in corso di fruizione nel mese di presentazione della rinuncia. Ciò vuol dire che il periodo richiesto nella domanda originaria deve ricoprire, in tutto o in parte, il mese in cui si presenta la comunicazione di variazione. La data di rinuncia ai benefici, pertanto, deve ricadere nel mese di presentazione della comunicazione della variazione stessa.
Se all’atto della comunicazione il periodo richiesto nella domanda da variare è interamente trascorso oppure non è ancora iniziato, non è possibile comunicare la rinuncia ai benefici tramite la nuova funzionalità.

Dopo aver selezionato la tipologia di comunicazione di variazione "Rinuncia ai benefici", viene proposto l’elenco delle sole domande per le quali è possibile effettuare la comunicazione di rinuncia.
Individuata la domanda per la quale si vuole effettuare la rinuncia, è necessario indicare le seguenti informazioni:
- la data di rinuncia ai benefici;
- la dichiarazione di avere fruito o meno, per il mese in corso, dei benefici richiesti nella domanda originaria.
Al termine dell’inserimento delle informazioni richieste, la procedura mostra la pagina "Riepilogo dati" contenente i dati significativi della comunicazione di variazione.
All’atto della conferma, la comunicazione viene protocollata e sarà possibile consultarne il riepilogo e la ricevuta.
Le comunicazioni di variazione possono essere consultate accedendo alla voce di menu "Consultazione domande" e annullate accedendo alla voce di menu "Annullamento domande".
Le comunicazioni di variazione possono essere annullate entro due giorni dalla data di presentazione.

Bonus acquisto gasolio per attività di trasporto: in arrivo il codice tributo

Istituito il codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta per l’acquisto di gasolio per l’esercizio delle attività di trasporto (Agenzia delle entrate – risoluzione 9 novembre 2022 n. 65/E)

Per consentire l’utilizzo in compensazione dell’agevolazione in oggetto, tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, è istituito il seguente codice tributo:  “6989” denominato “credito d’imposta per l’acquisto di gasolio per l’esercizio delle attività di trasporto – art. 3 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50”.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Il campo “anno di riferimento” è valorizzato con l’anno di sostenimento della spesa, nel formato “AAAA”. Si precisa che, l’Agenzia delle entrate, in fase di elaborazione dei modelli F24 presentati dai contribuenti, verifica che i contribuenti stessi siano presenti nell’elenco dei beneficiari trasmesso dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e che l’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione non ecceda l’importo indicato in tale elenco, pena lo scarto del modello F24, tenendo conto anche delle eventuali variazioni e revoche successivamente trasmesse dallo stesso Ministero.

Istituito il codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta per l’acquisto di gasolio per l’esercizio delle attività di trasporto (Agenzia delle entrate - risoluzione 9 novembre 2022 n. 65/E)

Per consentire l’utilizzo in compensazione dell’agevolazione in oggetto, tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, è istituito il seguente codice tributo:  "6989" denominato "credito d’imposta per l’acquisto di gasolio per l’esercizio delle attività di trasporto – art. 3 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50".
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione "Erario", in corrispondenza delle somme indicate nella colonna "importi a credito compensati", ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna "importi a debito versati". Il campo "anno di riferimento" è valorizzato con l’anno di sostenimento della spesa, nel formato "AAAA". Si precisa che, l’Agenzia delle entrate, in fase di elaborazione dei modelli F24 presentati dai contribuenti, verifica che i contribuenti stessi siano presenti nell’elenco dei beneficiari trasmesso dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e che l’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione non ecceda l’importo indicato in tale elenco, pena lo scarto del modello F24, tenendo conto anche delle eventuali variazioni e revoche successivamente trasmesse dallo stesso Ministero.

Bonus per la partecipazione a manifestazioni fieristiche

I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare la richiesta di rimborso dello stesso, esclusivamente per via telematica. Tale procedura telematica sarà attiva a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022 (Ministero delle Imprese e del Made in Italy – Comunicato 08 novembre 2022).

Il bonus fiere è un buono del valore massimo di 10.000 euro, erogabile in favore delle imprese per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore organizzate in Italia.
Le fiere ricomprese nella misura sono individuate nel calendario fieristico approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e dovranno avere luogo nel periodo compreso tra il 16 luglio 2022, data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge, e il 31 dicembre 2022.
L’incentivo è previsto nel quadro degli interventi delineati dal decreto-legge del 17 maggio 2022 n. 50 (articolo 25-bis  del c.d. “Decreto Aiuti”), convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91.
I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare, esclusivamente per via telematica, attraverso la procedura informatica raggiungibile all’indirizzo comunicato prima dell’apertura dello sportello, un’apposita istanza di rimborso delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti per la partecipazione delle manifestazioni fieristiche sulla base del modello fac-simile.
Le istanze di rimborso possono essere presentate a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022. Ai fini del completamento della compilazione dell’istanza di rimborso del buono fiere, al soggetto istante è richiesto il possesso di una casella di posta elettronica certificata (PEC) attiva.
I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare la richiesta di rimborso dello stesso, esclusivamente per via telematica attraverso la procedura informatica raggiungibile al seguente indirizzo https://misedgiaibuonofiere.invitalia.it.

I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare la richiesta di rimborso dello stesso, esclusivamente per via telematica. Tale procedura telematica sarà attiva a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022 (Ministero delle Imprese e del Made in Italy - Comunicato 08 novembre 2022).

Il bonus fiere è un buono del valore massimo di 10.000 euro, erogabile in favore delle imprese per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore organizzate in Italia.
Le fiere ricomprese nella misura sono individuate nel calendario fieristico approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e dovranno avere luogo nel periodo compreso tra il 16 luglio 2022, data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge, e il 31 dicembre 2022.
L'incentivo è previsto nel quadro degli interventi delineati dal decreto-legge del 17 maggio 2022 n. 50 (articolo 25-bis  del c.d. "Decreto Aiuti"), convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91.
I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare, esclusivamente per via telematica, attraverso la procedura informatica raggiungibile all’indirizzo comunicato prima dell’apertura dello sportello, un’apposita istanza di rimborso delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti per la partecipazione delle manifestazioni fieristiche sulla base del modello fac-simile.
Le istanze di rimborso possono essere presentate a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022. Ai fini del completamento della compilazione dell’istanza di rimborso del buono fiere, al soggetto istante è richiesto il possesso di una casella di posta elettronica certificata (PEC) attiva.
I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare la richiesta di rimborso dello stesso, esclusivamente per via telematica attraverso la procedura informatica raggiungibile al seguente indirizzo https://misedgiaibuonofiere.invitalia.it.

IVA: cessione di terreni con unità collabenti

L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 7 novembre 2022, n. 554, in materia di IVA, ha fornito chiarimenti sulla cessione di terreni con unità collabenti.

La disciplina IVA prevista dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA distingue, ai fini dell’assoggettamento all’imposta delle cessioni di immobili effettuate da soggetti passivi, gli immobili strumentali da quelli abitativi, prevedendo per questi ultimi un generale regime di esenzione.
Le cessioni di fabbricati strumentali costituiscono, invece:
– operazioni imponibili quando effettuate “…dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma, lett. c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457;”, e a condizione che la cessione avvenga “…entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento…”;
– operazioni esenti in tutti gli altri casi ferma restando la possibilità per il cedente di optare, nel relativo atto, per l’imponibilità (articolo 10, numero 8-ter del Decreto IVA).
La distinzione tra gli immobili ad uso abitativo e immobili strumentali deve essere operata in base al criterio oggettivo della classificazione catastale degli stessi, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.
La classificazione catastale al momento della cessione è quindi il criterio di riferimento principale, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita, fatta salva ovviamente la possibilità per l’amministrazione finanziaria di procedere a diverse valutazioni in presenza di eventuali circostanze rilevanti fiscalmente, quali clausole specifiche o accordi preventivi.
Va altresì ricordato che le disposizioni di cui ai citati numeri 8-bis) e 8-ter) non trattano specificamente anche dei fabbricati “non ultimati”.
Ciò induce a ritenere la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’ imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo sia esclusa dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA.
Un fabbricato si intende ultimato al momento in cui l’immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 12 luglio 2012, Causa C-326/11, l’esenzione IVA “…si applica a un’operazione di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un vecchio fabbricato in corso di trasformazione…quando al momento di detta cessione il vecchio fabbricato risulti demolito solo in parte e si, almeno parzialmente, ancora utilizzato in quanto tale”. Quanto a dire che la totale demolizione e l’impossibilità di utilizzo del fabbricato “come tale” esclude l’esenzione IVA della relativa cessione che ricade, invece, nell’ordinario regime di imponibilità.
La fattispecie oggetto del presente interpello riguarda un complesso immobiliare, sul quale la Società ha eseguito parziali interventi di demolizione, interessato da un’articola e complicata vicenda, rispetto alla quale si forniscono i seguenti principi di ordine generale.
Dalle copiose informazioni fornite, l’Agenzia desume che allo stato attuale la Proprietà è censita al catasto nella categoria “F/2 – unità collabenti”, tranne la particella …, foglio …, censita come “F/1 – aree urbane”.
Tali categorie catastali non rientrano in nessuna di quelle per le quali è prevista l’esenzione IVA dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA.
La dichiarazione di collabenza presuppone specifiche verifiche finalizzate ad accertare che l’unità immobiliare, tra cui:
– l’impossibilità di produrre reddito neanche con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria;
– l’assenza di allacci alla rete di acqua, luce e gas;
– l’impossibilità di essere iscritta in altra categoria catastale (ad esempio, una abitazione può perdere la sua redditività nella sua categoria ma può avere una redditività come locale di deposito ascrivibile nella categoria C/2);
– non consista in una delle tipologie che catastalmente non sono né individuabili e né perimetrabili e cioè quelle unità: a) prive totalmente di copertura e della relativa struttura portante o di tutti i solai b) delimitate da muri che non abbiano almeno altezza di un metro. Infatti, se dovessero verificarsi entrambe queste le circostanze, l’unità immobiliare è ascrivibile alla più consona qualità 280 “Fabbricato diruto” del catasto terreni.
Nella sentenza 19 novembre 2009, causa C-461/08, la Corte afferma che quando l’atto di cessione di un terreno, sul quale sorge un fabbricato destinato alla demolizione, prevede espressamente l’impegno a effettuare le prestazioni relative alle opere di demolizione, già iniziate all’atto della cessione, tale fattispecie integra un’operazione unica ai fini IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. In tale caso, la CGUE ha dato rilievo al fatto che la demolizione fosse stata iniziata, prima della cessione, dal venditore, che si era assunto contrattualmente l’onere del completamento.
Di contro, la stessa Corte, nella sentenza 4 settembre 2019, C-71/18, ritiene che non può essere qualificata come cessione di “terreno edificabile” la cessione di un terreno che, al momento della vendita, incorpora un fabbricato pienamente operativo ma da demolire totalmente o parzialmente – secondo l’intenzione delle parti. In tal caso la demolizione risulta essere un’operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non forma, con quest’ultima, un’unica operazione.
In conclusione, per quanto sinora illustrato l’Agenzia ritiene che la classificazione catastale del fabbricato “al momento della cessione” resta, in generale, il criterio di riferimento principale per applicare il regime di esenzione IVA previsto dai numeri 8- bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita. Se quindi all’atto della cessione la Proprietà è effettivamente inquadrabile nella categoria catastale F/2, in base a elementi oggettivi che ne certifichino lo stato di fatto, come una pertinente e databile documentazione fotografica nonché apposite perizie tecniche – possibilmente asseverate – che ne offrano una rappresentazione fedele anche dello status quo ante, tale operazione non rientra nel predetto regime di esenzione, bensì in quello ordinario di imponibilità con applicazione dell’IVA nella misura del 22 per cento.
Sottolinea, peraltro, che tale ricostruzione non si pone in contrasto con quanto affermato, da ultimo, nella circolare 25 luglio 2022, n. 28/E, in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, interventi finalizzati al risparmio energetico e superbonus, secondo cui “le unità collabenti, pur trattandosi di categoria riferita a fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito, sono manufatti già costruiti e individuati catastalmente.” Tali interventi sono finalizzati alla conservazione del bene e l’agevolazione spetta a condizione che gli stessi non debbano essere considerati come “nuova costruzione”.
Considerato il trattamento IVA come sopra delineato e in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all’articolo 40, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, l’Agenzia ritiene che l’imposta di registro debba essere applicata nella misura fissa di euro 200,00.
Nella stessa misura di euro 200,00 sono dovute l’imposta ipotecaria, ai sensi della nota all’articolo 1 della Tariffa allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), e l’imposta catastale, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, del medesimo TUIC.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 7 novembre 2022, n. 554, in materia di IVA, ha fornito chiarimenti sulla cessione di terreni con unità collabenti.

La disciplina IVA prevista dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell'articolo 10 del Decreto IVA distingue, ai fini dell'assoggettamento all'imposta delle cessioni di immobili effettuate da soggetti passivi, gli immobili strumentali da quelli abitativi, prevedendo per questi ultimi un generale regime di esenzione.
Le cessioni di fabbricati strumentali costituiscono, invece:
- operazioni imponibili quando effettuate "...dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lett. c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457;", e a condizione che la cessione avvenga "...entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento...";
- operazioni esenti in tutti gli altri casi ferma restando la possibilità per il cedente di optare, nel relativo atto, per l'imponibilità (articolo 10, numero 8-ter del Decreto IVA).
La distinzione tra gli immobili ad uso abitativo e immobili strumentali deve essere operata in base al criterio oggettivo della classificazione catastale degli stessi, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.
La classificazione catastale al momento della cessione è quindi il criterio di riferimento principale, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita, fatta salva ovviamente la possibilità per l'amministrazione finanziaria di procedere a diverse valutazioni in presenza di eventuali circostanze rilevanti fiscalmente, quali clausole specifiche o accordi preventivi.
Va altresì ricordato che le disposizioni di cui ai citati numeri 8-bis) e 8-ter) non trattano specificamente anche dei fabbricati "non ultimati".
Ciò induce a ritenere la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d' imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo sia esclusa dall'ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell'articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA.
Un fabbricato si intende ultimato al momento in cui l'immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 12 luglio 2012, Causa C-326/11, l'esenzione IVA "...si applica a un'operazione di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un vecchio fabbricato in corso di trasformazione...quando al momento di detta cessione il vecchio fabbricato risulti demolito solo in parte e si, almeno parzialmente, ancora utilizzato in quanto tale". Quanto a dire che la totale demolizione e l'impossibilità di utilizzo del fabbricato "come tale" esclude l'esenzione IVA della relativa cessione che ricade, invece, nell'ordinario regime di imponibilità.
La fattispecie oggetto del presente interpello riguarda un complesso immobiliare, sul quale la Società ha eseguito parziali interventi di demolizione, interessato da un'articola e complicata vicenda, rispetto alla quale si forniscono i seguenti principi di ordine generale.
Dalle copiose informazioni fornite, l’Agenzia desume che allo stato attuale la Proprietà è censita al catasto nella categoria "F/2 - unità collabenti", tranne la particella ..., foglio ..., censita come "F/1 - aree urbane".
Tali categorie catastali non rientrano in nessuna di quelle per le quali è prevista l'esenzione IVA dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell'articolo 10 del Decreto IVA.
La dichiarazione di collabenza presuppone specifiche verifiche finalizzate ad accertare che l'unità immobiliare, tra cui:
- l'impossibilità di produrre reddito neanche con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria;
- l'assenza di allacci alla rete di acqua, luce e gas;
- l'impossibilità di essere iscritta in altra categoria catastale (ad esempio, una abitazione può perdere la sua redditività nella sua categoria ma può avere una redditività come locale di deposito ascrivibile nella categoria C/2);
- non consista in una delle tipologie che catastalmente non sono né individuabili e né perimetrabili e cioè quelle unità: a) prive totalmente di copertura e della relativa struttura portante o di tutti i solai b) delimitate da muri che non abbiano almeno altezza di un metro. Infatti, se dovessero verificarsi entrambe queste le circostanze, l'unità immobiliare è ascrivibile alla più consona qualità 280 "Fabbricato diruto" del catasto terreni.
Nella sentenza 19 novembre 2009, causa C-461/08, la Corte afferma che quando l'atto di cessione di un terreno, sul quale sorge un fabbricato destinato alla demolizione, prevede espressamente l'impegno a effettuare le prestazioni relative alle opere di demolizione, già iniziate all'atto della cessione, tale fattispecie integra un'operazione unica ai fini IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. In tale caso, la CGUE ha dato rilievo al fatto che la demolizione fosse stata iniziata, prima della cessione, dal venditore, che si era assunto contrattualmente l'onere del completamento.
Di contro, la stessa Corte, nella sentenza 4 settembre 2019, C-71/18, ritiene che non può essere qualificata come cessione di "terreno edificabile" la cessione di un terreno che, al momento della vendita, incorpora un fabbricato pienamente operativo ma da demolire totalmente o parzialmente - secondo l'intenzione delle parti. In tal caso la demolizione risulta essere un'operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non forma, con quest'ultima, un'unica operazione.
In conclusione, per quanto sinora illustrato l’Agenzia ritiene che la classificazione catastale del fabbricato "al momento della cessione" resta, in generale, il criterio di riferimento principale per applicare il regime di esenzione IVA previsto dai numeri 8- bis) e 8-ter) dell'articolo 10 del Decreto IVA, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita. Se quindi all'atto della cessione la Proprietà è effettivamente inquadrabile nella categoria catastale F/2, in base a elementi oggettivi che ne certifichino lo stato di fatto, come una pertinente e databile documentazione fotografica nonché apposite perizie tecniche - possibilmente asseverate - che ne offrano una rappresentazione fedele anche dello status quo ante, tale operazione non rientra nel predetto regime di esenzione, bensì in quello ordinario di imponibilità con applicazione dell'IVA nella misura del 22 per cento.
Sottolinea, peraltro, che tale ricostruzione non si pone in contrasto con quanto affermato, da ultimo, nella circolare 25 luglio 2022, n. 28/E, in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, interventi finalizzati al risparmio energetico e superbonus, secondo cui "le unità collabenti, pur trattandosi di categoria riferita a fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito, sono manufatti già costruiti e individuati catastalmente." Tali interventi sono finalizzati alla conservazione del bene e l'agevolazione spetta a condizione che gli stessi non debbano essere considerati come "nuova costruzione".
Considerato il trattamento IVA come sopra delineato e in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all'articolo 40, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, l’Agenzia ritiene che l'imposta di registro debba essere applicata nella misura fissa di euro 200,00.
Nella stessa misura di euro 200,00 sono dovute l'imposta ipotecaria, ai sensi della nota all'articolo 1 della Tariffa allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), e l'imposta catastale, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del medesimo TUIC.

Domande telematiche per congedi parentali: procedura aggiornata

Grazie all’aggiornamento della procedura informatica alle nuove disposizioni, le domande di congedo parentale dei lavoratori dipendenti del settore privato e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata Inps, nonché per le domande di congedo facoltativo del padre vanno presentate in via telematica (Inps – Messaggio 08 novembre 2022, n. 4025)

Al fine di conciliare l’attività lavorativa e la vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, nonché di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare sono state introdotte alcune novità in materia di maternità, paternità e congedo parentale.
In attesa di adeguare le procedure informatiche a tali novità è stata data la possibilità di presentare la richiesta dei congedi parentali al proprio datore di lavoro o al proprio committente, regolarizzando – dove previsto – successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.
A decorrere dall’8 novembre 2022, a seguito dell’aggiornamento della procedura, le domande di congedo parentale delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti del settore privato e degli iscritti alla Gestione separata Inps devono essere presentate in vi telematica. Le domande devono essere presentate prima dell’inizio del periodo di fruizione o, al massimo, il giorno stesso.
È possibile presentare le domande telematiche anche con riferimento a congedi parentali relativi a periodi di astensione fruiti tra il 13 agosto 2022 e l’8 novembre 2022. Per tali periodi, la domande telematiche già presentate prima dell’aggiornamento procedurale saranno considerate valide, senza che sia necessario presentare una nuova domanda.
Per quanto riguarda il congedo facoltativo del padre (art. 4, co. 24, lett. a), L 28 giugno 2012, n. 92), l’Inps precisa che la procedura di domanda per i pagamenti diretti dell’indennità consente la presentazione di domande per giorni di congedo fruiti prima del 13 agosto 2022.

Con successivo messaggio, l’Inps fornirà le indicazioni per le domande di congedo parentale dei lavoratori autonomi, d’indennità anticipata di maternità delle lavoratrici autonome e di congedo di paternità obbligatorio a pagamento diretto. Fino a tale comunicazione, i lavoratori interessati possono fruire delle relative tutele, regolarizzando successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.

Grazie all’aggiornamento della procedura informatica alle nuove disposizioni, le domande di congedo parentale dei lavoratori dipendenti del settore privato e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata Inps, nonché per le domande di congedo facoltativo del padre vanno presentate in via telematica (Inps - Messaggio 08 novembre 2022, n. 4025)

Al fine di conciliare l’attività lavorativa e la vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, nonché di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare sono state introdotte alcune novità in materia di maternità, paternità e congedo parentale.
In attesa di adeguare le procedure informatiche a tali novità è stata data la possibilità di presentare la richiesta dei congedi parentali al proprio datore di lavoro o al proprio committente, regolarizzando - dove previsto - successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.
A decorrere dall’8 novembre 2022, a seguito dell’aggiornamento della procedura, le domande di congedo parentale delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti del settore privato e degli iscritti alla Gestione separata Inps devono essere presentate in vi telematica. Le domande devono essere presentate prima dell’inizio del periodo di fruizione o, al massimo, il giorno stesso.
È possibile presentare le domande telematiche anche con riferimento a congedi parentali relativi a periodi di astensione fruiti tra il 13 agosto 2022 e l’8 novembre 2022. Per tali periodi, la domande telematiche già presentate prima dell’aggiornamento procedurale saranno considerate valide, senza che sia necessario presentare una nuova domanda.
Per quanto riguarda il congedo facoltativo del padre (art. 4, co. 24, lett. a), L 28 giugno 2012, n. 92), l’Inps precisa che la procedura di domanda per i pagamenti diretti dell’indennità consente la presentazione di domande per giorni di congedo fruiti prima del 13 agosto 2022.

Con successivo messaggio, l’Inps fornirà le indicazioni per le domande di congedo parentale dei lavoratori autonomi, d’indennità anticipata di maternità delle lavoratrici autonome e di congedo di paternità obbligatorio a pagamento diretto. Fino a tale comunicazione, i lavoratori interessati possono fruire delle relative tutele, regolarizzando successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.

Invalidità civile: sospensione per assenza a visita

L’Inps rende noto il rilascio, nella procedura “Accertamenti Ispettorato Tecnico Medico Legale”, della funzionalità per la gestione automatizzata dei soggetti convocati a visita che risultino assenti (Messaggio 8 novembre 2022, n. 4029).

 

Qualora il soggetto regolarmente convocato a visita di verifica straordinaria ITML non si presenti, è prevista la possibilità di inserire manualmente, a cura dell’operatore sanitario o del medico, la sospensione per assenza a visita.
Nei casi in cui non venga inserita l’assenza a visita e non sia presente a sistema il verbale di visita, l’assenza sarà comunque registrata automaticamente allo scadere del terzo giorno dalla data di convocazione.
La registrazione dell’assenza a visita in procedura determina l’immediata e automatica temporanea sospensione della prestazione sul “Data Base Pensioni”.
Successivamente l’interessato riceve una comunicazione, generata in procedura ITML, con l’avviso dell’avvenuta sospensione e con l’invito a presentare, entro 90 giorni, idonea giustificazione dell’assenza.
Nell’ipotesi in cui le argomentazioni prodotte siano ritenute idonee a giustificare l’assenza, riprende l’iter di verifica con la comunicazione di una nuova data di visita medica.
Diversamente, qualora il soggetto non produca nessuna giustificazione ovvero la stessa non sia valutata idonea, allo scadere dei termini previsti si provvede alla revoca definitiva del beneficio economico dalla data di sospensione.
 

L’Inps rende noto il rilascio, nella procedura "Accertamenti Ispettorato Tecnico Medico Legale", della funzionalità per la gestione automatizzata dei soggetti convocati a visita che risultino assenti (Messaggio 8 novembre 2022, n. 4029).

 

Qualora il soggetto regolarmente convocato a visita di verifica straordinaria ITML non si presenti, è prevista la possibilità di inserire manualmente, a cura dell’operatore sanitario o del medico, la sospensione per assenza a visita.
Nei casi in cui non venga inserita l’assenza a visita e non sia presente a sistema il verbale di visita, l’assenza sarà comunque registrata automaticamente allo scadere del terzo giorno dalla data di convocazione.
La registrazione dell’assenza a visita in procedura determina l’immediata e automatica temporanea sospensione della prestazione sul "Data Base Pensioni".
Successivamente l’interessato riceve una comunicazione, generata in procedura ITML, con l’avviso dell’avvenuta sospensione e con l’invito a presentare, entro 90 giorni, idonea giustificazione dell’assenza.
Nell’ipotesi in cui le argomentazioni prodotte siano ritenute idonee a giustificare l’assenza, riprende l’iter di verifica con la comunicazione di una nuova data di visita medica.
Diversamente, qualora il soggetto non produca nessuna giustificazione ovvero la stessa non sia valutata idonea, allo scadere dei termini previsti si provvede alla revoca definitiva del beneficio economico dalla data di sospensione.