Prorogate le istanze per l’ingresso di lavoratori formati all’estero

Con circolare del Ministero dell’Interno n. 2477/2022 è stata comunicata la proroga dei termini delle istanze a valere sulle quote previste dal D.P.C.M. 21/12/2021 per gli ingressi per cittadini formati all’estero e le conversioni dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato e autonomo.

Nella suddetta circolare si fa riferimento al DPCM 21/12/2021 recante la “Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro non stagionale nel territorio dello Stato per l’anno 2021”, i cui termini per la presentazione delle istanze scadranno il prossimo 17/3/2022.
Al riguardo, la quota di n. 100 ingressi per lavoratori che abbiano completato programmi di istruzione e formazione nei Paesi di origine, ai sensi dell’art. 23 del testo unico sull’immigrazione, fissata dall’articolo 4, comma 1 del predetto DPCM, non risulta essere stata completamente utilizzata.
Analogamente le quote fissate dall’art. 4, commi 3 e 4 del medesimo provvedimento riguardanti la conversione di permessi di soggiorno in lavoro subordinato/autonomo da permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo, risultano allo stato attuale momento impegnate in misura pari al 45% circa.
Ciò premesso, al fine di consentire l’utilizzo totale delle quote disponibili il termine ultimo per la presentazione delle istanze per l’ingresso di lavoratori formati all’estero e di conversione dei permessi di soggiorno è prorogato al 30/9/2022.
Le domande saranno presentate in modalità telematica.

Con circolare del Ministero dell’Interno n. 2477/2022 è stata comunicata la proroga dei termini delle istanze a valere sulle quote previste dal D.P.C.M. 21/12/2021 per gli ingressi per cittadini formati all’estero e le conversioni dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato e autonomo.

Nella suddetta circolare si fa riferimento al DPCM 21/12/2021 recante la "Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro non stagionale nel territorio dello Stato per l’anno 2021", i cui termini per la presentazione delle istanze scadranno il prossimo 17/3/2022.
Al riguardo, la quota di n. 100 ingressi per lavoratori che abbiano completato programmi di istruzione e formazione nei Paesi di origine, ai sensi dell’art. 23 del testo unico sull’immigrazione, fissata dall’articolo 4, comma 1 del predetto DPCM, non risulta essere stata completamente utilizzata.
Analogamente le quote fissate dall’art. 4, commi 3 e 4 del medesimo provvedimento riguardanti la conversione di permessi di soggiorno in lavoro subordinato/autonomo da permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo, risultano allo stato attuale momento impegnate in misura pari al 45% circa.
Ciò premesso, al fine di consentire l’utilizzo totale delle quote disponibili il termine ultimo per la presentazione delle istanze per l’ingresso di lavoratori formati all’estero e di conversione dei permessi di soggiorno è prorogato al 30/9/2022.
Le domande saranno presentate in modalità telematica.

Revoca delle prestazioni sociali illegittima per chi sconta la pena senza detenzione

Il contribuente condannato per alcuni reati collegati a terrorismo e ad associazioni di tipo mafioso conserva il diritto alle prestazioni (Naspi, pensione sociale e invalidità civile) se sconta la pena in modalità alternativa alla detenzione (INPS – messaggio 16 marzo 2022, n. 1197).

La Corte Costituzionale, con sentenza 25 maggio-2 luglio 2021, n. 137, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – 1a Serie speciale Corte Costituzionale n. 27 del 7 luglio 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, co. 58 e 61, L. n. 92/2012, nella parte in cui prevedono la revoca delle prestazioni, quali l’indennità di disoccupazione, l’assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi civili, nei confronti di coloro che scontano reati collegati a terrorismo e ad associazioni di tipo mafioso (artt. 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422, c.p.) in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Nella sentenza la Corte Costituzionale ha chiarito che la revoca dei trattamenti assistenziali di cui alla disposizione oggetto di censura può concretamente comportare il rischio che il condannato ammesso a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare o in altro regime alternativo alla detenzione in carcere, poiché non a carico dell’istituto carcerario, non disponga di sufficienti mezzi per la propria sussistenza.
Secondo i giudici, l’illegittimità della revoca deriva dal pregiudizio al diritto all’assistenza per chi necessiti dei mezzi per sopravvivere, che deve essere comunque garantito a ciascun individuo, pur se colpevole di determinati reati.
In merito agli effetti delle pronunce di illegittimità costituzionale e, in specie, all’efficacia temporale della sentenza della Corte, l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale costituisce principio generale dell’ordinamento giuridico, che trova un unico limite nei rapporti c.d. esauriti, vale a dire quei rapporti risolti in modo definitivo per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ossia per essersi verificate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità.
Pertanto, salvi i c.d. rapporti esauriti, la norma dichiarata incostituzionale perde efficacia ex tunc, con la conseguenza che, nella fattispecie qui regolata e con riferimento ai casi disciplinati dalla sentenza della Corte Costituzionale in oggetto, non può realizzarsi un effetto di giudicato sulla sanzione della revoca.
Ne consegue che, in ragione della pronuncia della Corte Costituzionale in oggetto, l’Inps non procederà più alla revoca dei trattamenti assistenziali e/o previdenziali nei confronti dei soggetti che, seppure condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui all’art. 2, co. 58, L. n. 92/2012, scontano la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Con riferimento alle misure alternative alla detenzione in carcere, in questa fase di prima applicazione della pronuncia della Corte Costituzionale, possono essere incluse tra le misure alternative alla detenzione, a titolo indicativo e non esaustivo, quelle di seguito elencate:
– l’affidamento in prova al servizio sociale;
– le misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria;
– la detenzione domiciliare, trattamento alternativo per eccellenza alla detenzione;
– la detenzione domiciliare speciale per particolari ipotesi e riferita ai genitori con figli minori, al fine della tutela di questi ultimi;
– la liberazione anticipata teoricamente inquadrabile nelle ipotesi di misura alternativa alla detenzione;
– le misure adottate durante l’emergenza epidemiologica ai sensi dell’art. 2-bis, D.L. n. 28/2020, conv., con modif., dalla L. n. 70/2020.

Indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL

Le indennità di disoccupazione (NASpI/DIS-COLL), che sono state inizialmente accolte e, successivamente, decadute (revocate) per effetto delle disposizioni sopra richiamate, possono, su istanza di parte, essere “ripristinate” con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data della revoca, sempre che, alla predetta data, il titolare della prestazione stesse scontando la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, o da data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca.
In tali casi, al fine di procedere all’erogazione della prestazione, l’interessato è tenuto a produrre il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale il medesimo è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Le domande di indennità di disoccupazione (NASpI e DIS-COLL) che sono state respinte esclusivamente perché è stata disposta, come sanzione accessoria, la revoca della prestazione di disoccupazione possono, sempre su istanza di parte, essere riesaminate e accolte con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data in cui è stata disposta dalla competente Autorità giudiziaria l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Anche in tale ipotesi, al fine di procedere al riesame della domanda e all’accoglimento della stessa, è necessario che l’interessato produca il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Domande di indennità di disoccupazione agricola

Sono oggetto di riesame:
– le domande di indennità di disoccupazione agricola presentate dai condannati che scontano la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, respinte in ragione della sanzione accessoria della revoca della prestazione;
– le domande che, in quanto presentate antecedentemente alla notifica della sentenza da parte dell’Autorità giudiziaria, sono state inizialmente accolte e, successivamente, riesaminate d’ufficio e respinte con la motivazione specifica in argomento.

A tale fine i lavoratori interessati dovranno presentare all’Inps apposita istanza, unitamente al provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Pensione sociale e assegno sociale

La prestazione può essere ripristinata con decorrenza dalla data della revoca o da data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca.
L’interessato è tenuto a presentare la richiesta di riesame allegando il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Le domande di pensione sociale o di assegno sociale, rigettate solo per l’applicazione dell’art. 2, co. 58 e 61, L. n. 92/2012, possono, su istanza di parte, essere riesaminate e accolte con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data in cui è stata disposta dalla competente Autorità giudiziaria l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Anche in tale ipotesi, al fine di procedere al riesame della domanda e all’accoglimento della stessa, è necessario che l’interessato produca il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Prestazioni di invalidità civile

Le prestazioni di invalidità civile inizialmente erogate e successivamente revocate potranno essere ripristinate, con i relativi arretrati e nei limiti temporali del periodo trascorso in regime alternativo alla detenzione in carcere, nel caso in cui l’interessato presenti la relativa domanda di riesame.
Alla predetta istanza dovrà essere allegato il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale l’interessato è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Le domande di prestazioni di invalidità civile respinte ab origine potranno essere erogate dalla data della domanda amministrativa qualora il cittadino condannato si trovi a scontare la pena detentiva in una modalità alternativa al carcere.
La domanda di riesame, presentata dall’interessato, deve essere corredata del relativo provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena mediante una misura alternativa alla detenzione in carcere.

Il contribuente condannato per alcuni reati collegati a terrorismo e ad associazioni di tipo mafioso conserva il diritto alle prestazioni (Naspi, pensione sociale e invalidità civile) se sconta la pena in modalità alternativa alla detenzione (INPS - messaggio 16 marzo 2022, n. 1197).

La Corte Costituzionale, con sentenza 25 maggio-2 luglio 2021, n. 137, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – 1a Serie speciale Corte Costituzionale n. 27 del 7 luglio 2021, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, co. 58 e 61, L. n. 92/2012, nella parte in cui prevedono la revoca delle prestazioni, quali l’indennità di disoccupazione, l'assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi civili, nei confronti di coloro che scontano reati collegati a terrorismo e ad associazioni di tipo mafioso (artt. 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422, c.p.) in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Nella sentenza la Corte Costituzionale ha chiarito che la revoca dei trattamenti assistenziali di cui alla disposizione oggetto di censura può concretamente comportare il rischio che il condannato ammesso a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare o in altro regime alternativo alla detenzione in carcere, poiché non a carico dell’istituto carcerario, non disponga di sufficienti mezzi per la propria sussistenza.
Secondo i giudici, l’illegittimità della revoca deriva dal pregiudizio al diritto all’assistenza per chi necessiti dei mezzi per sopravvivere, che deve essere comunque garantito a ciascun individuo, pur se colpevole di determinati reati.
In merito agli effetti delle pronunce di illegittimità costituzionale e, in specie, all’efficacia temporale della sentenza della Corte, l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale costituisce principio generale dell’ordinamento giuridico, che trova un unico limite nei rapporti c.d. esauriti, vale a dire quei rapporti risolti in modo definitivo per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ossia per essersi verificate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità.
Pertanto, salvi i c.d. rapporti esauriti, la norma dichiarata incostituzionale perde efficacia ex tunc, con la conseguenza che, nella fattispecie qui regolata e con riferimento ai casi disciplinati dalla sentenza della Corte Costituzionale in oggetto, non può realizzarsi un effetto di giudicato sulla sanzione della revoca.
Ne consegue che, in ragione della pronuncia della Corte Costituzionale in oggetto, l’Inps non procederà più alla revoca dei trattamenti assistenziali e/o previdenziali nei confronti dei soggetti che, seppure condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui all’art. 2, co. 58, L. n. 92/2012, scontano la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Con riferimento alle misure alternative alla detenzione in carcere, in questa fase di prima applicazione della pronuncia della Corte Costituzionale, possono essere incluse tra le misure alternative alla detenzione, a titolo indicativo e non esaustivo, quelle di seguito elencate:
- l’affidamento in prova al servizio sociale;
- le misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria;
- la detenzione domiciliare, trattamento alternativo per eccellenza alla detenzione;
- la detenzione domiciliare speciale per particolari ipotesi e riferita ai genitori con figli minori, al fine della tutela di questi ultimi;
- la liberazione anticipata teoricamente inquadrabile nelle ipotesi di misura alternativa alla detenzione;
- le misure adottate durante l’emergenza epidemiologica ai sensi dell’art. 2-bis, D.L. n. 28/2020, conv., con modif., dalla L. n. 70/2020.

Indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL

Le indennità di disoccupazione (NASpI/DIS-COLL), che sono state inizialmente accolte e, successivamente, decadute (revocate) per effetto delle disposizioni sopra richiamate, possono, su istanza di parte, essere "ripristinate" con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data della revoca, sempre che, alla predetta data, il titolare della prestazione stesse scontando la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, o da data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca.
In tali casi, al fine di procedere all’erogazione della prestazione, l’interessato è tenuto a produrre il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale il medesimo è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Le domande di indennità di disoccupazione (NASpI e DIS-COLL) che sono state respinte esclusivamente perché è stata disposta, come sanzione accessoria, la revoca della prestazione di disoccupazione possono, sempre su istanza di parte, essere riesaminate e accolte con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data in cui è stata disposta dalla competente Autorità giudiziaria l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Anche in tale ipotesi, al fine di procedere al riesame della domanda e all’accoglimento della stessa, è necessario che l’interessato produca il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Domande di indennità di disoccupazione agricola

Sono oggetto di riesame:
- le domande di indennità di disoccupazione agricola presentate dai condannati che scontano la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, respinte in ragione della sanzione accessoria della revoca della prestazione;
- le domande che, in quanto presentate antecedentemente alla notifica della sentenza da parte dell’Autorità giudiziaria, sono state inizialmente accolte e, successivamente, riesaminate d’ufficio e respinte con la motivazione specifica in argomento.

A tale fine i lavoratori interessati dovranno presentare all’Inps apposita istanza, unitamente al provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Pensione sociale e assegno sociale

La prestazione può essere ripristinata con decorrenza dalla data della revoca o da data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca.
L’interessato è tenuto a presentare la richiesta di riesame allegando il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Le domande di pensione sociale o di assegno sociale, rigettate solo per l’applicazione dell’art. 2, co. 58 e 61, L. n. 92/2012, possono, su istanza di parte, essere riesaminate e accolte con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data in cui è stata disposta dalla competente Autorità giudiziaria l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Anche in tale ipotesi, al fine di procedere al riesame della domanda e all’accoglimento della stessa, è necessario che l’interessato produca il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Prestazioni di invalidità civile

Le prestazioni di invalidità civile inizialmente erogate e successivamente revocate potranno essere ripristinate, con i relativi arretrati e nei limiti temporali del periodo trascorso in regime alternativo alla detenzione in carcere, nel caso in cui l’interessato presenti la relativa domanda di riesame.
Alla predetta istanza dovrà essere allegato il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale l’interessato è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.

Le domande di prestazioni di invalidità civile respinte ab origine potranno essere erogate dalla data della domanda amministrativa qualora il cittadino condannato si trovi a scontare la pena detentiva in una modalità alternativa al carcere.
La domanda di riesame, presentata dall’interessato, deve essere corredata del relativo provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena mediante una misura alternativa alla detenzione in carcere.

Fondo Metalmeccanici Metasalute: proroga autocertificazione nucleo familiare

Il Fondo Sanitario metalmeccanici – Metasalute – comunica la proroga della procedura di autocertificazione del nucleo familiare iscritto in forma gratuita anno 2022

Il Fondo Metasalute comunica che è stata prorogata la scadenza per l’inserimento dell’autocertificazione del nucleo familiare a carico necessaria per confermare la copertura sanitaria per l’anno 2022 ai familiari già iscritti in forma gratuita al Fondo.
La scadenza per presentare le autocertificazioni, inizialmente prevista per il 14 marzo 2022, è ora fissata al 21 marzo 2022 (ore 18.00).
La mancata generazione dell’autocertificazione entro i termini determinerà la sospensione delle coperture sanitarie per l’anno 2022 dei familiari iscritti gratuitamente.
Se la copertura dei familiari viene sospesa per mancata autocertificazione è comunque possibile riattivare le posizioni accedendo, in qualunque momento dell’anno, in piattaforma ed eseguendo la procedura di certificazione del nucleo familiare che si attiva in automatico quando la polizza del familiare viene nuovamente impostata come “A CARICO”. Il ripristino della copertura seguirà le decorrenze previste dal Fondo per la prima iscrizione (art. 6.2 del Regolamento).
È necessario effettuare l’autocertificazione del nucleo familiare per ciascun anno solare. Se l’iscritto ha già certificato nell’anno 2021 dovrà eseguire la procedura anche per l’anno 2022.

Il Fondo Sanitario metalmeccanici - Metasalute - comunica la proroga della procedura di autocertificazione del nucleo familiare iscritto in forma gratuita anno 2022

Il Fondo Metasalute comunica che è stata prorogata la scadenza per l’inserimento dell’autocertificazione del nucleo familiare a carico necessaria per confermare la copertura sanitaria per l’anno 2022 ai familiari già iscritti in forma gratuita al Fondo.
La scadenza per presentare le autocertificazioni, inizialmente prevista per il 14 marzo 2022, è ora fissata al 21 marzo 2022 (ore 18.00).
La mancata generazione dell’autocertificazione entro i termini determinerà la sospensione delle coperture sanitarie per l’anno 2022 dei familiari iscritti gratuitamente.
Se la copertura dei familiari viene sospesa per mancata autocertificazione è comunque possibile riattivare le posizioni accedendo, in qualunque momento dell’anno, in piattaforma ed eseguendo la procedura di certificazione del nucleo familiare che si attiva in automatico quando la polizza del familiare viene nuovamente impostata come "A CARICO". Il ripristino della copertura seguirà le decorrenze previste dal Fondo per la prima iscrizione (art. 6.2 del Regolamento).
È necessario effettuare l’autocertificazione del nucleo familiare per ciascun anno solare. Se l’iscritto ha già certificato nell’anno 2021 dovrà eseguire la procedura anche per l’anno 2022.

Progetti Utili alla Collettività: RdC con Super Green Pass

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito indicazioni ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza (RdC) che partecipano ai Progetti Utili alla Collettività (PUC) in tema di Green Pass Rafforzato o Super Green Pass

Per l’ Accesso ai servizi sociali presso gli Uffici Pubblici è fatto obbligo di esibire il Green Pass “base”, ottenibile tramite vaccinazione, guarigione o tampone negativo. Tuttavia, la non disponibilità del green pass non costituisce giustificato motivo per la mancata presentazione agli incontri da parte dei beneficiari obbligati a esibire il green pass per accedere ai pubblici uffici.
L’obbligo di possedere e di esibire la certificazione verde COVID-19 non si applica ai soggetti che, per condizione medica, non possono ricevere o completare la vaccinazione per ottenere una Certificazione verde COVID-19.

Per i soggetti esenti dalla campagna vaccinale il controllo sarà effettuato mediante lettura del QR code in corso di predisposizione. Nelle more del rilascio del relativo applicativo, tali utenti dovranno esibire la certificazione relativa all’esonero.
Per l’accesso agli uffici pubblici per la partecipazione ai PUC, i beneficiari RdC sono tenuti agli obblighi di green pass, tuttavia, è opportuno fare una distinzione tra coloro che non hanno ancora compiuto 50 anni di età e coloro che, invece, hanno raggiunto la suddetta età.
Dall’ 8 gennaio 2022 è disposto l’obbligo vaccinale per tutti coloro che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età o lo compiranno entro il 15 giugno 2022, fatti salvi i casi ammessi di omissione o differimento di tale obbligo. Per cui, a partire dal 15 febbraio 2022 e fino al 15 giugno 2022, tutti i lavoratori over 50, indipendentemente dal settore in cui operano e dalla tipologia di attività che svolgono, dovranno possedere il Super green pass per accedere al proprio luogo di lavoro; pertanto, non sarà più sufficiente per poter espletare il proprio lavoro, quindi, il tampone, molecolare o antigenico che sia.
I beneficiari Rdc, che non abbiano ancora compiuto 50 anni tenuti per espressa previsione normativa a partecipare ai PUC a titolarità dei Comuni rientrano tra coloro che a qualsiasi titolo svolgono attività presso strutture pubbliche e che a decorrere dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022 sono tenute a possedere ed esibire su richiesta la certificazione verde. Il mancato rispetto di tali disposizioni si configurerà quale mancata partecipazione al PUC, sarà considerato assenza ingiustificata e trattato come previsto in casi di assenza ingiustificata reiterata.
Per i beneficiari Rdc, tenuti per espressa previsione normativa a partecipare ai PUC, e che abbiano, invece, compiuto 50  anni, indipendentemente dal settore in cui operano e dalla tipologia di attività che svolgono è previsto a partire dal 15 febbraio 2022 e fino al 15 giugno 2022, l’ obbligo di Super green pass per accedere al proprio luogo di attività. Pertanto, non sarà più sufficiente per poter espletare la attività previste dal PUC, quindi, il tampone, molecolare o antigenico. Anche in questo caso, il mancato rispetto di tali disposizioni si configurerà quale mancata partecipazione al PUC, sarà considerato assenza ingiustificata e trattato come previsto in casi di assenza ingiustificata reiterata.
Al beneficiario che non intendesse dotarsi di green pass potrà essere suggerito preventivamente di rinunciare al RdC per evitare la decadenza e poter ripresentare immediatamente domanda non appena disponesse della certificazione o quest’ultima non fosse più ritenuta necessaria in termini di legge.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito indicazioni ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza (RdC) che partecipano ai Progetti Utili alla Collettività (PUC) in tema di Green Pass Rafforzato o Super Green Pass

Per l’ Accesso ai servizi sociali presso gli Uffici Pubblici è fatto obbligo di esibire il Green Pass "base", ottenibile tramite vaccinazione, guarigione o tampone negativo. Tuttavia, la non disponibilità del green pass non costituisce giustificato motivo per la mancata presentazione agli incontri da parte dei beneficiari obbligati a esibire il green pass per accedere ai pubblici uffici.
L’obbligo di possedere e di esibire la certificazione verde COVID-19 non si applica ai soggetti che, per condizione medica, non possono ricevere o completare la vaccinazione per ottenere una Certificazione verde COVID-19.

Per i soggetti esenti dalla campagna vaccinale il controllo sarà effettuato mediante lettura del QR code in corso di predisposizione. Nelle more del rilascio del relativo applicativo, tali utenti dovranno esibire la certificazione relativa all’esonero.
Per l’accesso agli uffici pubblici per la partecipazione ai PUC, i beneficiari RdC sono tenuti agli obblighi di green pass, tuttavia, è opportuno fare una distinzione tra coloro che non hanno ancora compiuto 50 anni di età e coloro che, invece, hanno raggiunto la suddetta età.
Dall’ 8 gennaio 2022 è disposto l’obbligo vaccinale per tutti coloro che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età o lo compiranno entro il 15 giugno 2022, fatti salvi i casi ammessi di omissione o differimento di tale obbligo. Per cui, a partire dal 15 febbraio 2022 e fino al 15 giugno 2022, tutti i lavoratori over 50, indipendentemente dal settore in cui operano e dalla tipologia di attività che svolgono, dovranno possedere il Super green pass per accedere al proprio luogo di lavoro; pertanto, non sarà più sufficiente per poter espletare il proprio lavoro, quindi, il tampone, molecolare o antigenico che sia.
I beneficiari Rdc, che non abbiano ancora compiuto 50 anni tenuti per espressa previsione normativa a partecipare ai PUC a titolarità dei Comuni rientrano tra coloro che a qualsiasi titolo svolgono attività presso strutture pubbliche e che a decorrere dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022 sono tenute a possedere ed esibire su richiesta la certificazione verde. Il mancato rispetto di tali disposizioni si configurerà quale mancata partecipazione al PUC, sarà considerato assenza ingiustificata e trattato come previsto in casi di assenza ingiustificata reiterata.
Per i beneficiari Rdc, tenuti per espressa previsione normativa a partecipare ai PUC, e che abbiano, invece, compiuto 50  anni, indipendentemente dal settore in cui operano e dalla tipologia di attività che svolgono è previsto a partire dal 15 febbraio 2022 e fino al 15 giugno 2022, l' obbligo di Super green pass per accedere al proprio luogo di attività. Pertanto, non sarà più sufficiente per poter espletare la attività previste dal PUC, quindi, il tampone, molecolare o antigenico. Anche in questo caso, il mancato rispetto di tali disposizioni si configurerà quale mancata partecipazione al PUC, sarà considerato assenza ingiustificata e trattato come previsto in casi di assenza ingiustificata reiterata.
Al beneficiario che non intendesse dotarsi di green pass potrà essere suggerito preventivamente di rinunciare al RdC per evitare la decadenza e poter ripresentare immediatamente domanda non appena disponesse della certificazione o quest’ultima non fosse più ritenuta necessaria in termini di legge.

Firmato accordo quadro di collaborazione con Federalberghi

Siglato il 2/3/2022, tra la Rete ITS Turismo e la Federalberghi, l’accordo quadro di collaborazione.

Le Parti, nell’interesse comune e reciproco, convengono di sviluppare programmi condivisi di studio, di formazione e aggiornamento, unitamente ad uno scambio di informazioni e conoscenze teorico-pratiche finalizzate alla realizzazione di interventi atti a promuovere la cultura della legalità e delle buone prassi nel mondo del lavoro, promuovendo la collaborazione tra gli ITS della Rete Turismo e Federalberghi, anche attraverso le organizzazioni territoriali ad essa associate.
Le Parti concordano di sviluppare attività congiunte finalizzate a:
a) promuovere un rapporto organico tra gli ITS Turismo e il sistema delle imprese turistico-ricettive;
b) favorire lo sviluppo sul territorio di interscambio tra mondo della formazione e del lavoro attraverso la creazione di reti funzionali tra gli ITS e le filiere produttive anche attraverso le associazioni locali di Federalberghi;
c) orientare ed agevolare le scelte professionali dei giovani attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro, anche attraverso apposite iniziative di orientamento e familiarizzazione svolte presso gli ITS ad opera delle strutture territoriali aderenti;
d) ridurre le distanze tra formazione ed esigenze del mondo imprenditoriale attraverso la progettazione e la realizzazione di esperienze di tirocinio e/o di apprendistato nell’ambito dei processi formativi, come previsto nel piano dell’offerta formativa degli ITS;
e) definire la partecipazione di Federalberghi e degli albergatori ad attività di docenza in qualità di esperti del mondo del lavoro per le attività didattiche;
f) contribuire al placement degli studenti che intendono fruire di esperienze di lavoro in strutture turistiche associate anche attraverso la rete degli enti bilaterali del turismo;
g) svolgere un’azione di valorizzazione dei risultati della ricerca, di trasferimento di conoscenze, di diffusione dell’innovazione;
h) perseguire comuni finalità di progresso e sviluppo del settore;
i) implementare programmi di studio diretti all’acquisizione di particolari competenze e professionalità specifiche;
j) implementare programmi di formazione e aggiornamento professionale;
k) realizzare progetti di studio e di ricerca incentrati principalmente sulle questioni connesse alle conoscenze necessarie per accedere al mondo del lavoro all’interno di aziende del turismo e dell’ospitalità e in generale di comune interesse e di speciale rilevanza per le Parti;
I) definire e realizzare progetti di innovazione, anche tecnologica e digitale, e sperimentazione da sviluppare in collaborazione.

Siglato il 2/3/2022, tra la Rete ITS Turismo e la Federalberghi, l’accordo quadro di collaborazione.

Le Parti, nell'interesse comune e reciproco, convengono di sviluppare programmi condivisi di studio, di formazione e aggiornamento, unitamente ad uno scambio di informazioni e conoscenze teorico-pratiche finalizzate alla realizzazione di interventi atti a promuovere la cultura della legalità e delle buone prassi nel mondo del lavoro, promuovendo la collaborazione tra gli ITS della Rete Turismo e Federalberghi, anche attraverso le organizzazioni territoriali ad essa associate.
Le Parti concordano di sviluppare attività congiunte finalizzate a:
a) promuovere un rapporto organico tra gli ITS Turismo e il sistema delle imprese turistico-ricettive;
b) favorire lo sviluppo sul territorio di interscambio tra mondo della formazione e del lavoro attraverso la creazione di reti funzionali tra gli ITS e le filiere produttive anche attraverso le associazioni locali di Federalberghi;
c) orientare ed agevolare le scelte professionali dei giovani attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro, anche attraverso apposite iniziative di orientamento e familiarizzazione svolte presso gli ITS ad opera delle strutture territoriali aderenti;
d) ridurre le distanze tra formazione ed esigenze del mondo imprenditoriale attraverso la progettazione e la realizzazione di esperienze di tirocinio e/o di apprendistato nell'ambito dei processi formativi, come previsto nel piano dell'offerta formativa degli ITS;
e) definire la partecipazione di Federalberghi e degli albergatori ad attività di docenza in qualità di esperti del mondo del lavoro per le attività didattiche;
f) contribuire al placement degli studenti che intendono fruire di esperienze di lavoro in strutture turistiche associate anche attraverso la rete degli enti bilaterali del turismo;
g) svolgere un'azione di valorizzazione dei risultati della ricerca, di trasferimento di conoscenze, di diffusione dell'innovazione;
h) perseguire comuni finalità di progresso e sviluppo del settore;
i) implementare programmi di studio diretti all'acquisizione di particolari competenze e professionalità specifiche;
j) implementare programmi di formazione e aggiornamento professionale;
k) realizzare progetti di studio e di ricerca incentrati principalmente sulle questioni connesse alle conoscenze necessarie per accedere al mondo del lavoro all'interno di aziende del turismo e dell'ospitalità e in generale di comune interesse e di speciale rilevanza per le Parti;
I) definire e realizzare progetti di innovazione, anche tecnologica e digitale, e sperimentazione da sviluppare in collaborazione.

Reintegra del lavoratore in caso di licenziamento prima del trasferimento

In tema di trasferimento d’azienda, la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro.

In caso di trasferimento d’azienda, l’alienante conserva il potere di recesso attribuitogli dalla normativa generale, sicché il trasferimento non può impedire il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, purché questo abbia fondamento nella struttura aziendale autonomamente considerata e non nella connessione con il trasferimento o nella finalità di agevolarlo.
La tutela prevista dall’art. 2112 cc in caso di trasferimento d’azienda o di ramo, è affidata all’automatica “continuazione” del rapporto di lavoro con il cessionario e alla “conservazione” dei diritti maturati dai lavoratori sino al momento della cessione. Tale duplice effetto presuppone, dal punto di vista logico e giuridico, la vigenza del rapporto di lavoro in capo alla cedente al momento del trasferimento, vigenza che può essere effettiva ma anche virtuale, quale conseguenza dell’annullamento del licenziamento intimato e del ripristino de iure del rapporto di lavoro.
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha precisato che, in tema di trasferimento d’azienda, l’effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, in capo al cessionario, dovendosi escludere che osti a tale soluzione l’applicazione della direttiva 77/187/CE, la quale prevede – secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia CE – che i lavoratori licenziati in contrasto con la direttiva debbono essere considerati dipendenti alla data del trasferimento, senza pregiudizio per la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori.
Deve, invece, escludersi che possa “continuare” in capo alla cessionaria, un rapporto di lavoro non più esistente all’epoca del trasferimento, cioè definitivamente cessato in fatto e anche de iure, per la mancata impugnativa dell’atto di recesso.
Nell’ipotesi in cui, come accade nella fattispecie in esame, in epoca anteriore al trasferimento, sia stato intimato il licenziamento (sia in connessione con la cessione e sia per autonomo giustificato motivo oggettivo), la norma di garanzia di cui all’art. 2112 cod. civ. può operare solo a condizione che sia dichiarata la nullità o l’illegittimità del licenziamento, con le conseguenze a ciò connesse in termini di ripristino del rapporto di lavoro alle dipendenze della cedente. Solo la declaratoria di nullità o l’annullamento dell’atto di recesso consentono di considerare il lavoratore dipendente della cedente al momento della cessione, con trasferimento e continuazione del suo rapporto di lavoro in capo alla cessionaria.
La declaratoria di nullità del licenziamento o il suo annullamento costituiscono dunque un dato pregiudiziale ed autonomo – sul piano logico e su quello giuridico – rispetto all’accertamento del trasferimento d’azienda e dei suoi effetti.
In conclusione, la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria (o della retrocessionaria) si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente (o della retrocecedente) al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro (Cassazione, sentenza 11 marzo 2022, n. 8039).

In tema di trasferimento d’azienda, la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro.

In caso di trasferimento d'azienda, l'alienante conserva il potere di recesso attribuitogli dalla normativa generale, sicché il trasferimento non può impedire il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, purché questo abbia fondamento nella struttura aziendale autonomamente considerata e non nella connessione con il trasferimento o nella finalità di agevolarlo.
La tutela prevista dall’art. 2112 cc in caso di trasferimento d’azienda o di ramo, è affidata all’automatica "continuazione" del rapporto di lavoro con il cessionario e alla "conservazione" dei diritti maturati dai lavoratori sino al momento della cessione. Tale duplice effetto presuppone, dal punto di vista logico e giuridico, la vigenza del rapporto di lavoro in capo alla cedente al momento del trasferimento, vigenza che può essere effettiva ma anche virtuale, quale conseguenza dell’annullamento del licenziamento intimato e del ripristino de iure del rapporto di lavoro.
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha precisato che, in tema di trasferimento d'azienda, l'effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, in capo al cessionario, dovendosi escludere che osti a tale soluzione l'applicazione della direttiva 77/187/CE, la quale prevede - secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di giustizia CE - che i lavoratori licenziati in contrasto con la direttiva debbono essere considerati dipendenti alla data del trasferimento, senza pregiudizio per la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori.
Deve, invece, escludersi che possa "continuare" in capo alla cessionaria, un rapporto di lavoro non più esistente all’epoca del trasferimento, cioè definitivamente cessato in fatto e anche de iure, per la mancata impugnativa dell’atto di recesso.
Nell’ipotesi in cui, come accade nella fattispecie in esame, in epoca anteriore al trasferimento, sia stato intimato il licenziamento (sia in connessione con la cessione e sia per autonomo giustificato motivo oggettivo), la norma di garanzia di cui all’art. 2112 cod. civ. può operare solo a condizione che sia dichiarata la nullità o l'illegittimità del licenziamento, con le conseguenze a ciò connesse in termini di ripristino del rapporto di lavoro alle dipendenze della cedente. Solo la declaratoria di nullità o l’annullamento dell’atto di recesso consentono di considerare il lavoratore dipendente della cedente al momento della cessione, con trasferimento e continuazione del suo rapporto di lavoro in capo alla cessionaria.
La declaratoria di nullità del licenziamento o il suo annullamento costituiscono dunque un dato pregiudiziale ed autonomo - sul piano logico e su quello giuridico - rispetto all'accertamento del trasferimento d'azienda e dei suoi effetti.
In conclusione, la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria (o della retrocessionaria) si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente (o della retrocecedente) al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro (Cassazione, sentenza 11 marzo 2022, n. 8039).

Assegno di integrazione salariale FIS per causali straordinarie

Definiti i criteri di accesso all’assegno di integrazione salariale per causali straordinarie da parte dei datori di lavoro che accedono all’assegno di integrazione salariale FIS. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Decreto 25 febbraio 2022, n. 33).

A decorrere dal 1° gennaio 2022, in seguito al riordino della disciplina degli ammortizzatori sociali in costanza del rapporto di lavoro, sono soggetti alla disciplina del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione del “trattamento di integrazione salariale ordinario”, che non aderiscono ai Fondi di solidarietà bilaterali.
Per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, il FIS garantisce l’erogazione dell’assegno di integrazione salariale in relazione alle causali ordinarie e straordinarie.
In particolare, per i datori di lavoro che occupano mediamente fino a 15 dipendenti nel semestre precedente, il FIS riconosce prestazioni per causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa sia ordinarie sia straordinarie.

Con il Decreto n. 33 del 25 febbraio 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha individuato i criteri di esame delle domande di accesso all’assegno di integrazione salariale FIS per le causali riorganizzazione, crisi aziendale ed a seguito della stipula di un contratto di solidarietà.

Definiti i criteri di accesso all’assegno di integrazione salariale per causali straordinarie da parte dei datori di lavoro che accedono all’assegno di integrazione salariale FIS. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Decreto 25 febbraio 2022, n. 33).

A decorrere dal 1° gennaio 2022, in seguito al riordino della disciplina degli ammortizzatori sociali in costanza del rapporto di lavoro, sono soggetti alla disciplina del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione del "trattamento di integrazione salariale ordinario", che non aderiscono ai Fondi di solidarietà bilaterali.
Per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, il FIS garantisce l’erogazione dell’assegno di integrazione salariale in relazione alle causali ordinarie e straordinarie.
In particolare, per i datori di lavoro che occupano mediamente fino a 15 dipendenti nel semestre precedente, il FIS riconosce prestazioni per causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa sia ordinarie sia straordinarie.

Con il Decreto n. 33 del 25 febbraio 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha individuato i criteri di esame delle domande di accesso all'assegno di integrazione salariale FIS per le causali riorganizzazione, crisi aziendale ed a seguito della stipula di un contratto di solidarietà.

Rapporti di mero fatto e obblighi del datore sulle tutele antinfortunistiche

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’obbligo del datore di lavoro di apprestare adeguate tutele antinfortunistiche in favore dei lavoratori subordinati sussiste indipendentemente dalla conclusione di un formale contratto di lavoro e si estende, pertanto, nei confronti di tutti gli addetti, anche solo di fatto, ad una determinata attività lavorativa.

La Corte di Appello territoriale ha rigettato la domanda di un lavoratore, volta ad ottenere l’accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere alla manutenzione ed al lavaggio del vestiario fornitogli (tute con barre catarifrangenti), costituente – secondo l’assunto del lavoratore – dispositivo di protezione individuale.
Tale pronuncia è stata motivata affermando che l’amministrazione datrice non fosse il datore di lavoro e, quand’anche la si fosse considerata tale, avrebbe dovuto essere qualificata come datore di mero fatto, responsabile, pertanto, per il solo pagamento delle retribuzioni e dei contributi, ma non anche per le pretese risarcitorie;
La stessa Corte ha ritenuto, inoltre, che le tute con strisce luminose utilizzate dagli addetti al prelievo dei rifiuti urbani non potessero essere qualificate quali D.P.I. (dispositivi di protezione individuale).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore.

La Suprema Corte ha accolto il suddetto ricorso, ribadendo il principio in base al quale l’obbligo di apprestare ogni tutela antinfortunistica per il lavoratore sussiste in capo al datore di lavoro indipendentemente dalla conclusione di un valido contratto e si estende, pertanto, nei confronti di tutti gli addetti, anche solo di fatto.
La Corte ha sancito, in tale sede, anche il principio che prevede, con riguardo agli addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, quale il dipendente del caso in oggetto, che le caratteristiche peculiari degli “indumenti ad alta visibilità” bastano di per sé a qualificarli come D.P.I. perché volti a proteggere i lavoratori dai pericoli connessi alla raccolta dei rifiuti in strada in concomitanza con la ordinaria circolazione dei veicoli (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 marzo 2022, n. 8042).

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di apprestare adeguate tutele antinfortunistiche in favore dei lavoratori subordinati sussiste indipendentemente dalla conclusione di un formale contratto di lavoro e si estende, pertanto, nei confronti di tutti gli addetti, anche solo di fatto, ad una determinata attività lavorativa.

La Corte di Appello territoriale ha rigettato la domanda di un lavoratore, volta ad ottenere l’accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere alla manutenzione ed al lavaggio del vestiario fornitogli (tute con barre catarifrangenti), costituente - secondo l’assunto del lavoratore - dispositivo di protezione individuale.
Tale pronuncia è stata motivata affermando che l'amministrazione datrice non fosse il datore di lavoro e, quand’anche la si fosse considerata tale, avrebbe dovuto essere qualificata come datore di mero fatto, responsabile, pertanto, per il solo pagamento delle retribuzioni e dei contributi, ma non anche per le pretese risarcitorie;
La stessa Corte ha ritenuto, inoltre, che le tute con strisce luminose utilizzate dagli addetti al prelievo dei rifiuti urbani non potessero essere qualificate quali D.P.I. (dispositivi di protezione individuale).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore.

La Suprema Corte ha accolto il suddetto ricorso, ribadendo il principio in base al quale l’obbligo di apprestare ogni tutela antinfortunistica per il lavoratore sussiste in capo al datore di lavoro indipendentemente dalla conclusione di un valido contratto e si estende, pertanto, nei confronti di tutti gli addetti, anche solo di fatto.
La Corte ha sancito, in tale sede, anche il principio che prevede, con riguardo agli addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, quale il dipendente del caso in oggetto, che le caratteristiche peculiari degli "indumenti ad alta visibilità" bastano di per sé a qualificarli come D.P.I. perché volti a proteggere i lavoratori dai pericoli connessi alla raccolta dei rifiuti in strada in concomitanza con la ordinaria circolazione dei veicoli (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 marzo 2022, n. 8042).

Precisazioni sul Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali

Precisazioni in ordine all’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali di cui al decreto interministeriale 27 dicembre 2019, n. 104125 (INPS – Messaggio 14 marzo 2022, n. 1147).

Con il messaggio 16 febbraio 2022, n. 772 sono state fornite, in riferimento alle farmacie connotate dal Codice Statistico Contributivo 7.02.05 e dall’ATECO 2007 47.73.10, le istruzioni operative concernenti il recupero del contributo ordinario, versato al Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali, nonché le indicazioni in ordine alla regolarizzazione delle eventuali competenze arretrate nei confronti del Fondo di integrazione salariale (FIS).
Per il corretto assolvimento degli obblighi contributivi, a decorrere dal periodo di paga gennaio 2022, ai datori di lavoro interessati verrà attribuito centralmente il codice di autorizzazione “0J” (datore di lavoro tenuto al versamento al FIS) in sostituzione del codice autorizzazione “0S”(datore di lavoro tenuto al versamento al Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali).
La procedura di calcolo verrà adeguata al fine di determinare la corretta aliquota contributiva dovuta.
I datori di lavoro interessati, ai fini del recupero del contributo ordinario versato al Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali e non dovuto per il periodo da marzo 2020 a dicembre 2021, valorizzeranno nel flusso Uniemens all’interno di <DenunciaAziendale>, <AltrePartiteACredito>, nell’elemento <CausaleACredito> i nuovi codici causale:
– “L221”, che assume il significato di “Recupero contributo ordinario al Fondo di solidarietà per le attività professionali per i datori di lavoro che occupano mediamente da più di tre dipendenti a quindici dipendenti nel semestre precedente” e nell’elemento <ImportoACredito> indicheranno il relativo importo del credito spettante.
– “L222”, che assume il significato di “Recupero contributo ordinario al Fondo di solidarietà per le attività professionali per i datori di lavoro che occupano mediamente più di quindici dipendenti nel semestre precedente” e nell’elemento <ImportoACredito> indicheranno il relativo importo del credito spettante.
Facendo seguito al messaggio n. 772 del 16 febbraio 2022, a parziale rettifica dello stesso, ai fini del versamento del contributo ordinario dovuto al FIS, l’INPS con il messaggio 14 marzo 2022, n. 1147 precisa che i datori di lavoro valorizzeranno – all’interno di <DenunciaAziendale> <AltrePartiteADebito> – l’elemento <AltreADebito> indicando i seguenti dati:
– in <CausaleADebito> , il codice “M131” o “M149” già in uso;
– in <Retribuzione>, l’importo dell’imponibile, calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali di tutti i lavoratori interessati;
– in <SommaADebito>, l’importo del contributo:
pari allo 0,45% dell’imponibile contributivo (da > 5 a 15 dipendenti – M149);
pari allo 0,65% dell’imponibile contributivo (da > 15 dipendenti – M131).
Si rammenta che, la regolarizzazione delle competenze arretrate, relative al periodo da marzo 2020 a dicembre 2021, dovrà avvenire entro il periodo di paga marzo 2022.
I datori di lavoro che hanno sospeso o cessato l’attività, ai fini del corretto assolvimento dell’obbligo contributivo, dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni contributive (Uniemens/vig) con riferimento all’ultimo mese di attività dell’azienda.

 

Precisazioni in ordine all’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali di cui al decreto interministeriale 27 dicembre 2019, n. 104125 (INPS - Messaggio 14 marzo 2022, n. 1147).

Con il messaggio 16 febbraio 2022, n. 772 sono state fornite, in riferimento alle farmacie connotate dal Codice Statistico Contributivo 7.02.05 e dall’ATECO 2007 47.73.10, le istruzioni operative concernenti il recupero del contributo ordinario, versato al Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali, nonché le indicazioni in ordine alla regolarizzazione delle eventuali competenze arretrate nei confronti del Fondo di integrazione salariale (FIS).
Per il corretto assolvimento degli obblighi contributivi, a decorrere dal periodo di paga gennaio 2022, ai datori di lavoro interessati verrà attribuito centralmente il codice di autorizzazione "0J" (datore di lavoro tenuto al versamento al FIS) in sostituzione del codice autorizzazione "0S"(datore di lavoro tenuto al versamento al Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali).
La procedura di calcolo verrà adeguata al fine di determinare la corretta aliquota contributiva dovuta.
I datori di lavoro interessati, ai fini del recupero del contributo ordinario versato al Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali e non dovuto per il periodo da marzo 2020 a dicembre 2021, valorizzeranno nel flusso Uniemens all’interno di <DenunciaAziendale>, <AltrePartiteACredito>, nell’elemento <CausaleACredito> i nuovi codici causale:
- "L221", che assume il significato di "Recupero contributo ordinario al Fondo di solidarietà per le attività professionali per i datori di lavoro che occupano mediamente da più di tre dipendenti a quindici dipendenti nel semestre precedente" e nell’elemento <ImportoACredito> indicheranno il relativo importo del credito spettante.
- "L222", che assume il significato di "Recupero contributo ordinario al Fondo di solidarietà per le attività professionali per i datori di lavoro che occupano mediamente più di quindici dipendenti nel semestre precedente" e nell’elemento <ImportoACredito> indicheranno il relativo importo del credito spettante.
Facendo seguito al messaggio n. 772 del 16 febbraio 2022, a parziale rettifica dello stesso, ai fini del versamento del contributo ordinario dovuto al FIS, l’INPS con il messaggio 14 marzo 2022, n. 1147 precisa che i datori di lavoro valorizzeranno - all’interno di <DenunciaAziendale> <AltrePartiteADebito> – l’elemento <AltreADebito> indicando i seguenti dati:
- in <CausaleADebito> , il codice "M131" o "M149" già in uso;
- in <Retribuzione>, l’importo dell’imponibile, calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali di tutti i lavoratori interessati;
- in <SommaADebito>, l’importo del contributo:
pari allo 0,45% dell’imponibile contributivo (da > 5 a 15 dipendenti - M149);
pari allo 0,65% dell’imponibile contributivo (da > 15 dipendenti – M131).
Si rammenta che, la regolarizzazione delle competenze arretrate, relative al periodo da marzo 2020 a dicembre 2021, dovrà avvenire entro il periodo di paga marzo 2022.
I datori di lavoro che hanno sospeso o cessato l’attività, ai fini del corretto assolvimento dell’obbligo contributivo, dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni contributive (Uniemens/vig) con riferimento all’ultimo mese di attività dell’azienda.

 

Violazione dei criteri di scelta in caso di licenziamento collettivo

In materia di licenziamento collettivo, in caso di violazione dei criteri di scelta, l’annullamento non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati ma soltanto da coloro che, tra essi, abbiano in concreto subito un pregiudizio per effetto della violazione.

Nella specie, la Corte di merito ha affrontato la questione del criterio di scelta del personale da licenziare, ritenendo non arbitraria la decisione del datore di formare due distinte graduatorie, una per i collaboratori amministrativi e l’altra per gli operatori tecnici amministrativi, in quanto prevista dal CCNL pacificamente applicato al rapporto, rispondente ai diversi profili di inquadramento dei lavoratori in comparazione, associata alle differenti mansioni proprie di ciascun profilo e coerente con il criterio tecnico-produttivo ed organizzativo alla stregua del quale l’ente doveva operare la scelta dei lavoratori in esubero; del resto, l’esigenza di riduzione di personale si fondava anche sulla soppressione degli sportelli multifunzionali, ove erano impegnati i collaboratori amministrativi, con conseguente esubero dei medesimi.
In tema di licenziamento collettivo per riduzione del personale, laddove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni») la non significatività della predetta diversità in ragione di una concreta fungibilità di svolgimento mansioni; dall’altro, l’eventuale omesso esame, ad opera del giudicante, di fatti attestanti la predetta fungibilità andava dedotto nella ricorrenza dei presupposti previsti.
In caso di violazione dei criteri di scelta, l’annullamento non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati ma soltanto da coloro che, tra essi, abbiano in concreto subito un pregiudizio per effetto della violazione, perché avente rilievo determinante rispetto alla collocazione in mobilità dei lavoratori stessi – che, nel caso, i ricorrenti non ebbero ad allegare e dimostrare che l’eventuale accorpamento dai medesimi rivendicato in un’unica graduatoria dei lavoratori di entrambi i profili (12 collaboratori e 6 operatori) li avrebbero visti collocati in posizione tale da essere esclusi da quelli in esubero (complessivamente 10) (Ordinanza Corte di Cassazione 15 maro 2022, n. 8216).

In materia di licenziamento collettivo, in caso di violazione dei criteri di scelta, l'annullamento non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati ma soltanto da coloro che, tra essi, abbiano in concreto subito un pregiudizio per effetto della violazione.

Nella specie, la Corte di merito ha affrontato la questione del criterio di scelta del personale da licenziare, ritenendo non arbitraria la decisione del datore di formare due distinte graduatorie, una per i collaboratori amministrativi e l'altra per gli operatori tecnici amministrativi, in quanto prevista dal CCNL pacificamente applicato al rapporto, rispondente ai diversi profili di inquadramento dei lavoratori in comparazione, associata alle differenti mansioni proprie di ciascun profilo e coerente con il criterio tecnico-produttivo ed organizzativo alla stregua del quale l'ente doveva operare la scelta dei lavoratori in esubero; del resto, l'esigenza di riduzione di personale si fondava anche sulla soppressione degli sportelli multifunzionali, ove erano impegnati i collaboratori amministrativi, con conseguente esubero dei medesimi.
In tema di licenziamento collettivo per riduzione del personale, laddove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l'individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l'idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l'onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni») la non significatività della predetta diversità in ragione di una concreta fungibilità di svolgimento mansioni; dall'altro, l'eventuale omesso esame, ad opera del giudicante, di fatti attestanti la predetta fungibilità andava dedotto nella ricorrenza dei presupposti previsti.
In caso di violazione dei criteri di scelta, l'annullamento non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati ma soltanto da coloro che, tra essi, abbiano in concreto subito un pregiudizio per effetto della violazione, perché avente rilievo determinante rispetto alla collocazione in mobilità dei lavoratori stessi - che, nel caso, i ricorrenti non ebbero ad allegare e dimostrare che l'eventuale accorpamento dai medesimi rivendicato in un'unica graduatoria dei lavoratori di entrambi i profili (12 collaboratori e 6 operatori) li avrebbero visti collocati in posizione tale da essere esclusi da quelli in esubero (complessivamente 10) (Ordinanza Corte di Cassazione 15 maro 2022, n. 8216).