Fisco: PIR e le novità introdotte dalla legge di Bilancio 2022

Fornite indicazioni sulla nuova disciplina dei Piani di risparmio a lungo termine (Pir), in seguito alle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2022. Tra i chiarimenti forniti, le novità in materia di innalzamento della soglia dei limiti di investimento nei PIR ordinari e chiarisce con esempi pratici di facile comprensione come comportarsi in caso di piani di risparmio attivati sotto la precedente disciplina (Agenzia delle entrate – Circolare 04 maggio 2022, n. 10/E).

I Pir sono una forma di investimento caratterizzata da un regime fiscale di favore, di cui possono beneficiare le persone fisiche residenti in Italia – con riguardo ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria percepiti al di fuori dell’attività di impresa – le Casse di previdenza e i Fondi pensione. I redditi generati da questi prodotti non sono tassati come redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria e non sono soggetti all’imposta di successione. Con questo strumento infatti il legislatore ha voluto favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso investimenti in imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate in Italia.
Legge di Bilancio 2017 ha introdotto un regime di non imponibilità per gli investimenti operati tramite Piani individuali di risparmio a lungo termine che rispettino determinati requisiti, a partire dall’obbligo di mantenere gli investimenti per almeno 5 anni. In base alle modifiche operate dalla legge di bilancio 2022, l’importo investito nel PIR ordinario non può superare il plafond complessivo di 200mila euro (la precedente soglia era di 150mila euro), con un limite di plafond annuo di 40mila euro (in questo caso la precedente soglia era di 30mila euro). Questi nuovi limiti di investimento si applicano agli investimenti effettuati nei PIR ordinari a decorrere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2022, ossia dal 1° gennaio 2022, a prescindere dalla data di costituzione del piano.
La circolare fornisce alcuni esempi pratici per chiarire meglio la portata delle modifiche normative. In caso di un PIR ordinario costituito nel 2017, per esempio, in cui ogni anno sia stato investito il limite annuale pro tempore vigente (euro 30.000), il contribuente potrà investire nel 2022 euro 40.000 e nel 2023 i restanti euro 10.000 per raggiungere il nuovo limite complessivo di 200mila euro. Nel caso invece di un PIR ordinario costituito nel 2020 nel quale sia stato investito ogni anno il limite annuale vigente fino al 31 dicembre 2021 (30mila euro), il contribuente potrà investire 40mila euro per ogni anno dal 2022 al 2024 e nel 2025 i restanti euro 20.000 (in modo da raggiungere il nuovo limite complessivo di 200mila euro).
In seguito all’entrata in vigore della legge di Bilancio 2022, è adesso possibile detenere, contemporaneamente ad un PIR ordinario, più di un PIR Alternativo. L’Agenzia per chiarisce che non è possibile cointestare un PIR Alternativo a più persone. In ogni caso, il fatto che una persona fisica possa detenere più di un PIR Alternativo non ha conseguenze sull’ammontare di risorse che possono essere investite in questo tipo di piano di investimento. Restano confermati, quindi, i limiti di investimento dei PIR Alternativi che adesso valgono complessivamente. A prescindere dal numero di Pir Alternativi detenuti, infatti, il plafond complessivo massimo è di 1.500.000 euro, con un limite per ciascun anno solare di 300mila euro.
Secondo le vecchie regole, per i PIR Alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021 i contribuenti potevano fruire di un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati, derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, a condizione che gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni e il credito d’imposta non ecceda il 20 per cento delle somme investite negli strumenti. La legge di bilancio 2022 ha previsto nuove regole per il credito d’imposta legato agli investimenti qualificati effettuati nel 2022, rimodulando sia l’ammontare del credito sia il termine entro cui detto credito può essere utilizzato. In base alle modifiche normative, infatti, il credito d’imposta previsto in relazione agli investimenti qualificati effettuati nel 2022 è pari al 10 per cento dell’ammontare degli investimenti in strumenti finanziari qualificati risultanti alla data di realizzo della minusvalenza. Il credito va utilizzato in quindici anni, in quote di pari importo. Sulla base delle modifiche normative, ai fini della determinazione dell’ammontare massimo di credito d’imposta spettante, andranno prese in considerazione sia le somme investite negli strumenti finanziari qualificati nel corso del 2021, sia le somme investite negli anni successivi risultanti alla data di realizzo della minusvalenza.

Fornite indicazioni sulla nuova disciplina dei Piani di risparmio a lungo termine (Pir), in seguito alle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2022. Tra i chiarimenti forniti, le novità in materia di innalzamento della soglia dei limiti di investimento nei PIR ordinari e chiarisce con esempi pratici di facile comprensione come comportarsi in caso di piani di risparmio attivati sotto la precedente disciplina (Agenzia delle entrate - Circolare 04 maggio 2022, n. 10/E).

I Pir sono una forma di investimento caratterizzata da un regime fiscale di favore, di cui possono beneficiare le persone fisiche residenti in Italia - con riguardo ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria percepiti al di fuori dell’attività di impresa - le Casse di previdenza e i Fondi pensione. I redditi generati da questi prodotti non sono tassati come redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria e non sono soggetti all’imposta di successione. Con questo strumento infatti il legislatore ha voluto favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso investimenti in imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate in Italia.
Legge di Bilancio 2017 ha introdotto un regime di non imponibilità per gli investimenti operati tramite Piani individuali di risparmio a lungo termine che rispettino determinati requisiti, a partire dall’obbligo di mantenere gli investimenti per almeno 5 anni. In base alle modifiche operate dalla legge di bilancio 2022, l’importo investito nel PIR ordinario non può superare il plafond complessivo di 200mila euro (la precedente soglia era di 150mila euro), con un limite di plafond annuo di 40mila euro (in questo caso la precedente soglia era di 30mila euro). Questi nuovi limiti di investimento si applicano agli investimenti effettuati nei PIR ordinari a decorrere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2022, ossia dal 1° gennaio 2022, a prescindere dalla data di costituzione del piano.
La circolare fornisce alcuni esempi pratici per chiarire meglio la portata delle modifiche normative. In caso di un PIR ordinario costituito nel 2017, per esempio, in cui ogni anno sia stato investito il limite annuale pro tempore vigente (euro 30.000), il contribuente potrà investire nel 2022 euro 40.000 e nel 2023 i restanti euro 10.000 per raggiungere il nuovo limite complessivo di 200mila euro. Nel caso invece di un PIR ordinario costituito nel 2020 nel quale sia stato investito ogni anno il limite annuale vigente fino al 31 dicembre 2021 (30mila euro), il contribuente potrà investire 40mila euro per ogni anno dal 2022 al 2024 e nel 2025 i restanti euro 20.000 (in modo da raggiungere il nuovo limite complessivo di 200mila euro).
In seguito all’entrata in vigore della legge di Bilancio 2022, è adesso possibile detenere, contemporaneamente ad un PIR ordinario, più di un PIR Alternativo. L’Agenzia per chiarisce che non è possibile cointestare un PIR Alternativo a più persone. In ogni caso, il fatto che una persona fisica possa detenere più di un PIR Alternativo non ha conseguenze sull’ammontare di risorse che possono essere investite in questo tipo di piano di investimento. Restano confermati, quindi, i limiti di investimento dei PIR Alternativi che adesso valgono complessivamente. A prescindere dal numero di Pir Alternativi detenuti, infatti, il plafond complessivo massimo è di 1.500.000 euro, con un limite per ciascun anno solare di 300mila euro.
Secondo le vecchie regole, per i PIR Alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021 i contribuenti potevano fruire di un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati, derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, a condizione che gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni e il credito d’imposta non ecceda il 20 per cento delle somme investite negli strumenti. La legge di bilancio 2022 ha previsto nuove regole per il credito d’imposta legato agli investimenti qualificati effettuati nel 2022, rimodulando sia l’ammontare del credito sia il termine entro cui detto credito può essere utilizzato. In base alle modifiche normative, infatti, il credito d’imposta previsto in relazione agli investimenti qualificati effettuati nel 2022 è pari al 10 per cento dell’ammontare degli investimenti in strumenti finanziari qualificati risultanti alla data di realizzo della minusvalenza. Il credito va utilizzato in quindici anni, in quote di pari importo. Sulla base delle modifiche normative, ai fini della determinazione dell’ammontare massimo di credito d’imposta spettante, andranno prese in considerazione sia le somme investite negli strumenti finanziari qualificati nel corso del 2021, sia le somme investite negli anni successivi risultanti alla data di realizzo della minusvalenza.

Istruzioni dal Fisco sulla nuova classificazione ATECO 2007

Dal 1° gennaio 2022 è in vigore la nuova classificazione Ateco 2007, recepita a livello amministrativo dal 1° aprile 2022 a decorrere del quale tutti gli operatori sono tenuti a utilizzare i nuovi codici attività negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’’amministrazione finanziaria. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione del 4 maggio 2022 n. 20, fornisce indicazione su come verificare il codice attività attualmente presente in Anagrafe tributaria e quando comunicare la variazione (Agenzia Entrate – risoluzione 04 maggio 2022, n. 20).

Le modifiche apportate alla classificazione Ateco 2007, realizzate in collaborazione con il Comitato Ateco, e successivamente approvate dalla Commissione europea, riguardano:
– l’eliminazione di codici Ateco e loro sostituzione con nuovi codici;
– l’istituzione di nuovi codici Ateco;
– la modifica descrizione/contenuto di codici Ateco esistenti.

Gli aggiornamenti interessano 11 sezioni della classificazione, sono introdotti 20 nuovi codici e aggiornate oltre 60 note di inclusione e di esclusione.
Le sezioni interessate dalla modifica sono le seguenti:
– Sezione A – Divisione 01;
– Sezione C – Classe 10.89 – Classe 16.23 – Classe 24.33 – Classe 27.40;
– Sezione F – Classe 43.21 – Classe 43.29;
– Sezione G – Classe 45.20 – Categoria 46.18.3 – Classe 46.90;
– Sezione I – Classe 55.20 – Classe 56.10;
– Sezione K – Classe 66.19;
– Sezione M – Classe 69.20 – Classe 71.20 – Classe 73.11 – Classe 74.90;
– Sezione N – Classe 77.39;
– Sezione R – Classe 90.01 – Classe 92.00 – Gruppo 93.2;
– Sezione S – Classe 96.01;
– Sezione T – Classe 97.00.

In tal senso, al fine di recepire la Tabella Ateco 2007 aggiornamento 2022, predisposta dall’ISTAT, l’Agenzia delle entrate ha adeguato le funzioni di acquisizione dei modelli anagrafici di seguito riportati.

Come verificare il codice attività attualmente presente in Anagrafe Tributaria

I contribuenti possono verificare i codici Ateco, prevalente e secondari, collegati alla propria posizione fiscale e registrati in Anagrafe Tributaria accedendo alla propria area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate utilizzando SPID, la Carta nazionale dei servizi (CNS) o la Carta d’identità elettronica (CIE). I professionisti, le imprese e le persone fisiche titolari di partita IVA possono accedere all’area riservata ancora con le credenziali Entratel/Fisconline rilasciate dall’Agenzia.
All’interno dell’area riservata occorrerà selezionare il servizio “Cassetto fiscale” e aprire la sezione “Dati anagrafici” per verificare il codice Ateco prevalente e la sezione “Altre attività” per verificare i codici Ateco delle eventuali attività secondarie.

Comunicazione del nuovo codice attività

I contribuenti sono tenuti a valutare, in base alla nuova Classificazione Ateco 2007 pubblicata dall’ISTAT, se il codice comunicato in precedenza sia stato oggetto di variazione.
Tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti ad utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate.
Inoltre, come già specificato in precedente documento di prassi, l’adozione della nuova Classificazione Ateco 2007 non comporta l’obbligo di presentare un’apposita dichiarazione di variazione dati ai sensi degli artt. 35, 35-ter, D.P.R. n. 633/1972.

Qualora il contribuente presenti una dichiarazione di variazione dati deve ricordarsi che:
– se è iscritto nel Registro delle Imprese, la dichiarazione dovrà essere effettuata con la Comunicazione Unica (ComUnica) messa a disposizione da Unioncamere;
– se non è iscritto al Registro delle Imprese, dovrà invece utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle entrate (AA7/10 per società, enti, associazioni, ecc.; AA9/12 per imprese individuali, lavoratori autonomi, artisti e professionisti, ecc.; AA5/6 per enti non commerciali, associazioni, ecc.).

Dal 1° gennaio 2022 è in vigore la nuova classificazione Ateco 2007, recepita a livello amministrativo dal 1° aprile 2022 a decorrere del quale tutti gli operatori sono tenuti a utilizzare i nuovi codici attività negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’’amministrazione finanziaria. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione del 4 maggio 2022 n. 20, fornisce indicazione su come verificare il codice attività attualmente presente in Anagrafe tributaria e quando comunicare la variazione (Agenzia Entrate - risoluzione 04 maggio 2022, n. 20).

Le modifiche apportate alla classificazione Ateco 2007, realizzate in collaborazione con il Comitato Ateco, e successivamente approvate dalla Commissione europea, riguardano:
- l’eliminazione di codici Ateco e loro sostituzione con nuovi codici;
- l’istituzione di nuovi codici Ateco;
- la modifica descrizione/contenuto di codici Ateco esistenti.

Gli aggiornamenti interessano 11 sezioni della classificazione, sono introdotti 20 nuovi codici e aggiornate oltre 60 note di inclusione e di esclusione.
Le sezioni interessate dalla modifica sono le seguenti:
- Sezione A - Divisione 01;
- Sezione C - Classe 10.89 - Classe 16.23 - Classe 24.33 - Classe 27.40;
- Sezione F - Classe 43.21 - Classe 43.29;
- Sezione G - Classe 45.20 - Categoria 46.18.3 - Classe 46.90;
- Sezione I - Classe 55.20 - Classe 56.10;
- Sezione K - Classe 66.19;
- Sezione M - Classe 69.20 - Classe 71.20 - Classe 73.11 - Classe 74.90;
- Sezione N - Classe 77.39;
- Sezione R - Classe 90.01 - Classe 92.00 - Gruppo 93.2;
- Sezione S - Classe 96.01;
- Sezione T - Classe 97.00.

In tal senso, al fine di recepire la Tabella Ateco 2007 aggiornamento 2022, predisposta dall’ISTAT, l’Agenzia delle entrate ha adeguato le funzioni di acquisizione dei modelli anagrafici di seguito riportati.

Come verificare il codice attività attualmente presente in Anagrafe Tributaria

I contribuenti possono verificare i codici Ateco, prevalente e secondari, collegati alla propria posizione fiscale e registrati in Anagrafe Tributaria accedendo alla propria area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate utilizzando SPID, la Carta nazionale dei servizi (CNS) o la Carta d’identità elettronica (CIE). I professionisti, le imprese e le persone fisiche titolari di partita IVA possono accedere all’area riservata ancora con le credenziali Entratel/Fisconline rilasciate dall’Agenzia.
All’interno dell’area riservata occorrerà selezionare il servizio "Cassetto fiscale" e aprire la sezione "Dati anagrafici" per verificare il codice Ateco prevalente e la sezione "Altre attività" per verificare i codici Ateco delle eventuali attività secondarie.

Comunicazione del nuovo codice attività

I contribuenti sono tenuti a valutare, in base alla nuova Classificazione Ateco 2007 pubblicata dall’ISTAT, se il codice comunicato in precedenza sia stato oggetto di variazione.
Tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti ad utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate.
Inoltre, come già specificato in precedente documento di prassi, l’adozione della nuova Classificazione Ateco 2007 non comporta l’obbligo di presentare un’apposita dichiarazione di variazione dati ai sensi degli artt. 35, 35-ter, D.P.R. n. 633/1972.

Qualora il contribuente presenti una dichiarazione di variazione dati deve ricordarsi che:
- se è iscritto nel Registro delle Imprese, la dichiarazione dovrà essere effettuata con la Comunicazione Unica (ComUnica) messa a disposizione da Unioncamere;
- se non è iscritto al Registro delle Imprese, dovrà invece utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle entrate (AA7/10 per società, enti, associazioni, ecc.; AA9/12 per imprese individuali, lavoratori autonomi, artisti e professionisti, ecc.; AA5/6 per enti non commerciali, associazioni, ecc.).

Agricoltura Operai Oristano: le retribuzioni vigenti

Si riportano le le tabelle retributive in vigore dall’1/1/2022 per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Oristano come modificate dal CIPL 14/12/2021

Il 14 dicembre 2021, tra La CONFAGRICOLTURA Oristano, la FEDERAZIONE PROVINCIALE COLDIRETTI, la CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI e la FLAI-CGIL, la FAI-CISL, la UILA-UIL si è sottoscritto il CIPL per gli Operai Agricoli, Florovivaisti, Agro-Forestali e dipendenti da Aziende Agricole in Forma Singola o Associata, Cooperative di Conduzione e di Trasformazione dei Prodotti, della provincia di Oristano.
Il CIPL, che decorre dall’1 gennaio 2020 e scadrà il 31 dicembre 2023, ha previsto l’aumento delle retribuzioni a partire dal 1 gennaio 2022 del 1,7 attenendosi ai parametri provinciali.

Tabella salariale operai agricoli – florovivaisti e agro forestali in vigore dal 1 gennaio 2022 a tempo indeterminato retribuzione mensile

Area

Livello

Qualifiche

Paga base contr. Naz.

Contingenza ed e.d.r.

Sal.integr.vo prov.le

Totale lordo

1 Ar 1 Spec. sup. a 661,22 542,73 294,52 1.498,47
1 Ar 2 Spec. sup. b 639,92 526,38 276,66 1.442,96
1 Ar 3 Special.ti 628,15 524,40 234,93 1.387,48
2 Ar 4 Qualif. super 584,48 521,65 225,83 1.331,96
2 Ar 5 Qualificati 539,13 521,44 215,92 1.276,49
3 Ar 6 Comuni 510,83 520,10 190,05 1.220,98

RITENUTE INPS 8,84% Sul salario effettivo per tutte le zone
RITENUTE FIMIOA 0,50% Sulla retribuzione effettiva lorda
RITENUTE CAC 0,70% Sulla retribuzione effettiva lorda

Tabella salariale operai agricoli – florovivaisti e agro forestali in vigore dal 1 gennaio 2022 a tempo determinato retribuzione giornaliera

Area/livello

Qualifiche

Paga b. Naz.le

Contin. Ed e.d.r.

Sal. Integ. Prov.le

3° elem. 30,44%

Totale lordo

Rit. prev.

1 Ar. / 1 Spec. super a 25,43 20,87 11,33 17,54 75,17 7,53
1 Ar./ 2 Spec. super b 24,61 20,24 10,64 16,89 72,38 7,23
1 Ar./ 3 Special.ti 24,16 20,16 9,04 16,24 69,60 7,03
2 Ar./ 4 Qualif. super 22,48 20,06 8,69 15,60 66,83 6,73
2 Ar./ 5 Qualificati 20,74 20,05 8,31 14,95 64,05 6,43
3 Ar./ 6 Comuni 19,65 20,00 7,31 14,30 61,26 6,12

RITENUTE INPS – 8,84% sul salario effettivo per tutte le zone
RITENUTE FIMIOA E CAC – rispettivamente 0,50% e 0,70% sul salario lordo giornaliero
T.F.R. – 8,63% su paga base + contingenza + salario integrativo provinciale

Si riportano le le tabelle retributive in vigore dall’1/1/2022 per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Oristano come modificate dal CIPL 14/12/2021

Il 14 dicembre 2021, tra La CONFAGRICOLTURA Oristano, la FEDERAZIONE PROVINCIALE COLDIRETTI, la CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI e la FLAI-CGIL, la FAI-CISL, la UILA-UIL si è sottoscritto il CIPL per gli Operai Agricoli, Florovivaisti, Agro-Forestali e dipendenti da Aziende Agricole in Forma Singola o Associata, Cooperative di Conduzione e di Trasformazione dei Prodotti, della provincia di Oristano.
Il CIPL, che decorre dall’1 gennaio 2020 e scadrà il 31 dicembre 2023, ha previsto l’aumento delle retribuzioni a partire dal 1 gennaio 2022 del 1,7 attenendosi ai parametri provinciali.

Tabella salariale operai agricoli - florovivaisti e agro forestali in vigore dal 1 gennaio 2022 a tempo indeterminato retribuzione mensile

Area

Livello

Qualifiche

Paga base contr. Naz.

Contingenza ed e.d.r.

Sal.integr.vo prov.le

Totale lordo

1 Ar 1 Spec. sup. a 661,22 542,73 294,52 1.498,47
1 Ar 2 Spec. sup. b 639,92 526,38 276,66 1.442,96
1 Ar 3 Special.ti 628,15 524,40 234,93 1.387,48
2 Ar 4 Qualif. super 584,48 521,65 225,83 1.331,96
2 Ar 5 Qualificati 539,13 521,44 215,92 1.276,49
3 Ar 6 Comuni 510,83 520,10 190,05 1.220,98

RITENUTE INPS 8,84% Sul salario effettivo per tutte le zone
RITENUTE FIMIOA 0,50% Sulla retribuzione effettiva lorda
RITENUTE CAC 0,70% Sulla retribuzione effettiva lorda

Tabella salariale operai agricoli - florovivaisti e agro forestali in vigore dal 1 gennaio 2022 a tempo determinato retribuzione giornaliera

Area/livello

Qualifiche

Paga b. Naz.le

Contin. Ed e.d.r.

Sal. Integ. Prov.le

3° elem. 30,44%

Totale lordo

Rit. prev.

1 Ar. / 1 Spec. super a 25,43 20,87 11,33 17,54 75,17 7,53
1 Ar./ 2 Spec. super b 24,61 20,24 10,64 16,89 72,38 7,23
1 Ar./ 3 Special.ti 24,16 20,16 9,04 16,24 69,60 7,03
2 Ar./ 4 Qualif. super 22,48 20,06 8,69 15,60 66,83 6,73
2 Ar./ 5 Qualificati 20,74 20,05 8,31 14,95 64,05 6,43
3 Ar./ 6 Comuni 19,65 20,00 7,31 14,30 61,26 6,12

RITENUTE INPS - 8,84% sul salario effettivo per tutte le zone
RITENUTE FIMIOA E CAC - rispettivamente 0,50% e 0,70% sul salario lordo giornaliero
T.F.R. - 8,63% su paga base + contingenza + salario integrativo provinciale

Esonero dagli obblighi di certificazione dei corrispettivi

Le operazioni relative all’esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati, nonché quelle relative all’esercizio dei totalizzatori e delle scommesse, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate e le operazioni relative all’esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all’esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate, sono escluse da qualunque obbligo di certificazione, compresi gli obblighi di fatturazione elettronica e/o memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati, fermo restando l’obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi (Agenzia delle entrate – Risposta 03 maggio 2022, n. 242).

Ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 6), del decreto IVA, sono esenti dall’IVA, tra le altre, « le operazioni relative all’esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati (…) nonché quelle relative all’esercizio dei totalizzatori e delle scommesse (…), ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate».
Secondo il successivo n. 7), sono parimenti esenti « le operazioni relative all’esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all’esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate».
Il n. 9) del citato articolo 10, prevede, infine, il regime di esenzione anche per le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle operazioni di cui ai precedenti numeri da 1) a 7) dell’articolo 10.
Con riferimento agli obblighi di certificazione delle operazioni appena elencate, l’articolo 22 del decreto IVA consente di non emettere fattura nel caso di «[…] operazioni esenti indicate ai nn. da 1) a 5) e ai nn. 7),8), 9), 16) e 22) dell’art. 10», con esclusione, quindi, delle operazioni ex articolo 10, primo comma, n. 6), sicché detti compensi non sono riconducibili tra i corrispettivi i cui dati vanno memorizzati elettronicamente e trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate ex articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
Inoltre, l’articolo 21, comma 6, del decreto IVA – nel disporre l’obbligo di fatturazione per alcune specifiche operazioni per le quali l’IVA non è comunque dovuta (perché non soggette, esenti, non imponibili,…) – alla lettera c) lo esclude per i corrispettivi relativi alle operazioni di cui al numero 6) del citato articolo 10. Detti compensi, dunque, possono semplicemente essere annotati nel registro dei corrispettivi.
Le operazioni di cui al n. 7) dell’articolo 10, invece, già escluse dall’obbligo di fatturazione in forza di quanto disposto dal citato punto 6) dell’articolo 22 del decreto IVA, sono, altresì, esonerate da qualunque obbligo documentale, dall’articolo 2, comma 1, lettera h) del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, secondo cui « 1. Non sono soggette all’obbligo di certificazione di cui all’articolo 1 le seguenti operazioni:
[…]

h) le operazioni relative ai concorsi pronostici e alle scommesse soggetti all’imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, e quelle relative ai concorsi pronostici riservati allo Stato, compresa la raccolta delle rispettive giocate».
Anche detti compensi possono solamente essere annotati nel registro dei corrispettivi.
Tanto premesso, l’Agenzia conferma l’efficacia degli esoneri dall’obbligo di documentazione sopra richiamati, nel presupposto che « l’obbligo di emettere una fattura, qualora prima non sussistente, non è venuto ad esistenza per effetto della legge n. 205 del 2017 e dei successivi provvedimenti che sono variamente intervenuti sulla stessa o sul d.lgs. n. 127 del 2015» (così, per tutti, la circolare n. 14/E del 19 giugno 2019), mentre, nonostante l’obbligo generalizzato di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi disposto dall’articolo 2 del citato d.lgs. n. 127, con decreto ministeriale del 10 maggio 2019, nel fissare «Specifici esoneri, in ragione della tipologia di attività esercitata, dagli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi», è stato stabilito che:
«1 . In fase di prima applicazione, l’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n.127, non si applica:
a) alle operazioni non soggette all’obbligo di certificazione dei corrispettivi, ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n.696, e successive modificazioni e integrazioni, e dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 13 febbraio 2015 e 27 ottobre 2015 […]».
In conclusione, le operazioni di cui ai n. 6) e 7) dell’articolo 10 del decreto IVA, sono escluse da qualunque obbligo di certificazione, compresi gli obblighi di fatturazione elettronica e/o memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati, disposti rispettivamente dagli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 127 del 2015, fermo restando l’obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi.

Le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate e le operazioni relative all'esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all'esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate, sono escluse da qualunque obbligo di certificazione, compresi gli obblighi di fatturazione elettronica e/o memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati, fermo restando l'obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi (Agenzia delle entrate - Risposta 03 maggio 2022, n. 242).

Ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 6), del decreto IVA, sono esenti dall'IVA, tra le altre, « le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati (...) nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse (...), ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate».
Secondo il successivo n. 7), sono parimenti esenti « le operazioni relative all'esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all'esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate».
Il n. 9) del citato articolo 10, prevede, infine, il regime di esenzione anche per le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle operazioni di cui ai precedenti numeri da 1) a 7) dell'articolo 10.
Con riferimento agli obblighi di certificazione delle operazioni appena elencate, l'articolo 22 del decreto IVA consente di non emettere fattura nel caso di «[...] operazioni esenti indicate ai nn. da 1) a 5) e ai nn. 7),8), 9), 16) e 22) dell'art. 10», con esclusione, quindi, delle operazioni ex articolo 10, primo comma, n. 6), sicché detti compensi non sono riconducibili tra i corrispettivi i cui dati vanno memorizzati elettronicamente e trasmessi telematicamente all'Agenzia delle entrate ex articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
Inoltre, l'articolo 21, comma 6, del decreto IVA - nel disporre l'obbligo di fatturazione per alcune specifiche operazioni per le quali l'IVA non è comunque dovuta (perché non soggette, esenti, non imponibili,...) - alla lettera c) lo esclude per i corrispettivi relativi alle operazioni di cui al numero 6) del citato articolo 10. Detti compensi, dunque, possono semplicemente essere annotati nel registro dei corrispettivi.
Le operazioni di cui al n. 7) dell'articolo 10, invece, già escluse dall'obbligo di fatturazione in forza di quanto disposto dal citato punto 6) dell'articolo 22 del decreto IVA, sono, altresì, esonerate da qualunque obbligo documentale, dall'articolo 2, comma 1, lettera h) del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, secondo cui « 1. Non sono soggette all'obbligo di certificazione di cui all'articolo 1 le seguenti operazioni:
[...]

h) le operazioni relative ai concorsi pronostici e alle scommesse soggetti all'imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, e quelle relative ai concorsi pronostici riservati allo Stato, compresa la raccolta delle rispettive giocate».
Anche detti compensi possono solamente essere annotati nel registro dei corrispettivi.
Tanto premesso, l’Agenzia conferma l'efficacia degli esoneri dall'obbligo di documentazione sopra richiamati, nel presupposto che « l'obbligo di emettere una fattura, qualora prima non sussistente, non è venuto ad esistenza per effetto della legge n. 205 del 2017 e dei successivi provvedimenti che sono variamente intervenuti sulla stessa o sul d.lgs. n. 127 del 2015» (così, per tutti, la circolare n. 14/E del 19 giugno 2019), mentre, nonostante l'obbligo generalizzato di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi disposto dall'articolo 2 del citato d.lgs. n. 127, con decreto ministeriale del 10 maggio 2019, nel fissare «Specifici esoneri, in ragione della tipologia di attività esercitata, dagli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi», è stato stabilito che:
«1 . In fase di prima applicazione, l'obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n.127, non si applica:
a) alle operazioni non soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi, ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n.696, e successive modificazioni e integrazioni, e dei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 13 febbraio 2015 e 27 ottobre 2015 [...]».
In conclusione, le operazioni di cui ai n. 6) e 7) dell'articolo 10 del decreto IVA, sono escluse da qualunque obbligo di certificazione, compresi gli obblighi di fatturazione elettronica e/o memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati, disposti rispettivamente dagli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 127 del 2015, fermo restando l'obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi.

Fondo Fon.Te: nuovo Statuto

Da aprile 2022 è in vigore il nuovo Statuto del Fondo Fon.Te. di pensione complementare per i dipendenti da aziende del Terziario (Commercio, Turismo e Servizi).

Sono destinatari del Fondo i lavoratori assunti a tempo indeterminato, con contratto a tempo pieno o a tempo parziale, nonché i lavoratori apprendisti ai quali si applica il CCNL del Terziario, della distribuzione e dei servizi, ovvero il CCNL per i dipendenti da aziende del Turismo, il CCNL delle imprese di Viaggio e Turismo, il CCNL Pubblici Esercizi – Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo, stipulati da Confcommercio Imprese per l’Italia e dalle rispettive Federazioni di Categoria unitamente a FILCAMS – CGIL, FISASCAT – CISL, UILTuCS.
Destinatari del Fondo sono anche i lavoratori assunti a tempo determinato, secondo le previsioni dei CCNL applicati ovvero con periodicità stagionale, la cui attività lavorativa abbia durata complessivamente non inferiore a 3 mesi nell’anno.
Al Fondo possono essere associati i lavoratori di settori affini i cui contratti nazionali siano stipulati da Filcams, Fisascat e Uiltucs e/o dalla sola Confcommercio Imprese per l’Italia. L’adesione al Fondo di tali lavoratori deve essere preventivamente concordata, mediante apposito accordo collettivo stipulato per ciascun settore, tra le citate organizzazioni sindacali dei lavoratori e le rispettive organizzazioni imprenditoriali di settore ovvero tra la Confcommercio Imprese per l’Italia e le organizzazioni sindacali di settore, con particolare riferimento alla contribuzione dovuta, alla sua decorrenza ed ai tempi di adesione.
Sono altresì destinatari del Fondo.:
a) i liberi professionisti, i lavoratori autonomi – ivi inclusi i titolari delle imprese individuali ed i familiari partecipanti alle imprese familiari – che siano associati ad una delle suddette Parti Istitutive.
b) i liberi professionisti, i lavoratori autonomi – ivi inclusi i titolari delle imprese individuali ed i familiari partecipanti alle imprese familiari – che abbiano un rapporto di collaborazione non occasionale, così come definito dalla normativa tempo per tempo vigente, con aziende che applicano ai loro dipendenti uno dei contratti di cui sopra.
Il finanziamento del Fondo può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e attraverso il conferimento del TFR maturando ovvero mediante il solo conferimento del TFR maturando.

Da aprile 2022 è in vigore il nuovo Statuto del Fondo Fon.Te. di pensione complementare per i dipendenti da aziende del Terziario (Commercio, Turismo e Servizi).

Sono destinatari del Fondo i lavoratori assunti a tempo indeterminato, con contratto a tempo pieno o a tempo parziale, nonché i lavoratori apprendisti ai quali si applica il CCNL del Terziario, della distribuzione e dei servizi, ovvero il CCNL per i dipendenti da aziende del Turismo, il CCNL delle imprese di Viaggio e Turismo, il CCNL Pubblici Esercizi - Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo, stipulati da Confcommercio Imprese per l'Italia e dalle rispettive Federazioni di Categoria unitamente a FILCAMS - CGIL, FISASCAT - CISL, UILTuCS.
Destinatari del Fondo sono anche i lavoratori assunti a tempo determinato, secondo le previsioni dei CCNL applicati ovvero con periodicità stagionale, la cui attività lavorativa abbia durata complessivamente non inferiore a 3 mesi nell'anno.
Al Fondo possono essere associati i lavoratori di settori affini i cui contratti nazionali siano stipulati da Filcams, Fisascat e Uiltucs e/o dalla sola Confcommercio Imprese per l'Italia. L'adesione al Fondo di tali lavoratori deve essere preventivamente concordata, mediante apposito accordo collettivo stipulato per ciascun settore, tra le citate organizzazioni sindacali dei lavoratori e le rispettive organizzazioni imprenditoriali di settore ovvero tra la Confcommercio Imprese per l'Italia e le organizzazioni sindacali di settore, con particolare riferimento alla contribuzione dovuta, alla sua decorrenza ed ai tempi di adesione.
Sono altresì destinatari del Fondo.:
a) i liberi professionisti, i lavoratori autonomi - ivi inclusi i titolari delle imprese individuali ed i familiari partecipanti alle imprese familiari - che siano associati ad una delle suddette Parti Istitutive.
b) i liberi professionisti, i lavoratori autonomi - ivi inclusi i titolari delle imprese individuali ed i familiari partecipanti alle imprese familiari - che abbiano un rapporto di collaborazione non occasionale, così come definito dalla normativa tempo per tempo vigente, con aziende che applicano ai loro dipendenti uno dei contratti di cui sopra.
Il finanziamento del Fondo può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e attraverso il conferimento del TFR maturando ovvero mediante il solo conferimento del TFR maturando.

Decreto Rilancio: sconto in fattura per il rilascio del visto di conformità

Con riferimento al quesito in esame, il Fisco ritiene che rientri tra i compensi connessi alla prestazione professionale, e come tale assoggettato a tassazione, anche l’eventuale corrispettivo pattuito con il cliente per “l’attualizzazione del credito ricevuto”. (Agenzia delle entrate – risposta 04 maggio 2022, n. 243)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, il professionista, chiamato ad apporre il visto di conformità ai fini dell’esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica o restauro della facciata degli edifici, rappresenta che in tale occasione i clienti, sia persone fisiche che condomìni, potrebbero richiedere l’applicazione dello “sconto in fattura” (art. 121, decreto legge n. 34/2020) anche con riferimento al compenso per l’apposizione del predetto visto di conformità.
L’ Istante rappresenta che la valutazione dell’applicazione dello sconto in fattura tiene conto anche del fatto che il relativo recupero fiscale avverrà in un arco temporale di alcuni anni, salvo la possibilità di cedere ulteriormente il credito così maturato a terzi, sostenendo ovviamente, nel caso di detrazioni spettanti nella misura del 65 per cento o del 50 cento, un aggravio finanziario pari all’attualizzazione del credito da parte dell’acquirente dello stesso.
Per tale motivo sta considerando, per i futuri incarichi, la possibilità di pattuire con il cliente il riconoscimento di tale onere finanziario e chiede quale sia la corretta procedura da seguire di tale riaddebito di oneri al cliente ai fini della corretta fatturazione e ai fini della determinazione del reddito professionale.
Con riferimento al quesito in esame, il Fisco ritiene che rientri tra i compensi connessi alla prestazione professionale, e come tale assoggettato a tassazione come reddito di lavoro autonomo, anche l’eventuale corrispettivo pattuito con il cliente per “l’attualizzazione del credito ricevuto”.
Ai fini IVA, anche tale corrispettivo concorrerà, quindi, a formare la base imponibile e, come tale, assoggettato ad imposta con aliquota ordinaria. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto e non implica un giudizio in merito alla conformità degli interventi che verranno realizzati in base alle normative urbanistiche, nonché alla qualificazione e quantificazione delle spese sostenute, su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.

Con riferimento al quesito in esame, il Fisco ritiene che rientri tra i compensi connessi alla prestazione professionale, e come tale assoggettato a tassazione, anche l'eventuale corrispettivo pattuito con il cliente per "l'attualizzazione del credito ricevuto". (Agenzia delle entrate - risposta 04 maggio 2022, n. 243)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, il professionista, chiamato ad apporre il visto di conformità ai fini dell'esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica o restauro della facciata degli edifici, rappresenta che in tale occasione i clienti, sia persone fisiche che condomìni, potrebbero richiedere l'applicazione dello "sconto in fattura" (art. 121, decreto legge n. 34/2020) anche con riferimento al compenso per l'apposizione del predetto visto di conformità.
L' Istante rappresenta che la valutazione dell'applicazione dello sconto in fattura tiene conto anche del fatto che il relativo recupero fiscale avverrà in un arco temporale di alcuni anni, salvo la possibilità di cedere ulteriormente il credito così maturato a terzi, sostenendo ovviamente, nel caso di detrazioni spettanti nella misura del 65 per cento o del 50 cento, un aggravio finanziario pari all'attualizzazione del credito da parte dell'acquirente dello stesso.
Per tale motivo sta considerando, per i futuri incarichi, la possibilità di pattuire con il cliente il riconoscimento di tale onere finanziario e chiede quale sia la corretta procedura da seguire di tale riaddebito di oneri al cliente ai fini della corretta fatturazione e ai fini della determinazione del reddito professionale.
Con riferimento al quesito in esame, il Fisco ritiene che rientri tra i compensi connessi alla prestazione professionale, e come tale assoggettato a tassazione come reddito di lavoro autonomo, anche l'eventuale corrispettivo pattuito con il cliente per "l'attualizzazione del credito ricevuto".
Ai fini IVA, anche tale corrispettivo concorrerà, quindi, a formare la base imponibile e, come tale, assoggettato ad imposta con aliquota ordinaria. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell'istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto e non implica un giudizio in merito alla conformità degli interventi che verranno realizzati in base alle normative urbanistiche, nonché alla qualificazione e quantificazione delle spese sostenute, su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell'amministrazione finanziaria.

Giornalisti: passaggio all’Inps della funzione previdenziale dal 1° luglio

Il servizio “Prestazioni pensionistiche – Domande” è stato implementato, al fine di consentire ai soggetti interessati e ai Patronati l’invio delle domande di prestazione pensionistica che, avendo decorrenza pari o successiva al 1° luglio 2022, saranno liquidate dall’Istituto.

Dal 1° luglio 2022, la funzione previdenziale svolta dall’INPGI, in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, è trasferita, limitatamente alla gestione sostitutiva, all’INPS.
Pertanto, da tale data, sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti iscritti all’Albo negli appositi elenchi e registri, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché, con evidenza contabile separata, i titolari di posizioni assicurative e titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti alla data del 30 giugno 2022 presso la gestione sostitutiva dell’INPGI.
Le domande di prestazione possono essere presentate attraverso i seguenti canali:
– direttamente dal sito internet www.inps.it, accedendo tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, Carta Nazionale dei Servizi o Carta di identità elettronica 3.0 e seguendo il percorso: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Prestazioni pensionistiche – Domande”;
– utilizzando i servizi telematici offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge;
– chiamando il Contact Center Integrato al numero verde 803164.
Dopo la scelta della domanda di interesse (pensione, ricostituzione, certificazione, ecc.), è necessario selezionare la gestione “Lavoratori Dipendenti” tramite l’apposito menu a tendina e, di seguito, il fondo “INPGI” (Messaggio Inps 4 maggio 2022, n. 1886).

Il servizio "Prestazioni pensionistiche – Domande" è stato implementato, al fine di consentire ai soggetti interessati e ai Patronati l’invio delle domande di prestazione pensionistica che, avendo decorrenza pari o successiva al 1° luglio 2022, saranno liquidate dall’Istituto.

Dal 1° luglio 2022, la funzione previdenziale svolta dall'INPGI, in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, è trasferita, limitatamente alla gestione sostitutiva, all’INPS.
Pertanto, da tale data, sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti iscritti all’Albo negli appositi elenchi e registri, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché, con evidenza contabile separata, i titolari di posizioni assicurative e titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti alla data del 30 giugno 2022 presso la gestione sostitutiva dell’INPGI.
Le domande di prestazione possono essere presentate attraverso i seguenti canali:
- direttamente dal sito internet www.inps.it, accedendo tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, Carta Nazionale dei Servizi o Carta di identità elettronica 3.0 e seguendo il percorso: "Prestazioni e servizi" > "Servizi" > "Prestazioni pensionistiche – Domande";
- utilizzando i servizi telematici offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge;
- chiamando il Contact Center Integrato al numero verde 803164.
Dopo la scelta della domanda di interesse (pensione, ricostituzione, certificazione, ecc.), è necessario selezionare la gestione "Lavoratori Dipendenti" tramite l’apposito menu a tendina e, di seguito, il fondo "INPGI" (Messaggio Inps 4 maggio 2022, n. 1886).

Licenziamento collettivo: ipotesi di unicità del complesso aziendale

4 mag 2022 Ai fini dell’applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo, un’impresa può essere concepita come unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in caso di codatorialità, presupponente l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale e la condivisione della prestazione di questi da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali (Cassazione, ordinanza 27 aprile 2022, n. 13207).

La Corte d’Appello territoriale confermava la decisione del Tribunale con cui veniva accertata la sussistenza di un unico complesso aziendale fra le due società convenute in giudizio e dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice all’esito di una procedura di licenziamento collettivo attivata dalla società, formale datrice di lavoro.
La stessa, in particolare, faceva propria la valutazione operata in primo grado circa la configurabilità di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro tra le due società, con la conseguenza che la verifica degli esuberi in relazione alla procedura collettiva attivata dalla formale datrice di lavoro dovesse essere operata alla luce della complessiva platea e quindi anche dei lavoratori in forze all’altra società.
Avverso la sentenza di appello le predette società hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando che la sentenza impugnata avesse ritenuto sussistente un unico centro d’imputazione di interessi tra le stesse, senza esaminare la posizione del singolo lavoratore in rapporto al suo inserimento nella complessiva struttura aziendale e senza accertare concretamente l’uso promiscuo della sua prestazione.

Respingendo il ricorso proposto, la Suprema Corte ha condiviso le conclusioni dei giudici di merito nel senso della sussistenza di elementi di collegamento fra le società che consentivano di ravvisare una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva ai fini di causa.
La Corte ha, a tal proposito, richiamato il consolidato principio secondo cui, anche ai fini dell’applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo, un’impresa può essere concepita come unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in condizione di codatorialità, ossia in ipotesi di inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale nonché la condivisione della prestazione dello stesso, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali.
Tanto premesso, i giudici di legittimità hanno evidenziato che l’accertamento, alla base della decisione impugnata, relativo alla compenetrazione tra le strutture aziendali formalmente facenti capo a distinte società, determina la riferibilità della prestazione di lavoro ad un soggetto sostanzialmente unitario, assorbe il requisito dell’uso promiscuo dell’attività dei lavoratori da parte delle due società e consente di superare, nel caso in esame, il dato rappresentato dal titolo giuridico in base al quale i dipendenti della società formale datrice di lavoro venivano utilizzati dalla società collegata; l’accertamento della sostanziale unitarietà della struttura imprenditoriale esclude, inoltre, rende irrilevante la verifica circa la concreta, effettiva, utilizzazione da parte di entrambe le società delle prestazioni rese dal singolo lavoratore, la cui attività è da ritenersi, in ogni caso, prestata nell’interesse indifferenziato delle due società, distinte solo formalmente.
In ragione della sussistenza in concreto di un unico soggetto datoriale, pertanto, nel caso di specie, la procedura collettiva attivata dalla formale datrice di lavoro avrebbe dovuto coinvolgere, diversamente da quanto avvenuto, non solo i lavoratori della stessa bensì tutti i lavoratori dell’unico complesso aziendale risultante dalla integrazione delle due società.

4 mag 2022 Ai fini dell'applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo, un’impresa può essere concepita come unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in caso di codatorialità, presupponente l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale e la condivisione della prestazione di questi da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali (Cassazione, ordinanza 27 aprile 2022, n. 13207).

La Corte d’Appello territoriale confermava la decisione del Tribunale con cui veniva accertata la sussistenza di un unico complesso aziendale fra le due società convenute in giudizio e dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice all'esito di una procedura di licenziamento collettivo attivata dalla società, formale datrice di lavoro.
La stessa, in particolare, faceva propria la valutazione operata in primo grado circa la configurabilità di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro tra le due società, con la conseguenza che la verifica degli esuberi in relazione alla procedura collettiva attivata dalla formale datrice di lavoro dovesse essere operata alla luce della complessiva platea e quindi anche dei lavoratori in forze all’altra società.
Avverso la sentenza di appello le predette società hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando che la sentenza impugnata avesse ritenuto sussistente un unico centro d’imputazione di interessi tra le stesse, senza esaminare la posizione del singolo lavoratore in rapporto al suo inserimento nella complessiva struttura aziendale e senza accertare concretamente l'uso promiscuo della sua prestazione.

Respingendo il ricorso proposto, la Suprema Corte ha condiviso le conclusioni dei giudici di merito nel senso della sussistenza di elementi di collegamento fra le società che consentivano di ravvisare una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva ai fini di causa.
La Corte ha, a tal proposito, richiamato il consolidato principio secondo cui, anche ai fini dell'applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo, un’impresa può essere concepita come unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in condizione di codatorialità, ossia in ipotesi di inserimento del lavoratore nell'organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale nonché la condivisione della prestazione dello stesso, al fine di soddisfare l'interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali.
Tanto premesso, i giudici di legittimità hanno evidenziato che l’accertamento, alla base della decisione impugnata, relativo alla compenetrazione tra le strutture aziendali formalmente facenti capo a distinte società, determina la riferibilità della prestazione di lavoro ad un soggetto sostanzialmente unitario, assorbe il requisito dell’uso promiscuo dell’attività dei lavoratori da parte delle due società e consente di superare, nel caso in esame, il dato rappresentato dal titolo giuridico in base al quale i dipendenti della società formale datrice di lavoro venivano utilizzati dalla società collegata; l’accertamento della sostanziale unitarietà della struttura imprenditoriale esclude, inoltre, rende irrilevante la verifica circa la concreta, effettiva, utilizzazione da parte di entrambe le società delle prestazioni rese dal singolo lavoratore, la cui attività è da ritenersi, in ogni caso, prestata nell’interesse indifferenziato delle due società, distinte solo formalmente.
In ragione della sussistenza in concreto di un unico soggetto datoriale, pertanto, nel caso di specie, la procedura collettiva attivata dalla formale datrice di lavoro avrebbe dovuto coinvolgere, diversamente da quanto avvenuto, non solo i lavoratori della stessa bensì tutti i lavoratori dell’unico complesso aziendale risultante dalla integrazione delle due società.

CFP Ristorazione collettiva: pronte le modalità di richiesta

L’Agenzia delle Entrate ha approvato il modulo per la richiesta del contributo a fondo perduto di cui all’art. 43-bis, D.L. n. 73/2021, conv. con modif. in L. n. 106/2021, per gli operatori della ristorazione collettiva. Le domande possono essere presentate dal 06 al 20 giugno 2022 (Agenzia Entrate – provvedimento 03 maggio 2022, n. 151077).

L’istanza per il riconoscimento del contributo contiene le seguenti informazioni:
– il codice fiscale del soggetto, persona fisica o persona non fisica, che richiede il contributo;
– nel caso in cui il soggetto richiedente sia un erede che prosegue l’attività di un soggetto deceduto, il codice fiscale del de cuius;
– nel caso in cui il soggetto richiedente abbia posto in essere operazioni aziendali di trasformazione, la partita IVA del soggetto cessato;
– il codice fiscale del legale rappresentante del soggetto che richiede il contributo, nei casi in cui quest’ultimo sia diverso dalla persona fisica, ovvero, nel caso in cui il soggetto richiedente sia minore o interdetto, il codice fiscale del rappresentante legale;
– la dichiarazione di non essere destinataria di sanzioni interdittive e di non trovarsi in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative;
– l’attestazione di svolgere servizi di ristorazione collettiva, mediante codice ateco 56.29.10 “Mense” o 56.29.20 “Catering continuativo su base contrattuale”;
– la dichiarazione che i ricavi del 2019 siano stati generati per almeno il 50% da corrispettivi derivanti da contratti di ristorazione collettiva;
– l’attestazione di essere un soggetto iscritto nel Registro delle imprese e attivo alla data di presentazione dell’istanza;
– l’attestazione di aver subito una riduzione dei ricavi dell’anno 2020 di almeno il 15% rispetto a quelli del 2019;
– l’attestazione di avere esercizi fiscali non coincidenti con l’anno solare;
– l’attestazione di essere un soggetto costituitosi nel corso del 2019;
– la dichiarazione di essere in possesso dei requisiti richiesti;
– l’indicazione del numero dei dipendenti con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato, come risultanti dall’ultima dichiarazione retributiva e contributiva dell’impresa alla data del 31 dicembre 2019;
– l’IBAN del conto corrente intestato al soggetto richiedente il contributo;
– il codice fiscale dell’eventuale soggetto incaricato della trasmissione telematica dell’istanza e l’eventuale dichiarazione sostitutiva, resa da quest’ultimo, relativa al conferimento di una specifica delega, da parte del richiedente, per l’invio dell’istanza stessa;
– la data di sottoscrizione e la firma dell’istanza;
– le dichiarazioni in relazione al non superamento dei limiti degli aiuti di Stato rispetto a quelli ricevuti fino al momento della presentazione dell’istanza.

Modalità e termini di trasmissione dell’istanza

L’istanza è predisposta in modalità elettronica mediante procedure rese disponibili gratuitamente dall’Agenzia delle entrate e la trasmissione dell’istanza è effettuata mediante i canali telematici della stessa Agenzia ovvero mediante il servizio web disponibile nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
L’istanza può essere trasmessa direttamente dal richiedente o tramite un intermediario con delega di consultazione del Cassetto fiscale del richiedente, ovvero al servizio “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” del portale “Fatture e Corrispettivi”.
La trasmissione dell’istanza può essere effettuata a partire dal giorno 6 giugno 2022 e non oltre il giorno 20 giugno 2022; nel medesimo periodo è possibile, in caso di errore, presentare una nuova istanza, in sostituzione dell’Istanza precedentemente trasmessa.
È possibile, inoltre, presentare, sempre nel periodo 6-20 giugno 2022 una rinuncia all’istanza precedentemente trasmessa, da intendersi come rinuncia totale al contributo.
A seguito della presentazione dell’istanza è rilasciata una prima ricevuta, disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate “Servizi – Consultazioni e ricerca – Ricerca ricevute, che ne attesta la presa in carico, ai fini della successiva elaborazione, ovvero lo scarto a seguito dei controlli formali dei dati in essa contenuti.

Calcolo ed erogazione del contributo

Successivamente al termine di presentazione delle domande, l’Agenzia delle entrate effettua ulteriori controlli sulle informazioni contenute nelle istanze per le quali è stata messa a disposizione la ricevuta di presa in carico con le informazioni presenti in Anagrafe Tributaria.
L’Agenzia delle entrate, procede prioritariamente a ripartire, in egual misura per ciascun soggetto che ha validamente presentato istanza per il contributo, le risorse finanziarie previste, con un limite massimo di 10.000 euro per ciascun soggetto beneficiario.
L’ammontare del contributo riconosciuto a ciascuna impresa è pari al minore tra l’importo determinato a seguito della ripartizione e l’importo residuo di aiuti ancora fruibili.
L’erogazione del contributo, al netto dell’eventuale importo da restituire, è effettuata mediante accredito sul conto corrente identificato dall’IBAN indicato nell’istanza, intestato al codice fiscale del soggetto, persona fisica ovvero persona diversa dalla persona fisica, che ha richiesto il contributo.
L’Agenzia comunica, al soggetto richiedente ovvero al suo intermediario delegato, nell’apposita area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” – sezione “Contributo a fondo perduto – Consultazione esito”, l’importo del contributo riconosciuto e l’avvenuto mandato di pagamento del contributo o lo scarto dell’Istanza e i motivi che lo hanno determinato.
Qualora dai controlli effettuati dall’Agenzia emerga che il contributo è in tutto o in parte non spettante, anche a seguito dei successivi riscontri di regolarità antimafia, l’Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero della parte del contributo non spettante, irrogando le sanzioni e gli interessi dovuti.

L’Agenzia delle Entrate ha approvato il modulo per la richiesta del contributo a fondo perduto di cui all’art. 43-bis, D.L. n. 73/2021, conv. con modif. in L. n. 106/2021, per gli operatori della ristorazione collettiva. Le domande possono essere presentate dal 06 al 20 giugno 2022 (Agenzia Entrate - provvedimento 03 maggio 2022, n. 151077).

L’istanza per il riconoscimento del contributo contiene le seguenti informazioni:
- il codice fiscale del soggetto, persona fisica o persona non fisica, che richiede il contributo;
- nel caso in cui il soggetto richiedente sia un erede che prosegue l’attività di un soggetto deceduto, il codice fiscale del de cuius;
- nel caso in cui il soggetto richiedente abbia posto in essere operazioni aziendali di trasformazione, la partita IVA del soggetto cessato;
- il codice fiscale del legale rappresentante del soggetto che richiede il contributo, nei casi in cui quest’ultimo sia diverso dalla persona fisica, ovvero, nel caso in cui il soggetto richiedente sia minore o interdetto, il codice fiscale del rappresentante legale;
- la dichiarazione di non essere destinataria di sanzioni interdittive e di non trovarsi in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative;
- l’attestazione di svolgere servizi di ristorazione collettiva, mediante codice ateco 56.29.10 "Mense" o 56.29.20 "Catering continuativo su base contrattuale";
- la dichiarazione che i ricavi del 2019 siano stati generati per almeno il 50% da corrispettivi derivanti da contratti di ristorazione collettiva;
- l’attestazione di essere un soggetto iscritto nel Registro delle imprese e attivo alla data di presentazione dell’istanza;
- l’attestazione di aver subito una riduzione dei ricavi dell’anno 2020 di almeno il 15% rispetto a quelli del 2019;
- l’attestazione di avere esercizi fiscali non coincidenti con l’anno solare;
- l’attestazione di essere un soggetto costituitosi nel corso del 2019;
- la dichiarazione di essere in possesso dei requisiti richiesti;
- l’indicazione del numero dei dipendenti con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato, come risultanti dall’ultima dichiarazione retributiva e contributiva dell’impresa alla data del 31 dicembre 2019;
- l’IBAN del conto corrente intestato al soggetto richiedente il contributo;
- il codice fiscale dell’eventuale soggetto incaricato della trasmissione telematica dell’istanza e l’eventuale dichiarazione sostitutiva, resa da quest’ultimo, relativa al conferimento di una specifica delega, da parte del richiedente, per l’invio dell’istanza stessa;
- la data di sottoscrizione e la firma dell’istanza;
- le dichiarazioni in relazione al non superamento dei limiti degli aiuti di Stato rispetto a quelli ricevuti fino al momento della presentazione dell’istanza.

Modalità e termini di trasmissione dell’istanza

L’istanza è predisposta in modalità elettronica mediante procedure rese disponibili gratuitamente dall’Agenzia delle entrate e la trasmissione dell’istanza è effettuata mediante i canali telematici della stessa Agenzia ovvero mediante il servizio web disponibile nell’area riservata del portale "Fatture e Corrispettivi" del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
L’istanza può essere trasmessa direttamente dal richiedente o tramite un intermediario con delega di consultazione del Cassetto fiscale del richiedente, ovvero al servizio "Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici" del portale "Fatture e Corrispettivi".
La trasmissione dell’istanza può essere effettuata a partire dal giorno 6 giugno 2022 e non oltre il giorno 20 giugno 2022; nel medesimo periodo è possibile, in caso di errore, presentare una nuova istanza, in sostituzione dell’Istanza precedentemente trasmessa.
È possibile, inoltre, presentare, sempre nel periodo 6-20 giugno 2022 una rinuncia all’istanza precedentemente trasmessa, da intendersi come rinuncia totale al contributo.
A seguito della presentazione dell’istanza è rilasciata una prima ricevuta, disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate "Servizi – Consultazioni e ricerca – Ricerca ricevute, che ne attesta la presa in carico, ai fini della successiva elaborazione, ovvero lo scarto a seguito dei controlli formali dei dati in essa contenuti.

Calcolo ed erogazione del contributo

Successivamente al termine di presentazione delle domande, l’Agenzia delle entrate effettua ulteriori controlli sulle informazioni contenute nelle istanze per le quali è stata messa a disposizione la ricevuta di presa in carico con le informazioni presenti in Anagrafe Tributaria.
L’Agenzia delle entrate, procede prioritariamente a ripartire, in egual misura per ciascun soggetto che ha validamente presentato istanza per il contributo, le risorse finanziarie previste, con un limite massimo di 10.000 euro per ciascun soggetto beneficiario.
L’ammontare del contributo riconosciuto a ciascuna impresa è pari al minore tra l’importo determinato a seguito della ripartizione e l’importo residuo di aiuti ancora fruibili.
L’erogazione del contributo, al netto dell’eventuale importo da restituire, è effettuata mediante accredito sul conto corrente identificato dall’IBAN indicato nell’istanza, intestato al codice fiscale del soggetto, persona fisica ovvero persona diversa dalla persona fisica, che ha richiesto il contributo.
L’Agenzia comunica, al soggetto richiedente ovvero al suo intermediario delegato, nell’apposita area riservata del portale "Fatture e Corrispettivi" – sezione "Contributo a fondo perduto - Consultazione esito", l’importo del contributo riconosciuto e l’avvenuto mandato di pagamento del contributo o lo scarto dell’Istanza e i motivi che lo hanno determinato.
Qualora dai controlli effettuati dall’Agenzia emerga che il contributo è in tutto o in parte non spettante, anche a seguito dei successivi riscontri di regolarità antimafia, l’Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero della parte del contributo non spettante, irrogando le sanzioni e gli interessi dovuti.

IVA: acquisto di immobile accatastato ad uso di civile abitazione

La Suprema Corte si pronucia, ai fini Iva, sull’acquisto di immobile accatastato ad uso di civile abitazione con effettivo utilizzo come studio legale (CORTE DI CASSAZIONE – Sez. VI civ. – Ordinanza 28 aprile 2022, n. 13259)

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, per l’anno d’imposta 2014, recuperava a tassazione l’IVA pagata per l’acquisto di una quota di una un’unità immobiliare di civile abitazione che l’amministrazione finanziaria sosteneva essere stata indebitamente detratta in violazione dell’art. 19 bis, comma 1, lett. i) del d.P.R. n. 633 del 1972, ed infliggeva le sanzioni anche relative al mancato perfezionamento del ravvedimento operoso posto in essere dal contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo, per quanto ancora qui di interesse, che l’immobile acquistato in comproprietà dal contribuente, ancorché di fatto utilizzato come ufficio (studio legale) e, quindi, in categoria A/10, era però iscritto in catasto con categoria A/2 (civile abitazione) sicché l’IVA era indetraibile per espressa previsione della citata disposizione.
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo sostenendo che il dato formale dell’accatastamento in categoria A/2 (civile abitazione) dell’immobile acquistato e che la stessa amministrazione finanziaria non contestava essere adibito esclusivamente a studio professionale, ricompreso come tale in categoria A/10, non preclude la detraibilità dell’IVA sull’acquisto trattandosi di bene strumentale alla predetta attività.
La Suprema Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.

La Suprema Corte si pronucia, ai fini Iva, sull’acquisto di immobile accatastato ad uso di civile abitazione con effettivo utilizzo come studio legale (CORTE DI CASSAZIONE - Sez. VI civ. - Ordinanza 28 aprile 2022, n. 13259)

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento con cui l'Agenzia delle entrate, per l'anno d'imposta 2014, recuperava a tassazione l’IVA pagata per l'acquisto di una quota di una un'unità immobiliare di civile abitazione che l'amministrazione finanziaria sosteneva essere stata indebitamente detratta in violazione dell'art. 19 bis, comma 1, lett. i) del d.P.R. n. 633 del 1972, ed infliggeva le sanzioni anche relative al mancato perfezionamento del ravvedimento operoso posto in essere dal contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l'appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo, per quanto ancora qui di interesse, che l'immobile acquistato in comproprietà dal contribuente, ancorché di fatto utilizzato come ufficio (studio legale) e, quindi, in categoria A/10, era però iscritto in catasto con categoria A/2 (civile abitazione) sicché l’IVA era indetraibile per espressa previsione della citata disposizione.
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo sostenendo che il dato formale dell'accatastamento in categoria A/2 (civile abitazione) dell'immobile acquistato e che la stessa amministrazione finanziaria non contestava essere adibito esclusivamente a studio professionale, ricompreso come tale in categoria A/10, non preclude la detraibilità dell'IVA sull'acquisto trattandosi di bene strumentale alla predetta attività.
La Suprema Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso del contribuente limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA. Condanna l'Agenzia delle entrate al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.