Non colpevole il datore di lavoro in assenza di elementi univoci

Non è responsabile il datore di lavoro in caso di infortunio del lavoratore, per assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell’imputato (Corte di Cassazione Sentenza n. 2182/2022).

Il caso di specie riguarda la condanna inflitta al datore di lavoro, legale rappresentante della società, responsabile dell’infortunio di una sua dipendente che le ha causato l’amputazione della falange distale del secondo dito della mano sinistra per colpa generica nonché per inosservanza di norme in materia di sicurezza sul lavoro, avendo omesso di programmare la pressa per lo stampaggio di materie plastiche in modo che gli estrattori agissero solo a cancello chiuso, avendo omesso di dare all’operaia adeguata informazione e di dotarla di un attrezzo per afferrare il pezzo senza interessare con le mani la zona operativa dello stampo.
Il datore di lavoro propone ricorso in Cassazione che supera il vaglio di ammissibilità, non essendo stati proposti motivi aspecifici né motivi manifestamente infondati. Ciò impone, preliminarmente, di rilevare l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione.
La delibazione dei motivi indicati fa escludere l’emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell’evidente innocenza del ricorrente. Sul punto, l’orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art.129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall’art. 129, comma 2, cod.proc.pen., l’assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell’imputato, impone l’applicazione della causa estintiva. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.

Non è responsabile il datore di lavoro in caso di infortunio del lavoratore, per assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell'imputato (Corte di Cassazione Sentenza n. 2182/2022).

Il caso di specie riguarda la condanna inflitta al datore di lavoro, legale rappresentante della società, responsabile dell’infortunio di una sua dipendente che le ha causato l'amputazione della falange distale del secondo dito della mano sinistra per colpa generica nonché per inosservanza di norme in materia di sicurezza sul lavoro, avendo omesso di programmare la pressa per lo stampaggio di materie plastiche in modo che gli estrattori agissero solo a cancello chiuso, avendo omesso di dare all'operaia adeguata informazione e di dotarla di un attrezzo per afferrare il pezzo senza interessare con le mani la zona operativa dello stampo.
Il datore di lavoro propone ricorso in Cassazione che supera il vaglio di ammissibilità, non essendo stati proposti motivi aspecifici né motivi manifestamente infondati. Ciò impone, preliminarmente, di rilevare l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione.
La delibazione dei motivi indicati fa escludere l’emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell’evidente innocenza del ricorrente. Sul punto, l'orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art.129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall'art. 129, comma 2, cod.proc.pen., l'assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell'imputato, impone l'applicazione della causa estintiva. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.

Agricoli a tempo determinato: domanda per benefici dopo eventi calamitosi o eccezionali

Si forniscono indicazioni sugli adempimenti per la compilazione degli elenchi nominativi dei braccianti agricoli valevoli per l’anno 2021.

Per i lavoratori agricoli a tempo determinato è previsto un particolare beneficio previdenziale, cosiddetto “trascinamento di giornate”, consistente nel riconoscimento, sia ai fini previdenziali che assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate nell’anno 2021, di un numero di giornate necessarie al raggiungimento del numero di giornate lavorative effettivamente svolte presso i medesimi datori di lavoro nell’anno precedente a quello di fruizione dei benefici per gli interventi di prevenzione e compensazione dei danni per calamità naturali o eventi eccezionali.
Il beneficio è riconosciuto anche ai piccoli coloni e ai compartecipanti familiari delle aziende che abbiano beneficiato dei medesimi interventi.
Il beneficio è destinato ai lavoratori occupati nel 2021, per almeno cinque giornate, presso un’impresa agricola di cui all’articolo 2135 c.c. che abbia fruito di almeno uno degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. n. 102/2004 e che ricada in un’area dichiarata calamitata. Alla delimitazione delle aree calamitate provvedono le Regioni con proprie delibere o decreti.
Requisito necessario ai fini del citato “trascinamento” è che le giornate di lavoro siano state prestate presso i medesimi datori di lavoro.

Le aziende interessate devono trasmettere per via telematica la dichiarazione di calamità, direttamente o per il tramite degli intermediari autorizzati, avvalendosi dell’apposito servizio, denominato “Dichiarazione di calamità aziende agricole”, reperibile nella sezione “Prestazioni e servizi” del sito istituzionale www.inps.it e fruibile con le consuete modalità di accesso.
Le dichiarazioni di calamità devono fare riferimento alle aree delimitate, così come da decreti/delibere regionali.
Per la concessione del beneficio ai piccoli coloni e compartecipanti familiari, i concedenti devono inviare alle Strutture dell’Istituto competenti per territorio il modulo “SC95” – “Dichiarazione per la concessione ai piccoli coloni/compartecipanti familiari dei benefici a seguito di eventi calamitosi o di eventi eccezionali”, reperibile sul sito dell’Istituto (www.inps.it).
Tale trasmissione deve avvenire entro il 25 febbraio 2022 per consentire alle Strutture territoriali di procedere alla validazione delle domande in tempo utile alla compilazione degli elenchi annuali valevoli per l’anno 2021.

Si forniscono indicazioni sugli adempimenti per la compilazione degli elenchi nominativi dei braccianti agricoli valevoli per l’anno 2021.

Per i lavoratori agricoli a tempo determinato è previsto un particolare beneficio previdenziale, cosiddetto "trascinamento di giornate", consistente nel riconoscimento, sia ai fini previdenziali che assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate nell’anno 2021, di un numero di giornate necessarie al raggiungimento del numero di giornate lavorative effettivamente svolte presso i medesimi datori di lavoro nell’anno precedente a quello di fruizione dei benefici per gli interventi di prevenzione e compensazione dei danni per calamità naturali o eventi eccezionali.
Il beneficio è riconosciuto anche ai piccoli coloni e ai compartecipanti familiari delle aziende che abbiano beneficiato dei medesimi interventi.
Il beneficio è destinato ai lavoratori occupati nel 2021, per almeno cinque giornate, presso un’impresa agricola di cui all’articolo 2135 c.c. che abbia fruito di almeno uno degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. n. 102/2004 e che ricada in un’area dichiarata calamitata. Alla delimitazione delle aree calamitate provvedono le Regioni con proprie delibere o decreti.
Requisito necessario ai fini del citato "trascinamento" è che le giornate di lavoro siano state prestate presso i medesimi datori di lavoro.

Le aziende interessate devono trasmettere per via telematica la dichiarazione di calamità, direttamente o per il tramite degli intermediari autorizzati, avvalendosi dell’apposito servizio, denominato "Dichiarazione di calamità aziende agricole", reperibile nella sezione "Prestazioni e servizi" del sito istituzionale www.inps.it e fruibile con le consuete modalità di accesso.
Le dichiarazioni di calamità devono fare riferimento alle aree delimitate, così come da decreti/delibere regionali.
Per la concessione del beneficio ai piccoli coloni e compartecipanti familiari, i concedenti devono inviare alle Strutture dell’Istituto competenti per territorio il modulo "SC95" - "Dichiarazione per la concessione ai piccoli coloni/compartecipanti familiari dei benefici a seguito di eventi calamitosi o di eventi eccezionali", reperibile sul sito dell’Istituto (www.inps.it).
Tale trasmissione deve avvenire entro il 25 febbraio 2022 per consentire alle Strutture territoriali di procedere alla validazione delle domande in tempo utile alla compilazione degli elenchi annuali valevoli per l’anno 2021.

Via libera alla compensazione del credito d’imposta per il canone speciale Rai

Con l’istituzione del codice tributo è finalmente possibile compensare il credito d’imposta riconosciuto per il canone speciale Rai relativo all’anno 2021 dal “decreto Sostegni” (Agenzia delle Entrate – Risoluzione 25 gennaio 2022, n. 6/E).

Il credito d’imposta

Il Decreto Sostegni ha previsto per che per l’anno 2021, le strutture ricettive nonché di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, comprese le attività similari svolte da enti del Terzo settore, sono esonerate dal versamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni, cd. “canone speciale RAI”.
Per coloro che hanno effettuato il versamento prima della pubblicazione del Decreto Sostegni è previsto il riconoscimento di un credito d’imposta pari al 100 per cento dell’eventuale canone versato.

Compensazione tramite F24

Per consentire ai beneficiari – ovvero a coloro che hanno effettuato il versamento del canone speciale 2021 entro e non oltre il 22 marzo 2021 – l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in argomento tramite il Modello F24, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo “6958” denominato “Credito d’imposta canone speciale RAI”.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il codice tributo deve essere esposto nella sezione “Erario”, sia nel caso di utilizzo in compensazione, sia nell’ipotesi di riversamento dell’agevolazione non spettante.
Nel campo “anno di riferimento” del modello F24 deve essere sempre indicato il valore “2021”.
Il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.

L’importo spettante

Ciascun beneficiario può visualizzare il credito d’imposta fruibile tramite il proprio cassetto fiscale.
Il credito d’imposta utilizzato in compensazione non può eccedere l’importo disponibile, tenuto conto delle fruizioni già avvenute o in corso, pena lo scarto del modello F24.
I soggetti beneficiari del credito e i relativi importi sono stati indicati dalla RAI Radiotelevisione italiana S.p.A., pertanto, eventuali richieste di chiarimenti in proposito dovranno essere rivolte alla stessa RAI, inviando apposita comunicazione all’indirizzo PEC dell’ufficio RAI della propria regione, reperibile alla pagina web http://www.canone.rai.it/Speciali/SediSpeciali.aspx.

Con l’istituzione del codice tributo è finalmente possibile compensare il credito d’imposta riconosciuto per il canone speciale Rai relativo all’anno 2021 dal "decreto Sostegni" (Agenzia delle Entrate - Risoluzione 25 gennaio 2022, n. 6/E).

Il credito d’imposta

Il Decreto Sostegni ha previsto per che per l'anno 2021, le strutture ricettive nonché di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, comprese le attività similari svolte da enti del Terzo settore, sono esonerate dal versamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni, cd. "canone speciale RAI".
Per coloro che hanno effettuato il versamento prima della pubblicazione del Decreto Sostegni è previsto il riconoscimento di un credito d'imposta pari al 100 per cento dell'eventuale canone versato.

Compensazione tramite F24

Per consentire ai beneficiari - ovvero a coloro che hanno effettuato il versamento del canone speciale 2021 entro e non oltre il 22 marzo 2021 - l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in argomento tramite il Modello F24, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo "6958" denominato "Credito d’imposta canone speciale RAI".
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il codice tributo deve essere esposto nella sezione "Erario", sia nel caso di utilizzo in compensazione, sia nell’ipotesi di riversamento dell’agevolazione non spettante.
Nel campo "anno di riferimento" del modello F24 deve essere sempre indicato il valore "2021".
Il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.

L’importo spettante

Ciascun beneficiario può visualizzare il credito d’imposta fruibile tramite il proprio cassetto fiscale.
Il credito d’imposta utilizzato in compensazione non può eccedere l’importo disponibile, tenuto conto delle fruizioni già avvenute o in corso, pena lo scarto del modello F24.
I soggetti beneficiari del credito e i relativi importi sono stati indicati dalla RAI Radiotelevisione italiana S.p.A., pertanto, eventuali richieste di chiarimenti in proposito dovranno essere rivolte alla stessa RAI, inviando apposita comunicazione all’indirizzo PEC dell’ufficio RAI della propria regione, reperibile alla pagina web http://www.canone.rai.it/Speciali/SediSpeciali.aspx.

Bonus Editoria: in G.U. le disposizioni applicative

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 25 gennaio 2022, il D.P.C.M. 26 ottobre 2021, recante disposizioni applicative per la concessione del credito d’imposta per la distribuzione delle testate edite dalle imprese editrici di quotidiani e periodici.

Per accedere al credito d’imposta di cui all’art. 67, D.L. n. 73/2021, conv. con modif. in L. n. 106/2021 è richiesta:

– la sede legale nello spazio economico europeo;

– la residenza fiscale ai fini della tassabilità in Italia ovvero la presenza di una stabile organizzazione sul territorio nazionale, cui sia riconducibile l’attività commerciale cui sono correlati i benefici;

– l’attribuzione del codice di classificazione Ateco 58 attività editoriali: 58.13 (edizione di quotidiani) e 58.14 (edizione di riviste e periodici);

– l’aver stipulato accordi di filiera per garantire la sostenibilità e la capillarità della diffusione della stampa, con particolare riguardo ai piccoli comuni e ai comuni con un solo punto vendita di giornali.

Il credito d’imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione alle medesime spese, con ogni altra agevolazione prevista dalla normativa locale, regionale, nazionale o europea, nonché con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici di cui al D.Lgs. n. 70/2017.

Inoltre, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 30%della spesa effettiva sostenuta, nell’anno 2020, per le spese di distribuzione e trasporto, ivi inclusa la spesa di trasporto dai poli di stampa ai punti vendita, dei giornali editi dalle imprese, al netto della percentuale di sconto per la rete di vendita del prezzo di copertina.

Modalità di accesso e di riconoscimento

Per accedere all’agevolazione, le imprese editrici di quotidiani e periodici devono presentare la relativa domanda, per via telematica, al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, tra il 20 ottobre e il 20 novembre 2021, attraverso la procedura disponibile nell’area riservata del portale “impresainungiorno.gov.it”.

La domanda deve essere corredata da apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante il possesso dei requisiti richiesti, l’ammontare delle spese effettivamente sostenute e la mancata percezione di altre agevolazioni a copertura delle medesime spese per le quali è richiesto il credito d’imposta nonché del contributo diretto di cui al D.Lgs. n. 70/2017.

Alla domanda inoltre devono essere allegati gli accordi di filiera stipulati, nonché l’attestazione delle spese sostenute nel 2020.

Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, ricevuta l’istanza di accesso all’agevolazione, verifica la completezza dei dati indicati ed effettua le ulteriori verifiche propedeutiche alla concessione dell’aiuto, e qualora le verifiche si concludano positivamente, determina l’ammontare dell’agevolazione concedibile.

Entro trenta giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle domande, il medesimo Dipartimento provvede a formare l’elenco dei soggetti in possesso dei requisiti cui è riconosciuto il credito d’imposta per la distribuzione, con l’indicazione dell’importo spettante a ciascuno.

Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione (art. 17, D.Lgs. n. 241/1997), presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, a partire dal decimo giorno lavorativo successivo alla pubblicazione dell’elenco dei soggetti beneficiari.

L’ammontare del credito di imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere l’importo concesso, pena lo scarto dell’operazione di versamento.

Il credito d’imposta è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di concessione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi fino a quello nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo.

Revoca

Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, qualora, a seguito dei controlli effettuati, accerti l’insussistenza di uno o più requisiti previsti ovvero nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese, procede alla revoca del credito d’imposta o alla sua rideterminazione, nel caso in cui dagli accertamenti effettuati siano rilevati elementi che condizionano esclusivamente la misura del beneficio.

I soggetti beneficiari dell’agevolazione concessa sono tenuti a comunicare tempestivamente al Dipartimento per l’informazione e l’editoria l’eventuale perdita dei requisiti di ammissibilità ai benefici richiesti, nonché ogni altra variazione che incida sulla misura del beneficio.

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 25 gennaio 2022, il D.P.C.M. 26 ottobre 2021, recante disposizioni applicative per la concessione del credito d’imposta per la distribuzione delle testate edite dalle imprese editrici di quotidiani e periodici.

Per accedere al credito d’imposta di cui all’art. 67, D.L. n. 73/2021, conv. con modif. in L. n. 106/2021 è richiesta:

- la sede legale nello spazio economico europeo;

- la residenza fiscale ai fini della tassabilità in Italia ovvero la presenza di una stabile organizzazione sul territorio nazionale, cui sia riconducibile l'attività commerciale cui sono correlati i benefici;

- l'attribuzione del codice di classificazione Ateco 58 attività editoriali: 58.13 (edizione di quotidiani) e 58.14 (edizione di riviste e periodici);

- l'aver stipulato accordi di filiera per garantire la sostenibilità e la capillarità della diffusione della stampa, con particolare riguardo ai piccoli comuni e ai comuni con un solo punto vendita di giornali.

Il credito d'imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione alle medesime spese, con ogni altra agevolazione prevista dalla normativa locale, regionale, nazionale o europea, nonché con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici di cui al D.Lgs. n. 70/2017.

Inoltre, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 30%della spesa effettiva sostenuta, nell'anno 2020, per le spese di distribuzione e trasporto, ivi inclusa la spesa di trasporto dai poli di stampa ai punti vendita, dei giornali editi dalle imprese, al netto della percentuale di sconto per la rete di vendita del prezzo di copertina.

Modalità di accesso e di riconoscimento

Per accedere all’agevolazione, le imprese editrici di quotidiani e periodici devono presentare la relativa domanda, per via telematica, al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, tra il 20 ottobre e il 20 novembre 2021, attraverso la procedura disponibile nell'area riservata del portale "impresainungiorno.gov.it".

La domanda deve essere corredata da apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante il possesso dei requisiti richiesti, l'ammontare delle spese effettivamente sostenute e la mancata percezione di altre agevolazioni a copertura delle medesime spese per le quali è richiesto il credito d'imposta nonché del contributo diretto di cui al D.Lgs. n. 70/2017.

Alla domanda inoltre devono essere allegati gli accordi di filiera stipulati, nonché l'attestazione delle spese sostenute nel 2020.

Il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, ricevuta l'istanza di accesso all'agevolazione, verifica la completezza dei dati indicati ed effettua le ulteriori verifiche propedeutiche alla concessione dell'aiuto, e qualora le verifiche si concludano positivamente, determina l'ammontare dell'agevolazione concedibile.

Entro trenta giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle domande, il medesimo Dipartimento provvede a formare l'elenco dei soggetti in possesso dei requisiti cui è riconosciuto il credito d'imposta per la distribuzione, con l'indicazione dell'importo spettante a ciascuno.

Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione (art. 17, D.Lgs. n. 241/1997), presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, pena lo scarto dell'operazione di versamento, a partire dal decimo giorno lavorativo successivo alla pubblicazione dell'elenco dei soggetti beneficiari.

L'ammontare del credito di imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere l'importo concesso, pena lo scarto dell'operazione di versamento.

Il credito d'imposta è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di concessione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi fino a quello nel corso del quale se ne conclude l'utilizzo.

Revoca

Il Dipartimento per l'informazione e l'editoria, qualora, a seguito dei controlli effettuati, accerti l'insussistenza di uno o più requisiti previsti ovvero nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese, procede alla revoca del credito d'imposta o alla sua rideterminazione, nel caso in cui dagli accertamenti effettuati siano rilevati elementi che condizionano esclusivamente la misura del beneficio.

I soggetti beneficiari dell'agevolazione concessa sono tenuti a comunicare tempestivamente al Dipartimento per l'informazione e l'editoria l'eventuale perdita dei requisiti di ammissibilità ai benefici richiesti, nonché ogni altra variazione che incida sulla misura del beneficio.

Trattamento tributario ai fini IVA delle attività agricole connesse

Forniti chiarimenti sul trattamento tributario ai fini IVA delle attività agricole connesse di cui all’articolo 2135, comma 3, codice civile, svolte da una società cooperativa agricola che commercializza i prodotti agricoli conferiti dai propri soci (Agenzia delle entrate – Risposta di consulenza giuridica 25 gennaio 2022, n. 2).

Per il trattamento tributario ai fini IVA delle attività agricole connesse di cui all’articolo 2135, comma 3, del codice civile svolte da una società cooperativa agricola che commercializza i prodotti agricoli conferiti dai propri soci, non essendo sostanzialmente mutato il contesto normativo di riferimento, sono da considerarsi ancora validi i principi richiamati nella risoluzione n. 65/E del 12 giugno 2012 dell’Agenzia delle entrate.
In particolare,
– ai fini civilistici e IVA, le cooperative sono produttori agricoli in quanto svolgono l’attività sui prodotti agricoli, conferiti dai soci;
– in virtù di tale connessione soggettiva è ravvisabile un rapporto di continuità tra socio e cooperativa nello svolgimento delle attività agricole, comprese quelle connesse, ai sensi dell’articolo 2135, comma 3, del codice civile, quali la manipolazione e la trasformazione, nonché altre attività dirette alla commercializzazione, quali ad esempio la promozione e il marketing;
– nell’ambito delle attività di commercializzazione di tali prodotti, le attività connesse non assumono, quindi, la rilevanza di autonome prestazioni di servizi rese ai soci, ma rappresentano una fase dell’attività di commercializzazione svolta dalla cooperativa per conto dei soci. La cooperativa, infatti, al fine di realizzare una migliore redditività dei prodotti, si sostituisce al produttore;
– lo svolgimento di un’attività agricola connessa da parte di una cooperativa (o da parte di un consorzio) che commercializza i prodotti dei soci non dia luogo ad operazioni imponibili ulteriori rispetto alle cessioni di beni dai soci all’ente e dall’ente ai terzi.
L’Agenzia sottolinea che i principi sopra richiamati ovviamente vanno coniugati con nuove consuetudini amministrative e/o commerciali, con essi non incompatibili e fintantoché le attività svolte dalla cooperativa sui prodotti agricoli dei soci siano da ritenersi connesse (quali quelle di manipolazione e trasformazione, ecc.) e costituiscano, nel quadro della previsione normativa di cui all’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, “un quid strettamente funzionale e quasi inautonomo rispetto all’attività principale di vendita da parte delle cooperative agricole per conto dei soci produttori”.

Forniti chiarimenti sul trattamento tributario ai fini IVA delle attività agricole connesse di cui all'articolo 2135, comma 3, codice civile, svolte da una società cooperativa agricola che commercializza i prodotti agricoli conferiti dai propri soci (Agenzia delle entrate - Risposta di consulenza giuridica 25 gennaio 2022, n. 2).

Per il trattamento tributario ai fini IVA delle attività agricole connesse di cui all'articolo 2135, comma 3, del codice civile svolte da una società cooperativa agricola che commercializza i prodotti agricoli conferiti dai propri soci, non essendo sostanzialmente mutato il contesto normativo di riferimento, sono da considerarsi ancora validi i principi richiamati nella risoluzione n. 65/E del 12 giugno 2012 dell'Agenzia delle entrate.
In particolare,
- ai fini civilistici e IVA, le cooperative sono produttori agricoli in quanto svolgono l'attività sui prodotti agricoli, conferiti dai soci;
- in virtù di tale connessione soggettiva è ravvisabile un rapporto di continuità tra socio e cooperativa nello svolgimento delle attività agricole, comprese quelle connesse, ai sensi dell'articolo 2135, comma 3, del codice civile, quali la manipolazione e la trasformazione, nonché altre attività dirette alla commercializzazione, quali ad esempio la promozione e il marketing;
- nell'ambito delle attività di commercializzazione di tali prodotti, le attività connesse non assumono, quindi, la rilevanza di autonome prestazioni di servizi rese ai soci, ma rappresentano una fase dell'attività di commercializzazione svolta dalla cooperativa per conto dei soci. La cooperativa, infatti, al fine di realizzare una migliore redditività dei prodotti, si sostituisce al produttore;
- lo svolgimento di un'attività agricola connessa da parte di una cooperativa (o da parte di un consorzio) che commercializza i prodotti dei soci non dia luogo ad operazioni imponibili ulteriori rispetto alle cessioni di beni dai soci all'ente e dall'ente ai terzi.
L’Agenzia sottolinea che i principi sopra richiamati ovviamente vanno coniugati con nuove consuetudini amministrative e/o commerciali, con essi non incompatibili e fintantoché le attività svolte dalla cooperativa sui prodotti agricoli dei soci siano da ritenersi connesse (quali quelle di manipolazione e trasformazione, ecc.) e costituiscano, nel quadro della previsione normativa di cui all'articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, "un quid strettamente funzionale e quasi inautonomo rispetto all'attività principale di vendita da parte delle cooperative agricole per conto dei soci produttori".

Trattamento fiscale compensi erogati nell’anno successivo a quello di maturazione

I compensi corrisposti al personale dipendente, oltre l’anno di maturazione, a titolo di “premio di risultato”, “indennità di responsabilità” e “incremento di efficienza aziendale”, per i quali il Testo Unico consolidato delle norme concernenti il regolamento del personale e l’ordinamento delle carriere preveda la possibilità che l’erogazione avvenga nell’anno successivo a quello di maturazione, sono soggetti a tassazione ordinaria. In tal caso l’eventuale ritardo si considera “fisiologico” (Agenzia delle Entrate – Risposta 25 gennaio 2022, n. 49).

Con riferimento alla tassazione del reddito di lavoro dipendente, il TUIR stabilisce che le somme e i valori percepiti sono imputati al periodo d’imposta in cui entrano nella disponibilità dei lavoratori dipendenti secondo il cd. principio di cassa.
Data la progressività delle aliquote IRPEF, per attenuare gli effetti negativi derivanti da una rigida applicazione del predetto principio, lo stesso TUIR prevede che sono soggetti a tassazione separata gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti.
In altri termini, ai fini della tassazione separata, assumono rilevanza circostanze di “carattere giuridico” o “oggettive situazioni di fatto”.
Le prime consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti.
Le seconde, invece, impediscono il pagamento delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d’imposta.
L’applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo d’imposta successivo (ritardo) debba considerarsi “fisiologica” rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi.
La natura fisiologica del ritardo nella corresponsione deve essere sempre valutata quando il ritardo è determinato da “oggettive situazioni di fatto”; viceversa detta valutazione è ininfluente quando il ritardo è dovuto a circostanze di “carattere giuridico”.

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro ha erogato in ” ritardo” successivamente all’anno di riferimento il ” premio di risultato”, l'” indennità di responsabilità” e l'” incremento di efficienza aziendale”.
Il riconoscimento di tali emolumenti è disciplinato dalle norme concernenti il regolamento del personale, in base alle quali:
– l’importo complessivo destinato al premio di risultato dell’anno precedente, nonché la ripartizione dell’importo complessivo dell’indennità di responsabilità tra le diverse unità organizzative, sono determinati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento, con propria delibera, sentite le organizzazioni sindacali. Il “ritardo”, dunque, è attribuibile ad “oggettive situazioni di fatto”, riscontrabili nei tempi tecnici necessari tra le delibera e la consultazione sindacale e l’effettiva erogazione del premio e dell’indennità. In tal caso, le somme sono ” fisiologicamente” corrisposte nell’anno successivo rispetto a quello di maturazione, di conseguenza sono soggette a tassazione ordinaria;
– le somme riconosciute in relazione all’incremento di efficienza aziendale, sono una forma di compenso dell’anno in corso, in quanto spettante al personale secondo “la posizione organico retributiva ricoperta da ciascun dipendente” al primo gennaio dell’anno di riferimento del compenso, la cui corresponsione potrebbe essere liquidata nello stesso anno a cui si riferisce oppure successivamente alla fine dell’anno di riferimento. Con riferimento al termine per l’erogazione di tale somma, il regolamento del personale stabilisce che “la liquidazione del compenso verrà effettuata, in unica soluzione, entro il terzo mese successivo a quello in cui la Banca d’Italia concorda con le OO.SS. la misura definitiva dell’incremento di efficienza aziendale da assegnare al proprio personale”. In tal caso, la definizione degli importi individuali avviene sulla base delle disposizioni del regolamento del personale che già prevede che la corresponsione delle somme possa avvenire nell’anno successivo a quello di maturazione; pertanto, non è ravvisabile alcun “ritardo”, e di conseguenza le somme devono ritenersi sono soggette a tassazione ordinaria.

I compensi corrisposti al personale dipendente, oltre l’anno di maturazione, a titolo di "premio di risultato", "indennità di responsabilità" e "incremento di efficienza aziendale", per i quali il Testo Unico consolidato delle norme concernenti il regolamento del personale e l'ordinamento delle carriere preveda la possibilità che l’erogazione avvenga nell’anno successivo a quello di maturazione, sono soggetti a tassazione ordinaria. In tal caso l’eventuale ritardo si considera "fisiologico" (Agenzia delle Entrate - Risposta 25 gennaio 2022, n. 49).

Con riferimento alla tassazione del reddito di lavoro dipendente, il TUIR stabilisce che le somme e i valori percepiti sono imputati al periodo d'imposta in cui entrano nella disponibilità dei lavoratori dipendenti secondo il cd. principio di cassa.
Data la progressività delle aliquote IRPEF, per attenuare gli effetti negativi derivanti da una rigida applicazione del predetto principio, lo stesso TUIR prevede che sono soggetti a tassazione separata gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti.
In altri termini, ai fini della tassazione separata, assumono rilevanza circostanze di "carattere giuridico" o "oggettive situazioni di fatto".
Le prime consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l'ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti.
Le seconde, invece, impediscono il pagamento delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d'imposta.
L'applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo d'imposta successivo (ritardo) debba considerarsi "fisiologica" rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l'erogazione degli emolumenti stessi.
La natura fisiologica del ritardo nella corresponsione deve essere sempre valutata quando il ritardo è determinato da "oggettive situazioni di fatto"; viceversa detta valutazione è ininfluente quando il ritardo è dovuto a circostanze di "carattere giuridico".

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro ha erogato in " ritardo" successivamente all'anno di riferimento il " premio di risultato", l'" indennità di responsabilità" e l'" incremento di efficienza aziendale".
Il riconoscimento di tali emolumenti è disciplinato dalle norme concernenti il regolamento del personale, in base alle quali:
- l'importo complessivo destinato al premio di risultato dell'anno precedente, nonché la ripartizione dell'importo complessivo dell’indennità di responsabilità tra le diverse unità organizzative, sono determinati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre dell'anno di riferimento, con propria delibera, sentite le organizzazioni sindacali. Il "ritardo", dunque, è attribuibile ad "oggettive situazioni di fatto", riscontrabili nei tempi tecnici necessari tra le delibera e la consultazione sindacale e l’effettiva erogazione del premio e dell’indennità. In tal caso, le somme sono " fisiologicamente" corrisposte nell'anno successivo rispetto a quello di maturazione, di conseguenza sono soggette a tassazione ordinaria;
- le somme riconosciute in relazione all'incremento di efficienza aziendale, sono una forma di compenso dell'anno in corso, in quanto spettante al personale secondo "la posizione organico retributiva ricoperta da ciascun dipendente" al primo gennaio dell'anno di riferimento del compenso, la cui corresponsione potrebbe essere liquidata nello stesso anno a cui si riferisce oppure successivamente alla fine dell'anno di riferimento. Con riferimento al termine per l'erogazione di tale somma, il regolamento del personale stabilisce che "la liquidazione del compenso verrà effettuata, in unica soluzione, entro il terzo mese successivo a quello in cui la Banca d'Italia concorda con le OO.SS. la misura definitiva dell'incremento di efficienza aziendale da assegnare al proprio personale". In tal caso, la definizione degli importi individuali avviene sulla base delle disposizioni del regolamento del personale che già prevede che la corresponsione delle somme possa avvenire nell'anno successivo a quello di maturazione; pertanto, non è ravvisabile alcun "ritardo", e di conseguenza le somme devono ritenersi sono soggette a tassazione ordinaria.

Licenziamento valido solo se è impossibile l’obbligo di repêchage

 

 

E’illegittimo il licenziamento se al momento del recesso risulta possibile il repêchage del lavoratore essendo possibile solo se, oltre alla soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, sia provata anche l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni differenti

Il Tribunale di Roma ha rilevato che il licenziamento dell’istante, motivato dall’esigenza di soppressione della mansione di arredatrice cui la stessa era stata adibita, risultava essere legittimo, osservando che la società fallita si era determinata alla risoluzione del rapporto di lavoro per la circostanza della soppressione del posto di visual.
La ricorrente, tuttavia, ha rammentato che la sentenza impugnata aveva conferito rilievo alla missiva con cui la società poi fallita aveva rinnovato la proposta di assegnarla alle mansioni di addetta alla vendita, rimarcando come la società datrice di lavoro avesse l’onere di provare di non aver potuto riposizionare la lavoratrice. Inoltre l’azienda aveva confessoriamente ammesso che il licenziamento poteva essere evitato attraverso un repéchage della lavoratrice.
Viene ribadirlo che, ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’art. 3 della I. n. 604 del 1966 richiede non solo la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso e la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività, ma anche l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse.
Secondo la Corte, poi, spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repéchage del dipendente licenziato, in quanto requisito di legittimità del recesso datoriale. Infatti, il giustificato motivo oggettivo che rende legittimo l’intimato licenziamento si configura proprio in assenza di collocazioni alternative del prestatore d’opera all’epoca del licenziamento stesso; questo può considerarsi legittimo ove la determinazione del datore di lavoro di recedere dal rapporto sia motivata dall’impossibilità di destinare il lavoratore a mansioni diverse: situazione che, per condizionare il valido esercizio del diritto potestativo del datore di lavoro, deve evidentemente sussistere nel momento in cui è espressa la volontà di recedere, e non in un momento successivo.
Emerge, dunque, il vizio del decreto impugnato, il quale ha mancato di operare un tale accertamento, valorizzando una proposta di reimpiego della dipendente, formulata dalla società fallita dopo il licenziamento: proposta il cui tenore risulta oltretutto coerente con l’esistenza, perlomeno nel momento in cui fu manifestata, di un reimpiego dell’odierna ricorrente in altre mansioni (con un dato, cioè, che, riflette una situazione la quale, laddove sussistente al momento del licenziamento, di poco anteriore, non avrebbe potuto giustificare quest’ultimo).

 

 

E’illegittimo il licenziamento se al momento del recesso risulta possibile il repêchage del lavoratore essendo possibile solo se, oltre alla soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, sia provata anche l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni differenti

Il Tribunale di Roma ha rilevato che il licenziamento dell'istante, motivato dall'esigenza di soppressione della mansione di arredatrice cui la stessa era stata adibita, risultava essere legittimo, osservando che la società fallita si era determinata alla risoluzione del rapporto di lavoro per la circostanza della soppressione del posto di visual.
La ricorrente, tuttavia, ha rammentato che la sentenza impugnata aveva conferito rilievo alla missiva con cui la società poi fallita aveva rinnovato la proposta di assegnarla alle mansioni di addetta alla vendita, rimarcando come la società datrice di lavoro avesse l'onere di provare di non aver potuto riposizionare la lavoratrice. Inoltre l’azienda aveva confessoriamente ammesso che il licenziamento poteva essere evitato attraverso un repéchage della lavoratrice.
Viene ribadirlo che, ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l'art. 3 della I. n. 604 del 1966 richiede non solo la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso e la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali diretti ad incidere sulla struttura e sull'organizzazione dell'impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività, ma anche l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse.
Secondo la Corte, poi, spetta al datore di lavoro l'allegazione e la prova dell'impossibilità di repéchage del dipendente licenziato, in quanto requisito di legittimità del recesso datoriale. Infatti, il giustificato motivo oggettivo che rende legittimo l'intimato licenziamento si configura proprio in assenza di collocazioni alternative del prestatore d'opera all'epoca del licenziamento stesso; questo può considerarsi legittimo ove la determinazione del datore di lavoro di recedere dal rapporto sia motivata dall'impossibilità di destinare il lavoratore a mansioni diverse: situazione che, per condizionare il valido esercizio del diritto potestativo del datore di lavoro, deve evidentemente sussistere nel momento in cui è espressa la volontà di recedere, e non in un momento successivo.
Emerge, dunque, il vizio del decreto impugnato, il quale ha mancato di operare un tale accertamento, valorizzando una proposta di reimpiego della dipendente, formulata dalla società fallita dopo il licenziamento: proposta il cui tenore risulta oltretutto coerente con l'esistenza, perlomeno nel momento in cui fu manifestata, di un reimpiego dell'odierna ricorrente in altre mansioni (con un dato, cioè, che, riflette una situazione la quale, laddove sussistente al momento del licenziamento, di poco anteriore, non avrebbe potuto giustificare quest'ultimo).

FASI: Circolare per le Aziende – Anno 2022

FASI, il Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi, con circolare di dicembre 2021, informa che i contributi da versare per l’anno 2022 non sono variati rispetto a quelli del 2021

Il Fondo Fasi, con la “Circolare per le aziende – Anno 2022”, segnala che per quanto riguarda i contributi da versare per l’anno 2022, non ci sono modifiche rispetto a quelli versati nel 2021.

Pertanto, l’entità dei contributi da versare al Fasi a carico delle Aziende, per l’anno 2022, può così riepilogarsi:

a. A carico delle Aziende che utilizzano il Fasi per l’assistenza dei propri Dirigenti in servizio:
– € 527,00 trimestrali (€ 2.108,00 annuali) per ciascun Dirigente in servizio (art. F del Regolamento), solo se iscritto al Fondo;
– € 365,00 trimestrali (€ 1.460,00 annuali) per ciascun Dirigente alle dipendenze (art. G del Regolamento), anche se non iscritto al Fondo.

b. A carico delle Aziende che non utilizzano il Fasi per l’assistenza dei propri Dirigenti in servizio ma che si avvalgono di un fondo sostitutivo (già iscritte alla data dell’1/1/2019):
– € 425,00 trimestrali (€ 1.700,00 annuali) per ciascun Dirigente alle dipendenze (art. G del Regolamento), anche se non iscritto al Fondo.
Si sottolinea che a partire dall’1/1/2023, tale contributo sarà pari a € 625,00 trimestrali (€ 2.500,00 annuali).

c. A carico delle Aziende i cui Dirigenti in servizio sono già iscritti al Fasi alla data di risoluzione del rapporto di lavoro, con il riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso:
– € 527,00 trimestrali (€ 2.108,00 annuali) a partire dal trimestre successivo a quello nel quale è intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro e sino alla scadenza del trimestre nel corso del quale ha avuto fine il periodo coperto dall’indennità (art. F del Regolamento), sempreché alla data di risoluzione del rapporto di lavoro il Dirigente risulti iscritto al Fasi. Per tale tipologia di iscrizione non è dovuto dalle Aziende il contributo per i Dirigenti di cui all’articolo G del Regolamento. Il Dirigente, al fine di poter mantenere l’iscrizione al Fondo, è tenuto a comunicare al Fasi la propria volontà in tal senso entro due mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, informando contestualmente l’Azienda (anche ai fini degli adempimenti contributivi trimestrali da parte di quest’ultima nei confronti del Fasi stesso).

FASI, il Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi, con circolare di dicembre 2021, informa che i contributi da versare per l’anno 2022 non sono variati rispetto a quelli del 2021

Il Fondo Fasi, con la "Circolare per le aziende - Anno 2022", segnala che per quanto riguarda i contributi da versare per l’anno 2022, non ci sono modifiche rispetto a quelli versati nel 2021.

Pertanto, l'entità dei contributi da versare al Fasi a carico delle Aziende, per l'anno 2022, può così riepilogarsi:

a. A carico delle Aziende che utilizzano il Fasi per l'assistenza dei propri Dirigenti in servizio:
- € 527,00 trimestrali (€ 2.108,00 annuali) per ciascun Dirigente in servizio (art. F del Regolamento), solo se iscritto al Fondo;
- € 365,00 trimestrali (€ 1.460,00 annuali) per ciascun Dirigente alle dipendenze (art. G del Regolamento), anche se non iscritto al Fondo.

b. A carico delle Aziende che non utilizzano il Fasi per l'assistenza dei propri Dirigenti in servizio ma che si avvalgono di un fondo sostitutivo (già iscritte alla data dell’1/1/2019):
- € 425,00 trimestrali (€ 1.700,00 annuali) per ciascun Dirigente alle dipendenze (art. G del Regolamento), anche se non iscritto al Fondo.
Si sottolinea che a partire dall’1/1/2023, tale contributo sarà pari a € 625,00 trimestrali (€ 2.500,00 annuali).

c. A carico delle Aziende i cui Dirigenti in servizio sono già iscritti al Fasi alla data di risoluzione del rapporto di lavoro, con il riconoscimento dell'indennità sostitutiva del preavviso:
- € 527,00 trimestrali (€ 2.108,00 annuali) a partire dal trimestre successivo a quello nel quale è intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro e sino alla scadenza del trimestre nel corso del quale ha avuto fine il periodo coperto dall'indennità (art. F del Regolamento), sempreché alla data di risoluzione del rapporto di lavoro il Dirigente risulti iscritto al Fasi. Per tale tipologia di iscrizione non è dovuto dalle Aziende il contributo per i Dirigenti di cui all'articolo G del Regolamento. Il Dirigente, al fine di poter mantenere l'iscrizione al Fondo, è tenuto a comunicare al Fasi la propria volontà in tal senso entro due mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, informando contestualmente l'Azienda (anche ai fini degli adempimenti contributivi trimestrali da parte di quest'ultima nei confronti del Fasi stesso).

Incremento dei minimi retributivi nell’indutria del legno

Siglato il 21/1/2022, tra FEDERLEGNOARREDO e FENEAL-UIL, FILCA-CISL, FILLEA-CGIL, l’accordo che ha definito per il CCNL Legno, mobile, sughero e Boschivi e Forestali, l’incremento dei minimi retributivi in vigore dall’1/1/2022.

Le Parti firmatarie, in applicazione di quanto previsto dal vigente CCNL Legno, mobile, sughero e Boschivi e Forestali 1/4/2019 – 31/12/2022, hanno definito l’incremento dei minimi retributivi a valere dall’1/1/2022 sulla base della seguente tabella.
Gli incrementi relativi al mese di gennaio verranno erogati con la retribuzione di febbraio 2022.
I seguenti minimi comprendono paga base, contingenza ed edr non conglobati

Categoria

Minimi 31/12/2021

3 scatti

Montante

Incrementi 1/1/2022

Minimi 1/1/2022

AD3 2.596,84     60,99 2.657,83
AD2 2.549,17     59,54 2.608,71
AD1 2.448,86     56,63 2.505,49
AC5 2.349,49     53,73 2.403,22
AC4 2.200,51     49,37 2.249,88
AC3/AC2/AS4 2.051,39     45,02 2.096,41
AS3 1.977,38     42,84 2.020,22
AC1/AS2 1.901,07     40,66 1.941,73
AE4/AS1 1.841,71     38,92 1.880,63
AE3 1.767,32     36,74 1.804,06
AE2 1.692,41     34,56 1.726,97
AE1 1.504,68 23,85 1.528,53 29,04 1.533,72

 

Seguono i minimi in vigore dall’1/1/2022, distinti in paga base, contingenza ed edr.

Categoria

Paga base 1/1/2022

Contingenza

EDR

Minimi 1/1/2022

AD3 2115,59 531,91 10,33 2.657,83
AD2 2066,47 531,91 10,33 2.608,71
AD1 1965,41 529,75 10,33 2.505,49
AC5 1864,95 527,94 10,33 2.403,22
AC4 1714,33 525,22 10,33 2.249,88
AC3 1563,67 522,41 10,33 2.096,41
AC2 1563,67 522,41 10,33 2.096,41
AS4 1563,67 522,41 10,33 2.096,41
AS3 1488,88 521,02 10,33 2.020,22
AC1 1412,95 518,45 10,33 1.941,73
AS2 1412,95 518,45 10,33 1.941,73
AE4 1352,54 517,77 10,33 1.880,63
AS1 1352,54 517,77 10,33 1.880,63
AE3 1277,21 516,53 10,33 1.804,06
AE2 1201,85 514,79 10,33 1.726,97
AE1 1011,23 512,16 10,33 1.533,72

Siglato il 21/1/2022, tra FEDERLEGNOARREDO e FENEAL-UIL, FILCA-CISL, FILLEA-CGIL, l’accordo che ha definito per il CCNL Legno, mobile, sughero e Boschivi e Forestali, l'incremento dei minimi retributivi in vigore dall’1/1/2022.

Le Parti firmatarie, in applicazione di quanto previsto dal vigente CCNL Legno, mobile, sughero e Boschivi e Forestali 1/4/2019 - 31/12/2022, hanno definito l'incremento dei minimi retributivi a valere dall’1/1/2022 sulla base della seguente tabella.
Gli incrementi relativi al mese di gennaio verranno erogati con la retribuzione di febbraio 2022.
I seguenti minimi comprendono paga base, contingenza ed edr non conglobati

Categoria

Minimi 31/12/2021

3 scatti

Montante

Incrementi 1/1/2022

Minimi 1/1/2022

AD3 2.596,84     60,99 2.657,83
AD2 2.549,17     59,54 2.608,71
AD1 2.448,86     56,63 2.505,49
AC5 2.349,49     53,73 2.403,22
AC4 2.200,51     49,37 2.249,88
AC3/AC2/AS4 2.051,39     45,02 2.096,41
AS3 1.977,38     42,84 2.020,22
AC1/AS2 1.901,07     40,66 1.941,73
AE4/AS1 1.841,71     38,92 1.880,63
AE3 1.767,32     36,74 1.804,06
AE2 1.692,41     34,56 1.726,97
AE1 1.504,68 23,85 1.528,53 29,04 1.533,72

 

Seguono i minimi in vigore dall’1/1/2022, distinti in paga base, contingenza ed edr.

Categoria

Paga base 1/1/2022

Contingenza

EDR

Minimi 1/1/2022

AD3 2115,59 531,91 10,33 2.657,83
AD2 2066,47 531,91 10,33 2.608,71
AD1 1965,41 529,75 10,33 2.505,49
AC5 1864,95 527,94 10,33 2.403,22
AC4 1714,33 525,22 10,33 2.249,88
AC3 1563,67 522,41 10,33 2.096,41
AC2 1563,67 522,41 10,33 2.096,41
AS4 1563,67 522,41 10,33 2.096,41
AS3 1488,88 521,02 10,33 2.020,22
AC1 1412,95 518,45 10,33 1.941,73
AS2 1412,95 518,45 10,33 1.941,73
AE4 1352,54 517,77 10,33 1.880,63
AS1 1352,54 517,77 10,33 1.880,63
AE3 1277,21 516,53 10,33 1.804,06
AE2 1201,85 514,79 10,33 1.726,97
AE1 1011,23 512,16 10,33 1.533,72

Proroga dell’accordo Coni sulla sicurezza e lavoro agile

Prorogate le misure più idonee a contemperare lo svolgimento delle attività produttive con il rispetto dei più elevati standard di sicurezza per la salute del personale non dirigente e  del personale dirigente Coni.

Tenendo conto dell’acuirsi dell’emergenza sanitaria da Covid-19, le parti hanno individuato le misure più idonee a contemperare lo svolgimento delle attività produttive con il rispetto dei più elevati standard di sicurezza per la salute dei lavoratori.
L’accordo sottoscritto lo scorso ottobre ha individuato le misure più idonee a contemperare la piena ripresa delle attività produttive con le prescrizioni legate alla situazione epidemiologica, garantendo la sicurezza per la salute dei lavoratori, attraverso la normalizzazione del ricorso al lavoro in presenza coniugata con un uso più equilibrato del lavoro agile e degli altri istituti previsti dall’accordo.
Le disposizioni dell’accordo in esame sono applicabili, in quanto compatibili con la natura del rapporto di lavoro e con i relativi istituti contrattuali, anche al personale dirigente.
Pertanto, viene raccomanda il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte presso il proprio domicilio o con modalità a distanza, confermando i contenuti del citato Accordo sindacale già prorogato fino al 31/3/2022.
Fino a tale data, stante l’esigenza di preservare la salute dei lavoratori e contenere la diffusione del contagio, i datori di lavoro si atterranno alle indicazioni fornite con la circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali rivolta a sensibilizzare i datori di lavoro pubblici e privati ad utilizzare appieno tutti gli strumenti di flessibilità che le discipline di settore già consentono, incluso il ricorso al lavoro agile.

Prorogate le misure più idonee a contemperare lo svolgimento delle attività produttive con il rispetto dei più elevati standard di sicurezza per la salute del personale non dirigente e  del personale dirigente Coni.

Tenendo conto dell’acuirsi dell’emergenza sanitaria da Covid-19, le parti hanno individuato le misure più idonee a contemperare lo svolgimento delle attività produttive con il rispetto dei più elevati standard di sicurezza per la salute dei lavoratori.
L’accordo sottoscritto lo scorso ottobre ha individuato le misure più idonee a contemperare la piena ripresa delle attività produttive con le prescrizioni legate alla situazione epidemiologica, garantendo la sicurezza per la salute dei lavoratori, attraverso la normalizzazione del ricorso al lavoro in presenza coniugata con un uso più equilibrato del lavoro agile e degli altri istituti previsti dall’accordo.
Le disposizioni dell’accordo in esame sono applicabili, in quanto compatibili con la natura del rapporto di lavoro e con i relativi istituti contrattuali, anche al personale dirigente.
Pertanto, viene raccomanda il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte presso il proprio domicilio o con modalità a distanza, confermando i contenuti del citato Accordo sindacale già prorogato fino al 31/3/2022.
Fino a tale data, stante l'esigenza di preservare la salute dei lavoratori e contenere la diffusione del contagio, i datori di lavoro si atterranno alle indicazioni fornite con la circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali rivolta a sensibilizzare i datori di lavoro pubblici e privati ad utilizzare appieno tutti gli strumenti di flessibilità che le discipline di settore già consentono, incluso il ricorso al lavoro agile.